26/9, Milano-Pavia.
Maurizio Maggi

La bella corsa organizzata dai Diabolik (è l'emblema della società che
l'organizza, l'Atletica Milano) ha compiuto 16 anni. Quando ho
cominciato a correre, e contemporaneamente a comprare Correre, ho preso
subito la Milano-Pavia come obiettivo da raggiungere. Sembrava una
follia, perché arrancavo per pochi minuti senza costrutto. Però, colpito
dalla pubblicità con il fuorilegge più buono del mondo e dalla distanza
(allora era di 33,2 km, ora è di 32,33 km perché non si passa più per il
centro di Binasco), avevo deciso che quella, proprio quella, sarebbe
stata la mia prima partecipazione seria a una corsa su strada. 
Non so voi, ma io odio quelli che, dopo aver saputo che corri, ti
chiedono: "Hai fatto la Maratona, quella di New York?". A me sta un po'
sulle palle, la Maratona di New York. Prima o poi ci andrò, ma sto fatto
che, soprattutto per i non-corridori, quella è "la" maratona, mi
indispone. Ho cercato di far capire a qualcuno che il mito è a Boston,
con cento e passa primavere sul groppone, ma non c'è niente da fare. New
York piace molto. E io rispondo: "New York? No. Però vado sempre alla
Milano-Pavia". Scusate, ho divagato.
Questa è stata la mia quarta Milano-Pavia. La peggiore, cronometro
(anzi, pendolo) alla mano. Non avevo ambizioni di tempo ed è andata
peggio del previsto, perché un Feldene sublinguale che mi ero sparato
per evitare che un'infiammazione all'inguine mi impedisse di correre mi
ha fatto viaggiare come in una nuvoletta. Senza dolore ma anche senza
forza. Però non mi è dispiaciuto, il disastro, proprio perché è accaduto
nella mia corsa del cuore. Che romantico, eh? Chi ha vinto? Non lo so.
So solo che ha impegato un'ora e 51, o un'ora e 56. Partecipanti:
intorno agli 800, numero standard per la classica gara in linea.
L'anno scorso io avevo fatto il mio record, con 2:56'. Questa volta mi
sono straordinariamente peggiorato, finendo in 3:12. Avrei pure l'alibi
di avere un po' aspettato la mia compagna, all'esordio sulla distanza,
ma non me lo gioco. Doveva essere un lungo in preparazione della
maratona di Livorno. E così è stato. E poi mentre andavo al
rallentatore, poco dopo il km numero 25, è accaduta una cosa bellissima.
Ho raggiunto un mio collega (decisamente superiore nella scala
gerarchica) che da un anno me le suonava regolarmente. Era in crisi
marcia, e io vedendolo così sono riuscito per due tre km a stare da dio,
ho ripreso a correre sotto i 6 al km e l'ho molato. Rispetto a un anno
prima, lui si è peggiorato di 23 minuti; io solo di 16 minuti.
La Milano-Pavia è bella perché è tutta dritta. Molti si disperano per
l'assenza di curve, per la monotonia del paesaggio. A me piace da matti.
La Milano-Pavia è bella per noi che andiamo piano perché, se stai
andando veramente piano, quando mancano ancora 6 o 7 chilometri puoi già
vedere quelli bravi che tornano a Milano in macchina, sulla statale che
costeggia il Naviglio. La Milano-Pavia è bella perché non c'è nessuno
che ti applaude durante il percorso né alla fine. Salvo i parenti, che
se però sono imbranati riescono a giungere all'arrivo dopo di te perché
parcheggiare in centro a Pavia è un casino.La Milano-Pavia perché
l'organizzazione è eccellente anche se non ci sono i cessi, all'arrivo.
Però c'è un bellissimo McDonald, vicino al traguardo in Piazza della
Vittoria. Lo so che non è una vera cronaca, questa. Quando sono arrivato
ero così stranito che mi sono fatto sì dire tempi e nomi dei primi
piazzati. Ma me li sono dimenticati. Morale: la Milano-Pavia è bella, il
Feldene sublinguale un narcotico. L'anno prossimo, lo giuro, sarò più
preciso (e anche un tantinello meno lento, spero).
Maurizio Maggi