Pattada Il
territorio di Pattada, il più montano dei comuni della provincia di
Sassari e al centro del Monte Acuto, è racchiuso in un perimetro
quadrangolare e occupato a nord-est da una porzione dei monti di
Alà, che ha la vetta maggiore nel monte Lerno (1.093 metri) e da
una parte a sud-ovest della catena del Goceano, dove ben otto vette
superano i 900 m. di altitudine: Sedda Ottinnera (911 metri),
Monimentos (917), Monte Ultulzu (922), Sa ucca e su Truncu (943),
Monte Filu 'e Telalzu (953), Su Corriadore (953), Su Filu 'e Noscoli
(980), Monte sa Muzzere (987). La massa montuosa è intercalata da
valli ampie e ricche di pascoli. Il paesaggio prevalente è quello
delle sughere, seguito da leccio e roverella. Nella zona sud è
abbondante l'acero minore, solo residui i tassi . Il ginepro è
presente ormai solo nelle vette del Monte Leronno, mentre
l'olivastro è più abbondante a nord, ad altitudini meno elevate.
Quanto alle piante endemiche, se ne trovano trenta entità, alcune
rare, ed è calcolabile in circa 700, date le differenze ambientali
del territorio, il totale delle entità botaniche. Il depauperamento
boschivo si accompagna a quello della fauna, in particolare degli
ungulati, fra i quali l'ultimo muflone intorno agli anni '50. La
provvida fondazione dell' oasi faunistica di Monte Leronno,
totalmente compresa nel territorio di Pattada, e di quella di Su
Filigosu a Fiorentini nei territori contermini, vuol porre rimedio
alla scomparsa del cervo e del muflone. Ancora buona la presenza del
cinghiale e della volpe, più rara quella del gatto selvatico e
della lepre. La varietà ambientale è alla base della ricca
avifauna con specie ormai rare nel resto dell' isola, come il merlo
acquatico e l'aquila. Sono presenti quasi tutte le specie di rettili
della Sardegna e specie endemiche fra gli anfibi. Particolarmente
sentito, quindi, il problema della protezione dell' ambiente, che è
stato ulteriormente arricchhito del bacino artificiale di Leronno.
L'abitato <trovasi in centro ad un vastissimo orizzonte> che
va oltre il Monte Santo, si estende a nord del Limbara, a sud al
Monterasu e fino al <grande altopiano della barbagia bittese>.
Se buone prospettive vi sono per la riqualificazione ambientale, lo
stesso non si può dire del centro urbano. Poco sviluppata la
politica del restauro e del recupero, si conservano obsoleti alcuni
esempi di architettura domestica tipica, caratterizzata dai cortili
posteriori, murature in granito con faccia a vista e abbellimenti in
trachite. Qua e là restano architravi ornati con motivi a fiamma,
animali e scritte augurali talvolta dotte ( come Si inimicus
exurierit ciba illum...). Begli esempi ha lasciato l'
architettura privata dell' Ottocento e del Novecento nella via Roma.
Il paese si sviluppò certamente da tre nuclei molto antichi, almeno
a credere alle tracce visibili ancora qualche decennio fa.
L'occupazione del territorio in tempi neolitici era supponibile dal
racconto popolare che voleva una cavità alle pendici del paese
abitato dalle janas, la quali, grazie alla fragranza del loro
pane, vi attiravano dei malcapitati che non tornavano più indietro;
e dal ricordo di pratiche evocate dal toponimo oltulomines
(ruzzola-uomini?) e dai toponimi Marmuradas, Monimentos, Ucca 'e
Furreddos, Concas Boidas, Sa Conchedda 'e Burrumbè e dalle
<caverne> nei dintorni di Olomène citate dall' Angius. Una
precisa conferma viene ora dalla ceramica neolitica fornita dall'
indagine scientifica di nuraghe Leronno, ma deve supporsi, data la
natura dei luoghi, la presenza del tipo funerario a tafone.
Certamente meglio documentato è il periodo nuragico, anche nel
centro abitato. Ai trentadue nuraghi noti dall' ultima bibliografia
disponibile vanno aggiunti: Coluzzu, S.Matteu, Ucca 'e Furreddos,
uno in località Chelchizzu 'e josso, Addes Toltas, Olisè, Sa Niera,
S'Abbaidolza, S'Aghidade, Masala, etc. Tra le <tombe dei
giganti> si ricordano quella di nurache S.Elia, sa Pattada, e una
ormai sotto le acque del lago; mentre l'impianto funerario di
Norchetta al momento è classificabile come allèe couverte.
Nonostante lo stato di interramento, spiccano per complessità
l'agglomerato nuragico di sas Domus del sa Terra in località Cugadu,
che l'Angius reputa fra i maggiori del Monte Acuto, e nuraghe
Sant'Elia: la sua struttura risulta dal collegamento per mezzo di
una corte di due nuraghi: uno a corridoio e uno a tholos. Oltre agli
abitati collegati ai nuraghi, come sa Pedra 'e s'Abba, Manzanittu,
sa Pattada etc., degni di nota sono i villaggi non connessi a
fortificazione (Topoli e Pedru Cogu), attribuibili alla età del
ferro. Tra i materiali noti da bibliografia, la biprotome animale
toro-muflone nello stile Abbini-Teti mostra interessanti convergenze
coi consimili Urartei;invece si colloca nel gruppo
<mediterraenizzante> l' offerente rinvenuto nello stesso anno
(1875). Sono ora noti altri rinvenimenti: la lama bronzea da Molinu,
il modellino di nuraghe bronzeo da Bunne, la cuspide di lancia sa
Pedra 'e s'Abba, un torello e una navicella bronzea sempre dall'area
di Leronno tutti dispersi. E' in epoca romana che il territorio
assume un assetto che manterrà fino al Basso Medioevo e oltre fino
al XVII sec., sia per continuità degli abitati nuragici che,
apparentemente, per nuovi impianti. Di questa romanizzazione
rimangono tracce nell' onomastica: Bantine <Costantinae>,
l'unico abitato sopravissuto |