Per molto tempo il “sistema limbico” è stato considerato una valida spiegazione sul luogo di nascita delle nostre emozioni.

Il primo studioso ad affrontare il discorso in termini di sistema limbico fu James Papez nel 1937. Egli prese il via dal lavoro di J. Herrick, un anatomista del cervello, che mise in luce la differenza fra corteccia laterale e mediale.

La corteccia mediale di Herrick era stata battezzata il grand lobe limbique, per la sua forma ovale e comprendeva le funzioni cerebrali più primitive.

Dunque il lobo limbico avrebbe avuto il suo sviluppo a partire dalla vecchia corteccia e si troverebbe nella parte mediale del cervello.

Papez combinò l’idea di Herrick con altri due tipi di constatazioni: quelle sulle conseguenze delle lesioni cerebrali della corteccia mediale negli uomini e le ricerche sul ruolo dell’ipotalamo nel controllo delle reazioni emotive negli animali.

Ne risultò una teoria che spiegava l’esperienza soggettiva dell’emozione come flusso d’informazioni lungo delle connessioni anatomiche circolari, dall’ipotalamo alla corteccia mediale e ritorno: era il circuito di Papez .

Più precisamente: il lobo limbico comprendeva il giro proippocampico, quello del cingolo ed il giro subcallosale (continuazione verso avanti e verso il basso del giro del cingolo). Nel lobo limbico rientrano anche la corteccia della formazione dell’ippocampo che, a sua volta, include l’ippocampo, il giro dentato ed infine il subiculum.

Papez convinto della centralità dell’ipotalamo, ipotizzò che la corteccia potesse influenzare l’ipotalamo, tramite la connessione del giro del cingolo con le formazioni dell’ippocampo. Queste ultime elaborerebbero le informazioni e poi le invierebbero ai corpi mamillari dell’ipotalamo per via fornice. A sua volta l’ipotalamo le ritornerebbe al giro del cingolo, passando per i nuclei talamici anteriori .

Papez pone dunque come struttura “chiave” l’ipotalamo al quale giungono dal talamo, come alla corteccia, i segnali sensoriali in arrivo e dal quale escono stimoli che controllano le risposte emotive del corpo.

Intorno agli anni cinquanta P.MacLean riprese il concetto di sistema limbico di Papez e lo ampliò. Oltre a segnalare l’importanza dell’ipotalamo e della corteccia egli aggiunse altre strutture quali l’area settale ed il nucleo accumbeus, regioni dell’ipotalamo, alcune aree neocorticali e l’amigdala.

Non solo: MacLean spostò il ruolo di struttura “chiave” dall’ipotalamo all’ippocampo. Questo fu per lui il perno del sistema limbico perché pensava fosse in grado di ricevere i segnali dal mondo esterno (vista, udito, odorato, tatto) e, allo stesso tempo, anche dall’ambiente interno e viscerale della persona. Dall’interpretazione di sensazioni interne ed esterne si poteva ottenere come risultante l’esperienza emotiva.

Che la sede delle emozioni fosse l’ippocampo trovava ragione in MacLean nel fatto che esso avesse un’architettura troppo semplice e primitiva per effettuare distinzioni sottili, piuttosto tendeva a creare confusione ed in questo modo si poteva spiegare l’irrazionalità della vita emotiva.

Soprattutto, il sistema limbico, era per questo studioso un vero sistema evolutosi per mediare funzioni viscerali e comportamenti affettivi, dunque aspetti di vita essenziali a livello viscerale o emotivo. Per questa ragione, inizialmente, MacLean non parla tanto di sistema limbico, bensì di cervello viscerale: sono comunque la stessa cosa.

Il concetto di sistema libico fu per molto tempo la visione prevalente del cervello emotivo, ma alla luce di nuove scoperte, è ormai una posizione superata ed un’idea non più valida per svariati motivi.

Innanzi tutto è una teoria di per se problematica dal momento che gli stessi studiosi che se ne sono occupati non presentano fra loro uniformità nel criterio di definizione del sistema libico.

Un primo motivo per cui il sistema limbico è da considerarsi un’idea traballante è che molte delle aree cerebrali che vi sono comprese sono, periferiche o addirittura non coinvolte nelle funzioni emozionali, mentre sembrano giocare un maggior ruolo in processi cognitivi come la memoria, l’attenzione ed il comportamento spaziale. Quindi come possono essere queste strutture i luoghi di dove nascono, si dipartono ed hanno la loro sede le emozioni, risultando poi da altre ricerche, che sono tutt’altro che rilevanti?

E’ per esempio il caso dell’ippocampo: è una struttura oggi ritenuta implicata non tanto nelle funzioni emotive quanto in quelle cognitive.

Sono stati proprio gli studi sulle lesioni dell’ippocampo che hanno rivelato la sua non implicazione nelle emozioni contro la sua chiara implicazione nella cognizione.

Così come si sono individuate aree che nessuno aveva pensato di includere nel sistema limbico, quelle del midollo allungato, e che al contrario si sono rivelate avere un ruolo importante sia nella regolazione autonoma sia a livello emotivo.

In secondo luogo se si intende comprendere meccanismi cerebrali delle emozioni è opportuno studiare un’emozione specifica, come può essere quella della paura. Questo perché, se emozioni diverse derivano da ragioni diverse e sottostanno a funzioni differenti, accompagnandosi anche a comportamenti e requisiti fisiologici propri di ciascuna, è probabile che siano mediate da diversi sistemi cerebrali.

In ogni caso, prima di giungere a delle generalizzazioni, è importante ottenere dati riguardanti i processi cerebrali di emozioni specifiche dai quali trarre valide giustificazioni per un’eventuale generalizzazione .

Mantenendo un occhio di riguardo sugli studi di MacLean ed il suo sistema limbico, meritevole di aver mostrato come le emozioni possono provenire dal cervello, si individuano però “nei “ che inficiano lo stesso concetto di sistema limbico.

La sua teoria ci dice in quali parti del cervello vivono le emozioni, ma né MacLean né i suoi seguaci sono stati capaci di fornire un mezzo adeguato per identificare quelle parti del cervello che compongono il sistema limbico.

Quarto motivo per cui la teoria del sistema limbico è decaduta riguarda l’ipotalamo. L’ipotalamo è connesso con tutti i livelli del sistema nervoso e farebbe dell’intero cervello un sistema limbico, una conclusione al quanto improbabile e che, ad ogni modo, non aiuta nella comprensione ed individuazione d’un circuito cerebrale dell’emozione.

In definitiva la teoria del sistema limbico quale cervello emotivo doveva essere valida per tutte le emozione. Era una teoria generale di come i sentimenti emergano dal cervello. Però studi maggiormente approfonditi, hanno chiarito che le aree classiche del sistema limbico nulla hanno a che vedere con le emozioni e poiché non vi è stato alcun criterio che sia riuscito ad indicarlo con precisione, si deve concludere che il sistema limbico non esiste .

Anzi si aggiunga che poiché emozioni diverse fra loro sottostanno a strutture diverse, vi può essere anche la possibilità che non esista uno solo, ma più sistemi emotivi.

Non restava a questo punto altro da fare se non affrontare il discorso sulle sedi delle emozioni “ex-novo”.