Museo Salvini

Breve Storia del mulino

Situato sul confine tra Cocquio e Gemonio Il complesso del mulino non si sviluppa su una base organica progettuale, ma su delle preesistenze.

Presenta il carattere tipico dell' architettura spontanea, cioè l'aggregazione senza un apparente ordine di vari corpi di fabbrica, aggiunti e modificati nel corso degli anni secondo le esigenze produttive e/o abitative.

Nucleo centrale sul quale trova sviluppo l'organico del Mulino sono delle preesistenze di fortificazioni militari medioevali, 1200 circa delle quali è ancora oggi ravvisabile i resti di una torre inglobata nella struttura, si tratta probabilmente di un complesso militare legato ad altre fortificazioni coeve della zona.

Una certa importanza doveva comunque rivestire l'edificio turrito in quanto presenta nella odierna parte terminale tracce di una decorazione in cotto molto semplice ma pur sempre rilevante per la struttura militare in questione, si tratta di una doppia serie di mattoni disposti incrociati a quarantacinque gradi rispetto alle murature, decorazione che appare rilevante se raffrontata al resto della struttura composta in pietre di fiume non lavorate e calcina. Del primitivo gruppo di edifici militari a mio parere e dai primi rilievi, sembrerebbe facciano parte oltre la torre vera e propria anche il portico esistente nella sua parte alta nonché le mura dell'attuale ingresso al mulino e parte delle mura dell' edificio confinante con la strada. La torre si diceva sembrerebbe legata ad altre fortificazione come la Torre di cui oggi permangono dei resti in località Torre a S. Andrea, e altre zone fortificate verso la cartiera di Besozzo, due punti che se collegati con il Molino in questione formano una retta lungo l'asse Nord; un caso? Non credo. La nostra fortificazione doveva rivestire un certo interesse dal punto di vista sia militare che politico, si colloca in un punto di passaggio obbligato la odierna Statale non esisteva ( è una strada Napoleonica) e quella era molto probabilmente l'unica via tra Cocquio e Gemonio. Non certo che i due paesi abbiano mai avuto poi una particolare importanza ma erano comunque due paesi di confine tra due Diocesi ( e lo sono tuttora) quella di Como ( Gemonio) e quella di Milano (Cocquio) allora legate alla rivalità di due potenti famiglie i Torriani e i Visconti. A conferma dell' importanza assunta dal confine si rammenta come a poche centinaia di metri sorgeva ( ora non più. Sic!) una altra fortificazione detta il Castellazzo.

Si tratta comunque solo di supposizioni non avallate da fonti documentarie ma rilevabili solo fisicamente.

Solo più tardi avremo però delle fonti documentarie che individuano la fabbrica adibita ad uso di molino con lo sfruttarnento delle acque del Viganella, torrente che divide i due territori di Cocquio, a sinistra e Gemonio a Destra. In un elenco di molini sul Viganella del 1659 troviamo citato: "...Caldana, un mulino a tre ruote cioè una pista et due mole posseduto da Bartolomeo e cugini De Clivii ..." si tratta con molta probabilità di detto mulino in quanto situato sulla sponda sinistra del Viganella. Le fonti documentarie non ci dicono però quale parte del molino attuale essa fosse, sempre che non sia stata in qualche modo distrutta, ci par di ravvisare tuttavia se e lecito far supposizioni che la parte più antica sia verso la ruota attuale situata più a nord, ancora inglobata nelle vestigia delle mura medioevali.

Dobbiamo però aspettare fino al 1726 per averne una descrizione più accurata e una prima mappatura con il catasto di Maria Teresa d' Austria dove nella descrizione che accompagna le carte si legge " molino a trè rodigni due de quali servono per il grano grosso e l'altro per pista in mappa al n° 2... intestato a Brusetti Carlo Francesco e fratello qt.m Gio Battista Liv. Di D. Ignazio Porta ".

Se il molino in questo periodo non sembra aver avuto tra il 1659 e 1726 uno sviluppo particolare ( conserva lo stesso numero di ruote adibite alle stesse funzioni ) per cui potrebbero essere sorti al più alcuni fabbricati accessori; è con la prima meta dell' ottocento che sembra prendere maggior sviluppo, lo troviamo infatti citato nel Cessato Catasto Lombardo del 1860 come "Molino da grano ad Acqua, pila da orzo a due pistoni ad acqua con casa con porzione della corte al n° 672" ed era definito "Mulino di Rocco" ma accanto ad esso troviamo un altro edificio descritto come "torchio ad acqua con casa e porzione della corte del n° 672".

Poi proseguirà il suo sviluppo con probabili aggiunte novecentesche fino a subire con l'industrializzazione la sorte di tutti gli altri mulini della zona giungendo intorno alla metà del '900 all'esaurimento della sua funzione originaria.

Attualmente l'ingresso al mulino avviene da un cancello ligneo situato lungo la via Salvini appena dopo il ponte sul Viganella ed immette in una corte per lo più adibita a prato costeggiante un ansa del fiume stesso. La parte di ingresso presenta ancora le tracce di un antico selciato ed ha una discreta pendenza, è da questa prima corte che si accede al mulino- museo. Attraverso un passaggio coperto si passa ad un ulteriore corte dove un cancello in ferro permetteva l'accesso ad un altra strada era in questa corte che si affacciavano le stalle, e la casa di abitazione del complesso più recente, casa, che presenta evidenti i segni di successivi rialzi, evidentemente legati a esigenze abitative. Si può accedere da questa seconda corte ad un prato retrostante fiancheggiante un fabbricato novecentesco in mattoni adibito in parte a museo, prato che a sua volta comunica con lo spazio retrostante dove sono tuttora alloggiate le due ruote esistenti. E' questo, sicuramente il luogo esterno più suggestivo, carico di ricordi vernacolari, riveste un fascino particolare. Le due ruote erano mosse dall' acqua trasportata attraverso una conduttura artificiale che intercettando a monte le acque del Viganella, e le convogliava fin qui attraverso dei canali in parte in pietra e in parte in legno, a volte persino con tratti sopraelevati, il tutto ancora ben visibile e tuttora regolato da un sistema di chiuse in legno.

La prima ruota era alimentata con caduta dall' alto, l'acqua di recupero insieme all' acqua di esubero andavano ad alimentare l'altra ruota, per scorrere sotto il fabbricato e rigettarsi nel Viganella.

La prima ruota muoveva le macine che sono all' ingresso del Molino, la seconda una sega, è una mola ancora esistenti, anche se non funzionanti. Tutta la struttura e l'apparecchiatura per il funzionamento dei macchinari e in condizioni discrete e facilmente recuperabili, tutta questa parte meccanica è visibile dal museo attraverso un ampia vetrata.

L'accesso al museo avviene attraverso quello che un tempo era il molino vero e proprio e che ancora oggi conserva le macine, i vagli, gli elevatori e gli altri sistemi di trasporto dei prodotti lavorati, si tratta di un locale rettangolare sorto tra le mura dell' antica fortificazione, che tuttora presentano forti andamenti irregolari e forti " fuori piombo ", il locale è in comunicazione oltre che coi locali del museo con l'esterno dove sono allocate le due ruote, con altri locali, per la precisione con il piano terreno della torre, e inoltre con il primo piano di questa e un ulteriore locale, parte superiore di un aggiunta successiva, nonché con il retro tramite due porte.