MUSEO DELLA FOTOGRAFIA               
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New York

Museo d'Arte Moderna - MOMA

Gerhard Richter: 40 anni di pittura

 

fino al 21 maggio 2002

 

Seppure emblematica all'interno dei circuiti europei, l'opera di Gerhard Richter (Dresda, Germania, 1932) è ancora poco conosciuta negli Stati Uniti, dove la sua scoperta è stata relativamente recente. La grande antologica che in questi giorni gli dedica il MOMA di New York, la più importante tenuta finora nel Nord America, costituisce pertanto un avvenimento eccezionale, che può consentire al pubblico statunitense di far conoscere l'universo creativo di questo grande artista. Una delle finalità di questa esposizione è quella di mostrare la coesistenza nell'opera di Richter di due aspetti; il primo, di ispirazione romantica, che si evidenzia soprattutto nei suoi paesaggi e nei suoi ritratti; il secondo, più severo e politicamente impegnato, è quello che si condensa nel ciclo "18 Ottobre 1977", ispirato ad una serie di fotografie apparse sulla stampa in occasione della morte, in circostanze misteriose, del gruppo terrorista tedesco Baader-Meinhof.

 

 

Gerhard Richter, "Ema - Akt auf einer Treppe", 1966

 

Note biografiche

Nato nella Repubblica Democratica Tedesca, nel 1932, Richter emigrò in Germania Federale nel 1961. Dopo i primi esordi, contrassegnati dall'attività di muralista, la sua opera cambiò prospettive una volta venuto a contatto con gli ambienti artistici d'avanguardia di Colonia e Dusseldorf. E' in questo contesto che scopre l'Espressionismo Astratto, il Neo Dada e le esperienze del gruppo Fluxus; inoltre è qui che fa la conoscenza di artisti che saranno per lui fondamentali, come Sigmar Polke e Konrad Lueg, coi quali darà vita al gruppo di "Realismo Capitalista", una derivazione politicamente impegnata dell'Arte Pop. Il gruppo, attraverso una mordace denuncia, metteva in evidenza la penuria economica e le contraddizioni sociali che caratterizzavano la vita tedesca. Durante gli anni '60 la sua opera fa largo uso di fotografie e altre immagini tratte dai giornali. Negli anni '70 invece propenderà per la pittura monocroma, avvicinandosi alle correnti del Minimalismo allora imperanti, ma sempre da un punto di vista molto critico e personale. La stessa originalità che caratterizzerà poi lo sviluppo del suo agire artistico nell'arco degli anni '80 e'90. La molteplicità di ricerche ed esperienze diverse caratterizzano la riflessione estetica di questo singolare artista, la cui opera rappresenta una sfida agli schemi tradizionali della "Coerenza stilistica"

 

Per ulteriori informazioni:

http://www.moma.org/docs/exhibitions/current/

 


 

 

Gerhard Richter

Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci, Prato

 


I grandi artisti danno sempre prova di riuscire a raggiungere gli effetti voluti con tecniche, sovente nascoste, che richiedono una ferrea disciplina, molto rara nella pratica artistica attuale. In quest'ottica è determinante la capacità di rinunciare al proprio Io. Che cosa sappiamo di Johann Sebastian Bach, oltre a ciò che è contenuto nelle opere che ha lasciato? Che cosa ci trasmettono le sue musiche al di là della grande complessità della sua mente? Nell'opera di Gerard Richter, l'enigma, talvolta inquietante per lo spettatore, è alimentato con rigore non comune dall'annullamento dell'Io dell'artista. La sua non è fredda sterilità ma, al contrario, costituisce una sorta di astinenza estetica che preannuncia la deliberata rimozione della presenza dell'autore, di cui si percepisce tuttavia il calore vitale. Richter è come colui che, durante il picnic, si alza per primo per scattare una foto ricordo da cui rimane fuori. Viene in mente Andy Warhol, al quale piaceva puntare l'obiettivo su una persona per catturarne l'immagine mentre, di contro, odiava essere ritratto. Gerard Richter non è dunque un narratore che, in prima persona, cerca di catturare il lettore, né si pone come Rembrandt, il quale si ritrae in un angolo del dipinto. Tanto meno egli vuole salvare la Jugoslavia dal martirio. La sua inclinazione a mostrare immagini prende forme ben più complesse. Gerhard Richter è un pittore di genere assolutamente non-referenziale. In una cultura in cui la televisione produce immagini, Richter ha scelto di disseminare il suo paesaggio e i suoi anonimi interni sfocati con tecnica antica, pittura e tela. Eppure l'approccio fotografico rimane spudoratamente fondamentale: Vermeer incontra il rullino fotografico. L'impresa di Richter è profondamente antimoderna, così come Andy Warhol fu un ritrattista naif. Entrambi conoscono le possibilità offerte dalla tecnologia e, non lasciandosene influenzare, offrono un prodotto totalmente indifferente ai dogmi delle ideologie. E questo nonostante la tecnologia sia solitamente legata al dogma nello stesso modo in cui un aspirapolvere lo è ai suoi molti beccucci. Richter utilizza dunque la fotografia senza rendere la cosa troppo evidente. Nessuna esaltazione per la tecnologia, piuttosto una sorta di accettazione stoica,semplicemente un altro espediente aggiunto al repertorio dei segreti dell'arte che, con anet e Degas, comincia a considerare l'occhio fotografico una strategia per trasferire il mondo esterno sulla tela. Richter aspira all'intimità della distanza. Le sue sono nature morte ancora vive. Quando Joseph Beuys stava di fronte alla macchina fotografica, al contrario, non era mai colui che realizzava la foto. Egli proiettava, attraverso la lente, la sua immagine sul negativo. Beuys è un holliwoodiano nato. Richter fa di tutto per sminuire, se non addirittura sabotare, la fotografia, che nei suoi dipinti è null'altro che pittura. La sola differenza tra l'approccio fotografico di Warhol e Richter è nel modo in cui la pellicola è sviluppata sulla tela: meccanicamente nel caso di Warhol e manualmente nel caso di Richter, il quale è un pittore di scene, di ritratti, di paesaggi, di nudi in interni domestici. La sensazione che se ne ricava rimanda a un film di Jean Luc Godard sceneggiato da Peter Handke. Nessuna discussione sull'arte tedesca del dopoguerra, per quanto breve, dovrebbe omettere una menzione di Adenauer e Willy Brandt. La risposta psicologica della Germania alla vittoria degli Alleati - e quindi il confronto con l'arte americana - fu molto diversa da quella dell'Italia, o della Francia. Sotto questo aspetto si potrebbe dire che Guttuso non ha mai frequentato lo Schumanns Bar sulla Maximilian Strasse. Polke, Baselitz, Kiefer, Penck, Lupertz, Immendorff, ciascuno in modo totalmente diverso, mostrano le stimmate della realtà tedesca della seconda guerra mondiale. Ed ecco Richter: se Kiefer è Wagner in catene, e Penck è Carl Orff sotto anfetamine, egli è un incurabile romantico, emblema del destino del postmoderno. La mostra al Centro per l'arte contemporanea di Prato, curata da Bruno Corà, non è purtroppo esaustiva del lavoro dell'artista. In essa si pone troppo l'accento su Atlas, una raccolta di cartoline e foto utilizzate dall'artista come studio preparatorio per i propri lavori. Queste ultime rivestono infatti un valore più documentativo che artistico. Per altro verso l'installazione, nel vedere in più casi accostate opere diverse nella stessa parete, non consente una buona fruizione dei singoli dipinti. La mostra costituisce tuttavia un'importante occasione per vedere in Italia l'opera di uno dei protagonisti dell'arte degli ultimi decenni.

 

 

Alan Jones
(Traduzione di Salvatore Lacagnina)

Articolo tratto dalla presentazione della mostra di Gerhard Richter tenuta al Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato e presentata nel sito Temaceleste.com

http://www.temaceleste.com/ita/archartreviews.asp?ID=87


 

FOTOBILDER
(FOTOQUADRI)

 

Gerhard Richter: 48 ritratti, 1972-1998

 

L'interesse per la tecnica fotografica, che Richter aveva coltivato in gioventù, si traduce, agli inizi degli anni Sessanta, nella realizzazione dei "Fotobilder". Essi sono copie pittoriche di scatti fotografici su cui l'artista opera un'alterazione del modello prescelto: variazioni di scala, modificazioni di particolari durante la proiezione delle foto tramite l'episcopio, sfocatura e tagli dell'immagine originale.
I "Fotobilder" nascono in un momento di crisi creativa, nel quale l'artista sceglie di agire attraverso l'atto di copiatura automatica del modello: "Un giorno, una foto di Brigitte Bardot, m'è caduta tra le mani e mi sono messo a copiarla in grigio su uno dei miei dipinti. Ne avevo le tasche piene di quella cattiva pittura e riprodurre una foto mi sembrò essere la cosa più stupida e la più antiartistica, che si potesse fare."
Le immagini fotografiche sono inizialmente desunte da quotidiani e riviste, ma in seguito, l'artista seleziona fotografie che egli stesso scatta. Entrano a far parte dell'universo figurativo dei "Fotobilder" scene di svago e di vita sociale, le automobili e i telefoni e anche i componenti della famiglia dell'artista.
La scelta pur impegnativa dei soggetti è legata ad un atteggiamento di indiscriminato interesse nei confronti della realtà. Il contrapporsi del bianco e del nero come cromatismo dominante, soprattutto nei "Fotobilder" realizzati dal 1962 al 1966, è ripreso dalle fotografie amatoriali; nel 1966, invece, Richter introduce il colore nell'opera Ema.
Scopo dell'artista è creare un dipinto che si avvicini il più possibile ai caratteri di neutralità e oggettività della fotografia. Questa prassi risponde alla necessità dell'artista di riprodurre la realtà in modo distaccato e obbiettivo, privo di qualsiasi coinvolgimento emotivo.
La realtà non è quasi mai fonte diretta d'ispirazione, poiché la fotografia si frappone ad essa nel processo pittorico. Questa mediazione della fotografia è resa necessaria dal rapporto di diffidenza che Richter ha nei confronti della percezione sensoriale della realtà esterna. Alla fotografia, dice l'artista, si crede in modo prioritario, anche quando essa risulta tecnicamente difettosa.
Onkel Rudy (1965), ad esempio, rappresenta la trasposizione in pittura di una fotografia, estratta dall'album di famiglia dell'artista. Il procedimento impersonale utilizzato, allontana l'idea di una rappresentazione sentimentale. Il personaggio raffigurato, in divisa nazista, sorride, ma lo spettatore non può che rimanere disorientato dall'ambigua contrapposizione tra quella divisa, il muro imponente e soffocante (che ricorda quello di Berlino) e l'atteggiamento rassicurante, che la figura tenta di trasmetterci.
In un'altra opera, Achtlernschwestern del 1966, Richter proietta sulla superficie della tela, in dimensioni ingrandite, l'immagine fotografica di un giornale americano, riproducente otto allieve infermiere; a differenza dei Most Wanted men di Warhol, Richter non ci presenta l'immagine di omicidi, ma di vittime assassinate. La tragicità di un episodio di cronaca è trasposto in pittura, privo della carica drammatica, che al contrario, è presente nel contesto giornalistico. In altri dipinti, come Prinz Sturdza del 1963 o in Frau Niepenberg, Klorolle e Turmspringerin del 1965, Richter altera la fotografia attraverso un processo di sfocatura dei contorni dell'immagine.
L'opera intitolata Große Sphinx von Giseh (1964) si ispira ai depliants delle agenzie di viaggio, ma l'effetto del quadro è volutamente estraniante rispetto all'atmosfera rassicurante ed invitante del modello di riferimento.
La serie delle candele (Kerze) e dei teschi (Schädel) del biennio 1982-1983 proseguono idealmente, per il tema ricorrente della morte, il ciclo di sfingi, piramidi e paesaggi egizi della metà degli anni Sessanta.
Richter alterna, nel tempo, la produzione dei "Fotobilder" ad altri cicli pittorici.

 

ATLAS

 

Gerhard Richter, The part of ATLAS, 1962-1998

Atlas è una raccolta di fotografie, collages, schizzi, che Richter ha collezionato nel corso degli anni fino all'attualità. Esso nasce nel 1969 dall'impaginazione, come in un album, di un gruppo fotografie personali, a cui successivamente si sono aggiunti collages, schizzi, provenienti dallo studio dell'artista. Una parte consistente di Atlas costituisce la base concettuale delle sue opere pittoriche, divenendo così il suo strumento privilegiato di lavoro, come nel caso di Turmspringerin I (1965), Klorolle (1965)e Acht Lernschwestern (1966) e molte altre opere.
Le foto hanno un carattere amatoriale, in quanto sono immagini regalategli da amici, tratte da riviste e quotidiani o scattate dallo stesso Richter,. I temi delle foto riproducono eventi politici, sociali e storici, ma raffigurano anche scene familiari quotidiana.
Nell'Atlas confluisce, dunque, una estrema varietà di soggetti: personaggi famosi, paesaggi, vedute di città, animali, acque, nuvole, soldati, sportivi, segretarie, coppie, infermiere, prigionieri dei campi di concentramento, foto pornografiche. Ad un'apparente mancanza di criteri selettivi, sottosta il tentativo di non conferire alle fotografie un carattere di artisticità, favorendo l'immediatezza dell'immagine amatoriale.
La prima esposizione di Atlas, presso il Museum van Hedendaagsekunst di Utrecht, risale al 1972; in quell'occasione viene pubblicato anche il primo catalogo. Nel corso degli anni Richter aggiorna di nuove immagini Atlas, che, pertanto, può essere considerato un work in progress, un'opera in continua crescita e mutamento, nella quale si rispecchia l'evoluzione degli interessi dell'artista. Atlas rappresenta, dunque, la sua biografia fotografica e al contempo una testimonianza storica.
L'esposizione di Atlas risponde a un ordine di sequenza preciso, disposto da Richter stesso che non si basa su un criterio cronologico, bensì contenutistico, e soprattutto formale. Nell'organizzare i fogli di Atlas, Richter è interessato soprattutto a superare un criterio iconografico per creare una chiara disposizione sul muro.


 

Gerhard Richter
Atlas, Abstrakte Bilder
1977-78


 

"Atlas"
ca. 1964-1995
583 panels,
Collection Dürckheim
Germany


 


 

 

Articoli tratti dalla presentazione della mostra di Gerhard Richter, a cura di Bruno Corà, tenuta presso il Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato che si è conclusa nel gennaio 2000. Per ulteriori informazioni:

 

http://www.comune.prato.it/pecci/oldmos/m33/home_i.htm


 

 

Bibliografia di riferimento:

 

Gerhard Richter - Text - Schriften und Interwiews , a cura di Hans-Ulrich Obrist. Francoforte, Insel Verlag, 1993.
Di questo volume sono state pubblicate anche le versioni in inglese e francese.

Gerhard Richter - Band I / volume I Katalog der Ausstellung/Exibition Catalogue/Catalogue. Band II / volume II Benjamin H.D.Buchloh: Essays/Essais. Band III / volume III Werkübersicht 1962-1993/Catalogue Raisonne 1963-1993. Ostfildern-Ruit, Cantz Verlag, 1993

Gerhard Richter - Meine Bilder sind klüger als ich. Un film di Viktoria von Flemming. Colonia, Dumont Video Edition, 1993.

Gerhard Richter - ATLAS der Fotos, Collagen und Skizzen . Colonia, Oktagon Verlag,1997.

Gerhard Richter 1998 - With essays by Martin Hentschel and Helmut Friedel and a catalogue raisonné of paintings from 1993 to 1998. Londra, Anthony d'Offay Gallery, 1998.

Gerhard Richter - Bilder 1999. Kaiser Wilhelm Museum, Krefeld; Colonia Verlag Buchhandlung Walther König, 2000.

Gerhard Richter - Zeichnungen 1964-1999. A cura di Dieter Schwarz. Kunstmuseum Winterthur, Düsseldorf, Richter Verlag 1999.

Gerhard Richter - Aquarelle 1964-1997. A cura di Dieter Schwarz, Düsseldorf, Richter Verlag 1999

Gerhard Richter - Abstraktes Bild 825-11. 69 Details. Con una postfazione di Hans-Ulrich Obrist. Francoforte, Insel Verlag, 1996

Gerhard Richter -128 Details from a Picture. Halifax, Press of the Nova Scotia College of Art and Design, 1978.

Gerhard Richter - 66 Zeichnungen . Halifax, Press of the Nova Scotia College of Art and Design, 1978.

Gerhard Richter - A cura di B.Corà. Centro per l'Arte Contemporanea, Luigi Pecci, Prato. Prato, Gli Ori, 1999.

 

 

 

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