di Angela Picca
"… e il soffio dell’umida
brezza di Zefiro, la trasportò sui flutti del
mormorante mare, entro la molle spuma; le Ore dai
Veli dorati, lei gioiosamente accolsero …."
(Omero, Inni, II, v. 3 e segg.)
Dai versi dell’antico vate ecco farsi
nitidi i contorni di Venere Olimpia, la Bellezza, nata dall’unione tra
lo Spirito e la Materia, Venere sospesa tra cielo e mare che lievemente
posa sulla valva dischiusa del "Pecten Jacobaeus". Chi
di noi, in aurore rosate e silenziose, assorto in lontani pensieri, non ha
raccolto conchiglie strappate all’onda della risacca? E
se poi noi, per lo più, abbiamo dovuto gettare quei gusci abbandonati
alla rinfusa, disperazione delle nostre madri alla ricerca perenne di
spazio, a Vieste, nell’avamposto proteso nell’azzurro del Gargano, c’è
chi ne ha fatto la sua ragione di vita. Biagio
Simone, spinto dal suo grande amore per i "gioielli del mare",
ha fondato l’unico "Museo Malacologico" esistente in Italia e,
dal 1976, l’appassionato ricercatore, nei suoi viaggi intorno al mondo,
ha radunato "tesori" dei cinque continenti e li ha esposti in un
vecchio frantoio del XVI sec., oggi da lui completamente ristrutturato.
Su 300 mq di superficie, il Museo è articolato in quattro
sale con vetrine alle pareti e altre a tavolo; alla base della volta a
botte, in pietra nuda, corrono le diapositive illuminate che ci
trasportano in profondi abissi dove azzurri e coralli ci trattengono in un
vago desiderio di fuga … La preziosissima raccolta
si arricchisce di giorno in giorno grazie agli scambi con collezionisti di
altri paesi e gli esemplari, ognuno diverso dall’altro, il cui peso
varia da 1 g. ai 2 quintali, sono 11.500 e, ancora in deposito, in attesa
di adeguata collocazione, altri 50.000. Dalla più
piccola alla più grande, la conchiglia ci narra la sua lunga storia che
risale a 600 milioni di anni fa: ornamento di tutte le popolazioni
antiche, anche di quelle più lontane dal mare; oggetto di culto per i
sacerdoti nei loro riti sacri; e l’uomo comune ne fece ami, coltelli e
punte di frecce per la sopravvivenza. In Cina, già
nel 2° millennio a.C. era usata come moneta di scambio e, dopo la
scoperta dell’America, le meno preziose, i "cauri", furono
impiegate, fino a tutto l’800, nella tratta degli schiavi. I
Fenici estraevano dal rosso murex la porpora per vesti reali e secondo
Plinio il Vecchio (I sec. d.C.), la perla, cuore dell’ostrica, è
"la cosa più preziosa al mondo". I nomi
scientifici di questi "capolavori della natura", che restano
inalterati nel tempo come l’oro e le gemme, ricordano i protagonisti
della letteratura e del mito ed evocano suggestive
|
atmosfere di sogno: Nautilus, Atlanta,
Astrea, Argonauta argo …. Il Museo è aperto da
marzo ad ottobre, meta di studenti in gita scolastica e dei numerosissimi
turisti che affollano il Gargano nei mesi estivi. Abbiamo,
però, saputo che i 400.000 visitatori all’anno che entrano liberamente,
sono scesi immediatamente a 20.000 quando è stato loro richiesto un
biglietto d’ingresso di L. 2.000 a persona. E’ necessario ricordare
che quasi in tutti i paesi del mondo bisogna pagare anche per fotografare
scavi e reperti, e che, nell’ormai lontano 1971 a New York, al "Metropolitan
Museum", chi entrava, pur non obbligato, era invitato ad offrire un
dollaro quale gesto simbolico di ricompensa per chi, con fatica, amore e
passione, si mette al servizio degli altri e soprattutto della cultura.
Un museo va curato, pulito, illuminato, custodito, dotato
di sistemi di allarme e areazione, pubblicizzato con ampia diffusione, e
questo di Vieste, interamente autofinanziato, rappresenta una tappa
necessaria per chi desideri avere un panorama completo delle meraviglie
che il mare nasconde. Ci auguriamo che le autorità preposte rivolgano
più attenzione, e sostegno economico, ad iniziative come queste che
valorizzano, ancor di più, un territorio così ricco di storia e di
bellezze naturali. Botticelli ha dipinto una
conchiglia alla sorgente della vita; il pellegrino diretto a Santiago de
Compostela ne deve raccogliere una al termine del suo viaggio di
purificazione verso la "Finis Terrae". E allora se Estia o
Vesta, figlia del Tempo e della Terra, sorella di Giove, giunse qui dalla
lontana Grecia con il fuoco sacro, nume tutelare della concordia
domestica, noi, novelli "Argonauti", sciogliamo le vele,
fiduciosi nell’aiuto di Tritone, il dio metà uomo e metà pesce che al
suono della conchiglia placherà le onde perché facile sia la nostra
rotta fra "madrepore e coralli" verso Vieste, perla fra le perle
del Gargano.
(Nella foto di A. Picca l' interno
del museo)
Ritorna alla copertina
|