Agli albori delle ricerche e teorizzazioni sulle sedi delle emozioni vi troviamo lo scienziato Franz Josef Gall, autore della “frenologia” (da lui però definita “organologia”) in base alla quale si indagavano i tratti della personalità dell’uomo, le funzioni cerebrali e gli eventuali disordini mentali tastando con le mani la “geografia” del cranio umano. Alla base vi era la convinzione che ciascuna funzione mentale avesse un proprio organo nel cervello: nacquero così le moderne idee sulla localizzazione funzionale.

Il discorso è corretto; sennonché Gall sostenne che le funzioni più sviluppate dell’uomo avessero gli organi più grossi e in loro corrispondenza il cranio sporgeva presentando una sorta di “bernoccoli”. Certo possiamo avere dei bernoccoli in testa, ma sono solo questo e non degli indicatori di facoltà mentali .

La posizione di Gall non fece altro che stimolare la fantasia degli studiosi, ma era priva d’ogni fondamento scientifico e per questo motivo insostenibile ed inaccettabile. La sua stravaganza debilitò la stessa teoria sulla localizzazione funzionale, spingendo gli studiosi sul versante opposto: si cominciò a sostenere che le funzioni mentali, emozioni comprese, fossero distribuite in tutto il cervello e che quindi nessuna emozione né pensiero si producesse in un solo luogo, ma vi fossero coinvolte tutte le zone cerebrali.

In verità la teoria iniziale, della localizzazione funzionale, era quella corretta. Più precisamente le funzioni cerebrali sono espressione non proprio d’una ristretta area del cervello, bensì di un sistema di cui quella determinata area fa parte. Le aree cerebrali sono parte di sistemi che risultano integrati fra loro e quindi le prime hanno funzioni che sono proprie del sistema stesso: le funzioni sono mediate da sistemi interconnessi di regioni cerebrali che lavorano in sintonia, più che da singole aree che operano autonomamente.

In ogni caso anche se le funzioni cerebrali richiedono la cooperazione di svariate aree ciascuna esige un insieme unico di aree collegate, dunque un sistema proprio (per veder occorre un sistema che è diverso da quello per udire, come è diverso da quello per provare dolore fisico o per provare un’emozione) .

In studi successivi incontriamo Cannon. Secondo la sua teoria la struttura chiave e nucleo centrale delle emozioni era l’ipotalamo.

Egli era giunto a questa conclusione a partire dagli studi condotti da P.Bard su delle lesioni, per scoprire le parti del cervello coinvolte nell’ira. Si vide che in assenza dell’ipotalamo non c’erano reazioni del tutto integrate e solo piccoli cenni d’attività emotiva.

Al tempo di Cannon e Bard si era a conoscenza del fatto che l’ipotalamo era coinvolto nel controllo del sistema nervoso autonomo ed i due lo consideravano il luogo dove le reazioni fisiche per le emozioni potevano essere controllate dal proencefalo .

La teoria di Cannon e Bard si basava sul dato di fatto che i sistemi sensoriali mandano le informazioni a delle regioni specializzate della corteccia cerebrale. Però, durante il viaggio, i segnali sostano anche in aree subcorticali e fanno tappe talamiche; anche queste ultime sono specializzate nell’elaborazione sensoriale.

C’è ancora un “ma”: si riteneva che alcune regioni talamiche trasmettessero segnali, non solo alla corteccia, bensì anche all’ipotalamo che li avrebbe ricevuti contemporaneamente alla prima, sapendo attivare le stesse reazioni emotive. Si poteva così spiegare il perché d’espressioni emotive nonostante l’asportazione della corteccia, anche se senza di questa il sentimento cessava d’essere cosciente. Cannon affidava quindi all’ipotalamo il compito di produzione delle risposte emotive ed alla corteccia quello delle esperienze emotive .