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LE
GROTTE
Le viscere del territorio di Melilli sono ricche di grotte naturali scavate dai corsi d’acqua nei millenni. Sono
cinquanta fino ad oggi le cavità carsiche, che sono state esplorate, studiate e
schedate dagli speleologi del Centro Speleologico Etneo. Di
alcune di esse gli speleologi etnei ne hanno sottolineato l’importanza e la
magnificenza, che le rendono uniche nell’ambito del territorio siciliano. La
presenza delle grotte è dovuta al fatto che “i monti Iblei” sono dominati
dalla presenza di “cave”, strette valli fluviali dalle pareti quasi
verticali, profondamente incise nell’altopiano calcareo. (17) E’
lungo le pareti di questa cave che ad una certa altezza si aprono gli ingressi
di numerose grotte, che costellano tutto il territorio ibleo, estendendosi da
Villasmundo a Città Giardino. Senza
dubbio la presenza di queste grotte è legata alla particolare natura chimica
delle rocce dei Monti Climiti, dove il fenomeno carsico presenta il suo maggior
sviluppo. Infatti
i maggiori e più interessanti fenomeni carsici degli Iblei si trovano nel
territorio compreso fra gli abitati di Siracusa, Floridia, Sortino e
Melilli. E’ soprattutto nel centro Ibleo, però, che le cavità naturali fino ad oggi esplorate raggiungono il più alto grado di interesse e la più alta spettacolarità dal punto di vista morfologico. La
grotta “Alfio”, che si trova
vicino al centro abitato di Villasmundo nel torrente Cugno di Rio, è la più
lunga ad andamento orizzontale della Sicilia, raggiungendo quasi tremila metri
di profondità. Questa
grotta, che deve l’appellativo al nome inciso su un grosso tronco d’albero
posto vicino all’ingresso, è ancora “attiva”, cioè in via di formazione,
essendo attraversata da tre corsi d’acqua (due fiumi sotterranei perenni ed
uno temporaneo, legato alla piovosità delle stagioni). Nel
corso dell’esplorazione effettuata dagli speleologi etnei “vi si scoprirono
una cascata, due sifoni, vasti saloni di crollo, un lungo ramo fossile
riccamente concrezionato…. ed un vasto lago sotterraneo dalle acque
cristalline e dalle dimensioni inconsuete per la Sicilia. La grotta di
Villasmundo rappresenta il più importante sistema carsico di tutto
l’Altipiano Ibleo e continua a mantenere il primo posto nella graduatoria
delle grotte siciliane ad andamento sud – orizzontale” . (18) Una
peculiarità che è stata riconosciuta anche dall’Assessorato Regionale
Territorio ed Ambiente che ha istituito la Riserva Naturale Complesso
Speleologico Villasmundo – Alfio con la seguente motivazione: “Sistema
carsico con caratteristiche e significato di indiscusso valore, con corsi
d’acqua attivi permanenti che interessano parte della cavità.
Ragguardevole il fenomeno di concrezionamento, localizzato in quei rami
delle cavità abbandonati da più tempo dallo scorrimento delle acque, in cui si
manifesta abbondante presenza di
stalattiti e stalagmiti, che formano interessanti associazioni morfologiche”. Di
particolare importanza è quindi il fenomeno “fluvio
– carsico”, interessante tutto l’Altipiano Ibleo, dove sono presenti
moltissime altre cavità naturali lungo le valli, al fondo delle quali si aprono
degli inghiottitoi, detti “pirituri” (perditoi), che non permettono lo
scorrimento superficiale delle acque individuabili soltanto per la folta
vegetazione. Le
50 grotte schedate sono di difficile accesso per i visitatori, in quanto poste
molto spesso in luoghi difficilmente raggiungibili dai non addetti ai lavori. Oltre
al Complesso Speleologico Villasmundo – Alfio è da segnalare la grotta Palombara
vicino alla frazione di Città Giardino, che si sviluppa per quasi 800 metri,
rappresentando la seconda cavità della Sicilia sud – Orientale per lunghezza. L’Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente ha dichiarato nei primi anni ‘80 la grotta Palombara Riserva Naturale Integrale, essendo “la più importante grotta carsica della Sicilia Orizzontale per lo sviluppo sotterraneo e la complessità dei sistemi di cavità, con una fauna cavernicola variata che comprende una importante componente guanobia”. La
grotta Palombara si può raggiungere dalla strada a scorrimento veloce Siracusa
– Catania. Questa strada deve essere percorsa fino allo svincolo per Floridia
e Solarino. Subito dopo lo svincolo si trova una strada sterrata, dove si
possono posteggiare le auto. Quindi si attraversa la carreggiata e ci si immette
in un sentiero che serve per raggiungere la grotta, il cui ingresso è ben
riconoscibile perché costituito da
un pozzo di crollo recintato da filo spinato per evitare possibili incidenti. “La
cavità potrebbe essersi sviluppata durante il Pleistocene, ed in particolare in
occasione delle due maggiori ingressioni marine, avvenute rispettivamente nel
Pleistocene inferiore e medio. Durante queste fasi la cavità era certamente in
condizioni freatiche, poiché l’area su cui essa insiste risultava collocata
in prossimità della costa o addirittura, sommersa dalle acque”. (19) LE
NECROPOLI "I
monti Crimiti ed Iblei, sbarramento frontale fra i due corsi dell'Anapo e del
Mulinello nell'agro siracusano, a chi venga dal mare si presentano come una
muraglia rocciosa di modica elevazione (m 300-400) conterminata quasi ovunque da
asprissime balze, che all'altipiano soprastante, di carattere semialpestre,
conferiscono sicurezza e protezione contro improvvisi attacchi, solo al centro
del loro margine settentrionale essi scompongonsi in una serie di scarpate,
frastagliate ed interrotte da solcature profonde di antichi corsi d'acqua in
parte asciutti… Sopra uno degli speroni rupestri a cui metton capo queste
digradanti terrazze sorge oggidì la grossa borgata di Melilli, in buona postura
militare, siccome quella che tutto in giro è cinta di aspri dirupamenti, e sta
a cavaliere fra piano e monte, precludendo il più comodo accesso all'altipiano
… Intorno ad essa esistono in più punti gruppi di varia estensione di tombe
sicule, scavate nella roccia calcare."
(20) La
descrizione del paesaggio ibleo, fatta dall'Orsi alla fine del secolo scorso, ci
fa comprendere l’esistenza nel
territorio di Melilli di numerosissime necropoli , che lo rendono ricco
archeologicamente. Le
necropoli, però, a differenza di Pantalica, non si trovano raggruppate in
un’unica località, ma sono sparse in tutto il territorio; ciò fa pensare che
gli Iblei erano costellati da numerosi villaggi abitati dall’uomo fin dalla
Preistoria. Gli
insediamenti dei villaggi preistorici sono in stretta relazione con i corsi
fluviali, che attraversano il territorio. "Gruppi
di capanne sorgono infatti in posizione dominante a controllo degli approdi alle
foci o delle vie di penetrazione verso l'interno costituite dal corso del fiume
stesso" .(21) Fra
l'altro le tombe delle necropoli punteggiano le balze rocciose delle cave in
fondo alle quali scorrono placidi i fiumi, molti dei quali erano allora
navigabili, permettendo così alle popolazioni indigene di intrattenere rapporti
commerciali sia con i vicini abitanti della costa che con genti provenienti
dalla lontana area egea, di cui sono stati rinvenuti oggetti di importazione. "Questi
scambi dovevano avvenire alla foce del fiume che fungeva da scalo portuale, e
sempre lungo il corso del fiume viaggiavano i prodotti della terra che gli
indigeni offrivano in cambio". (22) L'importanza costituita dai fiumi in questa età preistorica è testimoniata soprattutto dalla necropoli di Pantalica, che sorge a cavallo dell'Anapo e del Calcinara. Così come l'influenza della civiltà egea sulla popolazione sicula è visibile nell'Anaktoron (il
palazzo del Principe), che con le sue mura megalitiche, ricordanti i palazzi
micenei, sorge su un pianoro che domina tutto il territorio circostante. Il
riferimento al sito archeologico di Pantalica è legato al fatto che in quel
luogo, secondo gli archeologi moderni, sia da collocare la leggendaria Hybla, su
cui governava il "re" Hyblon, che concesse ai coloni Megaresi di Lamis
di stanziarsi pacificamente all'interno del "suo" territorio e
fondarvi nel 227 a.C. la città greca di Megara Hyblaea. Secondo
gli stessi archeologi, Hyblon "regnava" su tutte le tribù del
comprensorio ibleo, comprese quelle stanziate nella plaga melillese, dedite alla
pastorizia e all'agricoltura. Le
tribù che abitavano il territorio di Melilli dovevano essere molte, considerato
che ci hanno lasciato una numerosa serie di necropoli, la cui collocazione si
estende soprattutto da Melilli fino alla frazione di Villasmundo. I
vari siti archeologici sono raggiungibili percorrendo la strada provinciale n°
95 che collega i due centri abitati. Alcune
necropoli sono osservabili dalla stessa strada provinciale, in quanto molto
vicini ad esse; altre devono essere raggiunte appositamente ed è possibile fare
ciò solo se si è a conoscenza del sito. Infatti
attualmente è assente qualsiasi segnaletica turistica, che indichi con
esattezza il luogo dove si trova la necropoli da visitare. Nelle
vicinanze del centro abitato di Melilli si trovano le necropoli del Bronzo
antico di Cava Canniolo (circa dieci
tombe del tipo a forno scavate sulle pareti di una cava fossile); Cava
Cannatello (circa dieci tombe a grotticella artificiale scavate sulle pareti
di un vallone fossile); Cava dell'Acqua
(circa dieci tombe a grotticella artificiale scavate lungo le pareti rocciose di
un vallone fossile) e l'insediamento rupestre bizantino di Costa
Gissara scavato sulla parete calcarea. Ad
Est del centro abitato sulle propaggini degli Iblei che degradano verso il mare
Ionio si trovano: l'insediamento tardo antico e bizantino con la necropoli di contrada
Bondifè; la necropoli del Bronzo antico, costituita da circa cinquanta
tombe a forno, lungo gli argini rocciosi del Vallone
della Neve; l'insediamento di età tarda - antica e gli ipogei funerari di Contrada
Riuzzo e l'insediamento romano di Torre
Girotta - Bagnoli. Ad
ovest la necropoli del Bronzo antico e protostorica di contrada
Timognosa, costituita da circa dieci tombe a forno e dieci tombe a pianta
quadrangolare e tetto piano del periodico protostorico. Percorrendo,
poi, verso Nord la strada provinciale n° 95, nelle vicinanze del Cimitero di
Melilli si trovano il villaggio rupestre e la necropoli del Bronzo antico di Cava
Bernardina, costituita da circa cinquanta tombe scavate lungo le pareti del
vallone fossile. "Il
luogo ad essa soprastante, denominato Pianazzo,
è tutto quanto di più acconcio si possa ideare per collocarvi il villaggio
corrispondente alla necropoli di Bernardina ed il centro degli aggruppamenti che
costituivano l'Hybla sicula". (23) Inoltre
la necropoli del Bronzo antico di Cava
del Cocuzzaro, costituita da alcune tombe a grotticella artificiale scavate
lungo le pareti di un vallone fossile e l'insediamento neolitico del Cocuzzaro,
dove sono state individuate, lungo il margine meridionale che si affaccia sulla
cava, buche per pali scavate nelle rocce. "Esse appaiono allineate per un
tratto secondo un tracciato rettilineo parallelo al margine del pianoro sulle
cave, mentre per un secondo tratto l'allineamento è secondo due file sub
parallele. Le buche potrebbero essere attribuite al Neolitico. Doveva esistere
un sistema difensivo organizzato con semplici palizzate lungo il lato già
naturalmente difeso dalla inaccessibilità della parete rocciosa a strapiombo
sulla cava… Qua e là sul pianoro si notano canalette scavate nella roccia e
grossi blocchi di calcare che sembrerebbero provenire dallo smantellamento di un
edificio di notevoli dimensioni".(24) Proseguendo
verso Nord, in direzione di Villasmundo, a monte della strada provinciale n° 95
si trova l’insediamento eneolitico di contrada
Para sul corso del Càntera, dove insistono anche alcune tombe a grotticella
artificiale. In
contrada Cugna Santa – Costa Arita,
sempre sul corso del Càntera, si trova un insediamento rupestre bizantino,
formato da una serie di grotte naturali modificate dall’uomo e comunicanti fra
loro. Si trova anche una chiesa rupestre, che potrebbe appartenere alla stessa
epoca bizantina. Ancora
sull’argine sinistro della valle del Càntera a 4 Km dalla costa si trova la
necropoli del bronzo antico di Cava
Baratta con quarantotto tombe non ben conservate. “Le
tombe di tipo più semplice sono quelle tipiche dell’età del Bronzo antico:
cella a pianta circolare ed alzato cupuliforme o a tetto piano, talvolta
precedute da anticella, piccolo ingresso quadrangolare. Le tombe a prospetto
monumentale hanno invece dimensioni maggiori, piante absidate, alzato tronco –
conico. Queste ultime caratteristiche, insieme ai prospetti curvilinei scanditi
da pilastri, hanno stretti confronti con le strutture megalitiche maltesi…
L’esistenza di due diversi tipi tombali fa ipotizzare la coesistenza di gruppi
etnici diversi. Forse si erano stanziate in quest’area genti maltesi che
gestivano il commercio della selce degli Iblei e che convivevano pacificamente
con la popolazione indigena”. (25) Tra
contrada Baratta e Bacali si può visitare la Necropoli del Bronzo antico di Cava
Secchiera, costituita da circa trenta tombe a grotticella artificiale,
collocate sulle pareti di un vallone fossile. Lungo
la valle del torrente Belluzza sulla
sponda sinistra si trova la Necropoli del Bronzo antico, utilizzata fino
all’età Bizantina. Sulla
sponda destra dello stesso torrente, poi, a circa mezzo chilometro dalla sua
confluenza nel fiume Marcellino, si sviluppa un villaggio rupestre di età
bizantina con grotte di abitazione ricavate nella parete rocciosa. Quindi
si arriva alla masseria “Curcuraggi”,
un pianoro calcareo che domina le profonde vallate del fiume Marcellino e del
suo affluente, il torrente Belluzza. “La
zona irregolarmente pianeggiante, che al di sopra delle tombe domina lo sperone
che si protende sia sulla valle del Marcellino che su quella del Belluzza, ha
reso tracce concrete di un villaggio castellucciano”. (26) Il toponomo Curcuraggi o Curcuccio risale almeno al dodicesimo secolo e il castello medievale fu distrutto da Federico III, re di Sicilia, perché gli si era ribellayo e si era alleato con i Chiaramonte. Superata
la masseria, lungo la provinciale a destra si nota una strada sterrata, che
attraversa le località Torracchio, Pantalone di Sotto e di Sopra e termina
nella Valle del Marcellino, che,
secondo Fazello, prese il nome del console romano Marcello, in località Fontana
e Fossa. In
questa zona si possono visitare una necropoli protostorica e un insediamento del
Bronzo antico, dove sono stati rinvenuti materiali di importazione unici in
Sicilia. La
necropoli è stata studiata a
partire dagli anni ’70, quando la Soprintendenza di Siracusa ne iniziò lo
scavo. “In
località Pantalone la presenza di un gradone roccioso ha permesso di scavare
una serie di tombe allineate… scavate nel corso dell’VIII sec. a.C. per
accogliere sepolture multiple, il cui corredo è costituito soprattutto da
vasellame indigeno di impasto, con decorazione dipinta o incisa di tipi
geometrico che presenta un repertorio figurativo che ha precisi confronti con il
geometrico greco. Il rinvenimento di materiali di importazione, fra cui una
coppa di produzione euboica, decorata a semicerchi penduli, databile fra fine IX
e inizio VIII, le coppe del tipo “a chevrons”, la Kotjle del tipo Aetos 666,
le coppe del tipo Thapsos, con le quali si arriva all’ultimo decennio dell’VIII
sec. a.C., ha dimostrato l’esistenza di rapporti commerciali fra Greci e
popolazioni indigene già prima della fondazione delle colonie. Non si
tratterebbe di rapporti occasionali, ma costanti, dalla fine del IX sec. a. C.
all’ultimo quarto dell’VIII, quando, con la fondazione delle colonie sulla
costa, questi contatti sembrano interrompersi”. (27) L’itinerario
archeologico si conclude alle porte di Villasmundo, dove insistono alcuni fra i
più importanti siti preistorici del territorio di Melilli.
In
contrada Mongini si può osservare
un insediamento di età ellenistico – romano; in Tenuta
Mandre un riparo sotto roccia utilizzato in età eneolitica e in contrada Luogo
Monaco una necropoli con alcune tombe a grotticella scavate nella roccia
datate del Bronzo antico. L’escursione
dei siti archeologici nel territorio di Melilli si conclude con la visita al
villaggio fortificato del Petraro
risalente al XVI sec. a. C. e della Timpa
Ddieri, posti a circa 5 Km dalla foce del fiume Mulinello, l’antico
Damyrias. Scavi
sistematici condotti nel 1967 dal professor Giuseppe Voza, Soprintendente ai
Beni Archeologici di Siracusa, portarono alla scoperta dell’insediamento
neolitico “a ceramiche impresse e incise, evidenziato da fori per
palificazioni, i quali variano per diametro da 15 a 20 cm. In alcuni casi sono
perfettamente allineati e per più metri, in altri sono disposti in maniera da
far pensare alla delimitazione di capanne circolari”.(28) All’interno della cinta del villaggio neolitico sono stati individuati dei focolari, indicati dalla presenza di ossa bruciate residue, di pasti a base di animali ovini e caprini, ormai addomesticati e importante risorsa alimentare per l’uomo, nonché frammenti di ceramica decorata. L’insediamento
neolitico era trincerato, forse per difendersi contro gli animali selvaggi che
potevano insediare gli armenti costituiti da pecore, capre, buoi, maiali ecc. Sullo
stesso impianto neolitico venne sovrapposto il villaggio fortificato dell’età
del Bronzo antico, che si estendeva sul pianoro per quasi 2500 mq. Questo
villaggio aveva forma trapezoidale ed era circondato per tre lati da mura,
mentre il quarto lato era protetto naturalmente da una parete rocciosa che
precipita a strapiombo per circa cento metri sul sottostante fiume Mulinello. Alla
cinta muraria sono addossate tre torri, distanti circa 25 metri l’una
dall’altra: una semicircolare con un diametro di circa 15 metri all’inizio
dell’angolo nord-ovest; più a est una seconda torre, praticamente al centro
del lato settentrionale della fortificazione; una terza probabilmente
nell’angolo nord – est. Sia
le mura che le torri sono state costruite mediante posa diretta sul terreno di
una prima serie di blocchi molto grandi e rozzamente squadrati, seguita da
blocchi più piccoli e da una seconda serie di grandi blocchi. Il
Petraro rappresenta l’unico
esempio di villaggio fortificato in Italia. Sulla
parete rocciosa che cade a strapiombo nel fiume Mulinello si trova la Timpa
Ddieri (in arabo “abitazioni in grotta” ), un sistema di grotte a filari
sovrapposti, ricavate nella roccia dalla mano dell’uomo. Il
sito era noto fin dal 1700 ai viaggiatori che attraversavano la Sicilia, e in
particolare la fascia costiera siracusana. Al
Neolitico gli archeologi fanno risalire le più antiche tracce di frequentazione
del sito, mentre “sempre lungo la balza si estende la necropoli relativa al
villaggio dell’età del Bronzo antico, con le sue tipiche tombe a forno a
pianta circolare o subcircolare con detto piano o cupuliforme, talvolta
precedute da breve anticella”. Grande
importanza, inoltre, è stata attribuita dagli archeologi ai ritrovamenti dei
corredi funerari, depositati accanto alle inumazioni, messi in luce nelle tombe,
riferibili all’VIII sec. a.C., delle contrade Fossa, Torracchio e Pantalone
nella Valle del Marcellino. Qui,
infatti, per la prima volta in Sicilia sono stati rinvenuti, in un significativo
e sistematico continuum del fenomeno dell’importazione in contesto
indigeno…, manufatti ceramici considerati come le più antiche importazioni
greche finora documentate, per questo periodo, in Occidente. Eccezionale
importanza è costituita da una coppa euboica “a semicerchi penduli”,
testimonianza di una continuità di rapporti con il mondo greco precedente la
stessa colonizzazione. Il
ritrovamento del materiale di importazione greca ha portato qualche studioso di
archeologia a riproporre la questione del “Regno” siculo di Hyblon,
identificato dagli archeologi contemporanei con Pantalica, e a riscrivere
probabilmente la geografia degli insediamenti umani precedenti la colonizzazione
greca. Al
di là delle supposizioni e delle possibili interpretazioni, però, resta
confermata la valenza del sito di Pantalica quale centro aggregante delle
popolazioni indigene iblee. “Verso
questo fulcro centrale interno (Pantalica) vediamo indirizzate le proiezioni del
commercio greco post – miceneo prima della nascita e della costituzione delle
più antiche colonie greche della costa, seguendo quella strada naturale
rappresentata dal fiume Marcellino, che con il suo alto corso raggiunge, alle
spalle di Sortino l’area di Pantalica, ove prodotti già famosi
nell’antichità come cavalli, pelli, lana, miele, cera, profumi aromatici
potevano rappresentare desiderata merce di scambio”. (29)
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