10 Ottobre 1999 - "Il martire di Carpi"

di Fausto Giuliani


Il traguardo della Maratona d’Italia era situato in Piazza dei Martiri (mai toponomastica fu tanto più azzeccata…) nella suggestiva ed alquanto affascinante città di Carpi.

Con Tony c’eravamo iscritti da qualche mese coltivando l’idea di correre nuovamente una "42 Km"; Tony non lo faceva dal lontano 1990, mentre io ero reduce dal battesimo di Roma dello scorso Marzo.

L’occasione era buona anche per visitare il "Regno Ferrari": la partenza infatti era posta proprio a Maranello (dove avevamo tra l’altro prenotato l’albergo), patria dei motori, ma soprattutto Città del Cavallino. A Maranello tutto si ispira alla famosa e gloriosa casa automobilistica: dai giardini per strada, con tanto di aiuole a forma di bandiera a scacchi, ai locali pubblici, dove le foto del compianto Cavalier Enzo Ferrari vengono evidenziate allo stesso modo in cui nei municipi viene esposto il ritratto del Presidente della Repubblica.

La partenza era stata fissata alle ore 10,30 del 10 Ottobre; il tempo era molto buono ed il sole già scaldava gli atleti che, immersi nello scioccante odore di pomate scaldamuscoli, iniziavano a corricchiare e ad effettuare esercizi di allungamento.

In avvio cercavo di tenere tranquillo Tony più propenso ad iniziare ad un ritmo più sostenuto del mio e pertanto di comune accordo adottavamo una tattica tale da permetterci di coprire i 2/3 del percorso senza dover spendere energie in modo eccessivo.

I chilometri iniziali li correvamo tra ali di folla entusiasta del passaggio del lungo serpentone di podisti, accorsi a Maranello in circa duemilacinquecento. Soprattutto a Formigine (7° chilometro) sembrava di correre a New York, con tanta di quella gente ai lati del percorso da emozionare anche il più freddo runner della terra. Proprio in tale frangente sentivamo la folla incitare, poco più avanti a noi, Gianni Morandi e pertanto ci chiedevamo dove potesse essere il mitico Gianni che, ad occhio e croce, ci precedeva, con buona falcata, a non più di cento metri. Rinunciavamo al proposito di correre fianco a fianco con uno dei più grandi cantanti italiani perché, pur aumentando il ritmo non riuscivamo a riprenderlo, anche perché non lo avevamo purtroppo focalizzato.

Poco prima di Modena eravamo capitati in un gruppetto di corridori locali e con loro avevamo percorso alcuni chilometri divertendoci molto a vedere il modo in cui venivano salutati praticamente da tutta la città.

Il caldo intanto si faceva sentire sempre più ed ogni ristoro (soprattutto al 25° e 30° chilometro) giungeva sempre ad hoc per ricaricare, anche se parzialmente, le nostre pile. E proprio al ristoro posto al 30° chilometro riuscivamo a raggiungere Morandi che, in piena preparazione per la prossima Maratona di New York, aveva deciso di effettuare un "lungo" in occasione di un evento importante come quello di Carpi. Al nostro invito a continuare ci salutava invitandoci ad una sfida negli USA.

Il nostro passo era sempre abbastanza buono (ormai sembravamo stabilizzati intorno ai 5,30); psicologicamente ci favoriva il fatto di essere in continua rimonta nei confronti di tanti colleghi di sventura che forse in precedenza avevano speso troppo ed iniziavano a subire un inevitabile declino fino al traguardo.

Ma proprio sul più bello, al 36° chilometro, un crampo lungo la coscia destra mi costringeva a cambiare passo; resistevo con Tony per altri duemila metri, poi i crampi cominciavano ad avere il sopravvento sulle mie gambe ormai indifese. E mentre Tony scompariva dalla mia vista e si involava a concludere degnamente questa straordinaria cavalcata io iniziavo un calvario che per circa 3 km. mi è durato ben 27 minuti! Ma ormai, anche con le stampelle, avevo deciso di portare a termine anch’io questa sfortunata prova che soltanto un maledetto sole con conseguente eccessiva disidratazione (pur avendo bevuto ad ogni ristoro) mi stava rovinando. Stoicamente mi avvicinavo al traguardo che, ancorchè vicinissimo, sembrava non arrivare mai; avevo talmente la muscolatura a pezzi che non riuscivo a darmi un contegno decente nemmeno lungo il vialone finale con tanto di tappeto multicolore, che la sera prima avevo sognato di percorrere con falcate autoritarie.

 

 

 

 

Mi riusciva soltanto di incoraggiare un "povero diavolo" del quale ricordo vagamente una canottiera rossa il quale, affiancatomi a trecento metri dal traguardo si fermava di colpo senza più energie. Lo scuotevo dicendogli di riprendere, potendo vedere in che modo mi stavo avviando a concludere la mia fatica; e lui di tutto punto a venti metri dallo striscione d’arrivo mi superava da perfetto "Giuda del Podismo".

Angelo e Alfredo, nostri pazienti accompagnatori, nel vedermi si rincuoravano, non potendo comprendere come mai avessi superato, seppur di qualche minuto, le quattro ore di corsa.

Poco più in là riuscivamo a rintracciare Tony che, in circa tre-quattro chilometri, era riuscito a sopravanzarmi di quasi dodici minuti.

Il tempo di riprendere conoscenza, di imprecare alla sfortuna e di lanciare una nuova sfida ed eravamo già pronti, seppur ancheggiando in modo anomalo, a tornare a Roma.

Il martirio era terminato !