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Ideologia e Potere in Cina: Le lotte nel  Partito Comunista Cinese

E-mail: msulas@hotmail.com

Tesi di Laurea di Marco Sulas. Università degli Studi di Cagliari. Relatore Prof. Emilio Bottazzi.


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Capitolo I


  • Ideologia confuciana e leadership politica nella Cina Imperiale


  • Il confucianesimo nella società cinese tradizionale


  • Il declino dell'ideologia confuciana e l'umiliazione dell'800


  • Dal fallimento della restaurazione alla caduta dell'impero e delle istituzioni confuciane


Capitolo II


  • Una nuova ideologia rivoluzionaria: il marxismo in Cina


  • La ricerca di una strategia rivoluzionaria: i primi scontri interni al PCC


  • L'onda di riflusso e il "putchismo" di Qu Qiupai


  • "La linea Li Lisan"


  • Mao Zedong entra in scena: da Ruijin a Zunyi


  • Il Movimento di Rettifica Cheng-Feng: il PCC, Partito di Mao Zedong

Capitolo III


  • "L'alleanza antipartito Gao Gang-Rao Shushi"


  • Il risorgere di un "fazionalismo instabile" alla metà degli anni '50


  • "L'affare Peng Dehuai"


  • "Bombardare il Quartier Generale"


  • La caduta di Lin Biao


  • Lotte per la successione a Mao Zedong: il risorgere del radicalismo rivoluzionario


  • Accuse e compromessi nella Troika Post-maoista


  • Una nuova grande leadership: Deng Xiaoping al potere

Nella Cina classica le lotte per il potere si inserivano nel concetto confuciano di rivoluzione, ge ming, che tradotto letteralmente significa: "ritiro del Mandato". Il Cielo conferisce il suo Mandato agli uomini virtuosi, ma è libero di ritirarlo in qualsiasi momento, ogniqualvolta il sovrano manchi ai suoi compiti. Sotto quest'aspetto, le lotte per il potere si inserivano in un continuum  millenario di rivolte contadine, i cui capi - a partire da Liu Pang, che vinse nella lotta contro la dinastia Qin, fino alla ribellione dei Taiping (1850-1864) - aspiravano a sostituire l'ormai debole e inetto imperatore, dando vita ad una nuova dinastia per volontà celeste.

Tutte queste lotte e i conseguenti cambiamenti dinastici rappresentavano l'elemento dinamico nella vita politica della Cina classica. Esse si inserivano in un contesto ideologico che le  considerava un importante elemento di stabilità per tutta la struttura imperiale. Il ricambio al vertice, che spesso scaturiva al termine della lotta, permetteva al sistema confuciano di perpetuarsi, rivelando continuamente la sua validità alle masse contadine.

Deng Xiaoping (1904-1997)

Mao Zedong (1893-1976)

Repubblica Popolare Cinese

La presenza del Marxismo, negli ambienti culturali cinesi, è strettamente legata all'inserimento nell'impero delle conoscenze occidentali.

Tradizionalmente i cinesi hanno sempre creduto di poter civilizzare i "barbari", convinti che questi ultimi non avrebbero mai potuto cambiarli. Solo dopo le sconfitte militari dell'800 con le potenze occidentali, a partire dalla guerra dell'oppio, i cinesi capirono che il dover affrontare dei nemici così forti cambiava completamente la situazione. La prima risposta che la burocrazia confuciana riuscì a trovare, innanzi a tali mutamenti, fu l'introduzione delle conoscenze tecniche degli occidentali, con il semplice scopo di utilizzarle in difesa dell'ortodossia e dell'ordine tradizionale confuciani. Dopo la pesante sconfitta nella guerra sino-giapponese del 1894-5, alcuni ambienti giovanili dell'intelligencija cinese compresero la necessità di introdurre nell'impero anche il pensiero economico politico e sociale occidentale. Alcuni nuovi concetti, ("evoluzione naturale", "diritti naturali", "libertà, uguaglianza e fratellanza"), insiti nel pensiero liberale europeo, divennero familiari fra gli intellettuali cinesi, e prepararono il terreno dell'ideologia per l'introduzione e la graduale comprensione del socialismo, ma più direttamente del marxismo.

Il 1 ottobre 1949, dall'ingresso del palazzo imperiale, circondato da tutti i dignitari del Partito, il Presidente Mao proclamava la nascita della Repubblica Popolare Cinese (RPC). Di fronte ad una importante era per la Cina, il PCC si presentava forte, monolitico, unito dietro il suo Presidente.

Liu Shaoqi(1898-1969): considerato da Mao il Chrušcëv cinese, "l'Autorità più importante del Partito che aveva deciso di intraprendere la strada del capitalismo".

Liu Shaoqi fu espulso dal PCC nel corso del XII Plenum del VIII Comitato Centrale nel 1968, in piena "Rivoluzione Culturale".


Un importante concetto enunciato nel nuovo statuto del PCC, scaturito dal XII Congresso del 1982 - nel quale fu sancita ufficialmente la vittoria di Deng Xiaoping e della sua linea pragmatica, in seno al partito e allo Stato cinesi - stabiliva che molte delle contraddizioni presenti nella società cinese non avevano natura di lotta di classe, e che quest'ultima non poteva più considerarsi come la principale delle contraddizioni. Nel contesto relativo all'abbandono delle vecchie concezioni maoiste, questa decisione segnava la fine del postulato, tanto caro a Mao, della "rivoluzione continua" o "permanente".


Pur assente dalla scena politica è ormai indubbio che Deng sia stato il vero direttore della "orchestra sanguinaria" di piazza Tienanmen. Il discorso fatto il 9 giugno - nel suo incontro televisivo con i militari che avevano represso nel sangue la manifestazione studentesca - rifletteva in maniera completa il suo pensiero e la sua politica. Bisognava, ad ogni costo, continuare sulla strada delle modernizzazioni e delle riforme economiche, ma queste dovevano essere accompagnate da un autoritarismo politico che mantenesse quell'ordine sociale necessario alle riforme e che toglieva, di fatto, qualsiasi spazio di democrazia e di libertà alle masse cinesi.


19 febbraio 1997

La decisione di Deng attribuiva un nuovo volto alla Cina. Il paese asiatico diventava sempre più "occidentale" dal punto di vista economico, ma si caratterizzava per il pesante autoritarismo, che portava il regime comunista sul banco degli imputati, in tema di violazione dei diritti umani. Questa doppia, e per certi versi contraddittoria politica ha accompagnato la Cina per tutto l'ultimo periodo dell'era Deng, e i suoi effetti non sono ricaduti solo sulla società cinese, ma anche sullo stesso partito comunista. Non è un caso che alla morte di Deng Xiaoping, avvenuta il 19 febbraio 1997, i possibili suoi eredi politici erano Li Peng (espressione del tradizionalismo ortodosso nel partito e dell'autoritarismo militare nel paese) e Jang Zemin (uomo di apparato, molto vicino alle posizioni riformiste di Deng).

Ancora oggi,  dopo la scomparsa del "piccolo timoniere", la situazione cinese appare sempre ambigua e contraddittoria. Non sappiamo per quanto tempo essa possa durare. Tuttavia, è possibile che, davanti ad una nuova congiuntura economica sfavorevole per il paese, il regime di Pechino debba intervenire nuovamente in una nuova e più violenta lotta per la democrazia, nella quale, sicuramente, s'inserirà la "resa dei conti" tra le due anime interne al Partito comunista cinese.


Breve descrizione dei principali avvenimenti nella storia della Cina Contemporanea, precedenti all'ascesa al potere di Deng Xiaoping.