Il Gioiello di Villa Brandy

 

Di Fernwithy

Traduzione dall’inglese a cura di Francesco Amadio

 

Nota - Questa storia è il prodotto di una serie di conversazioni al sito rec.arts.books.tolkien, in cui il destino di Frodo era discusso: aveva fatto bene o male a cercare rifugio in Eressëa? Il risultato di questa discussione fu un sito chiamato “The rescue Frodo S.W.A.T. Team”, gestito da Prembone, che raccoglieva storie e poesie dedicate al ritorno di Frodo nella terra di Mezzo. Consideratelo un universo alternativo… o no, se così vi piace. ;)

 

Nessuno si stupiva se Galadriel Baggins faceva cose strane. Quando vagava in mezzo alla strada a Buckburgo all’età di sei anni, col naso infilato in un vecchio libro d’appunti (nessuno sapeva dove avesse imparato a leggere), la gente si limitava a girarle alla larga, e ne facevano cenno a malapena più tardi all’osteria. “La piccola Gala batterà il naso in terra uno di questi giorni!” era tutto quel che veniva detto.  Quando si era legata la gonna sopra le ginocchia per lavorare in giardino a Crifosso, Meriadoc l’aveva solo presa e riportata indietro a Villa Brandy senza commenti, e pochi erano stati a mormorare. Aveva solo otto anni, e non sembrava volesse fare niente d’indecente.

Quando raccontava storie assurde sul suo viaggio a sud con Meriadoc per vedere i suoi strani amici con i cavalli, parecchi dei più anziani sorridevano indulgentemente, contenti che la piccola avesse una simile immaginazione, nonostante tutto. Andare su di un vero cavallo con una dama di Rohan, certo! A nulla serviva che Meriadoc sostenesse che fosse vero; tutti sapevano che amava la bambina come se fosse sua figlia, se non di più – dopotutto, era Gala ad essere chiamata “il Gioiello di Villa Brandy” e non la piccola Eowyn – e se lei voleva credere ad una storia simile, lui non si sarebbe certo opposto.

Quando la vecchia Peonia Manoverde, che era stata la balia di suo padre dopo che erano morti i sui poveri genitori, dette a Gala una scatola di ricordi infantili del signor Frodo, nessuno fiatò vedendola girare con un vecchio cappello da pesca e il suo lungo cappotto, anche se alcune delle signore della Terra di Buck avevano suggerito a Meriadoc di discuterne con lei – “ Non che a noi dispiaccia, naturalmente, ma altri potrebbero non essere così generosi”.

Quando cominciò ad avvertire la gente di rientrare in casa due ore prima del grande temporale, il giorno del suo decimo compleanno, i più vecchi annuirono con aria di chi la sa lunga a proposito della “preveggenza”, benché sorridessero indulgentemente come gli altri quando Gala cercò di spiegare che era stato l’aspetto del cielo e delle nuvole a farle pensare ad una tempesta.

Ma gli elfi…fu quando cominciò a seguire gli elfi che la gente della Contea si accorse delle sue stranezze, e questa volta Meriadoc fu il primo a porsi delle domande, seguito a ruota dal Sindaco e dal Tuc.

 

“Doveva succedere” disse Mirta Tronfipiede al circolo di ricamo. “ Tutti e due i genitori, non per parlarne male, erano strambi. Il signor Frodo lo era di sicuro, con quella sua malattia l’ultimo anno, ed il fatto che se ne sia andato in mare. E la signorina Lily…quella era strana anche prima del matrimonio, se non vi basta che si sia sposata un gentilhobbit di cinquant’anni quando lei era appena maggiorenne.”

“Nemmeno”, la interruppe Edera Torrenti, prendendo un ago dal cestello comune. “ Aveva appena trent’anni.”

“Dopo aver borbottato un po’ su questo argomento – non era la prima volta, né sarebbe stata l’ultima – Mirta riattaccò. “E poi, aprire quella scuola…Ve lo dico, io ho sempre pensato che la signorina Lily Chiomastoppa fosse strana. E poi, dopo aver sposato il signor Frodo, il fatto che lei abitasse a Pietraforata, mentre lui stava per lo più a Casa Baggins! Ma che razza di matrimonio è?”

“Uno più tranquillo del mio!” la zittì Flora Canneti, fissando un bottone sulla camicia buona di suo marito. Ci fu una risata generale, perché tutti sapevano che dei due Canneti, la più rumorosa in ogni caso era sicuramente Flora.

“Dapprima ho pensato fosse uno scherzo” disse Edera. “O solo una faccenda di convenienza, se mi capite, in modo che lui la potesse portare nella Vecchia Foresta e farle riaggiustare da Gandalf i suoi poveri occhi, dopo che Sharkey l’aveva accecata, visto che non sarebbe stato corretto per loro viaggiare insieme, altrimenti. Tutti la pensavano così, che l’avesse fatto come una gentilezza da parte sua, per non far parlare la gente. Poi, quando tornarono e Lily poteva di nuovo vedere e ricominciare ad insegnare, lei restò a casa sua e lui andò a Casa Baggins, come chiunque si sarebbe aspettato. Se no fosse per la bambina – e se non somigliasse tanto al signor Frodo – penserei che non siano mai stati sposati, se non su di un pezzo di carta a Pietraforata.”

Flora sbuffo, “Beh, Edera, a pensare non sei particolarmente brava”.

“Guarda che non fui l’unica a credere così! Anche il Sindaco Samvise rimase sorpreso, dicono, quando arrivò la piccola Gala. Sta ancora cercando di darle la sua eredità, anche se la stessa Lily gli disse di non andare contro i desideri del signor Frodo al riguardo, o perlomeno così si dice.”

“Più che altro da te, immagino.”

“Io credo” disse cocciutamente Mirta, non desiderando uscire nuovamente dall’argomento principale, “che la piccola era destinata ad essere un po’ tocca, essendo i suoi così strani, e lasciandola sola, oltretutto. Se no altro lei è qui nella Terra di Buck, fra gente per bene, invece che a Hobbiville col Sindaco. È una brava persona, certo, ma si è mai sentito dire di una Baggins – per non parlare del fatto che in parte è anche Brandibuck – allevata da un Gamgee?”

“Secondo me avrebbero fatto bene” disse Edera, ma nessuno l’ascoltò, visto che le sue opinioni su Mastro Samvise erano note e mai erano cambiate. “Non capisco perché la signorina Lily non l’abbia lasciata a lui, essendo l’erede del padre di Gala e tutto il resto.”

“Galadriel è una bambina, non un pezzo d’arredamento da ereditare.”

 

Tutti si voltarono per vedere Estella Brandibuck alla porta, un cestello di rammendi di Meriadoc in una mano e la piccola Eowyn silenziosa attaccata all’altra. “Ora, se non vi dispiace, ne ho già sentite abbastanza a Villa Brandy. Non vi permetterò di spettegolare anche qui su quella povera bambina.”

Con questo, appoggiò il cestello accanto alla seggiolina su cui si sedeva sempre (Eowyn le si sedette accanto, succhiandosi pensosa il pollice), e cadde il silenzio finché Flora non cominciò a parlare della gran quantità di tempo che il calzolaio di Buckburgo sembrava passare con la bella nuova commessa del mercato.

 

A Villa Brandy, il soggetto del dibattito era stata appena spedita in camera senza cena (anche se tutti sapevano che Merry le avrebbe portato di nascosto “uno spuntino” più tardi) e l’elfo, di nome Fanduil, che era ritornato ad est dai Porti per riportare a casa il Gioiello, era stato finalmente rimandato indietro decentemente, con provviste a sufficienza per il viaggio. Merry, Pipino e Sam si erano radunati nello studio di Merry.

“Che diavolo voleva fare?” chiese Pipino. “ Merry, ti ha detto niente?”

“Pensi che sarei così sorpreso se avessi avuto idea di cosa stava facendo? Sei tu quello con cui va in giro. A te ha detto niente? O a te, Sam? Niente?”

Sam sospirò. “Questo non era un gioco, signor Merry, e lo sapete benissimo. Stava cercando di raggiungere i Porti, stava.”

“Non penserai che… beh, non l’avrebbero lasciata…partire, no?”

“Non, Pipino, sono sicuro che non le avrebbero…Sam, sei sicuro che non le avrebbero dato il permesso, vero?”

Sam non ne era del tutto sicuro – l’avrebbero potuto considerare un favore speciale per lei, dopotutto, anche se ciò avrebbe spezzato il cuore del povero signor Merry, di certo – ma era d’accordo, poiché non pensava che Gala avesse questo in mente. Era irrequieta, e in ciò Sam la capiva più di quanto chiunque avrebbe creduto, ma si sentiva nelle ossa che questa gita non l’avrebbe danneggiata. “Non credo che lei sappia esattamente cosa fare, se ci arrivasse.”

“Pensi che ci riproverà?” chiese Pipino.

 

Merry scosse la testa. “Non subito. Per quanto forse dovrei portarcela io stesso, giusto per farsene un’idea dopo tutto quello che ha sentito.” Sospirò. “Oh, ma non posso. Ora, con Estella ed Eowyn e un altro bambino in arrivo, non si può viaggiare come un tempo. Sam, tu…?”

“No” disse Sam, senza spiegarsi, anche se sarebbe stato sufficiente ricordare che aveva da badare a molti più bambini di Merry (non era questa la vera ragione per cui non desiderava andare verso il mare, ma a Merry e Pipino sarebbe bastata).

“Pipino?”

“Non sei il solo con un bambino, Merry. Sarei lieto di accompagnare Gala ai Porti per farle dare un’occhiata, ma Diamante chiederebbe la mia testa se la lasciassi da sola con Faramir solo per portare Gala a fare un giro. Sei tu il suo guardiano, Merry. Secondo il desiderio di Lily.” Questo era un punto dolente per Pipino, visto che Lily era stata sua cugina prima (la figlia della sorella di sua madre; era sempre stata un po’ sospetta in Tuclandia, essendo suo padre niente più che un bottegaio bucklandese con un matrimonio molto al di sopra della sua posizione, ma era rimasta presto orfana e cresciuta negli Smial, e si era in generale guadagnata il posto nella famiglia Tuc per i propri meriti, almeno per Pipino). Era stata anche la sua preferita compagna di giochi, da bambino, e più tardi lui il suo confidente, per le sue occasionali disavventure, ed era rimasto amaramente dispiaciuto quando Gala era stata affidata in altre mani, ma rispettava la sua volontà. Sam c’era rimasto un po’ peggio, all’inizio, ma nel frattempo aveva imparato in qualche modo a conviverci.

“Va bene” disse Sam, guardando fuori dalla finestra, verso il fiume. “Gala si è presa un bello spavento oggi, e sa che l’ha fatto prendere anche a noi. Le permetterò di leggersi il Libro Rosso quest’estate, tutto da sola, come ha sempre desiderato (col vostro permesso, naturalmente, signor Merry); magari così sarà contenta anche senza un altro viaggio ad ovest.”

 

Sembrò funzionare, almeno per un po’. La piccola avventura di Gala fu discussa e commentata per un mese o due, poi molti se ne dimenticarono, lei compresa, a quanto pareva. Il vecchio Maggot la pensava diversamente, ma ne tacque con tutti, eccetto la moglie, e poiché già da un po’ si sapeva che permetteva alla piccola di sedersi sul suo portico a sentire storie sui “vecchi tempi” (e con ciò intendeva tutti gli avvenimenti prima della sua nascita), a nessuno parve strano che queste chiacchierate si prolungassero, nei giorni dopo la partenza di Fanduil. Aveva un mucchio d’informazioni su suo padre, e anche sulla famiglia di sua madre (“Chiomastoppa” significava “testa di Paglia”, le aveva detto, e la famiglia di suo nonno, all’epoca del trisavolo, era quella incaricata della cura della Frattalta[1]). A volte la vecchia Peonia si univa a loro, benché non molto spesso – voleva bene alla figlioletta del suo “caro ragazzo”[2] come ad una sua figlia.

Il secondo figlio di Mastro Meriadoc nacque all’inizio di Marzo, e Gala si preoccupò di costruirgli piccoli giocattoli mentre ascoltava le storie. Fu chiamato Theoden, ma naturalmente, ancor prima che avesse una settimana, il povero piccino era stato soprannominato “Dengo”. Pipino e Diamante vennero a vederlo, come pure Sam e Rose e figli, il che rese quel mese un periodo estremamente divertente, in cui nessuno menzionò l’ovest o il mare o gli elfi. Il piccolo Faramir Tuc aveva imparato una stupida canzoncina sulle margherite ed aveva continuato a cantarla finché tutti nella Terra di Buck – o almeno a villa Brandy – non l’ebbero imparata a memoria. Elanor Gamgee passò un mucchio di tempo cercando di imparare a sistemarsi i capelli in trecce dorate, come Merry diceva che facessero le dame di Rohan, con effetti a volte comici, che i suoi fratelli non perdevano tempo a sottolineare.

Gala ritornò con Sam e Rose, e passò l’estate a Casa Baggins, leggendo il Libro Rosso e lavorando in giardino con Sam e il suo figlio maggiore, che aveva lo stesso nome di suo padre. Sapeva che alla gente sembrava strano che preferisse giocare tra fango e radici con Fro piuttosto che con le bambole di Elanor, ma semplicemente era così. Fro in genere aveva sempre qualche idea interessante, e a volte parlavano di andare in cerca d’avventure insieme, magari al sud, a vedere gli olifanti e salire sulle loro torri da guerra. Si leggevano ad alta voce il Libro Rosso (il piano di Sam di farlo leggere solo a lei era naufragato quando Fro aveva chiesto lo stesso privilegio, e lui non aveva saputo trovare un motivo per vietarlo), e raccoglievano fiori di mallorn da seccare per profumare l’ambiente d’inverno. Fro era l’unico a sapere che lei durante le notti stellate si arrampicava sul mallorn per sentire i lontani canti degli elfi a sud.

“Davvero non dovresti”, le disse una notte nel tardo agosto, dopo che avevano letto la parte più difficile del Libro Rosso, il brano terribile di Sméagol sull’Orodruin, e si erano arrampicati sull’albero per non doverne parlare.

“Non dovrei cosa?” chiese.

“Seguirli di nuovo, ecco cosa” disse Fro. “E non venirmi a dire che non ci stessi pensando, Gala Baggins, perché so che è vero, non importa quanto tu finga. Mi hai messo nei guai l’ultima volta, appena Pa’ si è immaginato che io avessi indovinato dove stavi andando.”

“Beh, non ti troveresti così nei guai le la smettessi di indovinare.”

Lui non disse niente, e non cercò di indovinare quando Gala annunciò improvvisamente, due settimane dopo, che aveva deciso di farsi una cavalcata verso Tuclandia per fare visita per qualche giorno a Pipino.  Passava spesso l’estate a cavallo del piccolo pony che le era stato regalato a Rohan (da Re Eomer in persona, anche se, a quanto diceva, per ordine della sorella), andando di casa in casa senza molto chiasso, cosicché non allarmò nessuno, tranne le solite malelingue che la seguivano da un lato all’altro della Contea. Merry nella Terra di Buck fu avvertito del viaggio, e furono mandati messaggi a Tuclandia per avvisarli del suo arrivo. Fro evitò di tirare ad indovinare finché non arrivò lo stesso Conte Peregrino a Casa Baggins per dire che ancora non era arrivata, e finché Merry non arrivò di corsa dalla Terra di Buck nessuno gli chiese nulla. A quel punto, Gala aveva già tre giorni di vantaggio.

Ma su di una cosa Gala era in errore – Fro si trovò negli stessi guai di quando aveva indovinato in tempo.

 

Il pony di Gala, che lei aveva chiamato Vento (una rozza traduzione del nome Rohirric che gli aveva dato Re Eomer), era stato addestrato alla velocità e alla resistenza. Proveniva da una stalla i cui pony venivano usati per insegnare ai bambini di Rohan a cavalcare. Non era certo l’animale più veloce della Terra di Mezzo, ma di sicuro il più veloce della Contea, e Gala era arrivata alle Colline occidentali alla fine del terzo giorno, e all rive del Luhun i quarto. Lì, aveva visto il gruppo di elfi che aveva sentito dal mallorn la notte prima di partire (Fro non aveva sentito niente, ma per Gala era solo un po’ sordo; non erano per nulla silenziosi, per quanto le era sembrato).  Erano riuniti intorno al fuoco, a cantare dolcemente e tristemente nella notte. Smontò e lasciò Vento a pascolare. Pensava di essere capace di trovare i Porti semplicemente seguendo il fiume, ma non sapeva se ci fossero parole d’ordine o chiavi speciali per entrare. Sapeva solo di doverci andare, per vedere il mare. C’era un pensiero che le ronzava in testa da un anno, che qualcosa stesse per succedere. Secondo Peonia lei era solo gelosa dei nuovi bambini di Merry, ma lei non la pensava così. Sia Eowyn che Dengo le piacevano. Era soltanto…qualcos’altro. Qualcosa là fuori. Qualcosa lontano all’Ovest. Sapeva di non dover preoccupare Merry, Sam e Pipino, ma sperava che non capissero dove era diretta finche non fosse tornata, e a quel punto, non ci sarebbe stato nulla di cui preoccuparsi.

L’ultima volto il suo errore era stato farsi scorgere dagli elfi che seguiva. Era entrata nel loro cerchio, e loro l’avevano vista. La maggior parte di loro era sparita come molti anni prima erano svaniti gli Elfi di Bosco Atro davanti a Bilbo e ai nani. Ma Fanduil, per ragioni tutte sue, era rimasto, l’aveva presa per mano, e l’aveva ricondotta dritta a Villa Brandy. Lei aveva cercato di spiegarsi, sostenendo una bella conversazione unilaterale lungo la via, ma egli non aveva detto una parola prima di parlare con Merry. Era solo un piccolo pezzo di strada, e non c’era tempo di chiedergli delle storie, e Gala pensava che fosse un po’ arrabbiato con lei. Perciò, questa volta, sarebbe andata avanti. Sarebbe giunta ai Porti, e loro non se ne sarebbero accorti finché non fosse stato troppo tardi.

Osservò il bivacco degli elfi per un’ora, restando pazientemente e silenziosamente nelle ombre. Pareva che si sarebbero fermati a riposare, viaggiando di giorno anziché di notte. Un’altra mezz’ora di guardia la convinse di ciò, e si sdraiò sulla folta erba del prato per farsi un sonnellino, in previsione della cavalcata del giorno dopo. Sognò l’acqua che scorreva, ma era troppo veloce, decisamente troppo. I raggi del sole del mattino erano terribili ed accecanti. Si svegliò la mattina dopo con Vento che le leccava la nuca. Il campo degli elfi era in movimento, e cominciava ad allontanarsi nella foschia mattutina. Si tirò su e li seguì, conducendo Vento per la briglia, dato che non aveva più bisogno della sua velocità per star loro dietro, anche se era lieta della sua compagnia; era stato suo compagno fin da quando si poteva ricordare.

 

Pipino era smontato, e stava esaminando le tracce lungo il fiume. I Raminghi l’avevano addestrato un po’ nel seguire le orme – parte del suo lavoro come soldato di Gondor, dicevano, dato che Re Elessar pensava che avesse mostrato di capire come si seguono le tracce, quando era sfuggito agli Uruk-hai – e stava facendo del suo meglio per capire quale fosse la strada presa da Gala. La via per il lago Evendim era usata abbastanza di frequente e ogni tanto la traccia spariva. Non che ci fossero dubbi su dove fosse diretta.

" È stata ferma qui a lungo," disse. "Credo che abbia dormito qui, la notte passata."

 "Allora ci stiamo avvicinando," disse Merry. Era sera, ma l'ultima notte avevano trovato solo un accampamento vecchio di due giorni.

Sam arrivò sul bordo della strada. “Degli elfi si sono accampati qui. Non c’è molto da vedere, naturalmente, a parte un po’ di cenere sulle foglie. Probabilmente è il gruppo che sta seguendo.”

“Beh, non credo che si sia unita a loro.” Pipino indicò le tracce che si allontanavano. “Guardate, ora sta conducendo Vento a piedi. È molto più lenta.”

“Allora non possiamo fermarci stanotte”, disse Merry. “Potremmo raggiungerla prima che arrivi ai Porti.”

“E poi, signor Merry?” chiese Sam. “Oltre che darle quel che si merita, ovviamente. Cosa contate di fare in proposito? Ha qualcosa in mente, e bisogna prendere qualche misura.”

“Non so, Sam. Non mi preoccupo nemmeno di darle quel che si merita, come dici tu, al momento. Voglio solo vederla ed essere sicuro che non abbia intenzione di montare su di una di quelle maledette navi.”

“Siamo tutti preoccupati, Merry”, disse Pipino. “Ma per il momento sta bene. Penso che tu abbia ragione. Dobbiamo continuare a seguirla anche stanotte. Potrebbero facilmente arrivare ai Porti domani.” Lasciarono bere e riposare i pony per un po’, poi ripresero a cavalcare lungo il fiume verso il sole che tramontava.

La notte passò veloce, a cavallo sotto le stelle con l’acqua che scorreva rapida accanto a loro, e arrivarono all’alba ai cancelli di Mithlond. Aspettandosi di trovare una guardia o una guida (o anche lo stesso Círdan, con la mano di Gala stretta nella sua), rimasero stupiti di trovare le porte spalancate e le strade del lato est della città completamente deserte. Sam fermò il pony (ancora il suo adorato Bill), guardando le strade stranamente vuote, ed ebbe l’improvvisa certezza che ci fosse qualcosa in ballo. “Sta succedendo qualcosa, credo.”

“Guardate!” gridò Merry, indicando la via deserta. “È Vento! È qui, Gala è qui.” Entrò in città senza pensare alla stranezza della situazione, e Sam e Pipino lo seguirono. Vento era legato ad uno stallo al centro della piazza, e stava tranquillamente brucando il trifoglio dell’aiuola. Merry slegò il piccolo pony e gli accarezzo il collo. “Vento, dov’è Gala? Dov’è andata?”

Una figura corse fuori da un portone, diretta ad ovest. Sam, stavolta pensando più velocemente di Merry e Pipino, l’acchiappò per la collottola. Era un bambino elfico, appena più alto degli hobbit, e più basso quando all’altezza di Sam si aggiungeva quella di Bill. “Dov’è la bambina hobbit che cavalcava questo animale?” chiese.

“Cos’è un hobbit?” chiese il bambino.

“Uno come noi” disse Pipino. “Una ragazzina, piccola. Dov’è?”

“Non lo so. Siete i primi che vedo. Se è qui, sarà sicuramente al porto come tutti. Devo andare.”

“Perché? Cosa sta succedendo al porto?”

“Sta arrivando una nave. Una Nave Bianca.”

“Arrivando?”

“Sì. Non succede mai, ma ora sì. Voglio vedere. Lasciatemi andare!”

Sam lo lasciò, e il ragazzino sparì nell’alba. I tre viaggiatori si guardarono, poi Pipino disse, “Forse è meglio se andiamo al porto.” Legarono i pony (e con loro Vento) e si diressero ad ovest verso il limite del fiordo.

La folla ai Porti era la ressa meno elfica che Sam potesse immaginare, tutti a spingersi e ad agitarsi per vedere qualcosa della nave in arrivo. A Pipino era venuto in mente di arrampicarsi sui bastioni per cercare Gala – non avevano modo di vederla con tutti quegli elfi alti a bloccare la visuale – ma anche il semplice fatto di raggiungere una postazione in alto era difficile. Alla fine, grazie alla loro agilità (e Sam dovette a malincuore ringraziare Gollum per avergli insegnato ad appoggiarsi con le mani in luoghi stretti), raggiunsero la cima del muraglione Certo, c’era Gala, proprio sul bordo dell’acqua, che vagava qua e là per evitare che qualche elfo la notasse. Stava guardando verso il mare, un punto dove gli hobbit più vecchi potevano vedere, in effetti, una piccola nave bianca che risaliva il fiordo, controcorrente, e rallentava accostandosi al lungo molo di legno. Gala si stava intrufolando tra gli elfi; di sicuro sarebbe stata in prima fila quando l’imbarcazione si fosse fermata, nonostante le guardie di Círdan tenessero la gente lontana.

“Andiamo” disse Merry, scendendo lungo il muro. Avanzare si dimostrò difficile, in mezzo a quella ressa, ma essere piccoli presentava dei vantaggi, e riuscirono a sgattaiolare non visti sotto il naso di molti elfi e raggiungere il fronte del porto al momento in cui scendeva la passerella.  Passarono in mezzo a due elfi, e per poco non si scontrarono con Gala, che ora stava ferma a guardare la nave. Merry era così felice di vederla da non badare a nient’altro. Semplicemente le gettò le braccia al collo baciandola sulla guancia.

“Mi dispiace, Merry” riuscì a mormorare Gala, senza distogliere lo sguardo dalla nave.

“Gala, cara, ci hai fatto stare così in pensiero, tu…” Guardò Sam e Pipino, e vide che anche loro stavano fissando la nave ad occhi spalancati. Si voltò.

Una piccola figura stava scendendo dalla passerella, alto meno della metà di un elfo, ma avvolto in un mantello elfico con un gioiello verde appuntato alla spalla. Portava un piccolo fagotto, ed avanzava lentamente nella luce del sole, guardando cautamente verso la spiaggia.

Il molo ere in silenzio, mentre gli elfi cercavano di capire cosa stavano vedendo, e gli hobbit di assorbire il colpo. Nel silenzio, tutti sentirono chiaramente Sam, quando disse “signor Frodo.” Frodo lo sentì, e si voltò verso di loro, apparentemente stupito come loro del proprio arrivo. Per un momento, sembrò quasi sul punto di ritornare sui suoi passi, ma poi Gala si liberò dall’abbraccio di Merry e corse verso il gruppo di guardie ai bordi del molo. Frodo le venne incontro, passando facilmente in mezzo alle guardie, e le si inginocchiò davanti. “Galadriel”, sussurrò, stringendola fra le braccia ed avvolgendola nel suo mantello. “Mi dispiace tanto.”

Lei non udì o comprese le sue scuse; soltanto gli si strinse al collo, piangendo. Sam arrivò prima di Merry e Pipino, e Frodo riuscì a prendergli la mano. “Caro Sam” disse. “Sono felice che tu sia qui. Non mi aspettavo nessuno a salutarmi.”

Sam scosse il capo, incredulo. “Beh, pare che abbiate trovato qualcuno lo stesso, signore.” Rise improvvisamente, come se non si fosse aspettato altro, ed infatti si accorse che era così da quando era entrato in città. “E che mi venga un colpo, se oggi non è il ventidue settembre! Non pensavo di augurarvi di nuovo buon compleanno, ma se questo non è il migliore di tutti!”

“Spero che lo sia fino in fondo” disse Frodo. Abbassò lo sguardo sulla testa di Gala, baciandole i capelli.

“Signor Frodo” disse Sam, “questa è…”

“So benissimo chi è, Sam.”

“Ma come…perché…”

Merry e Pipino alla fine riuscirono ad attraversare la folla ed entrare nel cerchio di là delle guardie. Dapprima nessuno disse niente, finché Pipino non scosse la testa e disse “Beh, Gala, a quanto pare non ti trovi nei guai come pensavo stamattina.”

 

Un’ora più tardi, erano ospiti della casa di Círdan, seduti insieme in un giardino coperto al centro della casa. Il loro ospite era andato nel suo studio a leggere il messaggio di Dama Galadriel che Frodo gli aveva portato. Pipino e Merry si erano appollaiati su un muretto. Sam sedeva sul bordo di una fontana. Frodo aveva preso una seggiolina da bambini, e Gala, che non gli si era staccata di dosso fin dal suo arrivo, si era seduta sulle sue ginocchia con le braccia strette al suo collo. Frodo la reggeva non troppo stretta, col mento riposato sul suo capo.

Un pesante, se non oppressivo, silenzio era caduto su di loro da quando avevano lasciato il molo. Erano passati quasi esattamente tredici anni, e molto li divideva. Ma a Sam sembrava come se fossero appena tornati dal solito viaggio, con la stessa sensazione di quieta tristezza.

Pipino infine ruppe l’incanto. “Allora, Frodo, vuoi dirci cosa succede, o dobbiamo giocare agli indovinelli?”

Frodo sorrise. “Suppongo di dovervelo dire. È stata Galadriel, naturalmente. Anzi, entrambe le Galadriel.”

“Ti ha mandato la Dama?” chiese Gala, impressionata.

“Sì, è stata lei. O meglio, ha interceduto per me e convinto i guardiani dei porti a permettere ciò che mai prima era stato permesso.”

“Ma perché?” chiese Sam. “E come avete fatto a sapere di Gala?”

Frodo sistemò Gala fra le sue braccia. “Sono stato irrequieto per un po’, Sam. Non è strano; molti di quelli che fanno vela verso L’Ovest hanno per un po’ la sensazione di aver lasciato qualcosa indietro, di essersi dimenticati di fare qualcosa. Alla fine si rendono conto che non è così, che il loro lavoro è compiuto. Pensavo che sarebbe successo anche a me. È un posto meraviglioso, Sam, e vi è una pace che qui non si può trovare. Ma per me stava diventando sempre più difficile trovarla. L’inquietudine non mi passava. Anzi, cresceva.

Stavo a guardare le navi in arrivo, mentre oltrepassavano Eressëa, e mi domandavo delle notizie che avrebbero portato. A volte Galadriel o Gandalf venivano a raccontarmi cosa avevano sentito, ma, come sempre, gli elfi sono interessati solo ai loro affari, e pareva che nessuno avesse preso nota di cosa avveniva nella Contea. Finché non arrivò un’ultima nave in Marzo. A bordo c’era un elfo di nome Fanduil, e raccontava a tutti di una bambina hobbit, che aveva il nome della Dama del Bosco d’Oro, e che diceva che suo padre era partito per l'ovest con gli Eldar. Gli sembrava una strana idea, e non gli pareva che un’altra razza avesse simili credenze.

Voci giunsero infine alla Dama e a Gandalf. Discussero per un po’ se dirmelo o no, ma alla fine l’ebbe vinta lei, e mi fu detto.”

“Perché Gandalf non voleva che tu lo sapessi?” chiese Merry.

“Gandalf pensava anche che il mio matrimonio con Lily fosse sconsigliabile, anche quando gli assicurai che era una pura formalità.”

“E che problema aveva con Lily?” chiese Pipino, più che altro per prevenire una domanda da Gala riguardo al significato di “pura formalità”.

“Nessuno. Le voleva molto bene, e disse che se avesse saputo della sua cecità, sarebbe venuto lui stesso nella Contea per curarla. Semplicemente non gli sembrava saggio da parte mia creare legami in quel momento, visto che non avevo intenzione di restare a lungo. Sai bene, Pipino, che era a conoscenza dei miei piani, forse prima ancora che io stesso ne fossi certo. E pare che sapesse meglio di me che Lily ed io…beh, quanto volessi bene a Lily” concluse, guardando Gala. “Gala, mi faresti un piacere?”

“Cosa?”

“ Potresti andare da Círdan, e chiedere se possiamo partire da Mithlond domani?”

Gala gli lanciò un’occhiata perplessa, ma scese dalle sue ginocchia. Gli tenne la mano per un momento, senza apparentemente notare più il dito mancante, sebbene all’inizio si fosse meravigliata della strana forma della sua mano. Poi, per la prima volta in un’ora, lo lasciò e uscì dal giardino.

“Che ne è stato di Lily?” chiese Frodo appena fu lontana. “Fanduil disse che Gala era orfana, ed ho indovinato da quanto raccolto da Galadriel e Gandalf che ora vive a Villa Brandy. Che è successo a Lily?”

Gli altri tre si scambiarono un’occhiata, a disagio, poi Pipino rispose, semplicemente, “ morì quando arrivò Gala.”

“Rosie fece quanto era possibile,” disse Sam, “ma la signorina Lily era malata e debole e…”

“Stai calmo, Sam, sono sicuro che Rose era la migliore speranza per Lily. Non doveva trovarsi in quella situazione. Non dovevo permettere che succedesse.”

“Sì, stai calmo, Sam,” disse Pipino, con un tocco di rabbia nella voce. “Frodo è l’unico che ha colpa per ogni volere del fato. Noi poveri mortali dobbiamo solo accettare che queste cose a volte succedono.”

“Pipino…”

“Stai lì e dici che questo non doveva avvenire, e non ti stai nemmeno ad ascoltare. Stai dicendo che non dovevi permettere a Gala di esistere, e non negarlo, perché è esattamente così. Dici che la nascita di Gala era qualcosa che non doveva succedere. Che Lily è morta senza motivo.” Si alzò e attraversò il giardino, curvandosi su Frodo dalla sua ora minacciosa altezza. “Lily non sarebbe stata d’accordo. Lei ora non c’è, quindi devo dirtelo io al posto suo.”

Frodo incontrò i suoi occhi senza dire nulla, poi guardò Sam, che gli rivolse un sorriso stanco.

“Ha ragione, signor Frodo. Siamo tutti felici di Gala, e nessuno ne fu più felice della signorina Lily.”

Merry, che aveva ascoltato in silenzio per un po’, all’improvviso si alzò, e si diresse verso Frodo, apparentemente ancor più arrabbiato di lui, con grande sorpresa di Frodo. “Hai intenzione di restare, stavolta, Frodo? O intendi sparire di nuovo, appena si sarà abituata a te?”

“Dovrò restare per lo meno fino alla fine degli attacchi. Non so precisamente i termini; forse Círdan lo saprà dopo aver letto …“

“Non è questo che ti chiedevo. Gala è sotto la mia responsabilità. Lily l’ha affidata a me. E resterà con me se pensassi che hai intenzione di spezzarle il cuore.”

Frodo si risedette, con aria ferita. “Mi dispiace, Merry. Forse non dovevo tornare.”

“Non ho detto questo, Frodo. Ti ho chiesto se hai intenzione di restare.”

Frodo guardò Sam, poi al di là della finestra occidentale, e poi la porta attraverso cui Gala era uscita. Finora era stato concentrato nel cercare la forza di salire a bordo, e rimettere piede sulle coste della Terra di Mezzo. La sua prossima battaglia sarebbe stata fra due settimane, quando sarebbe arrivato il primo attacco. Poi, se fosse sopravvissuto, un altro sarebbe giunto a Marzo. Aveva solo cercato un rifugio sicuro per quei giorni. Non aveva pensato al resto.

Gala riapparve sulla soglia, con Círdan non lontano dietro di lei. Sembrava che stessero conversando. Gala pareva seria, e l’elfo cercava di mostrarsi tale. La luce del sole brillò sui capelli rossicci di Gala, e scintillò su di un bottone del suo lungo cappotto – il mio cappotto, si rese conto improvvisamente Frodo. Agitava le mani mentre parlava (proprio come Lily, pensò Frodo, quando era particolarmente interessata in un discorso). Ripensò al profumo dei suoi capelli mentre sedeva con lui, e alle lentiggini sul suo nasino. Ripensò a come sapesse, in qualche modo, che sarebbe arrivato quel giorno, e a come era bastato loro uno sguardo per riconoscersi. Pensò al calore delle sue manine allacciate dietro il suo collo. Ella entrò nella stanza.

Frodo si voltò verso Merry. “Credo che proverò” disse. “ Credo che proverò a restare finché posso.”

 

Ripartirono per casa nella tarda mattinata del giorno dopo, dopo un lungo riposo, Frodo a cavallo con Gala su Vento. Si accamparono lungo il fiume la prima notte, e Frodo imparò i nomi e le storie degli ultimi tredici anni.  Sam aveva avuto otto figli, e un nono era in arrivo.  Rimproverò leggermente Frodo per avere sbagliato ordine nella previsione fra i piccoli Pipino e Cioccadoro (a quanto pareva era arrivato prima Pipino).  "Cercherò di essere più preciso in futuro, " disse Frodo con una risata. “ ma non sapevo che avessi preso nota dei nomi che ti dissi quel giorno." Pipino disse che aveva intenzione di cercare di raggiungerlo, perché era felice di avere il piccolo Faramir intorno, e non gli sarebbe dispiaciuto averne altri nove o dieci. Frodo non la pensava così, ma non disse niente. Aveva la sensazione che Faramir sarebbe stato l’unico giovane Tuc in casa di Pipino, ma del resto, aveva anche pensato che non ci sarebbero stati altri giovani Baggins, eppure una c’era, addormentata dall’altro lato del fuoco. Non si poteva mai sapere. Merry parlò un poco dei suoi figli, ma divise equamente i racconti fra Gala ed Eowyn. Gala era arrivata prima che si sposasse, e quindi dei figli, ed erano molto uniti. Frodo capì, per la prima, ma non ultima volta, che la situazione non sarebbe stata molto equilibrata.

Il giorno dopo aumentarono il passo, e al tramonto erano giunti nella zona meridionale di Tuclandia. Su richiesta di Pipino, continuarono al buio fino agli Smial, dove Frodo si rese conto di essere, in effetti, di nuovo nella Contea. Un allegro fuoco scoppiettava nel camino, ed il profumo di un buon pasto caldo aleggiava dalla cucina, da qualche parte in fondo. Il soffitto sulla sua testa, per la prima volta dopo molti anni, sembrava all’altezza giusta, e tutti i mobili e gli scaffali a portata di mano. Cercò di ricordarsi com’era stato, crescere fra cose simili, ma nella mente aveva solo una fredda lista di eventi, quasi senza connessioni con lui.

“Di?” Chiamò Pipino appena furono entrati. “Diamante?”

Diamante Tuc arrivò con aria matronale da dietro un angolo, con i bei vestiti ed i capelli pettinati con cura che le svolazzavano nella leggera brezza, un bimbo in braccio. “ Peregrino, dove sei…” Si fermò, portandosi una mano al cuore.

Le fu rapidamente spiegata la situazione, e lei – intelligentemente, pensò Frodo – mandò una ragazza all’ufficio postale con messaggi per Casa Baggins e Villa Brandy. Si assicurò anche che la ragazza ne sapesse il contenuto, e, certo come se fosse stato scritto in cielo, il giorno dopo l’intera Contea ronzava di voci sul ritorno di Frodo, il che avrebbe reso meno sconvolgente il momento in cui avrebbe incontrato qualche conoscente. Sospettava dai toni di Sam e Merry che Diamante non fosse esattamente la benvenuta nel suo vecchio gruppo (eccetto che per Pipino, naturalmente, che sembrava essere al corrente di quel che pensavano i suoi amici, ma non se ne preoccupava). Frodo la considerava una buona aggiunta, e la trovava dotata di notevole buonsenso, per essere una Tuc.

 

Il giorno dopo il loro arrivo agli Smial, Frodo si svegliò prima dell’alba. I cunicoli erano quieti e silenti, il tipo di pace che Frodo ricordava vagamente dalla sua gioventù, con la brezza che giungeva lieve dalle molte porte. Si infilò uno dei vestiti in più che aveva portato – doveva prenderne altri, pensò– poi si avvolse nel mantello ed uscì nella fredda nebbia del giardino. Era un posto che Lily aveva amato, e giustamente pensò che lì fosse stata sepolta. Una piccola fontana era stata costruita sopra la lapide, lambita dalle sue acque.

La lapide recava scritto “Lily Chiomastoppa Baggins, amata dai Tuc.” Frodo sospettava che fosse stata posta dal padre di Pipino, Paladino, che a suo tempo aveva trattato Lily più o meno come ora Merry trattava Gala. Era stato lui ad insistere che Frodo sposasse Lily prima di accompagnarla ad essere curata da Gandalf nella casa di Tom Bombadil. Non voleva che fosse coinvolta in uno scandalo, e Frodo conosceva abbastanza la Contea per non discutere. Non sarebbe servito a nulla renderla di nuovo capace di vedere ed insegnare, se i pettegolezzi avessero convinto i genitori a non farla avvicinare ai loro bambini. Perciò Frodo era andato a Pietraforata, ed avevano firmato un pacco di pratiche nell’ufficio del Sindaco (le aveva tenuto ferma la mano per fare ciò, e si ricordava di aver onestamente pensato che non sarebbero mai andati oltre al tenersi per mano), ed avevano reso noto di essere ufficialmente marito e moglie. Era stato, ricordava, una sensazione inaspettatamente confortante.

Il viaggio era stato corto e coronato da successo. Lei era stata una dei migliori arcieri della rivolta dei Tuc (aveva imparato da sola l’arte con un arco elfico e delle frecce regalatele da Bilbo dopo la Festa d’addio), e Saruman per dispetto l’aveva accecata quando aveva colpito nella schiena uno dei suoi sgherri, facendo poi l’errore di riderne. Aveva usato un lampo di luce magica per farlo, ma la cecità non aveva nulla di magico, e Gandalf non aveva avuto difficoltà a curarla. Erano tornati insieme nella Contea, dopo. Lily era tornata nella sua casetta di Pietraforata e Frodo la vedeva ogni tanto, più spesso di quanto pensassero gli amici, ma non certo con regolarità, e sicuramente non…beh, non come un marito, sebbene ella fosse riuscita a farsi dare un bacio o due, e lui non avesse obiettato quanto avrebbe dovuto.  Lei l’aveva aiutato in un paio di punti del Libro Rosso in cui si era bloccato, soprattutto compilando date ed immaginando cosa avevano fatto gli altri e quando. Frodo aveva suggerito di raccontare la storia della rivolta dei Tuc – lei c’era stata per tutto il tempo – ma Lily aveva preferito rimanere fuori dal Libro. “Forse un giorno racconterò la mia piccola parte,” aveva detto, “ma qui c’è già abbastanza roba, senza bisogno di metterci anche tutti i dettagli della Contea.”

Era stato durante quei lunghi giorni che ella aveva deciso che “Galadriel” era il nome più bello che avesse mai sentito, e Frodo aveva ammesso che, se mai i nomi elfici fossero diventati di moda nella Contea, sperava che anche quello divenisse comune, e che pensava, contrariamente a Sam, che una piccola hobbit potesse portarlo benissimo.

Sporse la mano verso la lapide, tracciando con il dito il contorno della scritta “Amata.” Ci doveva essere scritto “Amata moglie”, pensò. Non era sicuro che lei lo sapesse. Non glielo aveva mai detto, per quanto ricordava.  Ella non era stata il suo punto di riferimento, come Rosa per Sam. Il suo viso non gli era apparso nelle tenebre per spingerlo avanti. Nemmeno Galadriel aveva trovato la sua immagine nel suo cuore, quando l’aveva messo alla prova, benché gli avesse detto ad Eressëa che qualcosa le era rimasto nascosto. Le lusinghe dell’Anello non avevano nemmeno sospettato la sua presenza, se non proprio alla fine, quando nemmeno Frodo riusciva a ricordare quel che aveva visto. Nessun poema elfico avrebbe cantato del suo anelito a lei, perché nemmeno lui ricordava di aver mai anelato a lei. Era entrata nella sua vita da bambina, diventata sua amica, ed infine entrata nel suo cuore senza far rumore. Raramente ci aveva fatto caso. Eppure l’aveva amata, profondamente, benché non appassionatamente. Il ricordo di lei non era sbiadito come le altre memorie; gli era presente in modo diverso dagli altri, anche se non capiva bene perché. Poteva riportare alla mente il suo viso quando voleva, e sentire di nuovo il gentile tuffo del suo cuore che aveva provato quando l’aveva rivista. Non riusciva a spiegarselo, e dubitava che chiunque altro gli avrebbe creduto se l’avesse detto. Ma forse lei lo sapeva. Erano simili, e forse ella non aveva bisogno di farsi dire quello che lui provava. Lui aveva sempre conosciuto il suo cuore, e non ricordava che lei gliene avesse mai parlato. E allora era possibile, ma solo possibile, che lei sapesse che non solo i Tuc l’avevano amata. Lo sperava. Lo sperava con tutto il cuore.

Mentre la sua ultima estate nella Contea passava, l’aveva vista sempre meno, e si era sforzato di finire il Libro Rosso prima dell’attacco autunnale, o almeno così si era detto, sebbene il pensiero della partenza fosse cresciuto nella sua mente fin da quando Arwen gli aveva donato il gioiello. Con Lily era stato franco, in ogni caso, sul fatto che non sarebbe rimasto a lungo, volendo essere sicuro che lei si separasse da lui. Ma verso la fine di Agosto si era lasciato persuadere da Sam e Rosa ad unirsi a loro per la Fiera della Mietitura a Pietraforata. Era stato un errore; ormai era quasi certo di voler partire, e vedeva tutto attraverso un velo di tristezza, sapendo che presto avrebbe presto lasciato tutta questa allegra e pazza gente per sempre. Sam aveva portato Rosie a ballare insieme ad alcune altre coppie, ed anche la piccola Elanor era stata portata via (da Pipino, che aveva imparato presto che una bambina in braccio era addirittura meglio di un’armatura per attirare le signore), e Frodo era rimasto solo nell’ombra ai bordi della pista, solo e derelitto. E allora era comparsa Lily, ed avevano cominciato a parlare, ed a un certo punto Frodo si era ricordato che lei era sua moglie, mentre lei mai si era scordata che lui era suo marito.

Era furioso con se stesso per aver permesso che succedesse, e prima di lasciarla si era profuso in scuse, e le aveva detto addio, non volendo rischiare di rivederla. Lei aveva compreso, o almeno sospettato, che quello era un saluto definitivo, e l’aveva abbracciato stretto, sussurrandogli “Stai tranquillo, Frodo. Va tutto bene.” Le aveva dato un bacio d’addio, e quella era stata l’ultima volta che l’aveva vista.

Il sole stava sorgendo, e Frodo sentiva la gente alzarsi all’interno degli Smial. Guardando la finestra della stanza in cui dormiva Gala, la vide andare avanti e indietro, mentre sistemava i suoi vestiti per la giornata. D’impulso, prese la pietra verde dalla spalla del suo mantello, e la pose sulla base della fontana, dove si incastrava perfettamente in una cavità della pietra. Scintillò quando i raggi del sole la colpirono. “Stai tranquilla, Lily,” disse. “Va tutto bene.”

 

Poco prima di colazione, Sam trovò Frodo che vagava senza meta in giardino. Sembrava lontano e triste, ma Sam immaginava che ci fosse da aspettarselo. Negli ultimi giorni aveva scoperto molte cose. Non avevano avuto occasione di parlarsi, non con Gala, Merry e Pipino sempre fa i piedi, ed ora Sam si sentiva goffo ed intimidito. Era la stessa sensazione che aveva provato a Mordor, quando cercava di rallegrarlo e confortarlo mentre non c’era nulla di allegro o confortante da dire. “Venite a fare colazione, signor Frodo?” chiese alla fine.

Frodo sorrise stancamente, desiderando che Sam la smettesse di chiamarlo come un servo fa col padrone, ma non aveva il cuore di correggerlo. Sam era Sam, e Frodo gli voleva troppo bene per preoccuparsi di queste piccolezze.

“Credo di sì, Sam”, disse.

“Io…ecco…” balbettò Sam.

“!Qual è il problema, Sam? Se non puoi parlare con me, chi lo farà?”

“Beh, signore, è riguardo a Casa Baggins. So che per legge avrei dovuto darla a Gala, ma la signorina Lily…”

“….Aveva perfettamente ragione. Che se ne farebbe Gala di Casa Baggins?”

Sam si sedette su una panca. “Signor Frodo, l’intera faccenda non mi piaceva. Ne hanno parlato da un lato all’altro della Contea. Io non sapevo che fare e…”

Frodo sospirò. “Mi domandavo cosa non mi stessi dicendo, Sam. Mi dispiace di averti messo in una situazione così delicata, ma hai fatto tutto come volevo che tu facessi, e non preoccuparti dei pettegolezzi; non meritano nemmeno risposta. Sono sicuro che sei stato gentile con Gala come con i tuoi figli.”

“Avrei voluto che stesse con noi a Casa Baggins, ma la signorina Lily… voleva che stesse a Villa Brandy. Diceva che sarebbe stato migliore per Gala vivere con molte persone e molti parenti.”

“Ne avevamo discusso spesso”, disse Frodo. “Siamo cresciuti entrambi orfani in grandi case, ed eravamo d’accordo, allora, che era il modo di vivere più accettabile in una situazione inaccettabile. Adesso non ne sono più così convinto, ma ora non è più il momento di discutere le sue decisioni.”

“Credo che abbiate ragione.” Sam si morse il labbro, deciso a continuare, perché sapeva che c’erano alcune cose a cui il signor Frodo non aveva pensato. Per certe faccende non era mai stato molto pratico. “Per il momento, comunque, signor Frodo, dovreste riavere alcune cose indietro. Non so come viva la gente all’Ovest, ma qui avete bisogno di soldi e di vestiti.”

“Posso arrangiarmi con quel che ho.”

“Non ce n’è bisogno, signor Frodo, e potete avere qualcosa da me, se come Sindaco posso decidere qualcosa.”

Frodo sorrise. “Non posso permetterti di sancire leggi per queste inezie. Credo che qualche vestito possa bastare.”

Sam annuì, compiaciuto. “Verrete a stare a Casa Baggins, vero?”

Frodo lanciò un’occhiata agli Smial, dove poteva sentire gente fare colazione. Gala stava ridendo; gli sembrava che Merry stesse dicendo qualcosa. “Penso che prima andrò a Villa Brandy. Voglio che Gala stia nel luogo che chiama casa quando avrò il primo attacco, la prossima settimana. Potrebbe spaventarsi.”

Sam si guardava i piedi. “Signor Frodo, non posso seguirvi. Sono stato lontano dalla mia famiglia già per una settimana, e…”

“Va bene, Sam.”

“Comunque, sarò là il sei.”

“E con il permesso tuo e di Merry, Gala ed io torneremo a Casa Baggins con te il sette. Per una visita lunga e piacevole, se Rosa ce lo permette.”

“Oh, scommetterei che le dispiacerà che non arriviate oggi. Le è sempre piaciuto badare a voi. Preparerà un banchetto solo per voi, o non mi chiamo più Sam Gamgee. Sicché sarà meglio fare un salto a Casa Baggins, o non la finirà più di protestare.” Fece a Frodo il più largo sorriso che gli fosse possibile. Non era esattamente come desiderava, ma fintanto che Frodo stava nella Contea, a Sam bastava.

Dopo colazione, lasciarono Tuclandia (e Pipino, che li salutò al cancello, con le braccia allacciate intorno ai fianchi di Diamante), con Frodo a cavallo di un pony proveniente dalle stalle degli Smial. Raggiunsero Casa Baggins in tempo per una tarda seconda colazione; Sam aveva in effetti avuto ragione dicendo che Rose avrebbe preparato un banchetto, appena ricevuta la lettera di Diamante. Frodo fece la conoscenza di tutti i bambini, e deliziò Elanor ricordandosi di lei e chiedendole cosa avesse fatto dall’ultima volta che l’aveva vista. Dormirono là come ospiti per una notte, e partirono per la Terra di Buck la mattina dopo, lasciando Sam e Rosa sul portone di Casa Baggins. Sam promise di nuovo di raggiungerli il sei, e Rose promise di non trovargli impegni. Cavalcarono tutto il giorno, ed arrivarono al Traghetto al tramonto. Quando calò la notte, erano al sicuro a Villa Brandy, e Frodo era stato alloggiato nella stessa stanza dove aveva abitato da bambino, che per qualche strano scherzo della sorte era al momento libera. Cercò di ricordarsi com’era vivere lì, ma, come al solito, alla mente gli ritornavano solo date ed eventi sconnessi da sensazioni o immagini. Vide il fiume al di là della finestra, che luccicava alla luna, ma distolse lo sguardo. Non era precisamente un ricordo che amava riportare alla mente. Stava disfacendo i pochi bagagli quando entrò Merry.

“Spero che tu stia bene qui,” disse.

“Lo sono sempre stato.” Frodo guardò Merry. “Volevo ringraziarti, per tutto quello che hai fatto per Gala…”

“Non c’è nulla di cui ringraziarmi.” La voce di Merry non era generosa; era, in effetti, piuttosto secca. Frodo stava per contraddirlo, ma capì cosa intendeva. Si voltò, e prese dal letto il fagotto per spostarlo nella cassapanca. Una cassetta filigranata cadde fuori e si aprì sul pavimento. Merry si abbassò per raccoglierla, poi la guardò. Ne estrasse due oggetti – una pietra bianca montata su una catenella, ed un anello di mithril con una gemma di adamant.

“Il gioiello lo conosco, Frodo, anche se speravo di non rivederlo. Ma l’anello è quel che penso che sia?”

“È Nenya. Ho chiesto alla Dama se potevo portarlo, per vedere se era in grado di alleviare la malattia. Lei non ne era convinta, ma mi ha permesso di provare.”

“Frodo, sei tornato davvero o no?”

Frodo si sedette sul bordo del letto. “Tornerà indietro a Marzo, con o senza di me. È soltanto in prestito.”

Merry appoggiò i gioielli elfici sullo scaffale, poi si voltò verso Frodo. “Mi dispiace, Frodo. Non dovevo discutere. So che non è facile. Ma temo che fintanto che avrai qualcosa che ti ricordi l’Ovest, non ti sentirai pienamente a casa qui.”

“Non mi sentirei comunque a casa, Merry. Sono tornato per Gala, ma non appartengo più alla Contea. Non sono più quello che ero.”

Merry cominciò a dire qualcosa, poi scosse la testa e se ne andò, in silenzio.

 

Frodo passò i giorni seguenti con Gala, passeggiando con lei lungo il fiume, visitando il vecchio Maggot e Peonia Manoverde (che lo ricoprì di baci ed abbracci, come se si fosse scordata che non aveva più sedici anni, ma sessantasei), e leggendo le traduzioni dall’elfico di Bilbo, che scoprirono essere un argomento di cui potevano parlare per ore senza stancarsi. Gala gli mostrò un esperimento che stava facendo con le cipolle, riguardante la possibilità di incrociarle per ottenere un tipo diverso di vegetale (disse che aveva preso l’idea da una cosa simile che Sam faceva con i fiori), e lui le raccontò tutto quello che ricordava dei suoi genitori. Ad un certo punto, Gala smise di chiamarlo “Pa’” (come l’aveva chiamato da quando l’aveva incontrato, più che altro per forza di volontà, forse perché questo era il modo con cui i figli di Sam chiamavano loro padre) e cominciò a chiamarlo “Babbo”[3] (che le usciva dalla bocca senza problemi).

Mentre il sei di Ottobre si avvicinava, decisamente troppo in fretta, Frodo ricominciò ad indossare il gioiello di Arwen, e a stringerlo al cuore quando la paura della malattia tornò a colpirlo. Gala lo esaminò da vicino, ma non lo toccò mai. La notte del cinque, Frodo si ritirò nella sua stanza, si infilò al dito Nenya, e sperò che la magia che vi era rimasta bastasse a non far arrivare il giorno dopo.

Ma non c’era nessuna magia, ed il sei arrivò. Frodo si svegliò, in preda alla disperazione, in un mondo spettrale di fantasmi ed ombre. Sam riuscì a raggiungerlo al di là delle nebbie e a fargli inghiottire qualcosa. Gala dormiva raggomitolata ai piedi del letto, ma ogni volta che tentava di avvicinarsi e di confortarla, una pesante spossatezza glielo impediva. Dopo un po’ fu portata via (da Merry, anche se Frodo al momento non se ne rendeva conto), e lui fu lasciato solo con le ombre. Riusciva a sentire la voce di Sam, un’ancora in quel vuoto, ma ogni volta che cercava di raggiungerla, un forte dolore lo colpiva stringendogli il cuore in una morsa. “Non dovevo tornare” si sentì dire più volte. “Nulla è rimasto.”

Dopo mezzanotte, la nebbia si diradò, lasciando Frodo stanco e depresso, ma di nuovo sé stesso, o almeno quel poco di sé che ricordava. Volse la testa per vedere Sam che dormiva sulla sedia accanto al letto, il suo caro volto stanco e preoccupato. Frodo decise di lasciarlo riposare. Si alzò, e si avvicinò silenziosamente alla porta. Gala dormiva profondamente nel corridoio. Sapeva di doverla riportare in camera, ma c’era qualcos’altro, qualcosa che lo chiamava. Prese il mantello dall’attaccapanni accanto alla porta ed uscì fuori nella notte buia e senza luna. Il Brandivino scorreva di fronte a lui, freddo ed cupo. Una barca stava improbabilmente scendendo la corrente dal ponte, e due giovani hobbit ridevano allegramente all’interno, senza badare al fatto che tutti gli altri fossero a dormire. Frodo vide la radice sotto il pelo dell’acqua prima di loro. Cercò di gridare, ma non ci riuscì. Ci fu un breve ed orribile rumore quando la barca urtò la radice, ed un urlo quando si rovesciò. La corrente trasportò a valle la barchetta, insieme ai due, intrappolati sotto, finché non raggiunse il traghetto. Alla fine tornò dritta, ed essi vennero a galla. Frodo era in piedi sul ciglio del fiume, incapace di raggiungerli… e si svegliò in camera sua a Villa Brandy, con Sam che dormiva sulla sedia accanto al letto. Frodo si mise a sedere contro la testiera e si guardò intorno. Gala non era nel corridoio; era tornata al suo posto alla base del letto, e si era raggomitolata come un grosso gatto. Il cuore di Frodo batteva furiosamente. Non aveva visto di persona l’incidente che si era portato via i suoi genitori, questo lo sapeva. Ma era così che si era sentito, quando l’aveva saputo. Riusciva ad immaginarselo: un bambino hobbit di undici anni, in quella stessa stanza, dalla cui finestra avrebbe potuto vederli morire, se avesse guardato. Un piccolo hobbit che piangeva mentre nessuno poteva vedere. Un bambino più grande, che teneva d’occhio il piccolo Merry che giocava con i suoi balocchi colorati, mentre i genitori erano per affari in città.

Ancora più grande, che acconsentiva a tornare a Hobbiville con Bilbo.

Ero io, pensò Frodo. Ma lo sono ancora? Potrei esserlo? Rimase quieto finché il battito del suo cuore non si calmò, poi si allungò per scostare i capelli dal viso di Gala. Un debole raggio di luna colpì Nenya al suo dito. Merry aveva ragione; non avrebbe dovuto portarlo.

 

Merry non permise facilmente a Gala di andare con Frodo a Casa Baggins, specialmente il giorno dopo essere rimasta terrorizzata dalla sua malattia, ma alla fine si persuase che comunque fra i Gamgee era al sicuro, e che in ogni caso non avrebbe mai lasciato solo Frodo. Stette con lei in corridoio mentre venivano fatti i bagagli, avvolgendole intorno il mantello come se fosse solo una gita come tutte le altre.

“Bene, Gala”, le disse, “voglio che tu prometta che obbedirai a Sam e a Mamma Rosa e a tuo padre, e che non causerai loro problemi. Ti ricordo che il castigo per il tuo ultimo viaggio è stato solo rimandato.”

“Sì, Merry.”

“E per favore fai i compiti che Estella ti ha assegnato. So che hai altro per la testa, ma…”

“Ci penserò io a farle fare i compiti” disse Frodo.

“Sì, certo” disse Merry, un po’ turbato. “Certamente ci penserai tu.”

Gal aspettò pazientemente che il rito degli ammonimenti ricominciasse. “Merry?”

Merry fece un profondo respiro e continuò. “Sai che devi usare il servizio postale rapido se ti trovi nei guai, o se vuoi tornare presto.”

“Sì.”

“Mangia tutto quello che Mamma Rosa ti mette nel piatto…”

“…E non andare in giro fuori nel bel mezzo della notte” concluse Gala con un sorriso. Non camminava nel sonno da quando aveva otto anni, ma Merry finiva sempre con questo ammonimento, da quando l’aveva spaventato a morte quella volta che stava per finire nel Brandivino. Merry le baciò la punta del naso, e le appuntò il mantello sulla spalla, poi le avvolse una sciarpa intorno al collo per difenderla dal freddo mattino d’Ottobre. “E ora va’,” le disse, in una pessima imitazione di Sam. “Coraggio.”

Normalmente, la risposta di Gala sarebbe stata “ripensandoci, penso che resterò”, ma questa volta non se la sentiva di rispondere così.

Invece, abbracciò Merry e lo baciò sulla guancia. “Starò bene” disse. “Non ti preoccupare. Staremo bene tutti e due.”

Sam arrivò dalla stalla, e prima vide Gala e Merry che chiacchieravano, poi il signor Frodo in piedi nell’ombra, triste e solo. Toccò Gala sulla spalla. “Bene, signorina Gala,” disse, “i pony sono pronti. Vuoi venire fuori a mettere la briglia a Vento? Sai bene che il tuo piccolo amico non mi gradisce tanto.” L’accompagnò fuori dalla porta, lasciando soli Frodo e Merry.

“Mi dispiace, Frodo” disse Merry. “Davvero. Ma noi…beh, lei è vissuta qui sin dal giorno che è nata."

“Lo so, Merry.”

“E ora so che le cose cambieranno. Ma non sono capace di vivere come se già fosse così. Forse un lungo viaggio lontano da qui è ciò di cui avete entrambi bisogno. Forse è meglio così. Qui a Villa Brandy, sarei sempre…”

“Il padre di Gala.”

“No, certo che no , non è questo che intendevo.”

“Certo che è quello che intendevi, ed è la pura verità.”

Merry sospirò e cercò con lo sguardo Gala. “Vorrei che fosse così, Frodo, non ti voglio mentire. Ma mai, nella vita di Gala, lei ha creduto che io fossi suo padre. Ti ha sempre aspettato e desiderato, e non ti posso dire quanto ciò mi abbia addolorato. E tuttavia non l’ho dimenticato. L’amo con tutto il cuore, e lei è un membro della mia casa e della mia famiglia. Ma è ed è sempre stata tua figlia.” Voltò i calcagni, e sparì per il corridoio.

Frodo restò a guardarlo per un momento, poi si voltò e seguì Sam.

 

Gala non aveva mai avuto ben chiaro quanto fosse brutto essere orfani finché, all’improvviso, non lo era stata più. Si sentiva come se avesse vagabondato per anni in una landa vasta ed ombrosa, senza nemmeno immaginare ci fosse un altro modo di vivere, e poi improvvisamente fosse apparso un viandante per la strada, ad offrire una mappa ed una mano. E si erano poi seduti accanto al fuoco, e parlato delle terre che avevano visto, ed egli aveva un nome per tutte quelle forme ignote che aveva trovato.

E poi era sparito, lasciandola più spaventata di quanto non fosse prima.

Gala si era svegliata il giorno prima, trovando il padre lontano, fuori della portata delle sue mani e delle sue parole, e questo l’aveva profondamente scossa. Ora che sembrava di nuovo più o meno sé stesso, si rendeva conto di non poter sopportare che si allontanasse, e nella sua mente una vocina ripeteva “Non lasciarmi”. Era stupido, supponeva. Finora si era sempre arrangiata, e non era come se fosse stata abbandonata, fra Merry ed Estella nella Terra di Buck, e Sam e Pipino con le loro famiglie nel resto della Contea, ed Eowyn e Faramir nell’Ithilien, e…non poteva certo dire di essersi mai sentita non amata, o non desiderata. Ma con suo padre era diverso, spaventosamente diverso. Perderlo sarebbe stato come…

…più o meno come se le fo

sse tagliato un dito e gettato il cuore nelle fiamme. Come aveva fatto lui a vivere, crescendo con i genitori abbastanza per conoscerli, e poi perdendoli entrambi? Ricordarli era peggio che non averli mai conosciuti.

Lui e Sam stavano cavalcando un po’ più avanti, a conversare quietamente, e Gala era lieta di essere fuori portata di udito, le loro voci ridotte ad un calmo brusio. Ogni tanto le arrivava un nome – Gandalf, o Aragorn, o Bilbo – perciò immaginava che stessero parlando delle loro comuni conoscenze. Una volta sentì il nome Galadriel, ma non sapeva se parlavano di lei, o della Dama del Bosco d’Oro.

A Gala sarebbe piaciuto incontrare l’altra Galadriel. Cosa avrebbe visto nel mio cuore? Si domandava. Che sono una ragazzina egoista che vuole tenersi stretto il padre anche se ciò lo fa stare male come ieri? Non sarebbe stato, comunque, difficile distoglierla dal suo compito, se ci fosse stata lei al posto di Frodo, pensò. Datemi solo mio padre, per sempre, e lascerò perdere qualsiasi compito vogliate. Si chinò sul collo di Vento, di modo che Frodo e Sam non potessero vedere la sua faccia arrossire di vergogna a questo pensiero. Decise che doveva diventare più forte.

Fecero insieme colazione sotto un vecchio albero lungo la strada, dividendosi il pane, formaggio, e i funghi che Estella aveva dato loro. Sam preparò un fuocherello e mescolò i funghi con un po’ di pancetta che aveva preso a Buckburgo, e mangiarono finché Gala non disse che Vento non sarebbe più riuscito a trasportarla. Parlarono un po’ dopo aver mangiato, poi proseguirono il viaggio.

Era tardo pomeriggio quando arrivarono a Casa Baggins, ed Elanor li stava aspettando alla porta col cestino dei rammendi accanto (Rosa pensava che non fosse ancora abbastanza grande per unirsi alle signore dei circoli di ricamo). Gala scese dalla groppa di Vento, salutandola. Voleva essere amica di Elanor, davvero; le sembrava la cosa giusta, ma il fatto era che non avevano quel granché in comune, a parte il tempo libero.

Elanor la salutò di rimando, ed uscì ad aiutare Sam con il bagaglio.

“Gala!” Fro apparve dal giardino, foglie e ramoscelli sparsi fra i capelli. “Speravo proprio che tornassi!”

“Sapevi che sarei tornata.”

“Non dovresti essere in cucina ad aiutare tua madre?” chiese Sam, guardandolo severamente.

“Ho già finito, e Mamma ha detto che potevo giocare nell’aiuola in giardino.”

Si volse verso Gala. “Sono ancora nei guai per averti aiutato a scappare.”

“Ti avevo detto di smettere di indovinare,” disse lei. “Non di fingere di smettere.”

“Perché voi due non vi prendete cura dei pony?” chiese Sam, dando le redini a Fro. Gala sorrise, e prese il pony del padre oltre a Vento, e seguì Fro nel recinto.

Frodo sorrise vedendoli allontanarsi chiacchierando allegramente. “In ogni caso, il problema di Casa Baggins non durerà più di una generazione” disse.

Sam rise. “Non c’è bisogno della preveggenza per saperlo, signor Frodo. Ma fingiamo di non saperlo. Credono che sia un gran segreto, il fatto che giochino ad essere marito e moglie. Non è molto corretto, essendo di estrazione tanto diversa…”

Frodo alzò gli occhi al cielo. “Mi sembrano entrambi hobbit.”

“Sapete cosa intendo.”

“Sì, capisco. Ma non per questo sono d’accordo. Speravo che queste sciocchezze finissero con la Terza Era. Tu sei mio erede, ed il mio più caro amico, Sam. Non voglio tirare ad indovinare se Gala sposerà o no tuo figlio – sono ancora troppo giovani per pensare a queste cose – ma ti dirò che considererei una simile unione non solo accettabile, ma la più deliziosa che possa immaginare.”

A Sam non venne in mente risposta. Entrarono in casa per la cena.

 

Rosa era eccitatissima per il ritorno di Frodo – le era mancato, ed aveva sempre desiderato con sé Gala – ed i bambini erano deliziati per questo nuovo zio, che poteva raccontare loro storie che non avevano mai udito. Frodo aiutò la piccola Rosie ad imparare a leggere, ed ascoltava con pazienza quasi infinita le canzoni che i più piccoli inventavano. Gala dormiva nella stanza in cui aveva sempre dormito, con Elanor e Rosie, e spesso stavano a parlare fino a tardi. Sempre più spesso si arrampicava sul mallorn, per vedere le stelle.

A volte suo padre la seguiva; a volte lo faceva Fro. Una volta arrivarono ambedue, e Frodo raccontò loro storie dell’Ovest mentre la pioggia cadeva sui rami dorati. Quando Sam non era impelagato nei suoi impegni di Sindaco, lui e Frodo conversavano per ore, parlando del mondo come lo ricordavano e di come era divenuto.

Gala non sapeva esattamente quando cominciarono le lezioni. Per lei personalmente non era stato difficile: un giorno, lui le aveva chiesto se avesse fatto i compiti assegnatile da Estella, e quando lei aveva detto di no, aveva cominciato ad aiutarla. Ad un certo punto, Elanor li aveva raggiunti, e poi Rosie. Il giorno dopo, al tavolo c’erano un paio di ragazzi. Dopo due settimane, i ragazzini del vicinato venivano mandato a girare intorno a Casa Baggins, senza l’obbligo di tornare presto.

“Da quand’è che la Contea si interessa dell’educazione dei ragazzi?” chiese Frodo a Sam.

“Beh, signor Frodo, hanno cominciato ad interessarsi alla lettura e alla scrittura quando hanno saputo che parte aveva avuto la Contea nella storia del mondo. Io ho letto loro qualcosa del Libro Rosso. Un mucchio di loro si sono messi in testa di scrivere cosa fecero i loro parenti quando arrivò Sharkey. Vogliono essere eroi, sapete, ed uno non diventa un eroe finché nessuno scrive su di lui qualcosa da leggere alle feste, o almeno così pensano.”

“Naturalmente.”

“E poi, insomma, alcuni di loro si ricordano della signorina Lily, e di come cercò di organizzare la scuola. Non durò più di un anno, ma molti di loro ci provarono, ed hanno un bel ricordo di lei.”

“Non mi pare che all’epoca la pensassero così.”

“Beh, alcuni di quelli che non l’apprezzavano allora continuano a non apprezzarla. Ma non sono i bambini che vengono da voi, non so se mi spiego.”

“E allora, per amore di Lily, farò del mio meglio con loro. Ho il tuo permesso di insegnare qui a Casa Baggins?”

“Certamente, signor Frodo. Non c’è bisogno nemmeno che me lo chiediate. Ma comunque c’è la scuola a Pietraforata, che costruì il Conte Paladino, e che finora è rimasta vuota.”

Frodo sospirò. “Non me la sento di organizzare una scuola permanente per il momento, Sam. Ho un altro attacco da superare prima di prendere decisioni permanenti.”

Sam annuì, e cambiò argomento. Le giornate del tardo autunno si facevano più fredde, ed arrivò l’inverno. Gala cominciava a domandarsi quando sarebbe tornata a Villa Brandy, ma non disse niente; Merry ed Estella ed i bambini le mancavano terribilmente, ma per il momento restare con suo padre le bastava.

 

A Mezzo Inverno, andarono insieme a Pietraforata, per il tradizionale falò. Da Tuclandia arrivò Pipino, come Conte e come Tuc, per accendere il fuoco, e a rappresentare la Terra di Buck vennero Merry, Estella ed i bambini. Gala passò il tempo con loro, e ballò con Merry intorno al fuoco, e poi con suo padre. Non vedeva Merry seduto da solo ai bordi del cerchio, che la guardava tristemente. Quando si guardò indietro, con lui c’era Estella, ed Eowyn era appollaiata sulle sue ginocchia, che gli baciava ripetutamente il naso. Sembrava tutto a posto. Gala si domandò ancora quando sarebbe tornata a Villa Brandy, ma scoprì che in fondo ancora non ne aveva voglia.

Cercò di stare sveglia tutta la notte – era tradizione cercare si tenere gli occhi aperti per tutte le ore buie di Mezzo Inverno – ma non ci riuscì. Si svegliò la mattina seguente in un posto sconosciuto.

Era sdraiata in un grande letto, in una casa di Pietraforata (vedeva l’insegna del fabbro dalla finestra). Riusciva a sentire suo padre e Sam e Rosa che parlavano con Pipino e Merry da qualche parte nella stanza accanto. Accanto a lei, la piccola Rosie mormorava qualcosa riguardo a dei mostri nel suo sogno. Elanor dormiva sul pavimento, i biondi capelli sparsi sul cuscino. I due Gamgee maschi erano raggomitolati negli angoli, e Faramir Tuc ed Eowyn Brandibuck si erano sistemanti ai piedi del letto. Fro Gamgee era seduto sul bordo della finestra, con ancora indosso la camicia da notte, ma sveglio e con lo sguardo rivolto fuori. Gala lo salutò e lui le sorrise, indicando gli altri perché lei non li svegliasse parlando forte.

Questa e la casa di Mamma, si rese conto Gala. Sono in casa di Mamma a Pietraforata. La mia casa. Non c’era mai stata prima, ma non credeva potesse essere un altro posto.

Scese con cautela dal letto, senza svegliare Rosie o i piccoli, ed evitando di pestare Elanor. Fece un cenno verso la porta, e Fro la seguì. “Sei riuscito a stare sveglio tutta la notte?” gli chiese in un bisbiglio.

“Ero cotto prima di te” disse lui. “È stato Pipino ad aprire la casa di tua madre. Dice di esserci stato un mucchio di volte. Era più facile che trascinarci tutti per la Contea fino a Casa Baggins, o almeno così ha detto.”

“Non pensi che fosse questa la ragione?”

“Li ho sentiti parlare a colazione. Pipino vuole che tuo padre si trasferisca qui.”

“Cosa?” esclamò lei.

Rosie si svegliò abbastanza per dire qualcosa che poteva essere interpretato come un “Silenzio!” e poi ricadde sul cuscino.

Fro guidò Gala fuori nel corridoio, e chiusero la porta.  Merry comparve sulla porta in fondo. “Potete entrare, bambini.” Lo seguirono in cucina.

“Buon giorno, Gala” disse Pipino, offrendole un piatto di uova e prendendone da Rosa un altro per Fro. “Spiacente di aver aperto casa tua senza permesso, ma dormivi troppo bene per svegliarti.” Le dette un bacio sul naso.

Gala gli sorrise appena. “Buon giorno, Pipino. Babbo, verremo a stare qui? Fro ha detto che parlavate di trasferirci qui.”

“Fro ha orecchi fine, ma non ascolta abbastanza. Non abbiamo ancora deciso nulla.”

Gala si voltò verso Merry, desiderando improvvisamente il suo amato viso più di qualsiasi altra cosa. “Merry?”

“Non ho voce in capitolo, Gala.”

“Babbo?”

“Non sono certo su cosa fare. Pipino e Sam sarebbero favorevoli a farci tornare da questa parte della Contea. Potremmo riaprire la scuola di tua madre. La Terra di Buck è troppo lontana perché la maggior parte dei ragazzi venga con regolarità.”

Improvvisamente a Gala il cuore sembrò diventare troppo grande per il suo petto, rendendole difficile respirare. Non aveva mai considerato la possibilità di non tornare mai a Villa Brandy; sembrava…beh, lei era sempre vissuta lì, con Merry ed Estella e Dengo ed Eowyn, e…

Si rese conto che negli ultimi due mesi aveva appena pensato a loro, badando solo a sé stessa e a quanto fosse meraviglioso stare con suo padre.

Ma ora, il pensiero di perderli…chi sono io, si domandò, se non Gala Baggins di Villa Brandy? Da che si ricordava, si era sempre presentata così. La casa di sua madre non aveva nome (il veloce pensiero di darglielo lei per un attimo le attraversò la mente), né identità, né storia, né una famiglia a cui appartenere. Era solo un edificio che era passato attraverso un mucchio di proprietari finché il Conte Paladino non l’aveva dato alla Mamma. Non era neanche un vero e proprio cunicolo.

Ma la scuola… le splendide opportunità che lei vedeva in essa… non solo avrebbe avuto suo padre con lei, ma avrebbe anche avuto il lavoro di sua madre. Non sarebbe più stata un’orfana. Potrei dare un nome alla scuola, pensò di nuovo, o farle dare un nome elfico dal Babbo. E potremmo chiacchierare per tutta la notte senza dover uscire per non svegliare la gente.

E sarei più vicina a Fro e agli altri Gamgee, ed ai Tuc. Ma così lontana da Merry…

I suoi occhi si posarono di nuovo su Merry, sul suo volto gentile ed adorato. Non poteva sopportarlo. Corse fuori, a piedi nudi nella neve, col vento che soffiava gelido anche attraverso la sua camicia da notte più pesante. Le lacrime cominciarono a cadere, e andò a sedersi su una panca che qualcuno aveva posto vicino al cancello.

Dopo un po’, sentì una mano calda sulla spalla, e una coperta le fu avvolta intorno. Prese la mano, aspettandosi di trovare il vuoto dove doveva esserci l’anulare, e invece trovò una mano intera. Merry le sorrise tristemente mentre lei lo guardava sorpresa, poi le si sedette accanto. “Non ti aspettavi più che fossi io” disse.

“Sì, soltanto…”

“Gala, tesoro, è tutto a posto.”

Gala gli getto le braccia al collo, stringendosi a lui. “Ti voglio tanto bene, Merry. Davvero.”

“Lo so. Guardami, Gala.”  Lei si staccò e lo guardò, e lui le asciugò una lacrima col pollice. “Ti voglio tantissimo bene. Non dubitarne mai. Ma so che non ti sei mai sentita a tuo agio nella Terra di Buck. Avevi così poca gente con cui parlare, ed eri così strana. So che hai sentito le chiacchiere, quindi non ti dico nulla di nuovo.”

Gala tirò su col naso. “Continuano ad esserci.”

“Però tu mi sembri più felice, nonostante questo. Sei sempre Gala, quella che fa tutte quelle cose di cui parlano in giro. Ma ora queste cose hanno un senso, non trovi?”

“Sì.”

“E anche per gli altri hanno un senso.”

“Vuoi che me ne vada da Villa Brandy?”

“No.” Le baciò la fronte. “Mi mancherai terribilmente. Ma hai bisogno di stare con tuo padre, e lui ha bisogno che tu stia con lui, qualsiasi cosa deciderà. E questa per lui è la cosa giusta da decidere.”

“Allora Eowyn diventerà il Gioiello di Villa Brandy?” chiese Gala, pensando che comunque così era più giusto.

Merry sorrise.  “Villa Brandy è stata benedetta da due splendidi gioielli. Uno rimane, ma mai dimenticheremo quanto scintillasse l’altro, e da lei ci aspetteremo visite frequenti. Vogliamo rientrare?”

Gala era ancora scossa, ma sapeva che tutto si sarebbe sistemato. Annuì.

Merry la prese in braccio e la portò attraverso la neve fino alla porta, poi la lasciò nella stanza dove le bambine si stavano cambiando. Lei scomparve in mezzo al rumore di una battaglia di cuscini, e lui tornò in cucina, dove Frodo stava guardando con aria miseranda la sua colazione. Estella aveva sistemato i bagagli dei bambini nel corridoio, ed era pronta a partire; sapeva che non sarebbero potuti rimanere a lungo. Merry prese il mantello grigio dall’attaccapanni sulla porta. “Io ho abbandonato il mio gioiello, Frodo,” disse. “Sei pronto ad abbandonare il tuo?”

 

Quattro giorni dopo, la casa di Lily Chiomastoppa a Pietraforata era di esclusiva proprietà di Frodo e Gala Baggins. I Brandibuck se ne erano andati (abbastanza amichevolmente, nonostante la discussione) il giorno dopo Mezzo Inverno, ed i Tuc il giorno dopo ancora. I Gamgee erano tornati a casa Baggins lo stesso giorno della partenza dei Brandibuck, ma Sam, Fro ed Elanor erano poi tornati con due bauli carichi di oggetti appartenuti a Frodo, che Sam insistette che riprendesse indietro. Merry aveva promesso di mandare il prima possibile dalla Terra di Buck le cose di Gala.

Elanor aveva aiutato Gala a sistemare la camera, adorando le piccole decorazioni che Lily aveva lasciato. C’era un piccolo baldacchino sul letto, ed una piccola specchiera con la cornice dorata sull’armadio. Nello sgabuzzino c’era arrotolato un bel tappeto intrecciato, e lo stesero davanti al caminetto che serviva a riscaldare la stanza. Elanor pensava che la scoperta più bella fosse stata un copriletto ricamato; Gala preferiva un disegno che rappresentava i Porti Grigi, con una barca nel fiordo. Quando la Mamma l’aveva dipinta questa stava salpando, ma per Gala stava arrivando. Temeva che suo padre non lo volesse lì, ma anche a lui piaceva, e le disse di appenderlo dove voleva. Si premurò di dirle che non rappresentava la nave su cui era partito. La Mamma era andata a Mithlond per imparare la matematica dai marinai poco prima di aprire la scuola, ed aveva fatto il disegno allora. Gala si strinse nelle spalle, pensando comunque che il quadretto fosse stato fatto per loro, anche se all’epoca Mamma non lo sapeva. Lo appese in un punto vuoto vicino alla finestra di camera sua.

Quella mattina i Gamgee erano partiti, e Frodo e Gala erano rimasti soli nella loro nuova casa. Nessuno dei due sapeva esattamente cosa dovesse fare, a quel punto. Dopo un po’ Gala aveva preso della carta ed una matita, e si era chiusa in camera a disegnare (passatempo che prima non aveva mai avuto). Frodo era andato a gironzolare nello studio di Lily.

Si sedette alla cattedra, aprendo cassetti a caso, scoprendo così alcune sue note per il Libro Rosso ancora lì dentro, con i calcoli di Lily a margine, quando cercava di assegnare una data ad ogni avvenimento. Scorse col dito la lista dei giorni, e scoprì così che quello era l’anniversario della sua partenza da Gran Burrone con la Compagnia, diretti a sud verso Moria. Cercò di ricordarsi le sensazioni che aveva provato quel giorno, e con sua grande sorpresa, un accenno di freddo e paura lo colpì di nuovo. Ed anche eccitazione: intraprendere un viaggio, con Grampasso che apriva la strada, insieme a Sam e Merry e Pipino…sorrise. Stava diventando più facile ricordare. Aveva ricominciato a sentirsi Frodo Baggins della Contea. Un Frodo Baggins diverso, sicuramente, da quello che era partito, ma pur sempre Frodo Baggins. Si riconobbe nella specchiera di Lily sul muro di fronte, con i capelli spruzzati di argento e tutto il resto.

Ripose le note nel cassetto, e si sedette accanto al caminetto (Lily prendeva freddo con facilità, ricordava, quindi il Conte Paladino le aveva preso una casa con un camino per ogni stanza, ma né Frodo né Gala li volevano tutti accesi). Sulla cappa erano allineati tutti i suoi gingilli: piccole creature di creta fatte dai suoi studenti, qualche suo schizzo degli Smial, ed uno che rappresentava Frodo, seduto allo scrittoio sommerso da una pila di appunti. Si ricordava di quando l’aveva disegnato. Si ricordava anche di altri momenti passati in quella stanza, ma ciò che glieli ricordava stava ora in camera sua seduta accanto al fuoco.

Chiuse gli occhi, e cercò di riportare alla mente il suo viso – Lily alla luce del fuoco, le fiamme che brillavano nei suoi occhi verdi, strani e meravigliosi, e che si riflettevano sui suoi riccioli rossi sparsi sulle spalle. Lily con la sua risata contagiosa, anche quando il mondo per lei era diventato buio, ed i libri le erano stati tolti dalla perfidia di Saruman. Lily con la sua mente agile, il suo caloroso abbraccio, le sue mani gentili.

Annaspò, sentendo la mancanza di lei trafiggergli il cuore. Quando mai si era sentito così pensando a lei? Non aveva mai sentito nulla. In confronto a questo, gli sembrava di essere sempre stato insensibile riguardo a tutto.

Gli occhi gli si riempirono di lacrime, e si gettò sul sofà accanto alla scrivania, cercando convulsamente il gioiello di Arwen da sotto la sua camicia. Alla fine lo trovò, e lo tenne stretto, sentendo infine il terribile, spaventoso dolore allontanarsi.

Era mia moglie. È normale che mi senta così. Io ho abbandonato il mio gioiello, ha detto Merry. Sei pronto ad abbandonare il tuo?

Una parte della mente di Frodo urlava che no, non era pronto, non voleva esserlo, non voleva che simili cose succedessero. Conosceva quella voce, servile e spaventata: l’aveva sentita dalle Paludi Morte a Cirith Ungol, e poi di nuovo in quei terribili momenti sul Monte Fato. La voce di Sméagol. Frodo strinse più forte il gioiello, pensando di gettarlo fuori nella neve. Ma sapeva di non poterlo fare, e di non averne bisogno. Il male non era nel gioiello di Arwen. Era soltanto…cresciuto nella sua mente. E questo voleva dire che era il momento di abbandonarlo.

Si preparò al ritorno del dolore, e lentamente sollevo la catenella dal collo. Deliberatamente, si avvicinò al banco di Lily, aprì il cassetto dentro cui erano gli appunti, ed abbassò la mano, lasciando scivolare il gioiello fra le dita aperte.

Lo lasciò cadere.

 

“Non ne verrà nulla di buono, ve lo dico io”, disse Ted Sabbioso all’osteria il Drago Verde. “Riempirà le loro teste di sciocchezze elfiche, e non avremo più pace.” All’inizio, Ted era stato contento del ritorno di Frodo Baggins, pensando che ciò avrebbe costretto il Sindaco Samvise ad abbandonare la sua grassa eredità, cosa che Ted avrebbe gradito, ben ricordando quel che gli era capitato quando i Viaggiatori erano tornati.

Ma Baggins aveva escluso questa possibilità dichiarando pubblicamente che l’eredità restava a Sam, ed aveva firmato dei documenti per rendere il tutto valido, ed ora a Ted erano tornati in mente tutti i motivi per cui non apprezzava i Baggins più dei Gamgee.

“Il signor Frodo insegnerà alla stessa maniera della signorina Lily,” ribatté Jolly Cotton. “Non ci saranno sciocchezze elfiche, solo lettere e numeri e mappe.” In realtà non credeva che sarebbe stato così, o almeno così sperava, perché aveva intenzione di farsi dare da suo figlio qualche ripetizione delle lezioni del signor Frodo, ed una storia elfica o due non sarebbe stata male – ma disse questo a quelli che esprimevano sentimenti simili a quelli di Sabbioso. “Magari racconterà una storia di un posto che vedono sulla cartina, così i ragazzi sapranno di cosa sta parlando, ma penso sarà tutto qui.”

“È esattamente quello che intendo!” rispose Sabbioso. “Prima vedranno una cartina, poi chiederanno una storia di uno di quei posti, ed in men che non si dica i giovani vorranno andare in giro all’estero. E allora che succederà?”

“Magari vedranno qualcosa di interessante” tagliò corto Dergo Tronfipiede. Aveva cominciato quell’anno ad andare al Drago Verde, e la sua testa era ancora piena di strane idee. Sabbioso scosse la testa disgustato.

“Non ne verrà nulla di buono” ripeté. “Tenetelo a mente.”

 

Gala rimase sorpresa dal gran numero di bambini che arrivò quando la scuola fu aperta. Naturalmente c’erano tutti i Gamgee abbastanza grandi per imparare, e già da soli sarebbero bastati a fare una classe, per come la vedeva Gala. Ma giunse anche il piccolo Faramir Tuc, con un carro carico di bambini provenienti dai Grandi Smial, guidati da Pipino. Quasi tutte le famiglie di Pietraforata avevano mandato almeno un bambino ad imparare a leggere – o una bambina, dato che per ogni maschio c’era anche una femmina. C’era una grande eccitazione e tantissime risate nell’aula mentre Gala badava a tenere acceso il fuoco – il Babbo le aveva chiesto solennemente di essere la sua assistente, e dato che era comunque abbastanza avanti rispetto agli altri, era stata lieta di obbedire – e l’atmosfera era festosa. Pensò che ci sarebbe voluto un po’ per cominciare ad insegnare seriamente, ed aveva ragione.

Alla fine però si sistemarono tutti, ed il Babbo cominciò a chiedere ad ognuno ciò che già sapesse. Alcuni degli alunni più grandi dissero che avevano imparato le lettere elfiche dalla signorina Chiomastoppa (“cioè, scusatemi, signora Baggins, signore”)  quando era lei la maestra, ma pochi di loro riuscivano a metterle insieme. La maggior parte dei più piccoli, con l’eccezione dei Gamgee, non ne sapevano nulla. Il Babbo chiese se Gala – “cioè, scusatemi, la signorina Baggins,” disse con un sorriso – sarebbe stata così gentile da aiutare i più piccoli nell’aula sul retro. Lei acconsentì con gioia, sentendo come se avesse l’opportunità di sentire la presenza della Mamma. Dopo una settimana, Elanor Gamgee, che leggeva già altrettanto bene di Gala, venne ad aiutarla, perché il compito si stava rivelando piuttosto arduo, e poi, l’idea di essere la “signorina Gamgee” qualche anno prima del normale non la disturbava affatto. Anche Fro sarebbe stato dispostissimo ad aiutare, ma fra le sue molte qualità la bravura nelle lettere non era annoverata. Riusciva a leggere, ma lentamente, ed in genere Gala doveva aiutarlo. Si collocava all’incirca al livello di metà della classe. Da parte sua, Frodo era confuso dalle sensazioni che provava. A volte era in preda all’ilarità, a volte alla depressione, a volte giocoso; una volta era andato insieme ai piccini a giocare fuori sul prati, e si era divertito, anche se le giunture doloranti gli ricordavano che avrebbe fatto meglio a evitarlo. Figlia dodicenne o no, era pur sempre sulla sessantina abbondante, ed aveva perso ogni talismano che potesse contrastare questo semplice fatto.

I Gamgee ebbero una nuova sorellina alla fine di Gennaio, che fu chiamata Primarosa (“Primsy” dopo appena due giorni) e Gala ebbe i permesso, per la prima volta, di assistere mamma Rosa durante il parto, come Elanor aveva già fatto. Fu un’esperienza spaventosa, ma da allora in poi Primsy fu la sua preferita.

“Perché sei voluta andare ad aiutarla?” le chiese Frodo mentre tornavano a casa.

Gala sospirò, emettendo una nuvoletta di fiato sul collo di Vento (Frodo montava sul pony che Pipino gli aveva prestato mesi prima). “Non volevo. Ma Mamma Rosa ha pensato che dovessi. Sa che ho avuto paura. Per via di Mamma.”

“Ci sei andata perché avevi paura?”

“Sì.”

“Ti è stato d’aiuto?”

Ci pensò un po’. “Sì,” disse infine. “Ora so quanto può far sentire male o danneggiare una persona, come successe alla Mamma. Ma mi rendo conto che non è sempre così. Credo che mi abbia aiutato. Ma ho avuto veramente paura. Temevo che Mamma Rosa morisse. Ho avuto paura anche per Estella quando nacquero Eowyn e Dengo.”

“E per Diamante, quando arrivò Faramir?”

“Anche. Ma lei stette veramente molto male, ed avevano tutti paura, specialmente Pipino.”

“Non lo sapevo.” Si sentì improvvisamente sollevato di non aver menzionato le sue intuizioni quando erano tornati dai Porti, sul fatto che probabilmente Faramir sarebbe stato l’unico figlio di Pipino. Lui sognava di avere tanti bambini, e sarebbe stato crudele dirgli quello che tutti probabilmente sospettavano – che un altro figlio gli sarebbe costato la vita di sua moglie. E a dispetto di ciò che pensavano gli altri di Diamante, con i suoi bei vestiti e le sue arie regali, era chiaro che Pipino la adorava. Frodo prese nota di ricordarselo ogni volta che avesse avuto un’intuizione che richiedesse di essere manifestata. “È stato coraggioso da parte tua andarci”, disse dopo un po’.

La scuola riprese, e Gennaio divenne Febbraio. La maggior parte dei bambini più piccoli aveva imparato a leggere, e Frodo ora faceva lezione alla classe al completo. Lui e Sam erano rimasti svegli per ore a copiare pagine del Libro Rosso, principalmente la parte di Bilbo dedicata alla storia, per leggerle in classe, e gli alunni imparavano a memoria le genealogia dei Re, per arrivare fino a Re Elessar.

Molti di loro chiesero se il Re sarebbe mai tornato nella Contea, ora che c’era il Portatore dell’Anello. Frodo spiegò pazientemente che ciò gli era vietato da una legge da lui stesso imposta, ma che questa regola era essenzialmente buona, visto che impediva che un altro Saruman rientrasse nella Contea. Questo portò ad una lunga chiacchierata a proposito della gente di Sharkey, e Frodo assegnò loro come compito di scrivere un tema sul ruolo avuto dalle loro famiglie. Come immaginava, furono temi lunghi, con tutti i minimi dettagli registrati pedantemente ed ogni zia, zio, genitore, prozio accreditato per essersi sbarazzato dei banditi con una mano sola.

Ogni storia fu letta ad alta voce alla presentazione ai genitori, che tutto a un tratto considerarono la scuola un’idea molto migliore di quanto non avessero finora immaginato.

Gala raccontò la storia di sua madre come arciere, e di come Saruman l’avesse accecata per avergli riso in faccia; era la sua storia preferita, e sapeva che Frodo avrebbe apprezzato di non esserne coinvolto. I Gamgee, obbligati a mantenersi modesti, parlarono più che altro dei loro parenti Cotton, sebbene Fro rompesse i ranghi parlando di Sam. Faramir Tuc si fece onore raccontando una grande epopea riguardo a suo padre, anche se nessuno capì realmente quanto stava dicendo. Era un bambino brillante, e sapeva già leggere a cinque anni, ma non era molto articolato nel parlare.

 

Verso l’inizio di Marzo, un cavaliere arrivò a Pietraforata, con una lettera da Minas Tirith. Alla fine Re Elessar aveva avuto notizia del ritorno di Frodo, ma non poteva raggiungere il Lago Evendim fino a Mezza Estate. La lettera era stata scritta dalla Regina Arwen. “So che il tuo cuore è intrepido, Portatore dell’Anello” scriveva, “ma ti sei guadagnato la pace, e non devi vergognarti di averne quando ne hai bisogno. Ciò che ti fu donato è ancora tuo.” Frodo mise la lettera nel cassetto accanto al gioiello, poi lentamente lo sollevò per la catenella.

Brillava nel debole chiaro di luna. Il secondo attaccò stava per arrivare. Frodo aveva sperato di essere così impegnato con la scuola da scordarsene. La vaga idea che giungesse d’improvviso il quattordici Marzo, e di alzarsi e rendersi conto che il giorno tanto temuto era passato senza incidenti, più volte gli era passata per la testa. Ma la data fatidica si faceva sempre più vicina, e ogni giorno era più minacciosa. Ora si sentiva parte di quel mondo, ricordava tutta la sua vita; questo era stato il dono di Lily e Gala. Ma quelle cose che non osava ricordare, le cose oscure e spaventose… era del gioiello di Arwen che avrebbe avuto bisogno il tredici di Marzo.

“Babbo?”

“Gala? Credevo fossi già a letto.”

“Non riesco a dormire,” disse lei. “Andiamo a trovare Re Elessar al Lago Evendim quest’estate? Mi è sempre piaciuto.”

Frodo sospirò. “Gala, non posso prendere decisioni per quest’estate. Non ancora.”

“Ma io credevo…quando hai cominciato ad insegnare… sembravi così felice, ed ora abbiamo questa casa e…” Si morse il labbro. “Oh, Babbo, te ne vuoi andare?”

“Deve passare ancora un altro giorno, Gala.”

Lei guardò giù e vide il gioiello sul banco. “Ma l’hai tirato fuori. È quello che ti serve per partire.”

“È un conforto per me, Gala, non un biglietto d’imbarco. Anche se credo serva ad identificarmi, visto che agli elfi gli hobbit sembrano tutti uguali.”

A gala non interessavano questi dettagli. “Ma, Babbo, e la scuola? Ed io?”

“C’è una ragazza più grande, Dora Brunaciocca, che è disposta ad insegnare, se mi dovesse capitare qualcosa. E tu sai di essere sempre la benvenuta a Villa Brandy.”

Gala cercò qualcosa da ribattere. Aveva voglia di urlare. Ma si era ripromessa di non essere egoista. La Mamma non era stata egoista. Se il Babbo doveva andare, allora lei sarebbe stata lì ad aiutarlo. E lui aveva già cominciato a fare piani, quindi oramai doveva aver deciso. Doveva essere pronta a questo. Tornò in camera senza dargli la buonanotte.

 

Più tardi, quella notte, mentre Pietraforata dormiva, una piccola figura in una camicia da notte bianca scese dal letto. Nel sogno, stava attraversando i fanghi e le esalazioni delle Paludi Morte, diretta ad est verso quello che l’aspettava lì. Nella realtà, stava camminando piano lungo il corridoio verso lo studio di sua madre.

Frodo dormiva da un pezzo, e Gala era sempre stata spaventosamente silenziosa quando camminava nel sonno. Se l’ultima volta non fosse inciampata in un attaccapanni a Villa Brandy, sarebbe caduta nel Brandivino e trascinata via. Entrò come galleggiando nello studio, l’espressione assente, il naso vagamente arricciato per l’odore delle Paludi nel sogno.  La sua mano aprì il cassetto e ne estrasse il gioiello.

Nel sogno, era arrivata sulla terra asciutta, e stava scalando i pendii del Monte Fato. Sammath Naur le si apriva davanti, e lei entrò.

Nel mondo reale era arrivata in giardino, e teneva il gioiello sopra una pozza di neve sciolta. Nel sogno, gettava l’anello nel fuoco. Nella realtà, buttava il gioiello della Regina Arwen nel fango.

Il sogno finì, e Gala rientrò in camera. La mattina dopo notò del fango sui suoi piedi, i si domandò dove fosse andata.

 

Frodo si accorse della scomparsa del gioiello il dodici, dopo essersi svegliato da un sogno orribile, sapendo che era ora di servirsi di nuovo del dono di Arwen. Sarebbe impazzito senza. Aveva chiuso la scuola da una settimana, sapendo di non essere in grado di insegnare niente.

Si fece strada attraversi i demoni della sua mente per arrivare nello studio di Lily, e spalancò la porta per trovare…niente. Assolutamente niente.

Gala arrivò di corsa quando lo udì gridare, e giurò di non averci nulla a che fare. Frodo le credette. “Dev’essere caduto dentro il mobile” disse, tirando fuori il cassetto. Il gioiello non c’era. Passarono l’intera giornata a cercarlo nello studio, senza trovare nulla. Gala piangeva, perché sapeva di aver desiderato che sparisse quella orribile cosa e non faceva che scusarsi.

“Non è colpa tua, Gala” disse automaticamente Frodo, anche se un angolino della sua mente registrava che Gala aveva usato la parola “orribile” e che sembrava molto strano che lei si sentisse così in colpa per un oggetto smarrito. Ma Lui era ormai perso nei suoi terrori – la malattia senza il gioiello di Arwen a salvarlo!- e non dette ascolto a quella voce.

Sam arrivò all’ora di cena, insieme ad una tempesta di neve ed una tarda gelata. Si unì alla ricerca, poi insisté che Frodo si ritirasse velocemente in camera, prima che il giorno finisse. Gala stava ancora disperatamente cercando negli angoli della stanza.

“Dov’è in realtà, signorina Gala?” chiese Sam non appena Frodo fu uscito.

Gala scoppiò in lacrime, e Sam si sentì colpevole – non per aver sospettato che l’avesse preso lei, cosa a cui ancora credeva, ma per aver pensato che l’avesse fatto di proposito. L’abbracciò e le cantò la ninnananna preferita di Primsy, e lei si calmò.

La malattia colpì senza pietà il giorno dopo, mandando Frodo nel mondo delle ombre, fuori dalla loro portata. Gala gli stava seduta accanto, stringendogli la povera, cara mano, e Sam poneva impacchi freddi sulla sua fronte bollente. “È troppo dura” diceva spesso nel suo delirio. “Non posso farcela.”

Verso mezzogiorno, cominciò ad urlare di fantasmi che lui solo vedeva.  Parlava di orchetti, e di Sméagol, di Shelob, e dell’Osservatore nell’acqua. Gala non riusciva più a sopportarlo, e scappò dalla camera.

Corse nell’ingresso, dove dalla porta arrivava un po’ di neve. Pensando confusamente che ciò poteva far peggiorare la salute del padre, infilò a forza un pezzo di stoffa arrotolata nella fessura. C’era un po’ di fango sul pavimento; lei e suo padre tutte le volte che entravano dal giardino si portavano dietro la terra, avrebbe dovuto…

Fango.

I suoi piedi ne erano coperti la mattina dopo l’arrivo della lettera della Regina Arwen. Era stata in giardino.

Senza perdere tempo ad infilarsi il mantello o le scarpe da neve, corse fuori nell’aria gelida, cercando di immaginare dove potesse essere il gioiello.

Da qualche parte sul viottolo, pensò. Nessuno era stato nel resto del giardino da….

No.

Si era arrampicata. Se lo ricordava benissimo. Si diresse verso il piccolo tumulo di terra che lei chiamava collina, dove aveva intenzione di piantare qualche tipo di fiore in estate. C’era una piccola cavità in cima. Si arrampicò, e ci guardò dentro. All’inizio credette di essersi sbagliata, che se lo stava inventando. C’era solo uno strato di ghiaccio sull’orlo della fossetta.

Ma la gelata era stata solo il giorno prima. Era sicura di aver ragione. Strinse la mano a pugno, e ruppe il ghiaccio. La pelle si lacerò sulle schegge, ma l’acqua era così fredda che smise quasi subito di sanguinare. Le dite erano insensibili mentre cercava nel fango semi congelato. Non avrebbe trovato la catenella se una maglia non le si fosse avvolta al dito mignolo.

Cercò di stringere la mano per tirarla fuori, ma le dita non reagivano. Allora infilò anche l’altra, afferrò la catena e tirò con tutte le sue forze. La catena si era quasi congelata nel fango, e quando si staccò, Gala cadde ruzzolando dal monticello. Ma non importava. L’aveva preso.

Poi un paio di calde mani la strinsero, e Sam la accompagnò dentro. “Ce l’ho” ripeté più volte. “L’ho ripreso.”

Lui la portò in camera di Frodo, e lei spinse il freddo e umido gioiello nella sua mano. Le sue mani stavano riacquistando sensibilità, e le facevano un male terribile. Sam le bendò le ferite, mentre lei vedeva le rughe di sofferenza distendersi lentamente sul viso del padre intanto che il gioiello calmava la sua mente. Si voltò verso Sam, che non le aveva parlato da quando era uscita, e disse “non stavo mentendo.”

“Ma nemmeno stavi dicendo la verità, non è vero, signorina Gala?”

Lei scosse la testa. “Pensavo che se lui non l’avesse avuto, si sarebbe scordato di partire. Non volevo rubarlo. Ma nemmeno volevo che lui lo avesse ancora.”

“Tuo padre è malato, Gala. Non guarisce con i desideri.”

Per il resto della giornata Frodo fu silenzioso e distante, ma le terribili visioni erano svanite. Si svegliò la mattina dopo stanco e giù di corda, stringendo il gioiello intorno al collo. Si sentiva ancora malato.

Sam era seduto accanto al letto. “Buon giorno, signor Frodo,” disse. “Gala sta facendo colazione in cucina.”

“Non ho fame.”

“Signor Frodo, dovreste mangiare qualcosa.”

“Sì,” disse. “Dovrei. Devo mettermi in viaggio.”

Gala era appena arrivata con un vassoio alla porta, ed aveva sentito. Si fermò, ricacciando le lacrime, poi entrò. Sarebbe stata coraggiosa. Se lei non avesse fatto quella stupidaggine, forse lui non si sarebbe sentito tanto male il giorno prima. Era colpa sua. Tentò di dire “Buon giorno, Babbo”, come era abituata a fare, ma un nodo alla gola glielo impediva. Invece, posò il vassoio sul comodino, poi salì sul letto e abbracciò stretto Frodo. “Mi dispiace” sussurrò.

“Va tutto bene.”

Sam scosse la testa. “Signor Frodo, ormai avete superato tutti e due gli attacchi. Potreste… potreste restare. Non c’è motivo per cui voi non possiate stare qui e dirigere la scuola della signorina Lily e…”

“…Non posso, Sam. Non posso sopportarlo di nuovo. È stato solo il ricordo dell’Ovest, che il gioiello mi ha riportato, a farmi superare il male ieri. Ma il ricordo sbiadirà; Perderà potere, così come la magia elfica lo sta perdendo. Solo la malattia rimarrà. E stamattina la sento ancora. È peggio di quanto sia mai successo.”

Sam prese la mano di Frodo e la strinse.

 

Gala cavalcò in silenzio con suo padre e Sam fino a Casa Baggins. Nessuno di loro aveva parlato granché, e a lei non veniva in mente niente da dire. Uno dei bambini della scuola, un Buonabimba, le sembrava, era uscito correndo di casa per mostrare a Frodo una storia che aveva scritto; Frodo aveva risposto che sarebbe stato per un po’ via, e gli aveva chiesto se poteva tenerla. Il piccolo Buonabimba aveva annuito, gli aveva augurato buon viaggio, e se ne era tornato a casa, spensierato.

A Casa Baggins il pranzo fu triste. Fro stringeva la mano di Gala sotto il tavolo, non giocosamente come sempre, ma con una stretta calda e confortante di cui lei aveva bisogno. Gli sorrise debolmente. Non riusciva ancora a pensare qualcosa da dire. Sapeva di dover lasciar andare il padre, ma si sentiva come divisa a metà, e, dopo essere stata intera, era più doloroso che mai.

Aiutò Rosa a preparare le vettovaglie, mentre Frodo e Sam chiacchieravano con calma nello studio. Frodo aveva deciso di andare solo con Gala, contro il consiglio di Sam. Ma diceva che ovviamente Gala sapeva la strada, e sarebbe stato meglio per loro salutarsi in privato. Sperava, almeno, di poter parlare con lei prima di salire a bordo. Era necessario che lei capisse.

Gal approntò i pony e riempì le sacche da sella, senza trovare nulla da dire al padre mentre lo faceva. Permise a Fro di abbracciarla stretta prima di montare a cavallo di Vento, e di stringerle la mano prima che lei si voltasse per seguire il padre. Cavalcarono in silenzio per due giorni.

 

Frodo e Gala erano seduti l’uno di fronte all’altra accanto a fuoco, al rifugio in una grotta delle Colline occidentali. Fuori, la pioggia di marzo cadeva in fitte cortine. Non avevano parlato lungo la Via, Ed ora non sapevano cosa dirsi. Frodo aveva scaldato un po’ del cibo che Rosa aveva dato loro, e per lungo tempo erano rimasti a guardare le loro porzioni.

Gala scaraventò a terra il piatto. “Non posso tollerarlo!”

“Ne farei anche io volentieri a meno.”

“Perché devi andare? Non lo capisco. Forse Mamma capiva, ma io no. Perché te ne vuoi andare?”

“Non è questione di volere o non volere, Gala. Semplicemente io… non posso superare un altro attacco. È più di quanto io possa sopportare.”

“Ma ci sei già riuscito due volte!”

Frodo distolse lo sguardo. “Gala, non ho scelta. La malattia non se n’è andata, come speravo. E se non parto…”

“Cosa? Cosa succederà?” Stette per un lungo momento a fissarlo, con gli occhi che le bruciavano, poi collassò, cadendogli in lacrime fra le braccia. “Oh, Babbo, fa così male! Ho appena scoperto chi sono, come posso tornare indietro?”

“E perché mai dovresti?” Le accarezzò i capelli e la baciò sulla testa. “Cara, sarò sempre con te nel tuo cuore, quando avrai bisogno di me…”

“Non ti voglio nel mio cuore! Ti voglio a tavola con me a cena!” Tirò su col naso rumorosamente. “Voglio poterti dire coso ho fatto durante il giorno, e sentirti dire cosa ne pensi. Voglio sapere cosa fai, e cosa ne pensi di qualsiasi sciocchezza di cui la Contea stia spettegolando. Voglio…Babbo, voglio solo che ti stia qui.”

“Le cose non possono andare così, Gala. Sono ferito. Vorrei non esserlo, ma lo sono.”

Gala si tirò indietro, con le mani ancora strette dietro al suo collo. Frodo poteva vedere nei suoi occhi che stava combattendo con tutte le sue forze, poi la lotta si concluse, e lei chiuse gli occhi e gli si strinse contro. “Lo so,” disse. “Lo so.”

Non parlarono più, ma Frodo continuò a tenerla stretta anche quando lei si addormentò, e si appoggiò ad una parete della grotta. Non voleva dormire; voleva soltanto stringerla ancora per un po’. Lei si spostò, e la sua guancia si posò sul gioiello di Arwen. Lo scostò, mormorando qualcosa riguardo ai ghiaccioli, poi si calmò. Il gioiello ricadde sui suoi capelli, una bianca stella avvolta in un turbine di foglie autunnali.

Frodo la strinse forte, percependo il battito del suo piccolo cuore contro il proprio, felice per quel momento di debolezza che l’aveva portata a nascere. Lily aveva ragione. Almeno per un po’, tutto era andato bene. Desiderava che fosse per sempre così, ma poi lasciò perdere il suo desiderio. Che razza di mostro sarebbe stato a costringerla a sopportare i suoi attacchi e la sua melanconia, quando poteva vivere felice a Villa Brandy?

La baciò in fronte, e se la portò vicina il più possibile. Lei strinse le braccia intorno a lui nel sonno. Avrebbe fatto ciò che era giusto per lei.

 

Due giorni dopo, Gala era in piedi sul molo dei Porti, a guardare la bianca nave che faceva vela dentro la nebbia.  Per un momento brillò all’orizzonte, poi svanì nel nulla. La vista aveva qualcosa di indicibile.

Una mano le ricadde sulla spalla destra, l’ormai familiare dito mancante sulla punta della scapola.

“Faremmo meglio a tornare a casa,” disse Frodo. “Ho un mucchio di lavoro da sbrigare.”

“Hai rimandato indietro Nenya?”

“Sì. Círdan l’ha dato ad un marinaio di fiducia. Non era mio.”

“E il gioiello della Regina?”

“Ce l’ho ancora io, Gala. E forse, in un lontano futuro, quando tu sarai cresciuta e sposata, ed io vecchio e stanco, tornerò qui. Círdan me ne ha dato il permesso. Ma devono passare ancora molti anni. Hai la mia parola.”

“Vorrei che non ti facesse così male,” disse Gala, voltandosi e stringendogli i fianchi. “Vorrei…oh, vorrei qualsiasi cosa.”

“Non tutti i desideri si realizzano. Ma forse qualcuno sì.”

Si volsero insieme ad est, e si diressero fuori da Mithlond, lontano dal mare.

Un gabbiano volò sulle loro teste, e Frodo gli lanciò brevemente uno sguardo, ma poi seguì sua figlia nell’alba.

 

 

 

 



[1] “Frattalta” in inglese è High Hay, che si può tradurre anche come “alto pagliaio”. (NdT)

[2] Letteralmente “she thought the sun rose and set on her “dear boy”’s little girl.” (NdT)

[3] Spero che i lettori del  nord o del sud  non si offendano, ma essendo toscano il termine “babbo” mi piace di più che “papà”, e dato che a tradurre ci pensa il sottoscritto, il coltello dalla parte del manico ce l’ho io! (NdT)