L'origine della lingua


In principio c'era una sola lingua.

Lo dice la Bibbia, ma lo confermano anche i più avanzati studi di linguistica e genetica.

Poi l'Homo sapiens, dall'Africa, si sparse per il mondo e nacquero diecimila idiomi diversi.

Ne sono rimasti seimila.

ricostruzione dell'Università di Pennsylvania


La madre di tutte le lingue.

Era parlata in Africa centomila anni fa, prima che l’Homo sapiens partisse per colonizzare il resto del mondo. Così da quella prima lingua sono nate tutte le altre.

ricostruzione dell'Università di Pennsylvania


Qual’ è stata la prima parola pronunciata dall’uomo? Impossibile dirlo, anche perché il fatto risale a centinaia di migliaia di anni fa. Comunque, tra le candidate, "acqua" è di gran lunga la favorita, e con ogni probabilità si diceva "haku". L’ipotesi è di Joseph Greenberg, dell’università Stanford (Usa): le seimila lingue parlate oggi nel mondo nasconderebbero per lui somiglianze e legami tra di loro perché discenderebbero da un’unica antichissima lingua madre.


LE RADICI UNIVERSALI

Per provare questa tesi Greenberg ha confrontato tra loro decine di migliaia di vocaboli, trovando infine alcune radici universali:

tik che significa dito,

haku che è appunto l’acqua,

kujan che vuol dire cane.

Partendo da altre migliaia di radici simili sarebbero nate nel corso dei millenni le nostre parole. La tesi di Greenberg è condivisa oggi da molti linguisti, tra cui Merritt Ruhlen, un suo allievo, che con lo stesso metodo di comparazione tra vocaboli ha raggruppato tutte le lingue del mondo in sole 18 famiglie, giungendo alla conclusione che all’origine di tutte queste ci sia una lingua comune che è stata denominata la lingua di Eva o protosapiens. Le famiglie individuate, che corrispondono sorprendentemente con i raggruppamenti genetici dei popoli evidenziati dall’équipe di Luca Cavalli Sforza, genetista dell’università Stanford, sono:

la niger-kordofaniana la nilosahariana la khoisan
l’afroasiatica l’indoeuropea la dravidica
1’altaica l’uralica l’austronesiana
l’amerinda l’eschimoaleutina la na-dene
la chukchi-kamchadal l’austrasiatica la daica
l’indopacifica l’australiana  

La lingua madre, da cui tutte queste sarebbero derivate, sarebbe nata insieme all’homo sapiens sapiens in Africa 100 mila anni fa per poi diffondersi e differenziarsi nel resto del mondo.


La diffusione

Secondo l’archeologo inglese Colin Renfrew i processi di diffusione delle lingue nel mondo, partendo da un’unica lingua madre, sono quattro e riflettono le fasi di colonizzazione del pianeta da parte dell’uomo:


IL METODO COMPARATIVO.

Ruhlen, per i suoi studi, si basa come Greenberg sulla comparazione tra le diverse lingue, partendo da una considerazione logica:

un suono (la parola dito per esempio) non ha un rapporto diretto con quello che vuole indicare, è solo una convenzione. Per cui se vi sono due parole con suono simile e con identico significato, in due lingue estranee, queste devono avere necessariamente un antenato comune.


LA SCOPERTA DELL’ INDOEUROPEO

Nel XVIII secolo William Jones si accorse che molti vocaboli del sanscrito (la lingua dei bramini indiani) erano simili a quelli del greco, del latino e del gotico. Il metodo si allargò poi al confronto tra le strutture grammaticali, e anche qui si trovarono conferme. L’unica spiegazione era che queste lingue avessero un antenato comune, che venne ribattezzato indoeuropeo: al giorno d’oggi si considerano discendenti dell’indoeuropeo 140 delle 6 mila lingue del mondo, parlate dalla metà degli abitanti del pianeta. Non abbiamo nessun tipo di fonte scritta in indoeuropeo, soprattutto perché i primi documenti risalgono al 3000 a. C. circa, mentre l’indoeuropeo è molto più antico, tra l’8 e il 7000 a. C. Inoltre la lingua originale non sarebbe identica a quella ricostruita a tavolino; questo però non diminuisce la sua validità scientifica poiché è stata ricostruita su leggi di fonetica, che riguardano la trasformazione dei suoni, e che stabiliscono la regolarità delle corrispondenze degli stessi: ad esempio la "p" latina corrisponde sempre al suono "p" in sanscrito.


PRIMA DELLA TORRE DI BABELE.

La ricostruzione a ritroso delle lingue parlate dall’uomo delle origini è un procedimento complesso, che molti studiosi di glottologia ritengono, ancora oggi, arbitrario. Ma gli studi proseguono e ottengono notevoli risultati; due studiosi russi, V.M..Illic Svitic e Aaron Dolgopolvsky, hanno infatti stabilito, sempre con il metodo comparativo, che la maggior parte delle lingue parlate in Asia e in Europa hanno un antenato comune chiamato "nostratico", del quale hanno ricostruito duemila vocaboli. Il nostratico riunirebbe alcune delle famiglie individuate da Merrit Ruhlen e cioè l’indoeuropeo (che comprende la maggior parte delle lingue parlate in Europa, India e Iran), altaico (come il giapponese, coreano, mongolo e lingue turche), uralico (lingue della Russia del nord, Finlandia e Lapponia), il dravidico (India del sud), il camito-semitico (gli idiomi del nord Africa, le lingue semitiche e l’ebraico). Ma questi studi hanno portato a nuove conclusioni: il nostratico veniva parlato 15 mila anni fa in Asia Minore, quindi è la lingua che potremmo quasi identificare con quella mitica parlata nella Bibbia prima della costruzione della torre di Babele. Da alcuni elementi è possibile trarre informazioni sulle popolazioni di quell’epoca.


LE QUATTRO MIGRAZIONI

Nel nostratico mancano del tutto vocaboli che indichino piante coltivate. Forse chi parlava quella lingua viveva ancora nello stadio di cacciatore-raccoglitore. Nell’indoeuropeo invece si trovano già i termini orzo, lino, frumento: segno che veniva parlato da popolazioni di agricoltori. Ed ecco che la tesi dell’archeologo Renfrew sulle 4 migrazioni successive viene confermata anche dalla linguistica.

L’indoeuropeo, in particolare, si espande dall’Anatolia centrale in Europa e nel vicino Oriente in seguito a una grande rivoluzione che è la scoperta dell’agricoltura e dell’allevamento. 1.500 anni prima che in Europa, infatti, si iniziano a coltivare frumento e orzo e ad allevare ovini. Di qui un costante aumento demografico che spingeva come in onde successive le popolazioni a spostarsi, portando con sé la propria lingua (anche se alcune lingue precedenti continuarono a esistere come ad esempio il basco o l’etrusco). Secondo questa tesi i primi a parlare indoeuropeo non furono quindi una popolazione bellicosa delle steppe asiatiche, i Khurgan, come sosteneva la storiografia fino a 15 anni fa, ma una popolazione di pacifici contadini che nel corso di una vita si spostavano non più di un chilometro: la storia europea è caratterizzata da una lenta ma costante trasformazione. La stessa propagazione dell’agricoltura sarebbe avvenuta anche verso il Medio Oriente e il nord Africa, e verso est, in direzione dell’Iran e dell’India.

Le origini dell'uomo moderno (e delle lingue) secondo il genetista Luca Cavalli Sforza. L'inizio è 100 mila anni fa, in Africa. I numeri sono date d'insediamento.


 

Riferimenti:

Le origini e il futuro delle lingue, R.Tonani, R.Procenzano, K.Santi, FOCUS 91, Maggio 2000.