Cenni
artistici
L’abitato
di Poggio Mirteto è
distinto in due parti nettamente separate dalla maestosa Porta
Farnese, all’interno di questa si trova l’antico borgo, le cui
case medievali degradano sulle pendici del colle, cinte da dagli
avanzi delle trecentesche mura e disposte ai lati di un dedalo di
vie strette e tortuose, cordonate e scalettate, che conducono alle
antiche porte. Appena all’interno di Porta Farnese, su una breve
strada, incombe la mole massiccia e severa del o crociate mentre il
grande portale ottocentesco fu fatto erigere dal cardinale dal
cardinale Lambruschini. All’esterno di Porta Farnese –ornata
dallo stemma del paese e dall’arma della potente famiglia laziale-
si apre la vasta piazza pianeggiante, dominata dalla Cattedrale
del’Assunta, costruita a partire dal 1641, terminata nel secolo
successivo e restaurata nel 1843 e della Chiesa di San Rocco,
contornata da edifici relativamente recenti e abbellita dal
monumento ai Caduti eretto al suo centro, opera del Balestrieri. La
cattedrale dell’Assunta presenta forme monumentali: ha una
facciata settecentesca in cotto e una torre campanaria. Nella stessa
piazza, alla sommità di una bella scalinata, sta la Chiesa di San
Rocco, edificio che venne demolito nel 1780 perché ritenuto troppo
angusto, per essere ricostruito cinque anni dopo a cura della
Compagnia del Gonfalone della Misericordia. La chiesa di San Rocco,
che era tra le costruzione più antiche di Poggio Mirteto, fu
demolita nel 1780 e ricostruita appena cinque anni dopo a spese
della compagnia del Gonfalone della Misericordia.
Fra
le chiese più importanti figurano anche la chiesa della SS.ma
Trinità detta poi Chiesa vecchia, costruita verso la fine del
‘400 e la chiesa di San Giovanni Decollato, realizzata nel 1500 su
disegno di Angelo Salvi di Parma.
Porta
Farnese, detta Porta di Piazza prima di prendere il nome dalla
famiglia dominante, che l’abbellì come attualmente si mostra, era
una delle quattro porte che si aprivano nel recinto difensivo di
Poggio Mirteto. E’
stata aperta nel ‘400 insieme alla Porto di Sotto poiché
aumentarono le abitazioni con quelle fabbricate dai “Montorsesi”
e si dovette successivamente aumentare, per ragioni di sicurezza,
anche la cinta di mura; i due ingressi andarono ad aggiungersi
a Porta Giannetta, ancora esistente e a Porta Superiore o
Romana, successivamente demolita. Tali porte insistevano in un
sistema murario di difesa ritenuto molto valido, tanto è vero che
Alfonso d’Aragona, duca di Calabria, condottiero dell’esercito
napoletano, non osò assalire il castello limitandosi a tenere sotto
controllo la reazione dei suoi abitanti al passaggio dei suoi
armati.
Sulla
Piazza dei Martiri della Libertà si aprono diversi edifici e
monumenti fra cui S. Rocco, la Cattedrale dell’Assunta, il
Municipio e quindi Porta Farnese.
Porta
Farnese chiude prospetticamente la piazza dei Martiri dei Libertà.
La sua costruzione, voluta da Alessandro Farnese, ed inquadrabile
nella nobilitazione e riorganizzazione urbanistica che il
Commendatario volle dare alla città, fu iniziata nel 1573 e
terminata nel 1577. Il Cardinale Alessandro Farnese, abate
Commendatario, aveva restaurato e ampliato anche il palazzo
abbaziale che fu completamente trasformato. Chiamato anche la
”Rocca” o Palazzo Episcopale, con la sua mole domina
sull’abitato e sul territorio circostante e questa d’altra parte
era la funzione per cui
fu costruito, quale sede dell’autorità, a partire dal primitivo
castello duecentesco e poi,
con modifiche ed aggiunte successive, fino a divenire la sede degli
abati di Farfa.
Il
castello rappresentava il cardine ed il fulcro delle opere difensive
del borgo costituite, oltre che dal castello stesso, dalla cinta
muraria con i suoi bastioni e dalle porte Giannetta e Romana.
La
struttura originaria del castello, interna ed esterna ha subito nel
corso dei secoli diversi e successivi rimaneggiamenti, soprattutto
quando nel ‘400 mutò la sua funzione originaria per divenire sede
principesca dell’abate commendatario di Farfa, poi
nell’Ottocento quando furono aggiunti i corpi di fabbrica ad
accogliere il seminario e subito dopo quando ospitò una guarnigione
militari ed i sotterranei adibiti a prigione, funzione questa
rimasta fino alla Seconda Guerra Mondiale. Numerosi altri interventi
marginali riguardarono l’apertura o lo spostamento di finestre,
l’apposizione di fregi marmorei e la ristrutturazione della porta
principale d’accesso.
Nel
1588 fu murata Porta Romana, che era stata, in origine, costruita
sulla parte orientale delle primitive abitazioni e fu creata una
porta spostandola verso il Palazzo abbaziale. Nella prima metà del
‘600 sembra che sorgesse anche la casa Comunale, ampliata, più
tardi, nei primi del 1700. Si può dire che in tutto il 1600 lo
sviluppo di Poggio Mirteto sia in pieno fervore di operosità e, con
lo sviluppo edilizio, anche tutti gli altri aspetti della vita
civile assunsero importanza.
Poggio
Mirteto, oltre che degli abati di Farfa, che mantennero nella sede
abaziale un governatore, fu dominio
degli Orsini, dei Mattei, dei Bonaccorsi.
Presso
S. Valentino, a circa un chilometro da Poggio Mirteto, in
località Le Fornaci, sono stati rinvenute murature in opus
reticulatum e resti di terme che hanno il nome di Bagni di Lucilla,
così detti in omaggio alla tradizione secondo la quale i due
principali restauri a quelle terme fossero voluti dall’imperatrice
Lucilla. Si
tratta di ruderi di una villa romana resi pittoreschi sia dalla
posizione che dalla inclinazione che tratti delle possenti mura di
sostegno hanno assunto dopo antichi crolli e cedimenti del terreno.
I
Bagni occupano una superficie dallo sviluppo complessivo di 3000
metri quadri e presentano un criptoportico in buono stato. Il piano
della galleria è realizzato in coccio pesto ed in qualche caso
emerge il mosaico. Oltre il portico, sussisteva anche una capace
piscina andata purtroppo distrutta. Si ritiene che proprio da questa
area provenga il mosaico di Diana Efesina, databile al III secolo d.
C. conservato nei Musei Vaticani e precisamente nel Museo
Chiaramonti.
La
villa vera e propria si sviluppa su una superficie di circa un
ettaro, costituita da una piattaforma sostenuta su tre lati da
potenti mura con contrafforti in opus reticulatum.
Ancora
a pochi chilometri da Poggio Mirteto (in località San Valentino),
sorgono le rovine del Castello di Luco. Il castello rappresenta uno
dei tanti “castra” che furono in fretta edificati in Italia tra
IX e X secolo per difendersi dalle scorrerie saracene ed ungare e
dalle non meno pericolose scorrerie di bande di ladri, malfattori e
sbandati, spesso costituite da signorotti decaduti, piccoli
proprietari senza più terreni e da altri disperati ridotti tali da
fame e disperazione. Come già detto, secondo una radicata
tradizione gli abitanti di Castello di Luco, abbandonato il castello
montano, discesero dapprima verso San Valentino e poi, continuando a
discendere verso valle, furono tra i primi abitanti e fondatori di
Poggio Mirteto.
Altri
ruderi furono rinvenuti al cosiddetto “Castellaccio”, dove
emerse un muro poligonale probabile testimonianza di un impianto
cittadino.
L’altra
frazione di Poggio Mirteto è Castel S. Pietro distante 8 Km. Seguì
nelle sue vicende storiche Poggio Mirteto, cosicchè fu proprietà
dell’Abbazia di Farfa, poi appartenne agli Orsini, ai Mattei e ai
Bonaccorsi. La sua chiesa parrocchiale, intitolata in origine a San
Pietro, fu poi dedicata alla Vergine della Pietà.
Anche
altri luoghi del territorio mirtense sono noti per rinvenimenti
archeologici.
A
Volpignano furono rinvenuti un vaso in alabastro, una maschera di
baccante in marmo, una colonna a tortiglione e due piedi in marmo
con calzari. Il busto di Adriano , conservato al Museo nazionale
romano e due statuette idrofore in rosso antico, derivate da tipi
statuari del V secolo a. C., sono venuti alla luce nel territorio di
Poggio Mirteto. |