ALLA
RICERCA DELLA SPIRITUALITA’
Al giorno d’oggi
il termine spiritualità è sentito come stravagante o quanto meno
antico e vetusto,
evocatore di
immagini di altri tempi, di vecchie Chiese in penombra e di pensieri
ottusi e chiusi,
lontani anni luce
dal moderno pensiero razionale e produttivo, lontano dalla nostra
società
efficentistica e
“libera” da antichi stereotipi e pregiudizi.
La nostra società
moderna, libera di fare e fare, sempre di più e non di sentire.
Infatti, per
sentire bisogna soffermarsi su se stessi ed ascoltare il “soffio
vitale della vita”,
che dà un senso
compiuto alle nostre azioni, e questa è l’essenza spirituale dell’uomo.
Se pensassimo che
la vita fosse solo fine a se stessa tutto diventerebbe,
come d’altronde
succede oggigiorno, una perenne corsa verso il tempo.
L’idea di una
Istanza Superiore all’uomo, vera o falsa che sia, permette di
trascendere e superare la piccolezza della realtà umana. Giancarlo
Colli e Giovanni Sesia, partendo dagli opposti, raggiungono entrambi
la completezza circolare tra la materialità e la spiritualità.
Nel quadro di
Colli coesistono due elementi contrastanti: da una parte la
crocifissione, immagine per eccellenza rappresentativa della
sofferenza umana elevata all’essenza spirituale,
dall’altra, un
personaggio con la sua bicicletta, simbolo essenzialmente oggettivo e
materiale.
Due immagini
contrastanti che si fondono nell’opera, la quale conduce al
passaggio:
dall’immagine
trascendente della crocifissione,
alla discesa nell’immanenza
di quotidianità dell’individuo con la sua bicicletta.
Sesia, propone un’immagine
drammatica, legata all’esposizione coercitiva di una persona debole
(un così detto
matto) posta di fronte all’obiettivo del fotografo, in funzione di
una registrazione
obbligata. In tal
modo, egli determina una sorta di fissazione nella realtà dell’esistenza
e della
pochezza dell’essere
umano, che per gesti e significato ricorda la famosa frase, guarda
caso,
rivolta da Pilato
a Gesù: “ecce homo”. Da qui si snoda un cammino: la fissazione
nella realtà della prima opera va a scomparire e dissolversi, a
ricordo della nullità della sola materia; la nullità superata
dal drappeggio,
come un sudario che, avvolgendo la sedia trascende la forma della
sedia stessa, nella seconda proposta di Giovanni Sesia.
Soffermarsi
davanti a questa immagine crea, quasi automaticamente, la sensazione
di trascendenza spirituale, per poter dar senso all’evento stesso e,
allo stesso modo, superare la violenza
e la sofferenza
presente nell’indole umana.
Quindi, entrambi
gli artisti creano una opera d’arte, aggiungendo alle immagini la
presenza di uno stato di Spiritualità, perché senza di esso gli
eventi rimarrebbero solo eventi.
Il Maestro
Paracelso riteneva che la completezza della persona fosse data da tre
elementi: il corpo, l’anima (che al giorno d’oggi si chiama
psiche), e lo Spirito.
Le immagini
recenti spesso sono solo corpo e psiche, il compito di un’opera d’arte,
pittura o altro,
sta proprio nel
far sentire “il soffio vitale della vita”, ovvero la
spiritualità, quale elemento di
completezza dell’essenza
umana, poiché, senza essa, la vita avrebbe solo un senso produttivo.
Questa è la
risposta rivoluzionaria e terapeutica di queste opere di Giancarlo
Colli e Giovanni Sesia.
Giuseppe
Rescaldina
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