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Motta di Livenza


 

Le origini e la storia

La storia di Motta di Livenza viene fatta risalire a epoche remotissime, sicuramente preromane, quando i primi abitanti paleoveneti si insediarono sopra un rialzo del terreno formatosi in prossimità della confluenza del fiume Monticano nella Livenza.
L'idea di questo terrapieno di origine fluviale, chiamato anche "motta" (mucchio di terra), pare originò l'antico nome di "Motta".
L'agglomerato più arcaico, comprovato da diversi ritrovamenti archeologici, fu quello portato alla luce nei pressi della Pieve di San Giovanni, culla di una delle prime comunità cristiane della zona.
antica Pieve di San Giovanni Nell'anno 148 a.C., sul luogo dove la via Postumia, unico collegamento tra il mar Adriatico e il mar Ligure, attraversava il fiume Livenza sorgeva un primitivo villaggio, abitato da artigiani e soldati, con lo scopo di presidiare il ponte e controllarne il transito.
Qualche chilometro più a valle, dove il Monticano univa le sue acque alla Livenza, c'era da sempre una "motta", un rialzo del terreno dovuto ai limi portati dalle acque esondanti nei periodi di piena e che di secolo in secolo andavano consolidandosi e crescendo, facendo di quel luogo l'unico non più lambito dalle acque nei periodi di piena. Lì aveva trovato rifugio e dimora un gruppo di Veneti arrivati dopo la distruzione di Troia assieme a quelli che, continuando il cammino, si fermarono poi ad Acellum e Padova. Erano dunque due le comunità che avevano scelto di vivere a metà del lungo e tortuoso percorso della Livenza : quella sulla "motta" e l'altra che s'era costituita accanto al ponte sulla destra del fiume, ai lati della strada romana.
Nel villaggio presso il ponte, ricorda la tradizione, proveniente da Aquileia e da Julia Concordia, si fermò il Vescovo Prosdocimo, mandato da Marco a predicare il Vangelo alle genti venete che erano al di qua della Livenza.
Gli abitanti si convertirono alla religione di Cristo e, nel 313 dopo l'editto di Costantino, eressero una chiesa dedicandola al primo dei Santi, San Giovanni il battezzatore di Gesù.
Di quella antica Pieve restano ancor oggi il primitivo altare e l'abside della costruzione paleocristiana, visibili attraverso una lastra di cristallo sottostante l'attuale altare, i più antichi documenti attestanti la vita delle prime comunità mottensi.
Alcuni secoli dopo, con l'avvento del messaggio Cristiano, quel piccolo nucleo vitale prese il nome del Santo Patrono della Chiesa, San Giovanni Battista.
In tempi successivi, qualche decennio prima della nascita di Cristo, ai confini occidentali del Concordiese, in seguito alla lottizzazione romana di alcuni territori, mediante la centuriazione (che consisteva, una volta conquistata una colonia, nell'assegnare ai soldati di Cesare degli appezzamenti di terreno di forma quadrata, le cosiddette centurie) si costituì un altro insediamento abitato, l'attuale LORENZAGA.
Solo molto più tardi, durante le calate dei barbari, che scendevano dalle Alpi seguendo l'antico tracciato romano, le genti si radunarono per difendersi dai continui attacchi occupando la vicina motta e dando così origine alla futura città.
Nel X secolo, all'epoca dell'invasione degli Ungheri, fu eretto un castello a protezione degli abitanti e, intorno al 1089, questo fu dato in feudo dal Vescovo di Ceneda alla famiglia Da Camino che vi risiedette per quasi tre secoli.
Nel frattempo, il nome di "Motta", usato per indicare quella località, si fece sempre più popolare e lo stesso maniero venne chiamato il Castello della Motta.
Il castello, per la sua posizione strategica, assunse notevole importanza come opera di difesa del costituendo nucleo urbano, nato politicamente e civilmente proprio con la comparsa delle grandi famiglie feudali che si contesero il potere.
Il 6 luglio 1291, i Signori Da Camino cedettero "in perpetuo" le loro proprietà alla Repubblica di Venezia ricevendo in cambio la protezione e la grazia della Serenissima. Venezia compiva così un passo storico iniziando la propria penetrazione nella terraferma veneta.
Motta, prima città di terraferma a passare sotto lo stemma di S.Marco, fu insignita del titolo onorifico di Figlia primogenita della Repubblica.
Verso la metà del secolo XIV, Motta potè godere di un breve periodo di tranquillità; nel gennaio del 1348 fu funestata da uno spaventoso terremoto, seguito da una terribile epidemia di peste nera. Vennero anche gli Ungheri e Venezia dovette presidiare e difendere, per proprio conto, il castello.

mappa antica di Motta
Disegno del 1728 raffigurante il cuore dell'antico centro storico di Motta, situato alla confluenza del Monticano nella Livenza.
A sinistra il castello con i due ponti levatoi e al centro la casa del Podestà circondata dalle mura.

Nel 1383 i Carraresi distrussero quasi completamente la cittadina, mentre la potenza dei Da Camino si attenuava. Il dominio dei Carraresi finì però presto, mentre invece si affermava e si espandeva sempre più quello della Repubblica Veneta.
Più tardi, nel 1388, la città, assieme a tutta la Marca Trevigiana, passò definitivamente sotto la Repubblica di San Marco. Il 22 dicembre 1388, la Serenissima, riconoscendo la grande fedeltà dei mottensi, fece di Motta una podestaria, offrendole una notevole autonomia di vita e di costumi. Fu nominato primo podestà Antonio Pisani. Sotto il leone di S.Marco, Motta vi rimase fino al 1797.
Seguirono tempi di pace ma, nel 1412, Sigismondo Re d'Ungheria mandò in Italia il famigerato Filippo degli Scolari, detto Pippo Spano, alla testa di un potente esercito per far guerra a Venezia. Motta, essendo una fortezza, fu subito presa di mira e si ritrovò in armi. Il castello cadde in mano degli Ungheresi, ma i Veneziani passando al contrattacco riuscirono a cacciare gli invasori.
Durante il periodo della Serenissima, Motta raggiunse il suo massimo fasto e, dopo la conquista veneziana del Friuli nel 1420, la città divenne un fiorente centro commerciale, con un importante scalo fluviale, punto nodale dello scambio di mercanzie tra Veneto orientale, Friuli e Venezia.
Si arriverà fino al 1499 per rivedere Motta nuovamente coinvolta in fatti bellici. In quell'anno si presentò il pericolo dell'invasione dei Turchi. Dopo la caduta dell'Impero Romano d'Oriente (1453), questi infedeli con somma spavalderia giunsero in prossimità della Livenza.
Il 19 gennaio 1500, il Consiglio della Magnifica Comunità deliberò di scavare dei fossati di difesa intorno alla città e di inviare al Doge una richiesta di armamenti. Fortuna volle che Venezia nel 1501 concordò la pace col sultano dei Turchi e questi abbandonò le terre della Repubblica, così Motta potè iniziare un nuovo periodo di pace.
Dopo questa ennesima impresa, i Sovrani stranieri cominciarono a preoccuparsi seriamente del le vittorie e dell'espansione della Repubblica di Venezia e nell'intenzione di frenarne la potenza, lo Stato Pontificio con il Papa Giulio II della Rovere, l'Imperatore Massimiliano I d'Austria, Luigi XII Re di Francia, Ferdinando V Re d'Aragona e tutti i Principi d'Italia si coalizzarono e il patto fu firmato nel dicembre del 1508 a Cambrai.
In caso di vittoria dei collegati, il castello della Motta con la sua podestaria, la Marca Trevigiana, il Friuli e l'Istria sarebbero toccate all'Imperatore d'Austria.
Questa tremenda coalizione si abbattè sulla Repubblica di Venezia che nonostante la sua proverbiale scaltrezza non seppe fronteggiarla ed il 14 maggio 1509 ad Agnadello presso l'Adda Venezia capitolò.
Tuttavia, ebbe l'onore e la grandezza di sciogliere dal giuramento di fedeltà i sudditi di terraferma per lasciarli liberi di difendersi autonomamente al grido : "Si salvi chi può".
Ciò nonostante, Motta volle mantenersi fedele alla Repubblica Veneta e diede prova di ineguagliabile coraggio ed eroismo organizzando la resistenza contro i nemici che incalzavano per conquistare le podestarie tra il Piave e la Livenza.
Motta fu sottoposta a numerosi attacchi e fu presa nella notte tra il 30 settembre ed il 1 ottobre, ma il 18 ottobre insorse e al grido "Viva San Marco" i mottensi riuscirono a riprendere la città e il castello cacciando i nemici tedeschi ed innalzando il gonfalone dogale.
La splendida vittoria dei mottensi, sempre rimasti uniti alla Repubblica, animò anche gli abitanti delle altre città e podestarie che si ribellarono respingendo gli Imperiali e richiamando al loro posto i Magistrati di Venezia.
Nel frattempo, l'astuzia e la saggia politica della Serenissima attraverso trattative segrete aveva riconosciuto la perdita dei suoi territori a favore di Papa Giulio II della Rovere, del Re di Spagna e di Luigi XII Re di Francia riuscendo in tal modo a isolare il più pericoloso Massimiliano d'Austria che affrontò poi militarmente avendone addirittura il sopravvento.
Così, dopo queste disavventure, Venezia ritornò in auge, ponendo fine alla guerra con la firma della pace.
Nel 1511, la Serenissima riconobbe ufficialmente e pubblicamente la valorosa fedeltà di Motta e la proclamò Figlia prediletta della Repubblica.
In quel periodo, il centro strorico ebbe un notevole sviluppo urbanistico e architettonico : fu costruita la Chiesa della Madonna dei Miracoli e il Castello venne restaurato e irrobustito con cinque torri.

prigioni dell'antico castello di Motta antica abitazione dei contadini mottensi
Prigioni dell'antico castello di Motta Il Cason dimora d'un tempo dei contadini mottensi

Dopo il declino della Serenissima, tutto il Veneto entrò a far parte del Regno italico di Napoleone e vi rimase fino al 1815, passando poi sotto il dominio dell'Austria fino al 1866.
Quando passò definitivamente alla Repubblica Italiana, il 5 gennaio 1868, la città fu denominata MOTTA DI LIVENZA, per non confonderla con gli altri luoghi della Penisola aventi lo stesso nome.

ponte sulla Livenza
Litografia del 1851 raffigurante il ponte sul fiume Livenza
(dis. M.Moro - mm 475 X 315)

In seguito a una disastrosa alluvione, verificatesi nel settembre del 1882, il corso del fiume Livenza fu deviato e di conseguenza spostata anche la confluenza del fiume Monticano.
Il 24 maggio 1915, l'Italia entra nel primo conflitto mondiale. Dopo la disfatta di Caporetto, dall'8/11/1917 fino al giorno dell'Armistizio il 4/11/1918, Motta subì l'occupazione e le angherie delle truppe Austroungariche. Alla cessazione di ogni ostilità, il triste resoconto del sacrificio in vite umane dei figli di Motta fu di 236 Caduti. Per il valore dimostrato, per le sofferenze e le privazioni subite dalla popolazione durante l'occupazione ostile, il Re d'Italia Vittorio Emanuele III concesse la decorazione di "Croce al Merito di Guerra" al Gonfalone del Comune di Motta di Livenza.
Anche durante il secondo conflitto mondiale il contributo di sangue reso dalla gente di Motta fu elevato : 131 Caduti. Al Gonfalone di Motta fu conferita la "Medaglia di bronzo al Valore Militare", per gli atti eroici compiuti dai suoi figli durante la seconda guerra mondiale.

 

Viste di Motta di Livenza, oggi