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La Repubblica

20 dicembre 2001

 

 

Da un articolo del quotidiano "La Repubblica", a firma di Sarah Boxer, un interessante intervento dell'artista Hockney sul rapporto tra pittura e fotografia

 

E' iniziata come una questione personale e lo è rimasta. Tre anni fa 1'artista David Hockney si accorse che non riusciva a disegnare come Ingres, e quel che è peggio, pensava che Andy Warhol ci riuscisse, creando con mano sicura, veloce e decisa opere che avevano la fredda certezza di una fotografia. C'era un motivo: Warhol ricalcava le fotografie.

Da questa irritante osservazione, Hockney ha derivato un nuova teoria riferita all'arte e all'ottica: intorno al 1430, lungi da ogni possibile sospetto, ci furono artisti che iniziarono ad utilizzare segretamente strumenti simili alle componenti della macchina fotografica, tra cui lenti, specchio concavo e camera oscura, per dare più realismo ai loro dipinti. La lista di Hockney include van Eyck, Caravaggio, Lotto, Vermeer e naturalmente lo straordinario Ingres.


Tutti, secondo Hockney, conoscevano la proiezione fotografica, la magia di riportare un mondo tridimensionale su una superficie a due dimensioni, e non resistettero alla tentazione. Ecco la teoria che Hockney e il suo consulente scientifico, Charles Faico, docente di scienze ottiche all'Università dell'Arizona, hanno sottoposto al giudizio di un comitato di esperti ad un simposio organizzato dal New York Institute for the Humanities, e intitolato «Arte ed ottica: verso una valutazione delle teorie di David Hockney circa 1'impiego di strumenti ottici nella pittura occidentale degli ultimi sei secoli».

L'auditorium della New York University era stracolmo, gente in coda all'ingresso, tanto che il moderatore, Lawrence Weschler, il primo a pubblicizzare sul New Yorker la teoria di Hockney, per richiamare all'ordine la platea era costretto a battere a terra la stampella che aveva con se per una lesione muscolare. Hockney e Falco innanzitutto hanno proiettato un documentario di 75 minuti a presentazione della loro teoria. II filmato non portava prove documentali dell'uso da parte degli artisti di strumenti ottici, si limitava ad indicare le caratteristiche dei dipinti che ne tradivano 1'utilizzo.


 

Albrecht Durer - Artista che dipinge, Xilografia, 1525


 

 

I quadri «sospetti» risultavano troppo precis; e naturali per essere semplice frutto di osservazione dal vero e di un disegno a mano libera. Le armature, gli occhi, i liuti e gli abiti sono riprodotti con troppo realismo, sui volti è catturata 1'espressione di un momento.Ma i dipinti rivelano anche imiprecisioni, particolari non perfettamente a fuoco, proprio come le fotografie. Oppure si notano elementi che non combaciano perfettamente, come se l'artista avesse piu volte rimesso a fuoco le lenti per catturare particolari diversi dell'immagine. Alcuni quadri, che sembrano dipinti da un mancino ubriaco, rivelerebbero 1'utilizzo di una lente inversa. Ci sono poi casi in cui gli strumenti ottici appaiono nel quadro stesso, come nell'opera di van Eyck, "I coniugi Arnolfini" in cui è rappresentato uno specchio convesso, il cui lato concavo avrebbe potuto servire da lente per proiettare 1'immagine su una superficie piatta.

Hockney non accusa gli artisti di truffa, gli strumenti ottici, dice, non creano un'opera d'arte. Lenti, specchi e camera oscura non sono che strumenti a servizio dell'artista. II punto è che sono stati utilizzati molto prima di quanto si potesse pensare. Secondo Hockney esiste un filo diretto tra l'ossessione di van Eyck per la proiezione delle immagini e la conquista del mondo da parte della televisione.

Se gli storici dell'arte si fossero presi la briga di studiare ottica, ha aggiunto Falco, avrebbero raggiunto queste conclusioni già da decenni. Ma gli storici dell'arte non sono rimasti a guardare. Keith Kristiansen, uno dei curatori del Metropolitan Museum of Art, ha letto una lettera aperta a Hockney in cui racconta di essere andato a comprare uno specchio concavo e di averlo provato. Risultato: la proiezione ottenuta non è stata abbastanza chiara da poterne trarre un disegno decente. Inoltre, ha aggiunto, ci sono prove in abbondanza a dimostrare che artisti come Michelangelo,Raffaello e Caravaggio non avevano alcun bisogno di affidarsi a im-
magini capovolte, ma tracciavano schizzi preparatori.

Anche Susan Sontag ha detto la sua sull'argomento. Secondo la scrittrice, sostenere che non ci siano stati grandi pittori prima dell'awento degli strumenti ottici e come dire che non ci sono stati grandi amatori prima del Viagra.Benchè britannico, Hockney «ragiona all'americana». Dire che esiste un filo diretto da van Eyck alla televisione significa utilizzare l'attuale cultura visuale di massa come una lente attraverso cui esaminare il passato. Hocney rappresenta, secondo la Sontag una «Wahrolizzazione dell'arte».

Linda Nochlin, docente di arte moderna presso 1'Istituto di Belle Arti, ha scelto una mossa ad effetto per contestare la teoria di Hockney. A dimostrazione che un artista può riprodurre la fantasia di un tessuto senza 1'ausilio di strumenti ottici ha fatto portare in aula il suo abito da sposa, a belli blu su fondo bianco e poi il ritratto nuziale, opera di Philip Pearlstein, famoso ritrattista dal vero. «Ecco,questa per me e una prova scientifica», ha aggiunto.

E' stato poi David Stork, a raccogliere il guanto lanciato da Hockney. II professore di informatica della Stanford University ha preso in esame lo specchio convesso del ritratto dei coniugi Arnolflni ed ha affermato che è troppo piccolo per assolvere alla
funzione ipotizzata da Hockney.Per evidenziare l'immagine di Arnolfini, della moglie e del cane ne sarebbe servito uno ricavato da una sfera del diametro di due metri. Non solo, se van Eyck avesse utilizzato la lente in una camera oscura, avrebbe dovuto dipingere l'immagine al contrario. C'e poi il problema della luce: 1'immagine proiettata nella camera oscura sarebbe stata troppo debole. «Per riprodurre le condizioni di un interno in una giornata grigia a Bruges ci sarebbero volute centinaia di candele e, ammesso che l'artista fosse riuscito ad evitare il rischio di incendio, i colori sarebbero risultati comunque falsati».


 

Giovanni Bellini - Il doge L.Loredan, 1501/5 (particolare)


 

Si sono però levate alcune voci anche a favore della tesi di Hockney. Gary Tintcrow, curatore del Metropolitan Museum ha indicato che era possibile che Ingres in qualche occasione avesse ricalcato i suoi disegni. John Spike, studioso di Caravaggio, ha fatto notare che nel 1672 un critico descriveva un'attrezzatura nello studio del pittore che avrebbe potuto essere una camera oscura. Ha poi raccontato che mentre osservava insieme a Hockney un dipinto del Caravaggio esposto a Londra, un uomo anziano, francese, si avvicinò al dipinto e comincib a criticarlo sostenendo che era troppo simile ad una fotografia.

Scoprì in seguito che quel tipo strano altri non era che Henry Cartier-Bresson. Poi è stata la volta degli esperti di Vermeer. Philip Steadman, architetto, autore di un saggio che sostiene le intenzioni fotografiche di Vermeer, ha detto che i dipinti dell'artista olandese contengono riproduzioni perfette di oggetti di arredamento, sedie con schienali intagliati, quadri, mattonelle, strumenti musicali, persino le travi del soffitto. In sei dipinti viene rappresentata la stessa stanza vista da angolazioni diverse e tutti sono stati eseguiti su tele della stessa dimensione. Perche? Secondo Steadman 1'artista avrebbe ricalcato immagini create nelle camera oscura.Wakter Liedtke, del Metropolitan Museum, anch'egli esperto di Vermeer, ha dissentito. Pur non
contestando un ipotetico interesse dell'aitista circa gli effetti della camera oscura, sostiene di avere le prove che le stanze dipinte da Vermeer erano frutto di «pura invenzione». Secondo lui 1'artista «se ne fregava della fisica».Steadman, di rimando, ha accusato Liedtke di «Mimesifobia», il timore patologico dell'imitazione pedissequa.

Ma che c'è di cui avere timore? Molto, secondo Nica Gutman, sovrintendente a varie mostre, tra cui quella di Eakins presso il Philadelphia Museum of Art. Molti artisti proverebbero vergogna se saltasse fuori che utilizzano fotografie. Prendiamo Eakins e il suo quadro "Rammendando la rete".Tutte le figure e 1'albero, secondo la Gutman, sono identiche ad una fotografia.» Eakins le ha proiettate da una fotografia sulla tela e le ha ricalcate. L'autore ha fatto di tutto per nasconderlo e,dopo al sua morte, anche la vedova ha mentito a questo proposito.

Oggi gli artisti nascondono ancora 1'utilizzo di trucchi ottici?Alcuni si, altri semplicemente non possono. Come Chuck Close. I suoi quadri sono innegabilmente basati su fotografie. Un bambino in visita con la classe al suo studio gli ha chiesto se sapesse anche disegnare, oltre a copiare foto, e quando Close gli ha disegnato Topolino è rimasto a bocca aperta.Pearlstein, 1'autore del ritratto di nozze della Nochlin, ha detto che dipinge persone e paesaggi dal vero, ma che non lo disturba più di tanto essere talvolta scambiato per un realista fotografico.«Non è una questione morale ma semplicemente stilistica». Questione morale o meno, Svetlana Alpers, professore emerito presso1'Università di California a Berkeley, ha ipotizzato che 1'intento di Hockney, che spesso ha usato fotografie nel suo lavoro, fosse quel-
lo di liberalizzare 1'uso dell'obiettivo». Se lo hanno fatto i grandi maestri del passato, possiamo farlo anche noi.Rosalind Krauss, docente di arte moderna alla Columbia University, contesta il punto di partenza della tesi di Hockney. Dire che non c'e differenza tra il modo di disegnare di Ingres e di Wahrol è sbagliato. Le linee di Ingres si gonfiano e si restringono, quelle di Warhol sono «molli, inerti e hanno ovunque la stessa ampiezza»,1'essenza della tecnologia.In conclusione, Close ha detto: «Ora so che gli scienziati possono essere noiosi almeno quanto gli storici dell'arte». Weschler ha gettato via la stampella al grido di «Sono guarito!».Quanto a Hockney, si è limitato ad un «Ho imparato un po' di cose, ma adesso torno al mio studio».

 

Fine

 

 

(traduzione di Emilia Benghi)
Copyright New York Times News
Service per I'ltalia/la Repubblica

 

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