Il Casale di Risalaimi

                                                                            

                                            

 

Presso le sorgenti di Risalaimi, che un tempo davano origine al braccio principale del fiume Eleuterio, si trovava dentro le mura del Casale omonimo una delle più belle Chiese dell’antichità, costruita, molto verisimilmente dai monaci cistercensi, dalla ricca borghesia e dai coloni del Feudo di Risalaimi.

Qui esisteva un avviatissimo mulino ad acqua ed alcune case, abitate da coloni. Intorno al 1150 queste terre vennero concesse ai monaci cistercensi che vi costruirono il Casale, ampliarono le fabbriche esistenti e richiamarono altre famiglie di coloni. Il posto, reso particolarmente fertile e ubertoso dall’abbondanza delle limpide e fresche acque delle sorgenti, fu scelto dai monaci per “governare” le loro terre e i loro commerci.Il Casale cominciò a vivere un’intensa attività agricola e commerciale, specialmente perché lungo il fiume erano sorti mulini che procuravano preziosi profitti sia ai monaci che ai coloniQuest’ultimi svilupparono una fiorente agricoltura ortofrutticola e agrumaria a cui prodotti venivano esportati nei paesi vicini e a Palermo. Nel 1194 l’imperatore Arrigo VI, con proprio decreto, tolse il feudo di Risalaimi ai cistercensi e lo affidò ai cavalieri teutonici che lo amministrarono tramite il gran maestro precettore. Questo fu certamente il periodo di maggiore splendore e ricchezza del borgo venne costruito il prospetto principale del casale, sormontato, in corrispondenza della porta d’ingresso, da uno stemma scolpito su marmo con le insegne dell’impero. La chiesa che i monaci costruirono in questo luogo aveva lo scopo di appagare le loro ritualità religiose ma anche le esigenze dei coloni e delle loro donne di assistere alla messa. Il casale di Risalaimi contava infatti, intorno al 1300 ben 100 persone che avvertivano la necessità di partecipare alle sacre funzioni religiose. In proposito, circolava una leggenda secondo cui, prima che vi fosse costruita la chiesetta, un misterioso sacerdote, compariva ogni domenica intorno al casale, a dorso di un mulo, accolto dalle "massare", per celebrare la Santa Messa. Lo strano sacerdote finita la messa, con le bisacce colme di formaggi e salsiccie, si sistemava sulla groppa del suo mulo, usciva dalla grande porta e scompariva.Nessuno sapeva il suo nome, nè da dove venisse, e d'altro canto a nessuno veniva in mente di profanare quel mistero, pena l'inferno! Quando i monaci cistercensi decisero di costruire la chiesa dentro le mura del casale, chiesero ai loro coloni, alcuni dei quali erano anche facoltosi per via dei loro commerci, di dare anche loro un ingente contributo Venne ricercata una maestranza particolarmente abile in tutti i paesi vicini fra cui quelli rinomati della cittadinanza di Misilmeri, Marineo e alcuni di Palermo. All’architetto, vennero date le indicazioni generali per realizzare il piccolo tempio. I monaci e ei coloni si trovarono tutti d’accordo nel dedicare la chiesa alla madonna col nome di S. Maria di Risalaimi.   La chiesa venne realizzata nell’arco di due anni. I muratori, guidati dal loro capomastro, dovettero centellinare tutte le pietre per posarle, come in un complicato mosaico, al loro specifico posto nella costruzione. Gli scalpellini battevano la pietra con ritmo e dosavanoi loro colpi in modo da imprimere alcune sacre immagini nella coreografica esterna della chiesetta. venne usata prima pietra dura di Billiemi che per la sua proprietà e il suo colore si armonizzava con l'ambiente fluviale e naturale dei luoghi.Gli interni della chiesa, vero piccolo capolavoro dell’architettura e dell’ingegneria del tempo, vennero costruiti e curati, secondo una logica di magnificenza, con il contributo dei più grandi maestri della città di Palermo fra i quali Pietro Vannucci. Ecco cosa scrive in proposito il Sacerdote Giuseppe Vaccaro ".... l'interno della piccola e bellissima chiesa di S. Maria di Risalaimi, ornata di artistici dipinti a fresco da Pietro Vannucci, detto "il perugino", i quali sono di una preziosità ed un valore, intorno al colorito, al disegno, all'espressione, alla vita e all'affetto che possono stare a  intorno alla metà del 1800, non abitava più nessuno: dopo un periodo molto lungo di contrasti e incomprensioni tra gli abati e i coloni, il casale venne abbandonato e a poco a poco decadde.Il Vaccaro, che certamente aveva visitato la chiesa di Risalaimi e aveva ammirato gli affreschi e il loro stato di decadenza e abbandono, presagendone la fine ingloriosa, così continua nel suo libro: "... Intanto si desidererebbe che una tanta opera invece di lasciarla perdere nella chiesa cadente e in preda alle acque piovane e a quelle impetuose a fiumara, si trasporti a Palermo e si conservi come monumento glorioso alle nostre arti e ad utile della gioventù studiosa...".Fortunatamente l'invito di Don Vaccaro venne accolto dal sovrintendente alle antichità di Palermo, ma nessun altro sussulto ricostruttore si fece sentire per riportare il tempio all'antico splendore. Si salvarono gli affreschi del Vannucci, che vennero recuperati e trasportati alla Galleria Nazionale di Palermo.Nell’inverno particolarmente piovoso e freddo del 1856, un’onda impetuosa dell’Eleuterio travolse le mura del casale e abbatté la chiesa, radendola al suolo, facendo disperdere fra le acque scroscianti e fangose del fiume molte preziose opere sacre e dipinti. Alla distanza di quasi un secolo e mezzo, non si trova più né la memoria, né una testimonianza, né la più piccola traccia di dove sorgeva la chiesa di S. Maria di Risalaimi. L’unico “reperto” sono gli affreschi del Vannucci, custoditi presso la galleria nazionale di Palermo

 

          * Tratto da " Misilmeri "  F. Messina - D. Tubiolo - R Messina -

  

 

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