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Parl'arte ! Non sono mai stato un fanatico della tecnologia per se stessa, quindi
conservo in me una parte di scetticismo riguardo a tutti questi nuovi
giocattoli, inebrianti per chi, come il sottoscritto, viene dall'editare
oscure fanzines con ciclostile o fotocopie... ma forse più acconci alle
generazioni cresciute con pac-man... o meglio con super Mario Bros. Credo
che ci sia una barriera culturale insuperabile per chi ha già qualche
decennio sulle spalle nell'acquisire una perfetta conoscenza del media
elettronico, ma ritengo anche che tutto quel che si perde in performances
tecnologiche lo si acquisti in sensibilità, in fattore umano.
Non ho quindi preconcetti tecnofili quando circa due anni fa mi accosto a
Internet, dopo aver scoperto che mi piaceva manipolare digitalmente le
immagini. La mia esperienza, un po' "fai da te" però mi ha insegnato che la
rete È DAVVERO una gran cosa, non la rete dei cavi, modem, router e altre
scatolette nere, ma la rete della gente. Noi (intendo quelli che si trovano
oberati da sensibilità poco comuni) eravamo già pronti, anzi desideravamo
questa terra promessa della comunicazione. adesso c'è ed è grande che ci si
possa incontrare da uguali in un terreno franco. Non nascondo che potrà
durare poco o che nel suo complesso la rete sta diventando sempre più di
massa è ideologicamente più vicina al network televisivo che non al Bistrò
del quartiere latino dove tutti si sentono fratelli, ma per ora si può
parlare di una sorta di Utopia. Riporto di seguito la mia esperienza,
pensando che possa ribadire la forza di una rete delle anime che esiste
grazie all'hardware ed al software ma è altro rispetto ad essi.
Internet può essere considerata unutopia realizzata?
La risposta per me è che può essere un mezzo per facilitare linstaurarsi di
rapporti positivi e più liberi tra persone lontanissime fra di loro nello
spazio ma accomunate da un interesse, da unideale... ecco una modesta
testimonianza. |
A questa prima mostra ne ha fatto seguito unaltra al Museo Caproni di Trento, questa volta le opere erano più tradizionalmente stampate su carta e inserite in una cornice Lesperienza più interessante non è stata la mostra ma ciò che lha preceduta e seguita, ovvero lo scambio di corrispondenza con gli artisti reclutati dopo unaccurata navigazione fra siti artistici e gallerie virtuali. Il gruppo che io chiamo The Flight Group mi ha dato molto, anche in termini umani, nonostante il mio inglese approssimativo, nonostante qualche inevitabile equivoco, artisti dagli Usa, dalla Germania, persino dallIndia hanno partecipato entusiasticamente al progetto cercando prima di tutto di comprendere me e quanto volevo fare. Ho scoperto poi di aver interfacciato con persone di grandissima levatura intellettuale, professori universitari, professionisti, artisti di grande spessore... noi tutti ci siamo incontrati nellormai famigerato ciberspazio, ma mai per un attimo abbiamo pensato di lasciare fuori la nostra umanità, anzi ci siamo sentiti un po più fratelli. Questa sensazione di appartenenza ad un unico mondo lho avvertita fortemente, è dunque possibile, entro certi limiti, abbattere le barriere e costruire una piccola utopia che assimilerei a quanto avviene negli esperimenti con la fusione nucleare; gli scienziati RIESCONO a realizzare la loro utopia tecnologica per frazioni di secondo, non sono ancora in grado di mantenerla, ma sanno che è possibile. Ecco, io so che lutopia è possibile, anche se non dura più di qualche momento, ma è possibile. Non è il mezzo tecnologico che conta, siamo noi che lo usiamo... ma senza di esso è pur vero che io non avrei mai potuto comunicare con queste persone a me affini. Gian Piero Prassi curatore di Virtual Atelier |