L’Abbazia della SS.ma Trinità

di Giuseppe Occhiato

Dal punto di vista dell’incidenza di questa architettura nel quadro generale del romanico europeo, l’organismo della SS. Trinità è quello che riveste maggiore importanza, anche perché la chiesa annessa costituisce una pagina di fondamentale rilievo nel panorama dell’architettura medievale di tutta l’Italia meridionale e della Sicilia per il suo influsso sui monumenti chiesastici successivi.

L’edificio ecclesiale, da ciò che se ne ricava dai ruderi e secondo come appare rappresentato in alcuni disegni del XVI e XVII secolo custoditi presso il Collegio dei Greci a Roma, era dotato di una sorprendente chiarezza ed armonia fra i vari corpi assai rare in tutta l’area culturale del Mezzogiorno. Il corpo longitudinale presentava uno schema basilicale a tre navate, diaframmate da quindici colonne di recupero su cui insistevano ampie arcate a tutto sesto; la copertura era a travature lignee, secondo la tradizione paleocristiana nella ripresa del nostro romanico centro-meridionale. La zona di maggiore interesse era costituita dal corpo orientale, che si sviluppava in un profondo coro tripartito di tipo cluniacense, desinente in tre absidi lievemente graduate, mediato da un ampio corpo trasversale sporgente oltre i muri d’ambito delle navate. I bracci laterali del transetto ripetevano il quadrato della crociera, ed erano collegati all’interno della navata da archi; anche il triplice coro era internamente collegato mediante tre archi alla crociera ed alle ali del vano trasversale. Robusti pilastri cruciformi in corrispondenza del quadrato di crociera sorreggevano la cupola-tiburio molto alta, e ad essi erano addossate delle colonne, secondo un orientamento di origine islamica. Con questa tipica Pianta dell’Abbazia della SS.ma Trinitàdisposizione icnografica, lo chevet della Trinità ricordava molto da vicino le costruzioni ecclesiali monastiche maturate oltralpe, e precisamente le chiese abbaziali benedettine della Normandia, delle quali si trapiantavano qui, in Calabria, i sistemi compositivi per mezzo di monaci architetti venuti dall’abbazia di St. Évroult-en-Ouche. La lunghezza totale della chiesa era di 74 ml circa; quella del corpo longitudinale, di ml 44. La larghezza delle navate era complessivamente ml 28 (le minori, ml 5,50 ciascuna, quella mediana, ml 10,90); le misure del transetto erano infine di ml 39 circa per 10,90, con una sporgenza di ml 5,70 su ciascun lato. L’interasse delle colonne era di ml 4,85 circa.

Poco o nulla conosciamo circa l’alzato della fabbrica ecclesiale, soprattutto all’esterno. Oltre al tiburio, un altro elemento verticale decorava l’organismo con la sua mole turriforme, il campanile, edificato in linea con il prospetto occidentale della chiesa. Tale struttura, di forma quadrata, più bassa della cupola-tiburio, sorgeva all’interno della navata a cornu Evanegelii; la sua intrusione aveva obbligato i costruttori ad eliminare una colonna da questo lato dell’edificio. Con la sua tozza forma quadrangolare, doveva contribuire in misura prevalente a dare un’impressione di monumentalità e di robustezza alla facciata della fabbrica.

La decorazione delle superfici murarie esterne, tutte in opus quadratum, doveva essere movimentata da piatte lesene concluse da archi a pieno centro, sul tipo di quelle che decorano le masse murarie del duomo di Gerace (fine XI secolo). Se ne possono notare le tracce nei ruderi superstiti, e precisamente in un tratto della parete d’ambito settentrionale presso l’attacco del transetto, e nel frammento dell’absidula meridionale. In quest’ultimo elemento sono perfettamente visibili gli esordi di alcune lesene, che con motivo analogo a quello svolgentesi sul dorso dell’abside originale della cattedrale geracese, sono atti a suggerire la decorazione scomparsa, consistente in cinque snelle paraste a tutt’altezza culminanti in archetti a pieno sesto. Tale assetto decorativo doveva ripetersi identico sulle altre absidi e, secondo ritmi più ampi, lungo le pareti laterali della chiesa.

L’abbaziale della Trinità, con la tipica configurazione sopra descritta, costituiva, a motivo della coordinazione innovativa degli spazi che, pur legati a matrici diverse (quella tardo-antica nella navata e quella benedettino-cluniacense nel presbiterio), si unificavano in una originale concezione architettonica, il modello antesignano in Italia meridionale di una serie di impianti ecclesiali legati alle sue soluzioni: i quali, pochi in Calabria (duomi ai Mileto e di Gerace; ma che sappiamo delle altre chiese vescovili, tutte scomparse, sorte a Nicastro, a Nicotera, a S.Marco Argentano, a Squillace, a Catanzaro, a Scalea, ecc.?), sono più numerosi in Sicilia (duomi di Mazara del Vallo, di Catania, di Messina, di Cefalù e di Monreale)[1].

Recenti rinvenimenti hanno consentito di collegare anche il duomo di Mileto con la soluzione sperimentata per la prima volta nella vicina abbaziale benedettina.

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[1] Cfr. su tutto ciò: G. OCCHIATO, La Trinità di Mileto nel romanico italiano, Cosenza,1994, passim.