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1984 | Verona - casa di Giulietta |
1985 | Verona - galleria al Tarlo |
1987 | Vicenza - fiera della ceramica |
1990 | New York - Vissi d'Arte gallery |
1991 | Illasi, Verona - Domus Jani |
1992 | Menphis, Tennessee - Bingham Kurts gallery Soave, Verona - Un giardino d'oriente Chicago - New Art Forms Exposition |
1993 | New York - Vissi d'Arte gallery New York - Archetype gallery |
1994 | New Jersey, Newark Museum - the Painterly Pot Pordenone, galleria la Roggia - Il Piacere dell'Ignoto |
1995 | New York - Archetype gallery |
Michelangelo Marchi
Vissi D'Arte
New York City
This tiny space (named after a Puccini aria) has been the exclusive U.S. port of entry for the progressive Italian art pottery for over two years under the directionship of Susan Gilgore, a knowledgeable and convincing advocate of the small school of modern Italian potters using advanced lustre glazes, represented at Vissi D'Arte by Michelangelo Marchi. Marchi, born near Verona in 1948, began potting professionally in the mid 1970s following studies under Marco Tadolini, Marchi's mentor and Italian pioneer in lustre tecnique.
Marchi's output is ornamental ware in small, unlimited series. Vases, jardinieres, bowls and plates are typical, and all wares are thrown, with the exceptionof a range of slab-molded wall mirrors, originally made to commission.
Form vary from traditional persian, nearEstern and Japanese to personal expressions such the vase entitled sphere. This is the largest in Marchi's range and the only model decorated over an opaque white engobe in a technique termed by the potter maiolica. Most of vessels feature a rich, highly successful lustrous finish.
Marchi achieves is lustre using advanced and somewhat serendipitous techniques, including the use of sugar as an introduced catalyst. One innovative Marchi tecnique is the application of oxidizing compounds to the surfaces of fired wares and giving them a second, reduction firing at low temperature (about 800°). This results in a pitted metallic surface of alluring hue and texture.
Deep turquoise and scarab green are common, together with ruby lustre, all of which suggest the influence of English Victorian art potters, notable William de Morgan. It is a parent that Marchi is trying to achieve the same mastery of technique and exotic historicism as the best late-19th century art potters, and he is not without success.
Nicholas Dawes
La tecnica del lustro metallico è nata probabilmente molti secoli fa in Egitto e forse per caso. Alcuni oggetti ceramici invetriati erano stati cotti in mezzo a fumi molto intensi, probabilmente in una cottura "a cielo aperto" o in forni rudimentali dove i pezzi venivano ricoperti con erba o paglia, o altre sostanze impastate, per rallentarne il raffreddamento. Apparirono su alcuni oggetti delle strane iridescenze metalliche, farli sembrare più veri e propri metalli che pezzi ceramici.
Cos'era successo?
Alcuni ossidi o sali presenti nel vetro, forse pennellati sopra di esso, esposti a lungo ai fumi della cottura, si erano ridotti, fissandosi sulla ceramica come piccolissimi cristalli metallici. In altre parole i pezzi erano rivestiti di un sottilissimo strato di metallo che ne provocava un effetto di particolare suggestione. Questo fenomeno fu studiato e approfondito in particolare nei paesi dell'antica cultura islamica, civiltà questa che ne fu la culla per molti secoli. La riduzione poteva compiersi sia cuocendo i pezzi tra intensi fumi, sia miscelando i colori finemente a resine di alberi, che in cottura, provocavano appunto la riduzione da ossidi a metalli.
Dopo qualche secolo la cultura islamica si diffuse in Europa, e Valencia in Spagna divenne la madre della produzione dei lustri in Occidente.
Durante il rinascimento i migliori maestri lustrai furono in Italia. Fra tutti spiccarono Nicola Pellipario e Mastro Giorgio da Gubbio, artista dal quale si recavano i più importanti ceramisti del tempo a farsi "lustrare" le loro opere migliori.
Seguirono anni di silenzio fino al nostro secolo, in cui la tecnica del lustro riesplose attraverso ceramisti di altissima abilità nei periodi "Decò" e "Liberty" (Galileo Chini, Melandri).
Oggi i ceramisti che producono lustri metallici sono pochi, anche se ogni artigiano prima o poi si cimenta in qualche tentativo spesso fallimentare.
Il fumaggio veniva effettuato dai vecchi maiolicari, con zoccoli di cavallo. Oggi la conoscenza della stechiometria ci ha portato a capire che non serve tagliare unghie ai cavalli. Alcuni ceramisti utilizzano per il fumaggio lo zucchero, più facilmente dosabile, reperibile e meno dannoso. Altri preferiscono la pece greca, la naftalina, legnami più o meno resinosi, alcool o gas e ognuno si diverte ad avere i propri trucchetti più o meno segreti.
La fisica elettronica ci ha fatto capire un po' di più del perchè di certi fenomeni ottici come l'iridescenza, la chimica ci ha insegnato una maggior sicurezza nel programmare le formulazioni dei vetri e lustri più idonei al raggiungimento di buoni effetti.
L'utilizzo dell'oro e dell'argento rimane comunque l'espediente irrinunciabile, affinchè questa famiglia ceramica mantenga il suo fascino rispetto alle altre.
Ciò comunque che non è mutato e che difficilmente potrà cambiare dal tempo degli antichi Persiani ad oggi, è la dimensione magica di questo processo di lavoro, dovuta ad una grande imprevedibilità dei risultati. Fisicamente è più semplice il perchè di questa imponderabilità che raggiungere con certezza i risultati cromatici previsti. Sarebbe anche fuori luogo spiegare la lunghezza d'onda dei raggi luminosi, i livelli energetici degli elettroni e così via, e poi è piacevole godersi queste stranezze senza capire tutto di tutto; il piacere dell'ignoto.
All'inizio è la forma, concetto spaziale. Con le mani e l'argilla si crea l'oggetto, usando la macchina più vecchia del mondo, la Ruota.
E, partendo dalle origini, "L'oggetto contenitore" a poco a poco si trasforma, trascendendo il valore d'uso primitivo. La cultura, la curuiosità e la fantasia hanno provocato i cambiamenti. Ecco perché i vasi si allargano e poi si richiudono a formare le sfere, si allungano in forma di cono e di goccia, ritornano aperti in larghi colli, mantenendo sempre inalterato quel rapporto le cui coordinate altezza, larghezza, profondità li collocano nello spazio con un nuovo equilibrio. Sono forme moderne, diverse, tuttavia equilibrate quindi nuovamente classiche. E il nuovo oggetto piatto, sfera o cono ben si colloca, non più solo contenitore all'interno del "contenitore casa", da sempre concetto spaziale chiuso e prismatico.
Segue il colore, essenza dell'occhio e la sua trasformazione è provocata dalla luce. È quindi concetto di tempo. Naturalmente è il giorno, con il suo susseguirsi di chiaro e scuro a cambiare le tonalità.
Un azzurro a mezzogiorno diventa nero a mezzanotte e il suo aspetto da lucido cambia in opaco. Così per lustri. Sull'oggetto in biscotto si stendono gli smalti base: bianco-bario, nero-manganese, rosso-selenio, azzurro-cobalto, verde-cromo, ecc. avendo cura di inserire quei componenti chimici capaci poi in successive cotture di completare il concetto di tempo. Ecco che l'oro e l'argento, mescolati agli ossidi opacizzanti, consentiranno di vedere sullo stesso oggetto quelle variazioni di tono tipiche di un colore nell'arco di un giorno intero. L'intervento finale lo provoca il fumo all'interno del forno. Chimicamente è una riduzione, fisicamente è il formarsi di una superficie riflessante spessa pochi micron, su quelle parti dello smalto non ricoperte dal pennello. Così si conclude un lavoro di parecchi giorni. L'idea originaria dell'oggetto ha preso forma e colore. È intervenuto lo scultore, il pittore, il tecnico, l'alchimista; in una parola sola il CERAMISTA.