Ennio Flaiano
La solitudine del satiro
Adelphi Editore, Milano, 1996
Giugno 1958
Una società sguaiata, che esprime
la sua fredda voglia di vivere più esibendosi che godendo realmente
la vita, merita fotografi petulanti. Via Veneto è invasa da questi
fotografi. Nel nostro film ce ne sarà uno, compagno indivisibile
del protagonista. Fellini ha ben chiaro in testa il personaggio, ne
conosce il modello: un reporter d'agenzia, di cui mi racconta una storia
abbastanza atroce. Questo tale era stato mandato al funerale di una
personalità rimasta vittima di una sciagura, per fotografare
la vedova piangente; ma, per una qualche distrazione, la pellicola aveva
preso luce e le fotografie non erano riuscite. Il direttore d'agenzia
gli disse: « Arrangiati. Tra due ore portami la vedova piangente
o ti licenzio e ti faccio anche causa per danni». Il nostro reporter
si precipitò allora a casa della vedova e la trovò che
era appena tornata dal cimitero, ancora in gramaglie, e vagante da una
stanza all'altra, istupidita dal dolore e dalla stanchezza. Per farla
breve: disse alla vedova che se non riusciva a fotografarla piangente
avrebbe perso il posto e quindi la speranza di sposarsi, perché
s'era fidanzato da poco. La povera signora voleva cacciarlo: figurarsi
che voglia aveva di fare la commedia dopo aver pianto tanto sul serio.
Ma qui il fotografo, in ginocchio, a scongiurarla di essere buona, di
non rovinarlo, di piangere solo un minuto, magari di fingere!, solo
il tempo di fare un'istantanea. Ci riuscì. La povera vedova,
una volta presa al laccio della pietà, si fece fotografare piangente
sul letto matrimoniale, sullo scrittoio del marito, nel salotto, in
cucina.
Ora dovremmo mettere a questo fotografo un nome esemplare, perché
il nome giusto aiuta molto e indica che il personaggio «vivrà».
Queste affinità semantiche tra i personaggi e i loro nomi facevano
la disperazione di Flaubert, che ci mise due anni a trovare il nome
di Madame Bovary, Emma. Per questo fotografo non sappiamo che inventare:
finché, aprendo a caso quell'aureo libretto di George Gessing
che si intitola "Sulle rive dello Jonio" troviamo un
nome prestigioso: «Paparazzo». Il fotografo si chiamerà
Paparazzo. Non saprà mai di portare l'onorato nome di un albergatore
delle Calabrie, del quale Gessing parla con riconoscenza e con ammirazione.
Ma i nomi hanno un loro destino.
Testo tratto da: Ennio Flaiano,
La solitudine del satiro, Adelphi
Editore, Milano, 1996