Da
un documento dell’Archivio Segreto Vaticano del 1365, è certo che
Manfredi Chiaramonte, possedeva in Sicilia 33 Feudi, Baronie,
Contee, tra cui Misilmeri.Non abbiamo una data precisa quando
vennero in possesso della nostra Baronia. Si pensa che abbiano
acquistato la Baronia di Misilmeri subito dopo del Caltagirone,
cioè verso la metà del 1300.
I Chiaramonti erano allora una delle Famiglie più Nobili e più
potenti della Sicilia, Manfredi I Chiaramente specialmente
spicca tra tutti per la sua munificenza.
Si costruì nel 1307 quasi una reggia a Piazza Marina, chiamata
tutt’oggi il Palazzo dello “Steri”, dal latino “Hosterium”,
ossia Palazzo fortificato. Costruì anche molte Chiese e
Conventi a Palermo e nei suoi molti Stati. Inoltre ingrandì ed
abbellì il Castello dell’Emiro. I suoi Nobili Cavalieri
Crociati di ritorno dai luoghi santi, portarono la devozione
particolare di S. Antonio Abate, Fondatore del
Monachesimo
Orientale. Come
a Palermo accanto allo “Steri” sorse la cappella di S.
Antonio Abate, così altrettanto ne dedicarono una allo stesso
Santo nel loro Castello di Misilmeri.
Alla morte di Simone Chiaramonte
avvenuta il 17-3-1356, gli successe lo zio
Federico Chiaramonte e nel 1363 il figlio Matteo Chiaramonte,
questi non avendo avuto dalla moglie Jacobella Ventimiglia figli
maschi, tutti i suoi stati passano a Manfredi III Chiaramonte
figlio naturale di Giovanni II Chiaramonte, per concessione
speciale accordata dal Re Federico III nel 1374. Questo Manfredi era
nato per dominare gli eventi. Partecipò alle tremende lotte
civili scatenatesi allora in Sicilia tra i Borboni ed il
Re,
parteggiando per la fazione detta dei Latini, contro la Fazione
detta Catalana. Il suo Castello di Misilmeri fu allora la sua
roccaforte, munitissima com’è nelle sue mura e le 4 Torri
angolari di difesa, con al centro il Torrione Arabo inespugnabile.
Aveva organizzato un forte esercito di armigeri, armati di archi e balestre.
Fu Grande
Ammiraglio del Regno di Sicilia e Governatore di
Palermo fin dal Settembre del 1374.Alla
morte del Re Federico III, 27-7-1378, rimase sua erede del trono
la figlia Maria di pochi anni, sotto la tutela del Gran
Giustiziere del regno, il Conte Artale Alagona, ma perché il
Regno non fosse turbato dall’ambizione dei Grandi Feudatari
Siciliani, furono allora creati i 4 Vicari del Regno.
Manfredi Chiaramonte fu uno di essi , anzi primeggiava fra tutti
per doti d’anima e posizione politica
Per
3 anni (1377-1380) la Sicilia godette di un pò di pace, e la
potenza dei Chiaramonti accrebbe ancor di più. Una figlia di
Manfredi III andò in sposa a Ladislao Re di Napoli. Godeva in
particolar modo le simpatie di Papa Urbano VI
e di una larga
popolarità in gran parte della Sicilia e specialmente a
Palermo, tanto da
emulare la stessa potenza reale.
La Regina
Maria era intanto giunta al suo 14° anno di età e molti
pretendenti si offrivano per la sua mano.
Il
Gran Giustiziere, senza farne intesi con gli altri tre Vicari
concluse il matrimonio della Regina con Galeazzo Visconti,
nipote del Duca di Milano, Principe potentissimo D’Italia. Una
tale risoluzione ricrebbe al Grande Ammiraglio Manfredi
Chiaramonte Signore di Misilmeri. La Regina fu sequestrata dal
Conte Raimondo Moncada e rinchiusa prima nella Fortezza di
Augusta, poi a Licata poi in Sardegna ed infine in Aragona, dove
fu sposata da Martino V.
Il
Governo di Sicilia in questo periodo si era sconvolto ed i 4
Vicari non potendo andare d’accordo fra loro, avevano diviso
la Sicilia in 4 Province, dove ognuno governava
indipendentemente dall’altro. In tale triste situazione si
trovava la Sicilia, quando nel 1391 muore Manfredi Chiaramonte.
Gli succede il figlio Andrea Chiaramonte Conte di Modica,
Signore di Misilmeri e di tantissimi Stati. Questi
sposò una certa Isabella da cui ebbe un figlio di nome
Giovanni. Intanto la Regina Maria sposa a Barcellona Martino
d’Aragona. Nei primi di Marzo del 1392 partono gli sposi Reali
per la Sicilia, ed il 21 dello stesso mese sono a Favignana e di
lì intimano al Conte Andrea Chiaramonte di recarsi entro 6
giorni a Mazzara Del Vallo a prestare loro omaggio e mettersi a
loro disposizione.
Il Conte Andrea si
rifiutò. Il corteo reale avanzando verso Palermo giunse il 3
Aprile a Salemi, di lì il Duca di Monblanco padre del Re, scrisse
ad Andrea Chiaramonte, che i sovrani si sarebbero recati a Palermo
ed egli si tenesse pronto a consegnare la Città e tutti gli altri
Castelli e Luoghi di pertinenza Sovrana. Da Salemi i Sovrani
giunsero il 4 Aprile ad Alcamo, dove il conte Andrea, non
rispondendo alle richieste sovrane fu dichiarato contumace e
ribelle e gli furono confiscati gli Stati compreso Misilmeri e
concessi a Guglielmo Raimondo Moncada.
Il
15 Maggio 1392, per intercessione di Frate Paolo, Monaco di
Roma ed Arcivescovo di Monreale, Re Martino concesse il perdono e
la remissione per tutti, compreso il Conte Andrea Chiaramonte,
revocando la confisca dei beni.
Il 17 Maggio il Conte Andrea,
con molti Signori e Cittadini si recò a Monreale a prestare
atto di omaggio al Re e alla Regina, nonché fece il giuramento
di fedeltà e subito dopo se ne tornò a Palermo, col pretesto
di preparare il trionfale ingresso ai Sovrani. Il 18
l’indomani invece le spie riferirono al Re che il Conte Andrea
Chiaramonte era andato a Palermo a preparare una rivolta contro
i Reali. Andrea
la stessa sera tornò a Monreale a discolparsi di quanto si
diceva a suo carico e che tali macchinazioni venivano da
Manfredi Alagna. Il Re allora ordinò l’arresto immediato del
Conte Andrea Chiaramonte, di Manfredi Alagna, dell’Arcivescovo
di Palermo e di altri. Il 21 Maggio il Re Martino fece il suo
ingresso a Palermo, ed il 22 il Conte Andrea fu giudicato
dichiarato reo e condannato a morte, dinanzi al suo Palazzo
detto lo “Steri”. Come
detto nella prima confisca dei beni del Conte Andrea, così in
questa seconda confisca, tutti i beni, compreso Misilmeri
passano a Guglielmo Raimondo Moncada.
Oggi dei
Chiaramonti a Misilmeri ci resta, come prezioso prezioso ricordo
di questo glorioso passato, solo un
Capitello di pietra con lo
stemma dei Chiaramonti, ripetuto nei 4 lati di esso tra foglie
d’acanto, lo stemma è formato da 5 monticelli di disuguale
altezza in campo partito, che dal Castello dell’Emiro passò
nella Chiesa di S. Vincenzo Ferreri che è alle sue falde. Il
Capitello fu ritrovato nel 1956 durante i restauri della Chiesa
ed ora in possesso di Mons. Francesco Romano.
Con Andrea Chiaramonte
si estingue una delle più potenti Famiglie Feudali di Sicilia,
reo di voler aspirare a diventare un Sovrano autentico
Siciliano, al posto di uno straniero.
Guglielmo Raimondo Moncada fu investito della Signoria, del
feudo e del Castello di Misilmeri nel 1392, dopo Moncada fu
Barone di Misilmeri nel 1397 Giliberto Talamanca al quale gli
successe Ubertino Talamanca-La Grua sposato a Diana Castagna da
cui nacquero Giliberto II e Giovanni.
Questi
premuoiono al padre. Alla morte del Barone Ubertino gli succede
il nipote Pietro La Grua figlio di Giovanni, che s’investì
della Baronia di Misilmeri nel 1478. A lui succede Giovanni
Vincenzo-La Grua che s’investì nel 1485 e sposa Flavia
Ajutamicristo. Nessun ricordo si ha a Misilmeri di questi ultimi
Baroni.
* Tratto da " La Storia di Misilmeri "di
Mons .F.
Romano Tip .F. Serafica.
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