Comune di
Misilmeri - I busti bronzei della Sala Consiliare
Sulla
parete di fondo della Sala
Consiliare del Municipio, è
stata collocata nell'anno 1985 una composizione scultorea di circa
35 metri quadrati (6,93 metri di base x 4,70 metri di altezza),
realizzata dal Prof. Augusto Perret, la cui superficie risulta
ritmata da marmi policromi e bronzi.-Sullo sfondo, in lievissimo
rosè del Portogallo, si dispiega il monumento - celebrativo con
due grandi altorilievi bronzei - dalle figure in grandezza reale -
che inquadrano le quattro lapidi sulle quali sono incise le
cronologie dei Sindaci a partire dall'anno 1500.- Nei due fregi,
in allegorie, sono rappresentati, rispettivamente, "Il
Lavoro" e "La Famiglia".-In alto, al centro,
scolpito in marmo di Carrara, è collocato lo stemma del
Comune.-In basso, cinque busti bronzei - il doppio della grandezza
naturale - si ergono su piedistalli in marmo rosa - venato
siciliano, che si alternano a quattro larghe bugne scolpite.-
I
cinque personaggi rappresentati nei busti sono: Claudio Galeno,
l'Emiro Giafar II, Don Francesco Bonanno del Bosco, Padre
Francesco Cupani e il Generale Giuseppe La Masa.- I busti
rappresentano e sintetizzano cinque periodi storici della Sicilia,
e misilmerese in particolare: Greco-Romano, Arabo, Spagnolo,
Illuministico, Risorgimentale.- Simboleggiano, altresì, la
Scienza, l'Arte, il Potere, la Ragione, l'Azione.-
Le immagini dei
busti bronzei con a fianco alcune parole di commento del Prof.
Perret, tratte da una intervista rilasciata dall'artista al
periodico "Un mese a Palermo" durante le fasi di
realizzazione dell'opera.
Claudio
Galeno
«Celebre
medico dell'antichità, nacque a Pergamo attorno al 120 - 130 d.C.
e morì, secondo alcune testimonianze, rinvenute nel periodo
arabo, in Sicilia, nel luogo denominato "Cannita",
presso Misilmeri (n.d.r. frazione Portella di Mare), nel 201 d.C..-
Galeno è rappresentato in costume Cinquecentesco, pur sapendo che
egli visse nel periodo romano, in quanto costui, spirito
eclettico, enciclopedico, portato alla ricerca scientifica e
sensibile alle problematiche filosofiche e religiose, polemista
per l'anelito all'apprendimento dell'inconoscibile, rappresentò
il fulcro sul quale s'incardinava la medicina greco - romana, ed
il suo nome, tramite i suoi numerosi trattati di medicina, dominò
incontrastato per tutto il Medioevo, l'Umanesimo, sino al
Rinascimento, essendo considerato in pieno Cinquecento, nel campo
medico, quello che fu Aristotile in filosofia.- Fu così vivo
l'interesse per la sua scienza che lo ritennero, idealmente, come
fosse stato un loro contemporaneo.- Con il costume
rinascimentale ho voluto quindi evidenziare tale traslazione di
personaggio da un'epoca a un'altra.- Ampia documentazione scritta
e molte incisioni del XVI secolo lo descrivono e lo raffigurano
canuto e barbuto vegliardo.- Nel medaglione posto sul petto di
Galeno ho rappresentato un serpente che beve in coppa.- Il
serpente è il simbolo della prudenza, virtù essenziale del
medico, e della longevità che rinnova le sue forze, poiché il
serpente sembra rinnovar giovinezza cambiando di pelle, così il
medico deve costantemente rinnovare le sue conoscenze
scientifiche; e la coppa, nella quale il serpente beve, vuol
significare la "pozione salutare", con chiaro
riferimento alla medicina intesa quale farmaceutica.- Galeno,
oltre ad essere personaggio rappresentativo di un'epoca ben
determinata, cioè quella romana, è comunque il simbolo
dell'eterna sapienza.-»
L'Emiro Giafar II
«L'islamismo,
nell'incitare gli arabi a continue e violente guerre religiose
espansionistiche, nell'827 d.C. strappò, nel nome di Allah e di
Maometto suo Profeta, al cristianesimo bizantino la Sicilia, che
venne dominata per oltre due secoli fino alla conquista normanna.-
In quel periodo in Sicilia si evidenziò una gagliarda figura di
Emiro, Giafar II, che tra gli undici che la governarono fu, forse,
quello che più amò l'isola sicuramente per il suo clima mite e
per la sua selvaggia, incontaminata bellezza naturale.- La
considerazione scaturisce dal fatto che egli nei suoi ventidue
anni di governo, dal 996 al 1018, fece costruire nel territorio
misilmerese, sulla Rocca che sovrasta la cittadina, uno splendido
castello di cui oggi, purtroppo, per naturale e lenta corrosione
del tempo e l'incuria inopinata degli uomini, ne rimane un
suggestivo rudere il cui profilo si staglia nel cielo,
caratterizzandone il luogo.- Ben presto alle falde della Rocca,
sotto il Castello dominante, sorse un villaggio che venne
denominato "Villaggio dell'Emiro", che in lingua araba
si pronuncia "Menzel - El - Emir", da cui derivò poi
l'attuale denominazione di Misilmeri.- Pertanto l'Emiro Giafar II,
oggi, lo si può, a ragion veduta, considerare il fondatore di
Misilmeri.- Non esisterebbe, infatti, oggi, Misilmeri e la sua
gente se Giafar II, allora, non si fosse innamorato del luogo e
non avesse deciso di farvi costruire la sua dimora.- Per creare
l'immagine dell'Emiro Giafar, considerato che non può esistere
immagine alcuna dello stesso, dato che il Corano impone il divieto
della riproduzione della figura umana, mi sono ispirato ai bei
volti della gioventù misilmerese, sui quali, ne sono convinto, è
impressa la fisionomia araba dall'ampia plasticità dei piani
facciali, dall'inciso e regolare profilo, dalla profondità dello
sguardo e dal vigoroso atteggiamento.- Giafar II rappresenta anche
il periodo della dominazione araba in Sicilia.- Nel costume del
suo tempo, modellato con ricchezza di particolari a simboleggiare
l'Estetica, il personaggio porta sul petto una
"glittica", a forte rilievo trilobato, nella cui cavità
è incastonato l'uovo cosmico, simbolo dell'Universo, sul quale
sono posti, a rilievo, i famosi "numeri arabi",
distribuiti secondo la concezione filosofica dei Pitagorici.-»
Francesco Bonanno
Del Bosco
«Sotto
il dominio spagnolo in Sicilia, il personaggio di D. Francesco
Bonanno Del Bosco emerge nel contesto della potente e nobile
Famiglia Bonanno che governò Misilmeri dal 1721 al 1812, con
interessanti ed alterne vicende.- In quel periodo i confini del
Ducato di Misilmeri si estesero fino a Villabate, Ficarazzi,
Montagna di Cane o della Traversa e Tonnara di San Nicola l'Arena.-
D. Francesco Bonanno Del Bosco oltre ad essere Duca di Misilmeri
fu anche Principe di Cattolica, Marchese di Limina, di Giuliana,
di Cucco, Castellana, San Basile, Conte di Vicari, Signore di
Milici, di Pancaldo, di Grasta, della Salina Grande di Trapani.-
Fuori dal contesto siculo fu anche Cavaliere del Toson d'oro,
Grande di Spagna, Gentiluomo di Re Vittorio Amedeo di Savoia e di
Carlo III di Borbone Re di Napoli e Sicilia, e Consigliere Aulico
dell'Imperatore Carlo VI d'Austria e Re di Sicilia.- Fra le
svariate occupazioni il pluriblasonato D. Francesco ebbe anche la
passione per la botanica, ereditata dal suo predecessore, e quella
importantissima dell'archeologia.- Nel 1725 in uno dei suoi
numerosissimi possedimenti di Misilmeri, presso l'attuale frazione
di Portella di Mare, in contrada Cannita, fu rinvenuto un
sarcofago consimile a quello scoperto nel 1695 sempre nello stesso
luogo.- Oggi i due sarcofagi sono custoditi a Palermo nel Museo
Nazionale Archeologico e portano la medesima dicitura:
"Sarcofago antropoide - Arte orientalizzante - Metà sec. V
av. Cr. o inizio sec. V av. Cr.".- Per tali meriti, ma
soprattutto perché nell'arco del suo ducato Misilmeri raggiunse
il massimo splendore, il personaggio merita d'essere immortalato
nel bronzo.- Ho studiato a fondo questa immagine, colma, a mio
parere, di forti contrasti psicologici, quasi patetici, tra
l'autorevolezza del Principe e la malcelata bonomia dell'uomo.-
Nel costume del suo tempo, D. Francesco Bonanno Del Bosco, è
stato da me raffigurato in piena maturità d'anni e di esperienza,
già all'apice del suo prestigio d'uomo di potere ma colto,
invero, in una espressione enigmatica.... quasi consapevole della
vanità degli orgogli, della effimera voluttà dei merletti e
della profumata ed incipriata parrucca che incornicia un volto
disfatto, segnato duramente dal tempo.- Il busto vuol significare,
oltre al periodo spagnolo in Sicilia, anche il
"Potere".-»
Francesco
Cupani
«Francesco
Cupani nacque a Mirto, provincia di Messina, nel 1657.- Terziario
francescano si appassionò agli studi botanici e divenne Direttore
dell'Orto Botanico di Misilmeri.- Dal 1696 al 1708 tenne
un'assidua corrispondenza con i maggiori botani e Naturalisti
d'Europa, coi quali era uso scambiare semi di erbe e piante rare.-
Alla Biblioteca Comunale di Palermo è custodita tale interessante
documentazione epistolare.- Il Cupani, quindi, fu un profondo
ricercatore e un attivo divulgatore, ad alto livello
internazionale, di studi di botanica, con particolare riferimento
agli studi che egli fece degli alberi da frutto della Sicilia.-
Per suo merito l'Orto Botanico di Misilmeri, rigoglioso d'ogni
pianta rara, fu considerato il più importante d'Europa; poi alla
morte del Cupani, avvenuta nel 1710, i suoi successori non seppero
continuare l'opera intrapresa da lui e trascurarono ogni cura
delle piante, fino alla totale scomparsa di quel famoso Orto che
gli stranieri di allora, in visita a Misilmeri, ammirando tanta
rara bellezza naturale, ebbero a definirla "Paradiso
terrestre".- Il busto del Cupani mi è particolarmente caro
poiché, tra i cinque, credo sia quello che maggiormente riflette
l'essenza della mia arte; la penetrazione psicologica del
personaggio e la estrinsecazione n sintesi stilistica! Il rude
cappuccio del saio assume nella schematica sua linea, il profilo
deciso della foglia, simbolo dell'attività botanica del Cupani.-
Il volto del frate è emaciato dalla conflittualità
subcoscienziale tra la fede metafisica del cristiano e la
concretezza scientifica del naturalista.- Il busto di Cupani
rappresenta anche la "Ragione" o la
"Riflessione".-»
Giuseppe La Masa
«La
Masa, Patriota siciliano, nacque a Trabia, ebbe parte cospicua nel
preparare la rivoluzione siciliana del 1848.- Nel 1860, al comando
dei "Picciotti" a Gibilrossa (n.d.r. frazione di
Misilmeri), partecipò con Garibaldi alla liberazione della
Sicilia dai Borboni.- Seguì poi Garibaldi in tutte le operazioni
militari, fino al Volturno.- La Masa, il Generale Enea, come lo
chiamavano scherzosamente gli amici per via di un certo elmo con
gran pennacchio che amava portare, vuole significare
"l'Azione", oltrecchè il patriota ed il periodo
risorgimentale.-»
La copia
del periodico "Un mese a Palermo", da cui sono state
tratte le immagini quì riprodotte e gli stralci dell'intervista
al Prof. Perret, è stata gentilmente messa a disposizione del
Comune dal Sig. Gaetano Raneli.-
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