Chimica dell'acqua.

La molecola H2O.

Per molti secoli l'acqua e stata considerata una delle quattro particelle elementari, cioè uno degli elementi ultimi di cui tutta la materia dell'universo era costituita, insieme al fuoco, alla terra e all'aria. Ci vollero duemila anni e lo sviluppo grandioso della chimica nei secoli XVII e XVIII per dimostrare che l'acqua non era una sostanza elementare. Nel 1781 il chimico inglese Joseph Priestley (1733-1804) riuscii a sintetizzare l'acqua, cioè a riprodurla in laboratorio, e poco dopo sia Antoine Laurent Lavoisier (1743-1794) in Francia che Henry Cavendish (1731-1810) in Inghilterra riuscirono a decomporre 1'acqua nei suoi due costituenti: idrogeno (H) e ossigeno (0). Dopodiché, per una di quelle stranezze che diventano succose ghiottonerie per gli storici e i filosofi della scienza, la conoscenza scientifica dell'acqua non conobbe sostanziali progressi per più di un secolo. E che secolo! Il XIX, il periodo che segno il trionfo della scienza nella cultura occidentale. Può sembrare strano che gli scienziati del XIX secolo abbiano trascurato 1'acqua, anche se si rendevano conto non solo della sua ovvia importanza per l'umanità, ma anche delle sue affascinanti caratteristiche materiali. Forse questo accadde, anche se e un paradosso, proprio perché 1'acqua è presente in tutti gli aspetti della vita umana. Per conoscere l'universo sembrò forse più appropriato studiare cose meno comuni, come le stelle e il loro moto, le forze magnetiche ed elettriche, gli atomi e le molecole, le leggi genetiche, piuttosto che il liquido familiare con cui ci si lava le mani. A ogni modo, si giunse dapprima alla dimostrazione sperimentale dell'esistenza reale delle molecole. A una ricerca più approfondita, 1'acqua si rivelo costituita, nei suoi vari stati di aggregazione, da molecole di H20: due atomi di idrogeno legati a un atomo di ossigeno. Secondo la tendenza principale della scienza nella prima meta del nostro secolo, gran parte del successivo lavoro di ricerca fu dedicato allo studio della singola molecola: la sua formazione, la sua stabilita, le sue proprietà elettroniche (dovute al moto degli elettroni) e vibrazioni (dovute al moto degli atomi di idrogeno e ossigeno). In effetti, come vedremo, non e necessario conoscere dettagliatamente la singola molecola d'acqua per capire il comportamento degli aggregati più grandi di tali molecole che formano 1'acqua liquida. Per gli stessi motivi, pero, la comunità scientifica non ha cominciato a occuparsi seriamente dell'acqua se non negli ultimi venti anni. Alcuni lavori fondamentali furono comunque fatti agli inizi degli anni trenta. Praticamente fino al giorno d'oggi, gli addetti ai lavori non si sono trovati d'accordo, e ancora polemizzano furiosamente su una cosa cosi fondamentale come la struttura microscopica del1'acqua. Ed e solo di dieci anni fa un evento che produce ancora imbarazzati sorrisi fra gli specialisti, quello della scoperta della cosiddetta poliacqua, dimostratasi poi un'enorme svista. Errori pacchiani e divergenze fondamentali, per la più comune, la più importante sostanza sulla faccia della Terra! La cosiddetta poliacqua sarebbe una modificazione polimerica dell'acqua: le molecole di H20 si metterebbero in fila, allo stesso modo dei polimeri che costituiscono le plastiche, come il polietilene e il polipropilene (Moplen), di cui sono fatti tanti degli oggetti che usiamo. Si presumeva che 1'acqua polimerica potesse formarsi solo in particolari situazioni; si temeva anche che, una volta che il seme polimerico si fosse formato, avrebbe potuto polimerizzare tutta 1'acqua della Terra! Meno male dunque che la sostanza altamente viscosa prodotta in capillari all'inizio degli anni settanta in laboratori russi, americani e di altre nazioni non fosse altro che acqua normale, ma molto inquinata dai trattamenti subiti farla diventare poliacqua. Cominciamo comunque anche noi illustrando alcune delle caratteristiche principali della molecola d'acqua isolata. L'ossigeno centrale è legato ai due idrogeni, situati a una distanza di circa 1 À (10~g cm) con un angolo di 105°, da un legame chimico forte detto "legame covalente" . Per capire che cosa sia questo legame, consideriamo la struttura elettronica degli atomi H e O rispettivamente. Come si sa, gli atomi non sono, come pensava il filosofo greco Democrito (460-360 a.C.), particelle elementari indivisibili. Sono invece, a loro volta, composti di due parti: anzitutto un nucleo (dimensioni di circa 10~'3 cm), che porta quasi tutta la massa dell'atomo e una carica elettrica positiva Ze (dove Z, numero atomico, è un numero intero ed e è la carica elettrica dell'elettrone);
quindi, Z elettroni (la carica elettronica è negativa, dunque gli Z elettroni controbilanciano perfettamente la carica positiva del nucleo). Gli `elettroni' naturalmente sono distribuiti in vario modo intorno al nucleo, dando all'atomo la sua dimensione di 10~s cm circa. Il modo in cui gli elettroni si distribuiscono attorno al nucleo dipende dall'energia degli elettroni, e questa a sua volta è `quantizzata', ossia può assumere solo particolari valori, separati da zone di energia proibita. Questa è una proprietà generale della materia, che si manifesta chiaramente quando si abbia a che fare con distanze o dimensioni microscopiche, dell'ordine delle dimensioni atomiche o molecolari. Nel caso dell'idrogeno, il più semplice degli atomi, Z = 1. Quando 1'atomo è nel suo stato di equilibrio, la distribuzione del suo singolo elettrone attorno al nucleo sarà sferica. Questo vuol dire che avremo uguale probabilità di trovarlo a una data distanza dal nucleo, indipendentemente dalla direzione. La situazione si complica quando il numero atomico Z, e dunque il numero degli elettroni, aumenta. Esiste però una regola che facilita enormemente il compito di riempire tutti i vari livelli energetici nel modo giusto. Questa regola è il cosiddetto `principio di esclusione', formulato cinquant'anni fa dal fisico austriaco Wolfang Pauli (1900-1958), secondo cui ogni livello può essere occupato al massimo da due elettroni contemporaneamente. In pratica dunque esiste un solo modo per riempire i livelli successivamente con gli elettroni disponibili. Da questo fra 1'altro discende la `tavola periodica degli elementi' postulata nel 1869 dallo scienziato russo Dmitrij Jvanovic Mendeleev (18341907) e che ha trovato la sua spiegazione solo molti anni più tardi nel principio di Pauli. In sostanza la tavola ideata da Mendeleev dispone gli elementi in ordine crescente di peso atomico. La periodicità consiste nel fatto che, dopo un certo numero di termini, ricompaiono elementi dotati di proprietà simili a quelli ordinati in precedenza. Come dicevamo, 1'idrogeno ha un solo elettrone, mentre ne potrebbe ospitare due nello stesso livello energetico. Questo lo rende molto reattivo chimicamente, perché molte reazioni chimiche consistono proprio in scambi di elettroni. L'elemento successivo nel sistema periodico, 1'elio, che ha due elettroni, è invece chimicamente inerte. Nell'ossigeno gli elettroni riempiono completamente i primi due livelli. I rimanenti quattro elettroni, quelli delle orbite esterne che determinano il comportamento chimico dell'elemento, sono distribuiti su un livello che ne potrebbe ospitare sei. Questo livello è in realtà composto da tre sottolivelli, ciascuno con una distribuzione orientata secondo le tre direzioni x, y, z. Dunque nell'ossigeno mancano due elettroni per completare la distribuzione, e perciò anch'esso è fortemente reattivo, e tenderà ad acquistare due elettroni. Detto in termini tecnici, sarà "bivalente". La molecola di H20 si forma, con produzione di energia perché un atomo di ossigeno si lega con due atomi di idrogeno, scambiando e condividendo con ciascuno di essi un elettrone. L'idrogeno tende cioè a prendere uno dei quattro elettroni esterni dell'ossigeno, e viceversa quest'ultimo tende a prendere i due elettroni degli idrogeni. Il risultato è un forte legame, detto appunto covalente, in cui, diciamo cosi, i due idrogeni "si illudono" di aver raggiunto la configurazione piena, e cosi pure 1'ossigeno. In realtà, in questa situazione gli elettroni in gioco non saranno mai attribuiti a un dato atomo, ma saranno invece distribuiti su tutta la molecola. Il legame molecolare altera perciò notevolmente la distribuzione degli elettroni che vi partecipano. La distribuzione che ciascuno degli elettroni aveva rispetto al proprio nucleo di appartenenza (la cosiddetta orbita) si trasforma in distribuzioni nuove in cui gli elettroni non appartengono più a un singolo atomo, ma alla molecola nel suo complesso (orbitali molecolari). In seguito al legame chimico vengono anche leggermente modificate le distribuzioni dei due restanti elettroni esterni dell'ossigeno. In particolare, dato che gli orbitali di legame occupano il piano molecolare, i due elettroni non leganti saranno distribuiti fuori dal piano, in prima approssimazione perpendicolarmente a esso (vedi fig. p. 83). Dunque, sebbene la molecola sia disposta su un solo piano, la distribuzione della carica elettronica è tridimensionale. La distribuzione è anche asimmetrica, perché privilegia un verso piuttosto che il verso opposto. Il legame O--H è un tipico esempio di legame covalente. Comunque, non tutta la forza con cui H e O si tengono legati (energia di legame) è dovuta a questa interazione. Esistono altre forze che possono legare gli atomi di idrogeno e ossigeno, che però danno un contributo piuttosto debole all'energia di legame. Fra queste ce n'è però una che come vedremo è essenziale per capire il modo con cui le molecole di acqua si aggregano, ossia per capire 1'acqua macroscopica. Descrivendo gli atomi di H e O, abbiamo detto che essi tendono ad acquistare elettroni per riempire le loro orbite, ossia per arrivare a quella configurazione elettronica detta di `gas raro'. (Nel caso dell'idrogeno, il gas raro è 1'elio; per l'ossigeno, è il neon). In realtà questa tendenza può essere più o meno marcata. Anzi, nella metà dei casi circa, la tendenza è ribaltata, nel senso che la tendenza a raggiungere la configurazione di gas raro si manifesta nella tendenza a perdere elettroni. Consideriamo ad esempio il caso tipico del sodio (simbolo Na), che è 1'elemento corrispondente all'idrogeno nel secondo periodo del sistema di Mendeleev. Per arrivare alla configurazione di gas raro, il sodio può acquistare sette elettroni per avere la configurazione del gas raro argon. Oppure, può perdere un elettrone per ricadere nella configurazione del neon, il gas raro che lo precede immediatamente nel sistema periodico degli elementi. È chiaro che costa molta meno energia perdere un elettrone che acquistarne sette. Il sodio avrà dunque una forte tendenza relativa a perdere un elettrone. Diciamo relativa, perché questa tendenza si attua solo nell'interazione con un altro atomo, sia in intensità che in segno, altrimenti 1'atomo perderebbe 1'elettrone, cioè si ionizzerebbe, spontaneamente. Tecnicamente, diremo che il sodio è un atomo monovalente con forte affinità elettropositiva. Il fluoro invece, che è immediatamente precedente al neon, sarà ancora monovalente, ma avrà una forte affinità elettronegativa. Tenderà cioè piuttosto insistentemente ad acquistare un elettrone (e questo fa del fluoro uno degli elementi più corrosivi che si conoscano). L'ossigeno, che a sua volta precede il fluoro, è simile a esso nel senso che è elettronegativo. La sua affinità però è più debole in quanto riguarda due elettroni. L'idrogeno occupa un posto molto particolare, com'è facile immaginare dato che è il primo degli elementi. In un certo senso si trova contemporaneamente nella posizione del fluoro e del sodio. Se acquista un elettrone (comportandosi come il fluoro) arriva alla configurazione dell'elio. Però ha anche un solo elettrone da perdere, per raggiungere la configurazione del più perfetto gas inerte, il vuoto. In genere 1'idrogeno sceglierà una soluzione di compromesso fra le due tendenze: non avrà legami `ionici', come quelli che possono legare atomi come il sodio e il fluoro, oppure, per discutere di una sostanza più familiare, come il sodio e il cloro, ma non avrà nemmeno legami perfettamente covalenti come il carbonio. Un esempio di legame ionico è quello che tiene insieme il cloruro di sodio, NaCI, in cui il sodio cede un elettrone diventando lo ione Na', al cloro, che diviene Cl. I due ioni Na' e Cl, avendo cariche opposte, si legheranno tramite la loro forte attrazione elettrostatica. (Cariche opposte si attraggono, cariche uguali si respingono, in ragione inversa del quadrato della loro separazione). Un legame covalente è quello tipico del carbonio. Avendo solo quattro elettroni nella distribuzione esterna che ne può contenere otto, il carbonio è infatti perfettamente a metà strada. Non può privilegiare né il cedere né l'acquistare elettroni. Perciò fa tutt'e due le cose simultaneamente. Qual è il risultato? II legame O--H è prevalentemente covalente, tuttavia la distribuzione di carica che ne consegue non è uniforme. La maggiore tendenza dell'ossigeno ad acquistare elettroni farà si che i due elettroni del legame O--H (uno dell'idrogeno e uno dell'ossigeno) passeranno più tempo vicini all'ossigeno che vicini all'idrogeno. Calcoli semplificati degli orbitali molecolari mostrano che la carica totale media su ciascun idrogeno è 0,78

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