Passione

a due voci


un confronto tra


Giancarlo Colli

e

Giovanni Sesia

Da domenica 1 aprile (inaugurazione ore 11.00)
a Pasqua


 

 

Passione

a due voci


un confronto tra


Giancarlo Colli

e

Giovanni Sesia

Da domenica 1 aprile (inaugurazione ore 11.00)
a Pasqua



 

 

Giancarlo Colli

 

Giovanni Sesia

 

  

ALLA RICERCA DELLA SPIRITUALITA’

 

Al giorno d’oggi il termine spiritualità è sentito come stravagante o quanto meno antico e vetusto,

evocatore di immagini di altri tempi, di vecchie Chiese in penombra e di pensieri ottusi e chiusi,

lontani anni luce dal moderno pensiero razionale e produttivo, lontano dalla nostra società

efficentistica e “libera” da antichi stereotipi e pregiudizi.

La nostra società moderna, libera di fare e fare, sempre di più e non di sentire.

Infatti, per sentire bisogna soffermarsi su se stessi ed ascoltare il “soffio vitale della vita”,

che dà un senso compiuto alle nostre azioni, e questa è l’essenza spirituale dell’uomo.

Se pensassimo che la vita fosse solo fine a se stessa tutto diventerebbe,

come d’altronde succede oggigiorno, una perenne corsa verso il tempo.

L’idea di una Istanza Superiore all’uomo, vera o falsa che sia, permette di trascendere e superare la piccolezza della realtà umana. Giancarlo Colli e Giovanni Sesia, partendo dagli opposti, raggiungono entrambi la completezza circolare tra la materialità e la spiritualità.

Nel quadro di Colli coesistono due elementi contrastanti: da una parte la crocifissione, immagine per eccellenza rappresentativa della sofferenza umana elevata all’essenza spirituale,

dall’altra, un personaggio con la sua bicicletta, simbolo essenzialmente oggettivo e materiale.

Due immagini contrastanti che si fondono nell’opera, la quale conduce al passaggio:

dall’immagine trascendente della crocifissione,

alla discesa nell’immanenza di quotidianità dell’individuo con la sua bicicletta.

Sesia, propone un’immagine drammatica, legata all’esposizione coercitiva di una persona debole

(un così detto matto) posta di fronte all’obiettivo del fotografo, in funzione di una registrazione

obbligata. In tal modo, egli determina una sorta di fissazione nella realtà dell’esistenza e della

pochezza dell’essere umano, che per gesti e significato ricorda la famosa frase, guarda caso,

rivolta da Pilato a Gesù: “ecce homo”. Da qui si snoda un cammino: la fissazione nella realtà della prima opera va a scomparire e dissolversi, a ricordo della nullità della sola materia; la nullità superata

dal drappeggio, come un sudario che, avvolgendo la sedia trascende la forma della sedia stessa, nella seconda proposta di Giovanni Sesia.

Soffermarsi davanti a questa immagine crea, quasi automaticamente, la sensazione di trascendenza spirituale, per poter dar senso all’evento stesso e, allo stesso modo, superare la violenza

e la sofferenza presente nell’indole umana.

Quindi, entrambi gli artisti creano una opera d’arte, aggiungendo alle immagini la presenza di uno stato di Spiritualità, perché senza di esso gli eventi rimarrebbero solo eventi.

Il Maestro Paracelso riteneva che la completezza della persona fosse data da tre elementi: il corpo, l’anima (che al giorno d’oggi si chiama psiche), e lo Spirito.

Le immagini recenti spesso sono solo corpo e psiche, il compito di un’opera d’arte, pittura o altro,

sta proprio nel far sentire “il soffio vitale della vita”, ovvero la spiritualità, quale elemento di

completezza dell’essenza umana, poiché, senza essa, la vita avrebbe solo un senso produttivo.

Questa è la risposta rivoluzionaria e terapeutica di queste opere di Giancarlo Colli e Giovanni Sesia.

 

Giuseppe Rescaldina

 

Marzo2001
Aprile 2001 

Maggio2001