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Le innovazioni
tecnologiche stanno trasformando la videoarte: le videoproiezioni stanno
assumendo proporzioni cinematografiche, la tecnologia digitale permette
ai creatori di portare l'immaginario video su strade sempre più
complesse e Internet fornisce agli artisti nuovi spazi e nuovo pubblico
per il loro lavoro. La rassegna Video Primer, cinque lavori programmati
consecutivamente lungo l'arco di un intero anno, si svolge all' Art Gallery
dell'Ontario (Canada) dal 7 aprile 2001 al 24 marzo 2002, con l'intento
di esplorare l'affascinante evoluzione dei nuovi media. I temi affrontati
- media, televisione, storie personali, parodie e linguaggio - sono i
soggetti che fin dalle origini hanno visto impegnati i videoartisti; infatti
la serie comprende i lavori dei pionieri del video così come le
esperienze più significative delle generazioni successive. I lavori
cercano di circoscrivere le loro potenzialità a tutto cio' che
puo' esser visto con l'uso di monitor, videoregistratore e videocassetta,
come in un qualsiasi impianto domestico di home-video. Da questo comune
punto di partenza, Video Primer sollecita i visitatori ad approfondire
l'evoluzione dei concetti e dei metodi artistici lungo la trentennale
storia dei media.
Mike Hoolboom, Hey Madonna (1997) Mary Kanuk, Aqtuqsi (1996) Colin Campbell, Culver City Limits (1977) Benny Nemerofsky Ramsay, Je Changerais dAvis (2000) Videoplace/videonight Fino al 17/11/2001 E' una rassegna video suddivisa in tre sezioni (Made in America, Schermaglie, Present Continuous) proposta dalla sezione Didattica del Palazzo delle Papesse di Siena e presentata ai Mercati Generali di Catania. La rassegna propone una serie di artisti il cui lavoro si rivolge all'indagine dei rapporti sociali e familiari, o l'indagine, a volte sperimentale, sui linguaggi visivi.
Da parecchi
anni oramai si assiste ad una fitta serie di mostre e rassegne internazionali
di VideoArte organizzate da enti pubblici, gallerie, associazioni, teatri,
scuole e singoli ricercatori all'insegna del mutamento in corso nel mondo
dell'arte e della cultura "visuale" dei nostri tempi.
In queste "mostre" le opere d'arte sono costruite utilizzando il linguaggio del video come denominatore comune e sono create da autori di varia provenienza artistica che usano appunto le immagini video e i monitor come mezzo specifico di espressione, sebbene in modi diversi e con diverse autonomie di linguaggio: c'è il videoteatro, la video-poesia, la computer-art, la video-performance, programmi per videoinstallazioni e videoambienti, nonché un nuovo modo di concepire l'informazione, la catalogazione e l'archiviazione che va sotto la denominazione di "nuova documentazione", sino alla creatività applicata alla realizzazione di siti elettronici da parte dei recenti web-designers. Rassegne del genere naturalmente se ne ritrovano sparse un po' dappertutto, sia in Italia che soprattutto all'estero, anche perché spesso si tratta di presentare materiali che circuitano proprio grazie a gallerie e collezioni private che fanno delle VideoArti il loro fiore all'occhiello e mettono i loro archivi a disposizione degli organizzatori, siano essi strutture pubbliche o associazioni culturali. Ad affrontare il discorso della videoarte si ritrovano spesso artisti giovani del mezzo elettronico ed altri già conosciuti che magari coltivano contemporaneamente altri settori del vasto mondo delle arti visuali: le rassegne sono spesso perciò un momento di confronto che serve ad evidenziare linee di demarcazione già esistenti, ma fondamentali per una conoscenza critica e di orientamento, sia per il pubblico degli addetti ai lavori che per chi vuole curiosare tra queste affascinanti "metamorfosi della visione" create dai ricercatori contemporanei. Il video, come qualsiasi altra arte prevalentemente visiva, ha davanti a sé il denominatore comune dell'immagine che tutti credono di tenere fermamente in pugno mentre essa è contemporaneamente in molti luoghi, sempre contaminata ed interagente in un costante rapporto di spazio-tempo-luce. Le videoarti danno spesso la sensazione che le immagini, anche quando sono esattamente riprodotte dalle macchine elettroniche (dai monitor), talvolta si nascondano all'interpretazione, diventino ambigue e sfuggenti, sia quando sono lente e al ralentì che quando sono talmente veloci che un attimo dopo sono già andate molto lontano.
Questo perché la tecnologia elettronica è ormai presente quotidianamente, direttamente o indirettamente, nella nostra vita come nell'espressione creativa: il problema dell'arte, semmai, è costituito proprio dalla sua forza poetica che non può essere solo spettacolarità estetica, ma anche contenitore di elementi della memoria collettiva, poetica utopia che si concretizza nell'opera. La civiltà del network informatico, dell'interattività e della comunicazione via satellite segna il passaggio epocale dell'era elettronica. Trent'anni dopo l'inizio delle prime esperienze di videoarte si registra un totale capovolgimento di obiettivi, metodi, valori nel rapporto tra arte e tecnologia, che dall'era televisiva approda a quella telematica. Ma le videoarti, almeno da quanto si può constatare nelle diverse iniziative degli ultimi anni, sono provviste di un grande senso di libertà, possono effettivamente ricominciare sempre da zero. Le scelte degli operatori, fin qui registrate, rispondono all'esigenza di offrire una panoramica, sia pur sintetica, delle ricerche attuali accomunate dalla "interazione" tra arti visive ed elettronica (analogica e digitale), con sconfinamenti nella sperimentazione multimediale, tra scultura, architettura, cinema, teatro, fotografia e musica.
Anche se esiste da più di trent'anni, insomma, è come se la videoarte dovesse fare la sua prima comparsa nella sala-parto dell'arte. Il bambino che nascerà si può però dire che sia sempre esistito perché il linguaggio video (e le video-installazioni) si pongono spesso come antitesi, provocazione, per innescare un contraddittorio nella dialettica tra vecchio e nuovo: linguaggi, modi di operare, supporti, strumenti. Dal super-8 all'animazione, dall'approccio "povero" alle elaborazioni digitali più sofisticate, nelle sue molteplici possibilità espressive il video si conferma anche in Italia come uno dei mezzi più flessibili e adatti a dar voce e a rendere visibile la complessità del contemporaneo. Nel senso che oggi è abbondantemente scaduto un ordine fondato sulla logica dei "limiti" e si è aperto un immaginario della "mancanza della fine": non si dicono più solo cose diverse nella stessa lingua, ma finalmente si parlano linguaggi in continua mutazione. È così che anche gli incontri fra le diverse forme artistiche non si rappresentano più in quella specie di esperanto alchemico che era la "contaminazione", ma si raccontano nella lingua sintetica delle sinergie mutazionali o della "drammaturgia delle arti", sessanta'anni dopo il Finnegan's Wake di Joyce. Diceva Orson Welles che le tecniche e le tecnologie non sono che meccanismi spregevoli: vanno vissuti in ogni loro potenzialità energetica, ma comunque quello che conta è la poesia che li sostiene. Credo che anche per noi - che pure viviamo le VideoArti non come mezzo ma soprattutto come concreto linguaggio simbolico e transitorio -, al di là delle forme quello che conta è sempre e comunque la capacità dell'arte di scoprire altri punti di vista e progettare altri universi possibili. Massimo Zanasi Giappone - Ogaki City - Softopia Japan Center
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