Le
FAQ del Drago
Le FAQ sono di proprietà della ITALIAN
TOLKIEN PAGE di Giuseppe Truono.
Sommario
Tolkien
[1.1] Chi è J.R.R.
Tolkien?
[1.2] I linguaggi
usati nel Signore degli Anelli, sono linguaggi veri?
[1.3] Perché la
gente [e Tolkien stesso] parla di lui come l’editore de "Il Signore degli
Anelli" ?
[1.4] In che modo
Tolkien mise in atto la finzione di essere il traduttore de Il Signore degli
Anelli ?
[1.5] Perché
l’opera di Tolkien, e il Signore degli Anelli in particolare, è così difficile
da tradurre?
[1.6] Gli eventi
narrati ne Il Signore degli Anelli sono ambientati in un altro pianeta?
[1.7] Il nord-ovest
della Terra di Mezzo, il luogo ove il racconto è ambientato, corrisponde
all’Europa nordoccidentale?
[1.8] La Contea
corrisponde all’Inghilterra?
[1.9] Quali furono
i cambiamenti fatti a Lo Hobbit dopo che il Signore degli Anelli fu scritto, e
quale ne fu il motivo?
Gli Hobbit
[2.1] Gli Hobbit
erano un subgruppo degli Umani?
[2.2] Gli Hobbit
avevano le orecchie a punta?
[2.3] Quando è il
giorno del compleanno di Bilbo e di Frodo? A quale data del nostro calendario
corrisponde?
[2.4] Gollum è uno
Hobbit?
Elfi
[3.1] Gli Elfi
avevano e orecchie a punta?
Nani
[4.1] Le Nane
avevano la barba?
Istari (Stregoni)
[5.1] Chi erano gli
Istari (Stregoni)?
[5.2] Dei cinque
stregoni solo tre appaiono nella storia. Cos’altro si conosce degli altri due?
[5.3] Cosa accadde
a Radagast?
Nemici
[6.1] Qual è la
relazione tra gli Orchetti ed i Goblin?
Varie
[7.1] Chi o che
cosa è Tom Bombadil?
[7.2] Che cosa
accadde alle Entesse?
[1.1] Chi è J.R.R.
Tolkien?
John Ronald Reuel Tolkien, inglese, letterato
e narratore nacque il 3 gennaio 1892 a Bloemfontein, Sudafrica da genitori
inglesi e morì in Inghilterra il 2 settembre 1973. Trascorse l’infanzia in
Inghilterra, dove alla morte del padre, si trasferì dal Sudafrica insieme alla
sua famiglia. Frequentò la King Edward’s School, St. Phillips Grammar School e la
Oxford University.
Dopo essersi laureato nel 1915, entrò
nell’esercito britannico e partecipò alla battaglia della Somme. Dopo aver
trascorso gran parte del 1917 in ospedale, per una " febbre da prima linea
" fu congedato (durante la sua permanenza in ospedale ideò il " Libro
dei Racconti Perduti ").
Tolkien fu un letterato per professione. La
sua carriera accademica toccò le seguenti tappe : membro del consiglio di
redazione del New English Dictionary (1918-20); lettore, poi professore di
lingua inglese a Leeds (1920-25); Rowlisons e Bosworth Professor (nomi di
cattedre occupate precedentemente da professori particolarmente
prestigiosi[N.d.T.]) di Anglosassone a Oxford (1925-45); Merton Professor di
lingua e letteratura inglese (1945-59). Da professore si occupò dello studio
dell’anglosassone (inglese antico), con particolare enfasi per i dialetti della
Mercia, quella parte dell’Inghilterra nella quale trascorse quasi tutta la sua
vita. S’interessò anche al Middle English ed in particolar modo al dialetto in
cui è redatto "Ancrene Wisse" (un manoscritto del XII sec.
probabilmente scritto nell’Inghilterra occidentale). Fu inoltre esperto conoscitore
della produzione letteraria composta in questi linguaggi. Egli ebbe, infatti,
l’inusuale capacità di leggere simultaneamente i testi, e come fonte
linguistica, e come fonte letteraria, quindi come letteratura. Questa sua
peculiarità fu una volta descritta come "il suo unico intuito allo stesso
tempo nel linguaggio della poesia e nella poesia del linguaggio".
Inizialmente fu affascinato dal linguaggio, in
particolare dalle lingue del nord Europa, sia antiche sia moderne. Da questa
passione per i linguaggi dipese non solo la sua professione ma anche il suo
hobby preferito ovvero inventare nuove forme linguistiche. Il suo interesse non
era limitato solo allo studio delle lingue, ma si estendeva all’intera cultura
nordica. Ciò lo spinse ad allargare le sue letture (mitiche ed epiche) relative
a quelle culture, e di quegli autori moderni che a loro si ispiravano, come
William Morris e George MacDonald.
La sua vasta conoscenza dell’universo
mitologico lo portò a sviluppare delle teorie personali sui Miti e sulle loro
relazioni con il linguaggio. Interessi e considerazioni che condivise con
l’amico C.S. Lewis (l’autore di Alice nel Paese delle Meraviglie
[N.d.T.]).Tutti questi vari elementi: lingue, tradizioni eroiche, Miti e Storie
(ed una vera e profondamente ferma credenza e devozione al cattolicesimo)
confluirono nelle sue storie generando un effetto spettacolare, anzitutto nelle
Leggende degli Antichi Giorni (che erano inizialmente l’ambiente ideale per
sviluppare e collaudare i suoi linguaggi), ma poi anche nelle opere che gli
diedero notorietà : Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli.
[1.2] I linguaggi usati
nel Signore degli Anelli, sono linguaggi veri?
Quasi certamente lo sono, soprattutto le
lingue elfiche Quenya e Sindarin. "[Queste non erano] lingue fasulle,
composte da suoni intelligibili, ma veri e propri linguaggi, con veri e propri
etimi, regole sonore, inflessioni, nelle quali egli infuse tutte le sue
capacità immaginative e filologiche..." (Bestiario). In ogni caso essi
derivarono da una sorta di lingua "proto elfica", in una guisa
linguisticamente corretta. [Il Sindarin era la lingua di "tutti i
giorni", mentre il Quenya era una sorta di "latino-elfico"; in
ogni modo, la maggior parte dei termini elfici de Il Signore degli Anelli
è in Sindarin. Per esempio quasi tutti i nomi dei luoghi "non
inglesi" riportati dalle mappe (Minas Tirith, Emyn Beriad) sono Sindarin,
così come il canto a Elbereth cantato a Gran Burrone; il lamento di Galadriel è
invece in Quenya (naturale se si tiene conto del lignaggio di Dama Galadriel
[N.d.T.] ) ].
La lingua dei Rohirrim "è" una
lingua vera: l’anglosassone (inglese antico), proprio come anglosassone
"è" la loro cultura (eccezion fatta per i cavalli). Non si tratta
comunque dell’anglosassone standard, per così dire, piuttosto di un dialetto
del Mercian.
La gran parte delle altre lingue utilizzate ne
Il Signore degli Anelli sono molto più abbozzate rispetto a quelle
menzionate prima: l’Entish (la lingua degli Ent e delle Entesse [N.d.T.]),
Khudzul (la lingua dei Nani) e la lingua Nera (la lingua di Mordor, per esempio
l’iscrizione dell’Anello). Il Dunedano, la lingua dei Numenoreani, fu
"assemblato" nel 1946 quando Il Signore Degli Anelli era quasi
pronto, si dice essere il quindicesimo linguaggio da lui inventato.
[1.3] Perché la gente [e
Tolkien stesso] parla di lui come l’editore de "Il Signore degli
Anelli" ?
La finzione che Tolkien ha cercato di
sostenere è che Il Signore degli Anelli (lo Hobbit ed Il
Silmarillion) non è nient’altro che un antico manoscritto (redatto da Frodo
e da Bilbo), di cui egli è soltanto l’editore ed il traduttore (situazione
identica a molte delle sue opere da professore). Ciò non è mai asserito in
maniera diretta, ma spesso si accenna all’esistenza di altri manoscritti,
contenenti altre storie collegate al Signore degli Anelli. Così, il Prologo è
scritto nello stile di un editore moderno che presenta al pubblico un’opera
antica, ritrovata e tradotta in lingua corrente, al fine di essere
comprensibile a tutti. Altri esempi si trovano nelle note introduttive alla
edizione rivisitata de Lo Hobbit, la prefazione a Le Avventure di Tom
Bombadil e parti delle appendici a Il Signore degli Anelli,
soprattutto le note introduttive all’Appendice A, Appendice D e Appendice F.
La più interessante di tutte è la Nota alle
Registrazioni della Contea, in cui Tolkien simula ancora una volta una
"storia reale" inventando la "tradizione" del Manoscritto
(l’indizio era che il Manoscritto originale di Frodo non sopravvisse, ma che
una serie di copie erano state fatte, e di queste una era finita nelle mani di
Tolkien.)
Il ricorso a questo tipo di finzione non è
comunque un’invenzione innovativa di Tolkien: molti autori hanno affermato,
infatti, che le loro storie fantastiche provenivano da antichi manoscritti
andati perduti e poi misteriosamente riapparsi (si pensi ad esempio ad un
grande come Omero [N.d.T.]). Pochi sono in ogni modo quelli che hanno riscosso
il suo stesso successo. La maggior parte degli elementi della finzione
riguardano l’aspetto linguistico della Terra di Mezzo, in relazione cui egli si
atteggiò unicamente come "traduttore" dei manoscritti. (vedi la FAQ
1.4).
[1.4] In che modo Tolkien
mise in atto la finzione di essere il traduttore de Il Signore degli Anelli ?
In maniera molto approfondita. La sceneggiatura
fu che "senza dubbio" gli Hobbit non potevano aver parlato l’inglese,
piuttosto parlavano una propria lingua detta Westron (ma sovente ci si riferiva
ad essa indicandola come Lingua Corrente). Tolkien tradusse questa
lingua in inglese, che servì appunto per rappresentare tutti i nomi dei luoghi
espressi in Lingua Corrente.
Lo scopo dell’espediente era quello di
produrre il seguente effetto: i nomi in Lingua Corrente (familiari agli Hobbit)
furono tradotti in lingua inglese (in modo da diventare familiari ai lettori
inglesi); i nomi in altre lingue (in genere Sindarin) furono lasciati invariati
e di conseguenza restarono sconosciuti agli inglesi così come lo erano agli
Hobbit. Dal momento che la storia è narrata per lo più dal punto di vista degli
Hobbit, era desiderabile che noi (lettori inglesi [N.d.T.]) condividessimo con
essi la stessa esperienza linguistica (fatto che Tolkien aveva particolarmente
a cuore dato il suo interesse per le lingue).
Nel tracciare la mappa linguistica della Terra
di Mezzo, Tolkien sviluppò questo presupposto in maniera ancora più meticolosa.
Il caso che più salta agli occhi è l’aver "sostituito" il
Rohirrico con l’anglosassone. Il fondamento logico è che il dialetto Westron
degli Hobbit è lontanamente collegato al Rohirrico; quindi quando gli Hobbit
sentirono i Rohirrim parlare, riuscirono a riconoscere molte delle parole
pronunciate anche se l’insieme linguistico risultava poco comprensibile. In
questo modo Tolkien ha provato a riprodurre l’effetto che il Rohirrico fece agli
Hobbit sostituendolo nella traduzione con una lingua che aveva con
l’inglese lo stesso tipo di parentela che a sua volta il Rohirrico aveva con il
dialetto Hobbit, vale a dire l’anglosassone.
Possono essere individuate numerose ed abili
sfumature nell’intricata ragnatela linguistica escogitata da Tolkien (egli ebbe
sempre a cuore l’intento di creare una mappa linguistica della Terra di Mezzo
che rispecchiasse abbastanza fedelmente la struttura linguistica degli
inglesi). Perciò :
a) Le radici
dell’inglese arcaico furono usate per creare i nomi dei luoghi in Lingua
Corrente attribuiti molto tempo prima della storia narrata.
b) Alcuni degli
Sturoi (che più avanti si sarebbero stanziati nella Terra di Buck e nel Marish)
dimorarono in Dunclivio al tempo in cui gli Uomini di Brea giunsero in quella
regione. "Dal momento che le tracce residue dell’antico linguaggio degli
Sturoi e degli Uomini di Brea somigliano alle tracce di celtico
nell’inglese" (App. F parte II), i nomi dei luoghi di Brea erano di origine
celtica. Similmente i nomi degli Hobbit della Terra di Buck erano gallesi.
c) Tra gli Hobbit,
alcune delle antiche famiglie Paloidi, erano solite darsi dei nomi che
riecheggiavano leggende del passato (tipico esempio di umore hobbit). Tolkien trasforma
quindi, tali nomi in altrettante espressioni di origine franca e gotica
(Isegrim, Rudigar, Fredegar, Peregrin).
Quanto detto ed altro ancora è meglio chiarito
nella appendice F.
[1.5] Perché l’opera di
Tolkien, e il Signore degli Anelli in particolare, è così difficile da
tradurre?
Perché l’interesse di Tolkien, la sua abilità,
ed il suo amore per i linguaggi sono intrisi in quasi tutte le parole de Il
Signore degli Anelli, e ciò produce un risultato molto difficile, se non
impossibile da riprodurre.
La FAQ precedente descrive come i nomi in
Lingua Corrente siano stati riportati in inglese. La Guida ai Nomi del Signore
degli Anelli, le istruzioni di Tolkien circa la traduzione,
rappresentano un punto di riferimento di cui il traduttore non può non tener
conto. Tolkien, infatti, redige un indice dei nomi allo scopo di indicare quali
possono essere tradotti (diventando Lingua Corrente) e quali devono invece
restare inalterati. Ciò richiederebbe un’abile traduzione che in un certo senso
livellerebbe le diversità; ma questo è solo un inizio. Riprodurre gli altri
intrecci linguistici descritti dalla precedente FAQ sarebbe pressoché
impossibile; per esempio il Rohirrico dovrebbe essere tradotto in una lingua
antica la cui relazione con il linguaggio della traduzione è la stessa
esistente tra l’anglosassone e l’inglese moderno.
Su un altro piano, c’è la dizione e lo stile
di quanto detto e raccontato. La lingua usata ha un forte carattere arcaico;
non è un’esatta riproduzione di come gli Anglosassoni o i popoli medievali effettivamente
parlavano ma piuttosto ne è un’approssimazione fatta in modo che esso
diventasse appena comprensibile ai lettori moderni. Questo non fu accidentale
ma, piuttosto, deliberatamente e accuratamente studiato (vedi lettere 225-226
(#171)).
Ci sono, inoltre, variazioni nel modo di
parlare dei vari popoli che utilizzano la Lingua Corrente (rappresentata dall’inglese)(per
esempio al Concilio di Elrond, Compagnia dell’Anello, II,2 )
[1.6] Gli eventi narrati
ne Il Signore degli Anelli sono ambientati in un altro pianeta?
No. Per Tolkien la Terra di Mezzo è il nostro
stesso mondo, sebbene il modo in cui espone e sostiene questa tesi sia alquanto
inusuale : Tolkien dice di aver creato eventi che si collocano in un
"tempo immaginario" di un posto reale. Questo è asserito
esplicitamente solo nelle lettere, anche se ci sono forti indizi anche nel
Signore degli Anelli, tutti comunque al di fuori della narrazione vera e
propria.
Il primo indizio lo si trova nel Prologo. C’è
scritto :"Quei giorni, la Terza Età della Terra di Mezzo, sono ora assai
lontani, e la configurazione di tutti quei paesi è cambiata; ma le regioni in
cui allora vivevano gli Hobbit sono senza dubbio le stesse ove essi passano
tuttora i loro giorni; a nord-ovest del Vecchio Mondo e ad est del Mare."
(Compagnia dell’Anello pag.27).
Dal momento che non è fatto nessun altro
riferimento a questa cosa né nel Prologo né nella struttura narrativa vera e
propria, la maggior parte dei lettori ci ha fatto poco caso, ma se si tiene in
debita considerazione il riferimento, la faccenda diventa abbastanza chiara.
Il secondo punto è nell’Appendice D che
contiene uno studio dei calendari della Terra di Mezzo. Il discorso comincia
come segue:
"I calendari della Contea differiscono
dai nostri in diversi punti. L’anno senza dubbio era della stessa lunghezza *,
ora quei tempi sono assai lontani quando sono calcolati in anni o in vite
d’uomo, ma alla memoria del Mondo essi non sembrano molto remoti"
* 365 giorni, 5 ore, 48 minuti, 46 secondi
(Ritorno del Re, App. D). La citazione è abbastanza chiara e non ha bisogno di
eccessivi chiarimenti : la lunghezza dell’anno specificata nella nota a pie’ di
pagina è l’esatta lunghezza del nostro anno e ciò deve sinceramente rimuovere
ogni dubbio (solo un pianeta delle esatte dimensioni della Terra e con la sua
esatta distanza dalla stella attorno alla quale ruota, può avere un ciclo di
rivoluzione della durata di un anno terrestre [N.d.T.]).
Quanto segue è estratto da tre lettere scritte
da Tolkien, nelle quali la faccenda è ulteriormente discussa.
"La terra di Mezzo, comunque, non è una
terra che non c’è, senza relazione con il mondo in cui viviamo (come Mercurio
di Eddinson). Deriva solo dall’uso del termine medio inglese middel-erde (o
erthe), modificazione del termine dell’antico inglese middangeard:
il nome per le terre abitate dagli uomini " in mezzo ai mari ". E
benché non abbia cercato di far coincidere la forma delle montagne e la
dislocazione delle terre con le ipotesi dei geologi riguardo al passato, questa
" storia " si svolge su questo pianeta in una certa epoca del Vecchio
Continente." (Lettera #165)
"Io ho la mentalità dello storico. La
Terra di Mezzo non è un mondo immaginario. Il nome è la forma moderna (apparsa
nel XIII secolo ancora in uso) di midden-erd/middle-erd, l’antico nome
di oikoumene, il posto degli uomini, il mondo reale, usato proprio in
contrasto con il mondo immaginario (come il paese delle fate) o come mondi
invisibili (come il paradiso o l’inferno). Il teatro della mia storia è su
questa terra, quella su cui noi ora viviamo, solo il periodo storico e
immaginario. Ci sono tutte le caratteristiche del nostro mondo (almeno per gli
abitanti dell’Europa nord-occidentale) così naturalmente sembra familiare,
anche se un pochino nobilitato dalla lontananza temporale." (Lettera
#183).
"… spero che il lasso di tempo,
chiaramente lungo ma indefinito, tra la Caduta di Barad-dûr e i nostri giorni
sia sufficiente per la " credibilità letteraria ", anche per quei
lettori che sono a conoscenza di quello che si sa o si presume della preistoria
… Suppongo di aver costruito un tempo immaginario, ma per quanto riguarda i
luoghi ho tenuto i piedi ben puntati sulla nostra madreterra. Preferisco questo
alla moda contemporanea di cercare mondi remoti nello spazio. Per quanto
strani, sono sempre alieni, e non possono essere amati con l’amore del legame
di sangue. La Terra di Mezzo non è (tra l’altro e se questa annotazione è
necessaria) una mia invenzione. E’ una modernizzazione o un’alterazione (Nuovo
Dizionario Inglese " una perversione ") di un’antica parola che
indicava il mondo degli uomini, l’oikoumene: di mezzo perché si pensava
vagamente che fosse posta al centro di mari che la circondavano e
(nell’immaginazione nordica) tra i ghiacci del nord ed i fuochi del sud. Antico
inglese middan-geard, inglese medioevale midden-erd, middle-erd.
Molti recensori sembrano pensare che la Terra di Mezzo sia su un altro
pianeta!" (Lettera #211)
La nota a pie’ di pagina relativa alla prima
parte dell’estratto della lettera riportata appena sopra offre uno spunto
davvero affascinante:
"Immagino che l’intervallo sia di circa
seimila anni: cioè noi ora siamo alla fine della Quinta Età, se le Età hanno
conservato la stessa durata della Seconda e della Terza. Ma io credo che si
siano accorciate; e penso che oggi siamo alla fine della Sesta o della
Settima." (Lettera #211)
Concludendo possiamo dire che non solo il
luogo (ove si svolge la scena) è il nostro stesso mondo, ma anche le persone
che lo abitano sono le stesse, sia moralmente che fisicamente: "… ma non
ho reso la gente che sta dalla parte giusta, Hobbit, Rohirrim, uomini di Dale o
di Gondor, migliore di quanto non siano stati, siano o possano essere gli
uomini. Il mio non è un mondo immaginario, ma un momento storico immaginario della
Terra di Mezzo - che è la Terra dove noi viviamo." (Lettera #183)
[1.7] Il Nord-Ovest della
Terra di Mezzo ove il racconto è ambientato, corrisponde all’Europa
nordoccidentale?
Sì, ma un sì che dev’essere chiarito. Non c’è
alcun dubbio sul fatto che Tolkien pensasse all’Europa nordoccidentale quando
descriveva le terre, le acque, la flora e al paesaggio della Terra di Mezzo.
Ciò dipende in parte dal fatto che l’Europa nordoccidentale fu la sua casa e
comunque da lui ben conosciuta, ed in parte dal suo amore per le tradizioni ed
i miti nordici. Come egli stesso disse: "Alla zona nord-ovest dell’Europa,
dove io (e molti dei miei antenati) ho vissuto, sono affezionato, come ogni
uomo è affezionato alla propria casa. Amo la sua atmosfera, e conosco la sua storia
e le sue lingue meglio di quanto non conosca quelle delle altre parti del
mondo; …" (Lettera #294).
In questo modo l’ambiente della Terra di Mezzo
apparirà familiare agli abitanti di queste regioni dell’Europa (vedi quanto
escerpito dalla lettera #183 nella Faq precedente).In ogni caso la geografia
non corrisponde. Questo non dipende da una scelta deliberata da parte di
Tolkien, ma piuttosto da un effetto cronologico nella storia della
composizione: il problema è sorto quando il racconto era già ad uno stadio
avanzato e le mappe oramai quasi del tutto definite per apportar loro delle
modifiche: "…se si trattasse di " storia " sarebbe difficile
adattarla alle terre e agli avvenimenti (o alle " culture ") così
come noi le conosciamo, da un punto di vista archeologico o geologico, sia per
quanto riguarda la parte più vicina o più remota di quella che ora è chiamata
Europa; benché si affermi espressamente che la Contea, per esempio, fosse in
questa regione (Compagnia dell’Anello, Prologo pag.27). Avrei potuto attribuire
una maggiore verosimiglianza a tutta la storia, se quando mi sono posto il
problema questa non fosse ormai troppo avanti. Dubito però che ne avrebbe
guadagnato; … " (Lettera #211)
"…Quanto alla forma del mondo nella Terza
Età, temo che sia stata ideata " drammaticamente " piuttosto che
geologicamente. A volte vorrei aver fatto più concordanti le immaginazioni e le
teorie dei geologi con la mia mappa. Ma questo non avrebbe che arrecato altri
guai alla storia umana." (Lettera #169)
L’osservazione che "probabilmente non ne
avrebbe guadagnato molto" è caratteristica e indica forse l’approccio
dello stesso Tolkien, la cui attenzione sembra essere focalizzata
sull’ambientale familiarità a livello "locale" (nel senso che certe
scene particolari sarebbero provenute da parti diverse dell’Europa) e a
trascurare l’assenza di identità "globale". Dall’altro lato ha fatto
qualche tentativo di aggirare tale difficoltà asserendo nel Prologo che
"Quei giorni, la Terza Età della Terra di Mezzo, sono ormai lontani, e la
configurazione di tutte le terre è oramai cambiata…".
In conclusione possiamo dire che la questione
diventa una faccenda personale del singolo lettore quanto sia importante la
mancanza di una esatta corrispondenza geografica, ed in quale punto avviene lo
scontro tra le due affermazioni "La Terra di Mezzo era il nord-ovest
dell’Europa" e "La Terra di Mezzo potrebbe essere stata il nord-ovest
dell’Europa" (o, come Tolkien potrebbe aver detto, "La Terra di Mezzo
immaginativamente fu il nord-ovest dell’Europa). [ In questo modo,
recenti tentativi di forzare una corrispondenza tra la mappa della Terra di
Mezzo e quella del continente eurasiatico, come ad esempio nel Bestiario di
Tolkien di David Day, sarebbero da scartare.] In una lettera Tolkien fornisce
delle indicazioni utili alla sovrapposizione delle due diverse mappe, ma questo
non risolve il suddetto problema, dal momento che l’Europa nordoccidentale è
ancora una volta utilizzata come termine di paragone e non come equazione :
"L’azione del racconto si svolge nella
parte a nord-ovest della Terra di Mezzo, che come latitudine corrisponde alle
terre costiere dell’Europa e alle coste settentrionali del Mediterraneo. …Se
Hobbitville e Rivendell si trovano circa alla stessa latitudine di Oxford,
Minas Tirith, a 600 miglia a sud, sarà pressappoco alla stessa latitudine di
Firenze. Le foci dell’Anduin e l’antica città di Pelargir si troveranno alla
stessa latitudine dell’antica Troia." (Lettera #294)
[1.8] La Contea
corrisponde all’Inghilterra?
In questo caso, la bilancia tra
"effettivamente *è* " e "si basa su" è interamente
inclinata verso la seconda. Non ci sono allusioni a che la Contea fu ipotizzata
per rappresentare il paese oggi chiamato Inghilterra in uno stadio primitivo.
D’altra parte è evidentemente la forte somiglianza fra la Contea e
l’Inghilterra rurale di un secolo fa.
Più precisamente, da un punto di vista
meramente geografico, la Contea non *sarebbe* per certi versi l’Inghilterra :
l’Inghilterra è un’isola, ed anche se si cambia la "configurazione di
tutte le terre" è insufficiente a spiegare certe discrepanze (specialmente
dal momento che la parte più occidentale della Contea è a 200 miglia dal Mare).
Nondimeno, la Contea è più simile all’Inghilterra di quanto non lo sia qualunque
altro posto della Terra di Mezzo ad un luogo del mondo reale: il clima, i nomi
dei luoghi, la flora e la fauna, la terra, il cibo, i costumi, e gli abitanti
stessi, sono tutti inglesi. In effetti la Contea è una versione idealizzata
dell’Inghilterra rurale dell’infanzia di Tolkien. Alcuni dei suoi commenti
sulla faccenda furono:
"[La Contea] è più o meno un villaggio
dello Warwickshire all’epoca dell’anniversario di diamante …" (Lettera
#179)
"Ma, naturalmente, se lasciamo stare un
attimo la finzione di aver ambientato la storia molto tempo fa, la Contea si
basa sull’Inghilterra rurale e non su un altro paese del mondo …"
[Più avanti nella stessa lettera, sottintende
che la Contea sarebbe "una rappresentazione immaginaria"
dell’Inghilterra.] (Lettera #190)
"La Contea non contiene particolari
riferimenti all’Inghilterra - tranne naturalmente il fatto che essendo inglese
e cresciuto in un villaggio " quasi rurale " dello Warwickshire ai
confini con la prospera e borghese Birmingham (nel periodo dell’anniversario di
diamante!) mi sono ispirato, come fanno tutti, ai modelli di vita che ho
conosciuto." (Lettera #235)
Vedi anche The Road to Middle Earth per
l’affascinante tesi che certe componenti dei primi studi filologici di Tolkien
possono aver contribuito alla sua più tarda concezione della Contea. Shippey ha
anche suggerito che i motivi per i quali Tolkien cambiò il tipo di cena che
Gandalf chiede nel capitolo 1 de Lo Hobbit da "pollo freddo con
salsa", della prima edizione, in "pollo freddo e i sottaceti",
nell’edizione rivisitata, furono linguistici: dal momento che all’orecchio
straordinariamente sensibile di Tolkien sentire "tomato" suonava
fuori posto in un paese che doveva essere l’immaginario dell’Inghilterra, in
quanto tomato entrò nel linguaggio soltanto nel sedicesimo secolo ed inoltre
originariamente proveniva dal linguaggio caraibico. Parimenti, tabacco, usato
ne Lo Hobbit, fu cambiato in "erbapipa", e "patate"
fu di solito usato dal solo Sam, che le chiamava "taters"
(Naturalmente la maggior parte di queste sottigliezze possono essere colte dal
solo lettore di lingua inglese, dal momento che corrispondenze esatte nella
nostra lingua a molti termini mancano come nel caso dell’ultimo termine
[N.d.T.]).
Infine, bisogna fare attenzione a non
confondere l’idea della Contea basata sull’Inghilterra, con un concetto
presente nei primi scritti di Tolkien, cioè che Tol Eressëa (la casa degli
Elfi) alla fine *diventa* l’Inghilterra. Questo appare nel suo primo lavoro al Libro
dei Racconti Perduti (1920). In ogni caso, l’idea venne abbandonata già nel
periodo in cui il Signore degli Anelli fu iniziato nel 1939, e non trova
alcun riscontro nella "storia" della Terra di Mezzo come presentata
nel Signore degli Anelli, Silmarillion, Lo Hobbit, ecc.
[1.9] Quali furono i
cambiamenti fatti a Lo Hobbit dopo che il Signore degli Anelli fu scritto, e
quale ne fu il motivo?
Questa Faq fa riferimento alla principali revisioni
apportate al capitolo su Gollum "Indovinelli nel Buio", non alla
miriade di cambiamenti minori disseminati un po’ ovunque.Nell’edizione
originale del 1939 de Lo Hobbit Gollum aveva veramente intenzione di
scommettere il suo anello nel gioco degli indovinelli. Il patto era che Bilbo
avrebbe ricevuto un "regalo" se avesse vinto la scommessa. Gollum
infatti, era davvero addolorato di aver perso l’anello e di conseguenza di non
poter pagare il debito. Mostrò quindi a Bilbo, come alternativa, la via d’uscita,
ed i due si lasciarono da amici. Man mano che la stesura de Il Signore
degli Anelli proseguiva, la natura dell’Anello cambiò. Non più un
"comodo oggetto magico", ma un irresistibile oggetto di potere, e il
comportamento di Gollum sembrava ora illogico. Nella primitiva bozza del
capitolo "L’ombra del passato" Gandalf tenta di dare una spiegazione
verosimile alla faccenda, tentativo comunque, non completamente riuscito.
Tolkien risolse la difficoltà riscrivendo il
capitolo de Lo Hobbit nella presente forma, in cui Gollum non ha nessuna
intenzione di dare l’Anello ma sembra, piuttosto, disposto a mostrare a Bilbo
in caso di una sua vittoria la via d'uscita. Inoltre, Gollum diventa schiavo
dell’Anello Dominante e da esso tormentato.
In questo modo però, il diritto di Bilbo
all’Anello è seriamente compromesso. [ Bisogna prestare particolare attenzione
a quest’ultimo punto. Esso racchiude due problemi, ben riassunti nel Prologo :
"I pareri dei commentatori sono discordi, se considerare veramente, cioè
in base alle regole del gioco, l’ultima domanda di Bilbo come un vero e proprio
" enigma " o come una semplice " domanda ", ma tutti sono
d’accordo nel dire che Gollum, avendo accettato la sfida e tentando di
risolvere l’ultimo quesito, era tenuto irrevocabilmente a rispettare la
promessa" (Compagnia dell’Anello, Prologo, pag. 37)
Così, il modo in cui Bilbo vinse la scommessa
è discutibile. Dato però che egli di fatto vinse, sia pure grazie ad un
"tecnicismo", aveva tutto il diritto al prezzo, che, nella vecchia
versione era l’Anello. Nella nuova versione, comunque, a Bilbo non spetta alcun
diritto sull’Anello, indipendentemente dal fatto di aver vinto o meno, dato che
il premio per il vincitore non è l’Anello. ]
Esistono quindi due edizioni differenti dello
stesso episodio. Tolkien abilmente, fece della circostanza parte integrante
dello stesso racconto, asserendo che Bilbo aveva vantato il suo (inesistente)
diritto, sotto la malvagia influenza dell’Anello. (Bilbo ha scritto questa
versione nel suo diario, il quale fu poi "tradotto" da Tolkien e
pubblicato come "Lo Hobbit"; per cui l’errore nella prima versione,
fu più tardi "corretto".) Questa nuova sequenza di eventi nell’ambito
della storia è ricostruita chiaramente ne "A proposito della scoperta
dell’Anello" (Prologo) ed è data per scontata per il resto della storia
(per esempio ne "L’Ombra del Passato" e nel Concilio di Elrond).
Lo Hobbit come ora presentato si colloca in maniera ineccepibile nello scenario
dell’intera storia, sebbene Tolkien, per valide ragioni letterarie, tiene fuori
quest’intera faccenda della disonestà di Bilbo (fu un’irrilevante complicazione
che avrebbe gettato ogni cosa al di fuori dalla bilancia). Il presente
tentativo di fare un passo indietro e vedere l’intero quadro è reso più intricato
dal fatto che la disonestà di Bilbo si manifesta in due diversi momenti.
Il primo, molto evidente, quando Bilbo
inizialmente racconta la sua avventura a Gandalf ed ai Nani, e non fa menzione
del ritrovamento dell’Anello - ciò fu senza dubbio il fatto che ispirò Gandalf
a lanciare a Bilbo la "strana occhiata da sotto le sue sopracciglia
irsute" (Lo Hobbit, cap. VI). Più tardi, (dopo l’episodio del ragno)
rivelò di avere l’Anello, e dev’essere stato a questo punto che inventò la
storia della "vincita del regalo" (un’azione incredibile, date le
circostanze). Non c’è, comunque, alcuna allusione nel testo, del secondo
momento della sua disonestà (come annotato di sopra, sarebbe stato un grave
errore letterario). Ai lettori non è data alcuna indicazione tranne quando
"… Balin insistette per farsi raccontare da capo la storia completa di
Gollum, degli indovinelli e di tutto il resto, con l’Anello al suo posto
giusto" (Hobbit, cap. VIII, pag. 188), al che Bilbo non raccontò la storia
vera, esattamente come descritta nel cap. V. A questo proposito, "Circa il
Ritrovamento dell’Anello" nel Prologo, è un preludio indispensabile a Il
Signore degli Anelli.
Gli Hobbit
[2.1] Gli Hobbit erano un
subgruppo degli Umani?
Si, senza dubbi. Ci sono tre riferimenti
espliciti a questa tesi. Il primo, contenuto nel Prologo, è probabilmente meno
definito in quanto Tolkien "recita" la parte dell’editore.
"La parentela che ci unisce agli Hobbit,
malgrado la loro recente ostilità, è più che evidente e molto più stretta che
non quella che ci unisce agli Elfi o perfino ai Nani. In tempi lontani
parlavano le lingue degli Uomini, a modo loro, ed avevano le stesse preferenze
e le stesse antipatie. Quale sia però la nostra esatta parentela, ormai nessuno
lo può dire: gli albori della civiltà Hobbit sono persi nei Tempi Remoti caduti
nell’oblio."
(Signore degli Anelli, Prologo, pag. 26)
"Gli Hobbit, naturalmente, sono una
branca della razza Umana (non degli Elfi o dei Nani) - per cui le due varietà,
Uomini ed Hobbit, possono vivere pacificamente insieme (come a Brea) e sono
chiamati il Grande Popolo ed il Piccolo Popolo. Sono completamente privi di
poteri sovrumani, ma sono rappresentati come più vicini alla natura (alla terra
e alle altre cose viventi, piante e animali), e straordinariamente, dal punto
di vista umano, privi di ambizione e di brama di ricchezza." (Lettera #131
nota a pie’ di pagina).
"Primogeniti, I. Gli Elfi. Traduzione.
(‘Primogeniti’, in quanto gli Elfi apparvero nel mondo prima di tutti gli altri
"esseri parlanti", non solo prima degli Uomini, ma anche dei Nani,
che ebbero origini indipendenti. Gli Hobbit furono certamente pensati come una
branca della razza umana). (Guida)
[2.2] Gli Hobbit avevano
le orecchie a punta?
Solo lievemente. Tolkien descrive Bilbo in
questo modo in una lettera a Houghton Mifflin (attorno al 1938) :
"Io di solito disegno una figura quasi
umana, non una specie di coniglio "magico" come alcuni dei mie
recensori inglesi pensano : con un po' di pancia e le gambe corte. Una faccia
tonda e gioviale; le orecchie solo leggermente appuntite ed "
elfiche"; capelli corti e ricciuti (castani). I piedi dalla caviglia in
giù, coperti di un soffice pelo castano. Gli abiti : calzoni di velluto verde;
panciotto rosso o giallo; giacchetta marrone o verde; bottoni d’oro (o di
ottone); il cappuccio ed il mantello scuri (che appartenevano ai Nani)."
(Lettera #35)
Lo Hobbit annotato cita questa lettera ed
include una illustrazione verosimile che si basa proprio sulla descrizione
fatta sopra. [Nota che Tolkien usa il termine "elfico" parlando delle
orecchie di Bilbo, riferendosi agli elfi della tradizione popolare, spesso
raffigurati con le orecchie a punta. Gli Elfi della Terra di Mezzo (eccezion
fatta per gli Elfi Silvani de Lo Hobbit) erano a quel tempo conosciuti
solo da poche persone.]
[2.3] Quando è il giorno
del compleanno di Bilbo e di Frodo? A quale data del nostro calendario
corrisponde?
Lo scopo di questa piccola ricerca è quello di
fissare la data, secondo il nostro calendario, in cui cadono i compleanni di
Bilbo e di Frodo Baggins.
Tale data, secondo il calendario della Contea
è il 22 Uccellaio (nostro settembre) [La Compagnia dell'Anello, libro I cap I],
ma sia la diversa denominazione dei mesi, sia la differente correlazione del
loro calendari con l'avvicendarsi delle stagioni. Il solstizio d'estate ad
esempio cade, secondo il calendario della Contea, il Superlithe, giorno a
cavallo tra l'ultimo giorno di giugno ed il primo di luglio, a sua volta
seguito e preceduto da un giorno lithe, e non il 21 giugno come nel nostro
calendario [Signore degli Anelli appendice D]. Se si tiene conto di questi 10
giorni di differenza, la data del compleanno slitterebbe così dal 22 settembre
al 12. Questo slittamento incide notevolmente sull'ottica in cui si guarda alla
storia del Signore degli Anelli. Stare fuori casa in autunno dieci giorni prima
o dieci giorni dopo, ha una grande importanza.
Nell'appendice D Tolkien fornisce informazioni
molto dettagliate sul margine d'errore del sistema di conteggio dei periodi
lunghi usato nella Contea. Basandoci su queste e su altre informazioni
contenute nella citata appendice D, ci è possibile affermare quasi con
certezza, che il calendario della Contea, al momento della storia, avesse
accumulato già da due a quattro giorni d'errore. Questo risultato farebbe
scivolare la data del compleanno ancora più indietro, a circa il 14, 16
settembre, ma ulteriori considerazioni sull'esattezza di certi calcoli
solleverebbe altre questioni sulla certezza delle date, così, il 12 settembre
mi sembra essere la data più esatta.
[2.4] Gollum è uno
Hobbit?
Si, senza alcun ombra di dubbio. La sola
opinione di Gandalf : "Penso dovesse essere di razza Hobbit ed affine agli
avi degli Sturoi" (Compagnia dell’Anello, L’ombra del passato, pag. 85)
dovrebbe essere sufficiente a stabilirlo, ma ciò è anche confermato in diversi
altri punti. "Il calcolo degli anni" (Ritorno del Re, App. B) dice
circa l’anno TA 2463: "Si costituisce il Bianco Consiglio. Déagol lo
Sturoi trova l’Anello Unico e viene assassinato da Sméagol." Già nel
Prologo è chiarito che gli Sturoi erano una delle tre branche del popolo Hobbit
, è chiaro che i redattori di questa cronologia, evidentemente eredi di Marry
e/o di Pipino, accettarono questa conclusione.
Ne "La Caccia all’Anello" (Racconti
Incompiuti) si dice che Sauron dopo aver interrogato Gollum, giunge alla
conclusione che Bilbo dev’essere lo stesso tipo di essere di quel disgraziato
(di conseguenza Gandalf arriva alla stessa conclusione parlando con Bilbo). Il
seguente riferimento casuale mostra che l’autore de "La caccia
all’Anello" accetta le origini Hobbit di Gollum : " In fin dei conti
era proprio indomabile se non dalla morte, come aveva indovinato Sauron, e ciò
sia a causa della sua natura intermedia, sia per una ragione che Sauron non
comprendeva appieno … " (Racconti Incompiuti).
Magari l’arcaica dizione di Gandalf contribuì
all’incertezza. Quando un lettore in una lettera, propone la conclusione che ‘
(1) Il popolo di Sméagol non era del genere Hobbit come suggerito da Gandalf’,
Tolkien smentisce quest’ipotesi ed aggiunge : "Riguardo al quesito numero
(1), Gandalf dice all’inizio " Penso "; ma questo è dovuto al suo
carattere ed alla sua saggezza. In un linguaggio più moderno, avrebbe detto
" Deduco ", riferendosi a faccende che non ha osservato direttamente,
ma sulle quali si è formato un’opinione in seguito ad uno studio. … Ma non ha
dubbi sulle sue conclusione " E’ dunque vero, … ". (Lettera #214)
Elfi
[3.1] Gli Elfi avevano e
orecchie a punta?
Essi le avevano piuttosto appuntite; in ogni
caso più appuntite delle orecchie degli Uomini. L’unico luogo in cui questa
faccenda è trattata direttamente è ne L’Etimologia, pubblicata in The
Lost Road.
Nani
[4.1] Le Nane avevano la
barba?
Sembrerebbe di sì. Nella nota sulle Nane
nell’Appendice A si dice:
"Gimli spiegò che vi erano poche Nane,
probabilmente appena un terzo dell'intera popolazione. Esse si allontanano
dalle loro dimore assai di rado, e soltanto in caso di grave necessità. La loro
voce, il loro aspetto e, quando viaggiano, anche il loro abbigliamento sono
totalmente simili a quelli dei Nani maschi che gli occhi egli orecchi della
gente di altri paesi non sanno distinguerle." (App. A pag. 1290).
Poiché la barba è parte dell’aspetto, non del
costume, dei Nani maschi, dobbiamo concludere che le Nane effettivamente
fossero dotate di barba.
La questione è stata sollevata tenendo conto
che tutti i Nani maschi assevero effettivamente la barba (la successiva
conclusione si fonda su questa premessa). Da un lato c’è da assumere che in
nessun posto viene esplicitamente detto che tutti i Nani avessero la barba,
dall’altro, però, in tutti i posti in cui si fa riferimento all’aspetto di
questo o quel Nano, si capisce direttamente o indirettamente che costui era
dotato di barba. E’ il caso di Thorin, Dwalin, Balin, Fili, Kili, Gloin, Bombur
e Gimli. E’ naturale quindi assumere che anche gli altri avessero la barba. Un
altro riferimento molto importante si ha ne Lo Hobbit, : [Bilbo ha
ricevuto in prestito da Dwalin il cappuccio ed il mantello da Nano] "La
sua unica consolazione era che non avrebbe potuto essere scambiato per un Nano,
visto che non aveva la barba" (Lo Hobbit, Abbacchi Arrosto, pag. 43).
In ogni caso, la nozione di Nani barbuti
sembra un ipotesi con fondamenta abbastanza solide.
Istari (Stregoni)
[5.1] Chi erano gli
Istari (Stregoni)?
Gli stregoni erano Maiar (Spiriti viventi di
una "casta" meno elevata dei Valar) inviati nella Terra di Mezzo dai
Valar in forma umana come Messaggeri, allo scopo di aiutare i popoli nella
lotta contro Sauron : il termine "angeli incarnati" è abbastanza
corretto.
Quando si incarnarono limitarono
intenzionalmente il loro potere, in quanto il loro intento era quello di
organizzare la resistenza e far sì che i popoli della Terra di Mezzo si
alleassero, e non quello di svolgere la missione al posto loro. La loro
tentazione principale grande fu quella di accelerare il processo dominando
altri liberi arbitri - la principale ragione della loro missione era di
prevenire simili azioni da parte di Sauron.
Tolkien dice che gli Istari erano cinque, ma
solo tre appaiono nella storia :
-- Saruman (‘Uomo
di Destrezza’) il Bianco [Sindarin: Curunir (‘Uomo di Destrezza’); Quenya:
Curumo]
-- Gandalf
(‘Folletto della bacchetta’) il Grigio (più tardi il Bianco) [Sindarin:
Mithrandir (‘Grigio Viaggiatore’); Quenya: Olorin]
-- Radagast il
Marrone [Quenya: Aiwendel].
Gandalf fu l’unico dei tre a rimanere fedele
alla sua missione, ed alla fine, a causare la disfatta di Sauron. Egli era
anche il portatore dell’Anello Elfico Narya, l’Anello Rosso (l’anello di
Fuoco).
[5.2] Dei cinque stregoni
solo tre appaiono nella storia. Cos’altro si conosce degli altri due?
Molto poco. Nessun nome attribuito loro nella
Terra di Mezzo è menzionato, solo il titolo Ithryn Luin, "Lo Stregone
Blu" (per i loro vestiti blu-mare) (i loro nomi in Valinor erano Alatar e
Pallando). Quando inizialmente gli Istari giunsero nella Terra di Mezzo,
Saruman e gli Stregoni Blu si stanziarono nell’est, ma solo Saruman fece
ritorno. Il saggio sugli Istari dice: "che essi o rimasero nell’est,
perseguendo gli scopi per cui erano stati inviati; o se perissero; o, come
alcuni ritengono fossero accalappiati da Sauron e divenissero suoi servitori
…" (Racconti Incompiuti)
Quello che lo stesso Tolkien dice è poco più
esplicito. In una lettera dice che neanche lui sapeva nulla di chiaro degli
altri due :
"Penso che siano andati in qualità di
emissari in regioni lontane, ad est ed a sud, molto lontano da Numenor:
missionari nelle terre occupate dal nemico. Se abbiano avuto successo non lo
proprio; ma temo che abbiano fallito, come fallì Saruman, benché in modo
diverso: e sospetto che abbiano fondato o iniziato culti segreti e tradizioni
magiche che durarono oltre la caduta di Sauron."
(Lettera #211)
[5.3] Cosa accadde a
Radagast?
E’ già stato detto che anche Radagast fallì la
sua missione, ma è rasserenante pensare che ciò non comportò un danno come il
fallimento degli altri. Il saggio sugli Istari: "In effetti, di tutti gli
Istari, uno solo restò fedele, e fu l’ultimo venuto. Infatti Radagast, il
quarto, si innamorò delle molte specie di animali e di uccelli che popolavano
la Terra di Mezzo, e abbandonò gli Elfi e gli Uomini per trascorrere i suoi
giorni tra le creature selvatiche." (Racconti Incompiuti, pag.516)
Radagast di certo non diventò mai cattivo. Il
precedente riferimento suggerisce, comunque, che la sua missione non era solo
quella di andare d’accordo con le bestie selvatiche, ma anche costruire un
ponte tra loro, gli Elfi e gli Uomini. In effetti egli fece raccogliere ad i
suoi amici uccelli molte informazioni, ma dal momento che essi facevano
rapporto anche a Saruman, in quanto capo del Bianco Consiglio, la cosa non fu
di grande giovamento. D’altro canto, è stato spesso supposto (benché non c’è
nessun riferimento testuale diretto) che il motivo per cui le Aquile si
trovavano al posto giusto al momento opportuno sia da ricondurre all’intervento
di Radagast.
Non sappiamo nulla di ciò che accadde a
Radagast dopo la fine della Terza Età. Sembra concepibile, data la natura molto
ambigua del suo fallimento, che gli possa essere stato concesso di ritornare a
Valinor alla fine.
Nemici
[6.1] Qual è la relazione
tra gli Orchetti ed i Goblin?
Sono solo due nomi che stanno ad indicare la
stessa razza di creature. Dei due termini, "Orchetti" è il più
corretto. Questa faccenda ha generato numerosi equivoci, derivanti per lo più
dall’uso dei due termini ne Lo Hobbit (Tolkien ha cambiato il suo punto
di vista sui termini, dopo che Il Signore degli Anelli fu pubblicato, ma
la confusione nel primo libro fu peggiorata dalla contraddizione prima delle
modifiche). Ci sono due espressioni ne Lo Hobbit che se considerate
letteralmente fanno comprendere che gli Orchi erano una sottospecie dei Goblin.
Se teniamo conto delle indicazioni provenienti dalle altre aree degli scritti
di Tolkien, ciò non è corretto. Ci sono dei riferimenti abbastanza chiari nelle
lettere , l’evoluzione della sua terminologia standard (vedi il prossimo
paragrafo), e l’effettivo impiego ne il Signore degli Anelli, che
tutt’insieme suggeriscono che il vero nome della razza è "Orchi".
Questo è quanto accaduto: le creature cui si
fa riferimento furono inventate insieme al resto della "sub-creazione"
Tolkeniana durante la stesura del libro dei Racconti Perduti (il
"pre-Silmarillion"). Il suo uso nei primi racconti è alquanto vario
ma l’inclinazione è più per Orchi anziché per "goblin". Ciò è parte
di una più generale tendenza a non utilizzare la terminologia del folklore
popolare (Tolkien era certo che l’uso di termini popolari avrebbe suscitato nel
lettore associazioni errate, e questo perché la sua creazione era del tutto
differente se vista nello specifico). Per gli stessi motivi generali cominciò a
chiamare gli Elfi Profondi "Noldor" anziché Gnomi, ed evitò
completamente "Fate". (D’altra parte fu bloccato con Stregone,
un’imprecisa traduzione di "Istari", Elfi e Nani; disse infatti che
avrebbe preferito "dwarrow", che come egli diceva, era più
storicamente e linguisticamente corretto, se solo ci avesse pensato in tempo
……. [in inglese per indicare la parola Nano si usa il termine comune
"Dwarf", "Dwarrow" ne sarebbe stata una variante
rispondente alle esigenze di Tolkien (N.d.T.)].
Ne Lo Hobbit, che originariamente era
disconnesso da Il Silmarillion, Tolkien usò il termine familiare
"goblin" a beneficio dei lettori moderni. Ma dopo che Il Signore
degli Anelli fu pubblicato, goblin non gli andò più a genio - Orchi era
meno vocabolo da fiaba di goblin (vedi sotto). (Tolkien, inoltre, non aveva
dubbi sul fatto che data l’origine Romanza del termine "goblin", esso
poco si addiceva ad un lavoro basato così tanto sull’anglosassone e le
tradizioni nordiche in generale.) Così, ne Il Signore degli Anelli,
"Orchi" è il nome proprio della razza (con la "O" maiuscola
[gli inglesi sono soliti indicare i nomi dei popoli, così come quelli delle
lingue che parlano, con la lettera maiuscola (N.d.T.)]), e questo nome si trova
nell’indice finale insieme ad Ent, Uomini, ecc., mentre "goblin"
quando usato (con la "g" minuscola), si riferisce ad un particolare
tipo di dialetto per Orchi.
La spiegazione che Tolkien dà all’interno
della storia è che il nome esatto di quelle creature è Orchi (forma
anglicizzata del Sindarin "Orch", plurale "Yrch"). In
qualità di "traduttore" dell’antico manoscritto, Tolkien
"sostituisce" "Orchi" con "Goblin" quando traduce
il diario di Bilbo, ma per il Libro Rosso torna all’originale e corretta
traduzione.
[L’effettiva fonte della parola
"Orchi" è il poema epico Beowulf: "orc-nass", tradotto con
"cadaveri", in ogni caso la parola non ha niente a che vedere con
l'accezione di "orca" (cetaceo)].
Varie
[7.1] Chi o che cosa è
Tom Bombadil?
Questo interrogativo è stato a lungo discusso,
a volte addirittura con troppa veemenza. Parte della difficoltà è dovuta alla
complessità della storia letteraria di Tom. Tom nella realtà di casa Tolkien
era una bambola (con la giacca blu e gli stivali gialli) del figlio Micheal. La
bambola ispirò frammenti della storia che Tolkien era solito raccontare per il
divertimento dei suoi figli. Quei frammenti divennero poi la base del poema Le
avventure di Tom Bombadil, pubblicato nel 1933, il quale introduceva anche
la figura di Goldberry, lo spirito dei tumuli, e il vecchio Uomo-salice (il
poema fu la fonte del cap. VI de La Compagnia dell’Anello). In una lettera
dello stesso periodo (1937) Tolkien spiega che Tom rappresenta "lo spirito
della (dissolvente) campagna di Oxford e del Berkshire".(Lettera #19).
Tolkien introdusse Tom ne Il Signore degli
Anelli pressoché all’inizio, quando ancora considerava l'opera una
tranquilla continuazione de Lo Hobbit, in modo quindi, del tutto diverso
rispetto al Silmarillion. Tom coincide con il tono dei primi capitoli
(tono che rassomiglia a quello de Lo Hobbit), ma mentre la storia
progrediva Tom acquisì un tono più elevato ed una natura più oscura. Più avanti
Tolkien avrebbe affermato di aver lasciato la figura di Tom in quanto forniva
al racconto un ingrediente necessario. Alcuni motivi molto convincenti sono
stati forniti da Tolkien in una coppia di lettere (Lettere #144 & #153).
Circa la natura di Tom ci sono diverse scuole
di pensiero.
a) Tom è un Maia
(l’idea più comunemente diffusa). Questi i motivi: dati i popoli della Terra di
Mezzo da noi conosciuti, questa è la migliore collocazione che si può dare a
Tom (e del resto a Goldberry)(alcuni degli altri individui dalle origini
misteriose nel Signore degli Anelli : Gandalf, Sauron, Stregoni, ed i Balrog
risultano essere Maiar).
b) Tom è Ilúvatar.
L’unico elemento che supporta questa tesi è di origine teologica: alcuni autori
hanno, di fatto, interpretato le parole di Goldberry a Frodo (Frodo: " Chi
è Tom Bombadil? ", Goldberry " Egli è. "), alla stregua dell’affermazione
cristiana "Io Sono Colui che E'", che davvero può suggerire che egli
sia il Creatore. Tolkien rigetta quest’affermazione con decisione.
c) Per T.A. Shippey
(in The Road to Middle-earth) ed altri autori, Tom è l’unico esemplare
di una specie. Questa nozione riceve supporto da Tolkien stesso :
"Dal punto di vista della storia, penso
che sia meglio che alcune cose restino inspiegate (specialmente se una
spiegazione in realtà esiste); …Ed anche in un’età mitica dev’esserci qualche
enigma, come c’è sempre. Tom Bombadil ne è un esempio (intenzionale)."
[Lettera #144].
Ci sono sparse un gruppetto di entità che
sembrano cadere al di fuori delle figure usali.
Tutti questi punti di vista sono esatti, la
funzione di Tom nell’ambito della storia è evidentemente quella di dimostrare
un particolare atteggiamento verso il controllo ed il potere.
"La storia è imperniata su un lato buono
ed un lato cattivo, la bellezza contro la bruttezza crudele, la tirannia contro
la regalità, la libertà ed il consenso contro la costrizione che da tempo ha
perso qualunque altro obbiettivo che non sia il conseguimento del puro potere,
e così via; ma entrambi i lati, conservatore e distruttore, in qualche misura
hanno bisogno di un controllo. Se, come se si facesse un voto di povertà, si
rinuncia al controllo, e si accettano le cose per quello che sono senza
riferirle a sé stessi, guardando, osservando e sapendo fino a un certo punto,
allora la questione dei lati positivi o negativi del potere e del controllo
possono diventare del tutto privi di significato, e i mezzi usati dal potere
senza valore. …
… Tom è una risposta nel senso che si colloca
al polo opposto rispetto alle mogli degli Ent, come la botanica e la zoologia
(in quanto scienze) e la poesia sono opposte all’allevamento del bestiame e
all’agricoltura e alla praticità." (Lettera #144)
[7.2] Che cosa accadde
alle Entesse?
Nessuna risposta a questa domanda è data
nell’ambito della storia. Comunque, Tolkien commenta la faccenda in due lettere,
e mentre è prudente nel dire "Credo" e "Non so", nondimeno
il tono di questo commento è completamente pessimista. Inoltre, non sembra aver
più cambiato idea. La risposta fu scritta nel 1954 (di fatto prima della
pubblicazione de Il Signore degli Anelli):
"Quello che accadde loro [alle Entesse
N.d.T.] non è spiegato in questo libro. … Io penso che in realtà le mogli degli
Ent siano sparite definitivamente, distrutte con i loro giardini nella guerra
dell’ultima Alleanza (Seconda Età 3429-3441) quando Sauron attuò la strategia
della guerra bruciata dando fuoco ai loro terreni durante l’avanzata degli
alleati lungo l’Anduin. Sono sopravvissute solo nell’agricoltura trasmessa agli
Uomini (e agli Hobbit). Alcune naturalmente, possono essere fuggite verso est, o
anche essere finite in schiavitù: i tiranni anche in questi racconti hanno
bisogno di risorse economiche per i loro soldati ed i loro minatori. Se
qualcuna fosse sopravvissuta, sarebbe ormai del tutto estranea agli Ent, ed un
ravvicinamento sarebbe difficile, a meno che l’esperienza dell’agricoltura
industrializzata e militarizzata non le avesse rese un pochino più anarchiche.
Io spero così, ma non so."
(Lettera #144)
Nota che la "strategia della terra
bruciata" attuata da Sauron che causò la distruzione delle lande delle
Entesse, sembra un affare più serio ed intenzionale di quanto non appaia nella
storia, nella quale Barbalbero dice che "la guerra passò su di loro".
La risposta seguente fu scritta nel 1972,
l’ultimo anno di vita di Tolkien :
"Per quanto riguarda le mogli degli Ent:
non lo so. … M penso che nel libro terzo di Le Due Torri sia chiaro che
non ci sarà per gli Ent un ritrovamento delle mogli nella "storia" -
ma essendo gli Ent e le loro mogli delle creature razionali troveranno un
" paradiso terrestre " fino alla fine di questo mondo: oltre il quale
né la saggezza degli Elfi né quella degli Ent può vedere. Sebbene forse
condividano la speranza di " non essere legati per sempre alle ruote del
mondo oltre le quali c’è più del ricordo ." (Lettera, #338)
[Il riferimento a Le Due Torri, è alla
canzone degli Ent e delle Entesse, recitata da Barbalbero a Merry e Pipino; il
riferimento ad Aragorn è invece nell’Appendice A]
Mentre il precedente riferimento non suona
affatto fiducioso, ciò nondimeno resta irrisolto il problema della
conversazione tra Sam Gamgee e Ted Sabbioso all’osteria del Drago Verde. Essa
prese posto nel secondo capitolo de La Compagnia dell’Anello ed è stata
considerata come la possibile evidenza del fatto che le Entesse fossero ancora
vive :
""Va bene " disse Sam, ridendo
assieme agli altri. " Ma che te ne pare di questi Uomini-alberi, che si
potrebbero chiamare giganti? Un sacco di gente insiste nel dire di averne visto
uno più alto di un albero, al di là delle Brughiere del Nord, poco tempo fa
".
" Chi è questa gente? ".
" Mio cugino Al, innanzi tutto. Lavora
per il signor Boffin a Surcolle, e va a caccia su nel Decumano Nord. Lui ne ha visto
uno! ".
" Può darsi che dica così. Intanto il tuo
caro Al va sempre dicendo di aver visto cose strane: è possibilissimo che veda
anche cose che non esistono ".
"Ma questo era grande come un olmo, e
camminava, e ad ogni passo faceva sei braccia, come se fossero stati pochi
pollici ".
" E allora scommetto che quello che gli
era parso un olmo, era proprio un olmo ".
" Ma questo camminava, ti dico, e
poi non ci sono olmi nelle Brughiere del Nord ".
" E allora Al non può averne visto uno
", affermò Ted.
(Compagnia dell’Anello, L’ombra del
passato, pag. 75)
Dunque, questa conversazione prese posto nella
storia inizialmente, quando il tono era quello di una "storia per
bambini" sullo stile de Lo Hobbit. Quando lo si legge per la prima
volta la reazione naturale è accettare che quelle siano nuove creature (cioè un
ulteriore riferimento ad un retroterra fantastico). Comunque è impossibile non
pensare a loro quando si rilegge la storia. Questa impressione è rafforzata
dalle stesse parole che Barbalbero rivolge a Merry e Pipino:
"Fece loro descrivere più volte la Contea
e i suoi paesaggi. Ad un certo punto disse una cosa strana. " Non avete
mai visto da quelle parti degli ... hm, degli Ent, nevvero? ", domandò.
" Anzi, non degli Ent, per essere precisi dovrei dire delle Entesse
".
" Entesse?", ripeté Pipino.
" Ti rassomigliano in qualche modo? ".
" Sì, hm, beh, no: non saprei esattamente
", rispose Barbalbero pensieroso. " Ma a loro piacerebbe il vostro
paese, perciò ve lo domandavo ".
(Le Due Torri, Barbalbero, pag. 576)
Prese insieme, queste due conversazioni danno
l’idea che ciò che Al vide era un’Entessa. Ad ogni modo in nessun posto Tolkien
connette esplicitamente le due faccende, anzi, non fa mai alcun riferimento a
loro. Così siamo liberi di fare congetture. (Il fatto che la creatura fosse
"grande come un olmo", porterebbe a dedurre che non si trattasse di
un Ent, ma non vi è nessuna prova né dell’una né dell’altra possibilità. Ciò
indicherebbe che la storia è frutto della fantasia di un giovane Hobbit, ma
sarebbe ugualmente possibile sia che l'Ent sia apparso alto quattordici piedi
ad uno Hobbit spaventato, sia che vi sia stata un’esagerazione, da parte dello
stesso Hobbit, nel raccontare la storia.)
Nessun riferimento testuale risulta quindi
utile a chiarire il nostro dubbio. Tolkien stesso dice, in una discussione sul
suo metodo di invenzione, che l’avventura di Barbalbero fu completamente
imprevista fino a quando non arrivò a quel punto della storia: "Da molto
tempo ho smesso di inventare … : aspetto finché mi sembra si sapere quello che
accadde veramente. O finché non si scrive tutto da solo. Così, benché sapessi
da anni che a Frodo sarebbe capitata un’avventura con un albero da qualche
parte lungo il Grande Fiume, non mi ricordo di aver mai inventato gli Ent.
Quando alla fine arrivai a quel punto, scrissi il capitolo di Barbalbero senza ricordarmi
di averci pensato su prima: e lo scrissi com’è adesso. E poi mi accorsi che,
naturalmente, non era affatto capitato a Frodo."(Lettera #231)
La bozza sommaria in History of
Middle-earth che la conversazione tra Sam e Ted, fu composta molto prima che
gli Ent entrassero nella storia. Quindi, Tolkien non poteva pensare a loro
quando la scrisse, ed il riferimento dev'essere stato originariamente un
elemento vagamente fantastico preso a caso. D’altro canto, come egli disse di
Tom Bombadil: "Io non l’avrei lasciato se non avesse avuto qualche
particolare funzione." (Lettera, #144). L’implicazione è chiara: tutte ciò
che rimane nei primi capitoli, è stato lasciato per un preciso motivo. Tolkien
lascia la conversazione tra Sam e Ted perché probabilmente sapeva quanto essa
sarebbe stata suggestiva. Ma come si inserisce con le più oscure considerazioni
espresse nelle sue lettere non è chiaro (a meno che non cambiò idea più
avanti).
Questa può essere dovuto all'aspetto più
emotivo di Tolkien, dato che la faccenda è in conflitto con le considerazioni
da lui fatte. T.A. Shippey ha notato che "egli era negli affari minori di
cuore tenero". Basta guardare la storia di Bill il pony fuggito, di
Ombromanto cui è concesso di seguire Gandalf nell’Ovest; e nei tardi scritti
narrativi dei Racconti Incompiuti, Isildur è dipinto molto più
riluttante nell’uso dell’Anello di quanto si percepisce nel capitolo sul
Concilio di Elrond, a Galadriel sono perdonate le colpe legate al crimine di
Fëanor. Può essere che, da amante degli alberi quale egli fu, ha voluto in
questo modo preservare la speranza che gli Ent e le Entesse potessero un giorno
ritrovarsi e la razza non estinguersi. Ma le sgradite conclusioni che altrove
chiama la logica della storia devono essere state inevitabili.
---FINE---