


Tremendo
e’ l’abisso dell’Ade e
inesorabile la sua
discesa: perche’ chi vi precipita
e’ legge che piu’ non risalga...
Anacreonte
Ade,
figlio di Crono e di Rea, fratello di Zeus e Poseidone, ebbe la sovranità del
mondo sotterraneo.
I
Greci immaginavono Ade maestoso come Zeus e Poseidone, ma cupo in volto e
taciturno. Solo in rare occasioni egli usciva dal suo regno, non s’interessava
molto di quello che succedeva sulla terra o sull’Olimpo. Fra tutti gli dei,
Ade, fu il meno amato da tutti, era molto severo con i suoi sudditi e geloso
delle sue ricchezze. Sua sposa e regina era Persefone, che sapeva avvolte essere
benevola, attenuando le asprezze del marito. Tutte le pietre preziose e i
metalli nascosti nel sottosuolo appartenevano a lui, e per questo motivo fu
anche chiamato Pluto o Plutone, che significa ricco. Il regno dei morti, posto
al centro della terra, era un immenso labirinto, accerchiato dallo Stige, un
fiume dalle acque tetre e torbide, che delimitava i confini. Suoi immissari
erano l’Acheronte, il Cocito e altri corsi minori d’acqua. Quando un uomo
moriva, i parenti gli mettevano sotto la lingua una moneta, con cui il morto
avrebbe pagato a Caronte, il nocchiere infernale, la traversata del fiume. Le
anime che non erano in grado di pagare l’offerta erano costrette ad attendere
sulla riva in eterno. Durante la traversata da una sponda all’altra, nello
Stige risuonavano gemiti e sospiri, indicando così il distacco delle anime dal
mondo dei vivi. S’altra sponda dello
Stige, ad accogliere le anime, c’era Cerbero, il cane a teste. Il suo compito
era di condurre le anime dei defunti all’entrata dell’Inferno, e di evitare
che uscissero di nuovo. Varcata la soglia, le anime attraversavano la prateria
degli Asfodeli e raggiungevano l’Erebo, al centro del quale si ergeva la
reggia d’Ade cinta da possente mura sulle quali stavano le Furie. Le Furie o
Erinni erano tre: Tisifone, Aletto e Megera, esse avevano il compito di
torturare le anime che si erano macchiati di gravi colpe verso i familiari e gli
dei. Ai lati della reggia sorgevano due cipressi bianchi dove sgorgavano due
fontane: quella dell’Oblio e quella della Memoria. Le acque della prima
cancellavano il ricordo della vita passata, quelle della seconda rinnovavano la
memoria delle cose amate. Minosse, Radamento ed Eaco erano i giudici infernali,
che stavano su un incrocio di tre strade, da qui loro giudicavano le anime e le
indirizzavano verso una delle tre strade. La prima conduceva le anime alla silen
ziosa e malinconica prateria degli Asfodeli, dove si riunivano le anime di
coloro che in vita non si erano macchiati di colpe gravi, ma nemmeno erano stati
buoni e virtuosi. La seconda conduceva allo spaventoso Tartaro, luogo di pena e
di dannazione per i malvagi. Esso era immerso nel buio ed ogni tanto era
rischiarato dalle vampe di fuoco del fiume Flegetonte. La terza strada che
costeggiava la reggia d’Ade portava ai Campi Elisi, un luogo di serenità e di
delizie. Qui all’ombra d’alberi fioriti e sotto un cielo eternamente sereno
sostavano gli eroi, i giusti, i virtuosi e i saggi. Ad allietare questo luogo
ridente c’erano musiche, danze, canti e banchetti.
Pluto
e Proserpina, Gian Lorenzo Bernini