Michele Lisena 2003

 

 

Gentile prof.Saggio,

riporto un brano della premessa di Bruno Zevi in "Rinascimento e manierismo"

(Controstoria dell'architettura in italia, Enciclopedia Tascabile, Tascabili Economici Newton, 1995):

 

"E' l'età della prospettiva, scoperta deleteria poiché, al posto della realtà vissuta, pone come obiettivo la sua rappresentazione tridimensionale. Da quel momento, a parte i trasgressivi, gli architetti non pensano più agli spazi, ai volumi, agli snodi e ai percorsi, ma solo al modo di graficizzarli. Per facilitare tale compito, impoveriscono la loro strumentazione, geometrizzano, mortificano l'edificio in uno scatolone. Impera da allora l'assolutismo sadico del disegno, che provoca una strage professionale: migliaia e migliaia di persone dotate rinunciano a fare gli architetti perché <non sanno disegnare>, mentre a quelli che sanno disegnare dovrebbe essere precluso l'accesso alle facoltà di architettura."

 

Questo brano di Zevi può, a mio avviso, essere attualizzato e descrivere appieno il difficile rapporto tra architettura e informatica. Si potrebbe affermare che troppo spesso, purtroppo, molti architetti non pensano più all’architettura “reale” ma solo a quella “virtuale”. Troppo spesso oggi nelle fascinose “rappresentazioni elettroniche dei  progetti” si sacrifica l’architettura e i suoi contenuti reali.

Nel suo articolo “ Dalla terra al Cad” afferma:

 

“Non è di per sé garanzia di buona architettura, ma fornisce una possibilità di dialogo con clienti e i collaboratori che Michelangelo non aveva."

 

Garantire una “buona architettura” dovrebbe, a mio avviso, essere sempre e comunque l’obiettivo più importante del fare architettura.

Ringraziandola  ancora per la sua disponibilità, le porgo i miei più cordiali saluti.

 

 

 

Michele Lisena