PARIS DANS LE BISTROT

La vita dei cabaret e bistrot parigini

fra '800 e '900

Chi lo vuole di origine cosacca, chi lo pretende francese, il nome bistrot è legato comunque alla cultura parigina, alle sue tradizioni, ai suoi costumi. Presto, presto! Bistro, bistro! sarebbe stato il mutuo incitamento dei cosacchi giunti a Parigi, il sollecito a precipitarsi in ogni occasione in un qualsiasi ristoro. Il termine sarebbe stato acquisito dai parigini. Ma il Dictionnaire de Paris di Larousse non è d’accordo e allora, nelle sue molteplici mutazioni linguistiche o dialettali (mastroquet, listroquet, listroque, troquet, bistroquet e finalmente in argot bistro, con o senza la t e la s plurale, altro oggetto del contendere) la parola bistrot sarebbe perciò di origine parigina, luogo del bere, del degustare ogni sorta di bevanda con principi alcolici. Insomma, conoscendo i nostri amici, il luogo sacro di Bacco e dei suoi piaceri gestiti da un bistrotiet e da una bistrote. Di fatto taverne e cabarets esistono ancor prima dei bistrots e dei cafés a testimonianza delle sane abitudini dei bevitori e dei nottambuli Qui bistrot significò tante cose: luogo di ristoro e di piacere della gola e non solo, luogo di riunioni politiche, di approdo di provinciali, di espatriati, immigrati, luogo di incontro di corporazioni, di artisti, letterati, attori e saltimbanchi, teatro delle feste, di giochi e di spettacoli, di balli... Ma soprattutto tempio del buon vino o di un buon caffè accompagnati da cibo e da un palato sempre pronto. Di fatto il bistrot ha auto nel tempo una propria metamorfosi che lo ha portato ad accogliere all’origine un buon vino e poi un buon caffè e quindi ogni altra sorta di bevanda e di cibo. Per cui nei secoli ha mutato pelle e avventori a seconda degli eventi storici e sociali, ha cambiato alcune abitudini, adattando ai tempi il proprio linguaggio. Con il tempo i locali parigini divennero anche luoghi di incontri eleganti e raffinati, luoghi dove si giocava la sorte politica della città, si pensi al celebre Café Procope (oggi divenuto ristorante), teatro della Rivoluzione francese o a quei locali che gli artisti iscrissero nella storia della cultura francese con la propria frequentazione: si pensi al Cafè Flore o ai Deux Magots di sartriana memoria. E prima ancora si pensi alla Belle Epoque a tutti i cabarets di Montmartre: Le Chat Noir in testa, ma anche La Vache Enragée, Le Lapin Agile, L’Auberge du Clou, La Lune Rousse... o ai cafés théâtre o ai cafés spectacle del tipo Casino de Paris Le Bal Bullier, La Closerie des Lilas, dove oltre a bere e mangiare, l’uomo di mondo consumava la vista dietro due gambine frenetiche all’aria di un Can Can. Dopo la guerra del 1870, solo il nome de La Closerie des Lilas poteva evocare ancora ore di gioie e godimenti. Inizialmente una sala da ballo era sorta nell’avenue d’Enfer, i balli erano protetti da una tenda assai grande. Il Bullier, nel 1847, acquistò insieme ad un’altra sala Le Prado e anch’esso sorpravvisse alla guerra. Ma non superò la guerre del Novecento, per cui chiuse definitivamente nel 1939. La Closerie des Lilas, anch’essa oggi non rispecchia più i fasti e le abitudini d’un tempo, è divenuta un ristorante caro e alla moda.

Si pensi anche al più vicino Café de la Paix o alle più recenti caves della rive gauche, dove la voce roca e sensuale di Giuliette Greco creava l’emozione di una trasgressione intellettuale. Oggi quasi tutti questi locali non esistono più o hanno cambiato ruolo. Anche le guinguettes, le balere-bettole, d’un tempo non esistono più se non nella memoria di una canzoncina del 1934: "La guinguette a fermé ses volets..."Non vi resta che andare per bistrots, abbandonandovi un po' alla gola e un po' all’ebbrezza... Ivresse oblige! N’est-ce-pas?

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