Strumenti musicali del Sud-Italia

 

 

 

 

Il Tamburo

 


 

 

 


É lo strumento principe della tradizione campana. Viene detto "tammurro" o "tammorra" e differisce, come vedremo, dallo stesso tamburello napoletano comunemente noto.

Il "tammurro" o "tammorra", consiste in un cerchio d'asse ri­coperto da una pelle ben tesa. Il suo diametro varia approssimati­vamente dai 35 ai 60 centimetri. L'asse che compone il cerchio ha un'altezza di circa 12 o 15 centimetri ed è bucato tutt'intorno di nicchie rettangolari, dove vengono collocati dei sonagli ricavati da vecchie scatole di latta. Tali sonagli sono detti "'e cicere" op­pure "'e cimbale" (i cembali).

Lo strumento viene suonato impugnando dal basso l'asse del tamburo con la mano sinistra, e percuotendo la pelle con la de­stra.tale modo di suonare è detto "maschile" ed infatti quasi sem­pre, gli uomini così lo suonano. Ovviamente poi, il modo di impu­gnare lo strumento a destra e suonano battendolo con la sinistra è detto "femminile".

 

Tale differenza non è sempre denunciata, ma il fatto che in molti casi essa venga sottolineata da alcuni suonatori (che poi ri­sultano essere i migliori), dimostra ancora la resistenza nella tra­dizione di una vecchia concezione comune a diverse culture, dove si dà al lato destro dell'individuo una ideutità "maschile" e al lato sinistro una identità "femminile". In tal senso l'individuo, spe­cialmente nel momento rituale, si mostra naturalmente "dop­pio".

 

A tale proposito, spesso i veri virtuosi di questo strumento, an­che se uomini, suonano lo strumento "a sinistra , cioe in modo "femminile", confermando così la componente del rovesciamen­to dei segni nel rituale.

La tecnica per suonare tale strumento è molto complessa e ri­chiede innanzitutto qualità musicali e ritmiche non comuni. Di poi richiede una resistenza fisica notevole, in quanto lo strumento va suonato per ore intere senza cedere minimamente nella costan­za del ritmo.

La prima difficoltà consiste nel sapere equilibrare il peso del tamburo tra le due mani in modo che il suo movimento non pesi eccessivamente solo su un braccio.

La mano che regge lo strumento ha un costante movimento di polso che permette ai sonagli di suonare ritmicamente in accordo coi colpi battuti dall'altra mano.

La mano che percuote la pelle, alterna colpi dati con tutto il palmo a colpi dati con la punta delle dita e ad altri battuti dalla parte più carnosa e bassa, lì dove è il dito pollice.

 

I colpi dati al centro dello strumento, producono un suono più cupo e grosso. Quelli dati verso i bordi, suoni più chiari e meno rimbombanti.

Parlare ora minuziosamente dei movimenti fisici è un discorso ozioso, in quanto esistono molte tecniche di movimento per suo­nare tale strumento. Si tenga poi presente che ogni suonatore ha una sua maniera di equilibrarsi con il suo tamburo. In questo sen­so, pur rispettando i ritmi tradizionali, ognuno si costruisce una sua tecnica alla quale partecipa tutto il fisico.

 

 

 

Il tamburello napoletano (conosciuto anche come tamburello basco), ha innanzitutto un diametro minore. Ugualmente minore è l'altezza dell'asse, che non supera i 7 centimetri. I sonagli non sono di latta ma di ottone lavorato e producono un suono più me­tallico e stridente di quelli della "tammorra".

Differente è anche la tecnica meno faticosa, data la minore pe­santezza dello strumento.

Particolare della tecnica è il "trillo" che si esegue inumidendo con la saliva il dito pollice e facendolo strisciare sulla pelle, lungo i bordi dello strumento. In tal modo la pelle entra in vibrazione e, facendo scuotere velocemente i sonagli, produce appunto un ef­fetto di "trillo".

 

Le castagnette


 

 


Col nome di "castagnette" si designano in Campania le nacche­re che di solito impugnano i danzatori per scandire il tempo del ballo. Sono composte di due parti concave di legno, le quali sono unite da un pezzo di cordone che attraversa le orecchiette superiori delle due parti. Il cordoncino che le regge viene fissato fra le dita, permettendo il battito delle due parti che producono un suono secco.Come per il tamburo, in varie zone della Campania si fa tuttora differenza tra una castagnetta "maschio" e la castagnetta "fém­mina”, la "femmina" viene impugnata a sinistra e la "maschio" a destra.

A Montemarano tale differenza è accentuata da incisioni prati­cate all'interno delle due parti dello strumento, e tali incisioni si riferiscono a espliciti segni sessuali differenti.

 

 


Il Putipu

 

 


Il putipù detto anche "caccavella", è una pentola di terracotta o una vecchia scatola tonda di latta, ricoperta da una pelle. Al centro di questa pelle è legata l'estremita di una canna e tale lega-mento si prafica prima che la stessa pelle venga fissata sulla pen­tola o sulla scatola. Il suono viene prodotto inumidendo la mano e facendola scor­rerelungo la canna. Lo sfregamento produce delle vibrazioni nel­la pelle che vengono ingigantite dalla sottostante pentola o scatola tonda che fa da cassa armonica.

 

 

 

La tromba degli zingari

 

 


 

 


Così è chiamato in Campania lo "scacciapensieri", altrove det­to anche "marranzano"

Consiste in un pezzo curvo di metallo con una linguetta centra­le di rame o spesso anche di argento.

Si poggia tra i denti e con la mano destra si fa oscillare la lin­guetta centrale. La diversa apertura della bocca produce suoni più altio più bassi, mentre è la cavita orale e quella cranica a fare da naturale cassa armonica e così permettere l'ingigantimento dei suoni.

 

 

Il tricchebballacche o triccabballacche

 


 

 

 


È composto di tre martelletti di legno fissati in basso in una scanalatura di una base ugualmente di legno. Il martello centrale è fisso, mentre i laterali sono snodati all'e­stremita inferiore, li dove poggiano alla base. Lo strumento viene suonato impùgnando nelle due mani i mar­telletti laterali e battendoli a quello centrale fisso.

 

 


 


La chitarra battente

 

È una particolare chitarra con la cassa più alta della normale e con il fondo bombato anziché piatto.

L'accordatura è particolarissima in quanto tale strumento pre­~de solo corde alte ed esclude le basse. In tal modo, le cinque corde non oltrepassano tra di loro l'intervallo di una sesta.

L'accordatura tipica è questa:

       

prima corda è un "mi" come nelle normali chitarre

La seconda è un "si" al di sotto di una quarta del "mi"

La terza è un "sol" sempre al di sotto del "mi"

La quarta è un "re" alla distanza di un grado dal "mi"

La quinta è un "la" alla distanza di una quinta sotto il "mi" In tale modo, come si vede, le ultime due corde sono della stes­sa altezza delle prime ed è questa caratteristica a produrre una forza di armonici e di oscillazioni di suono che la chitarra norma­le non ha.

L'accordatura suddetta poi, è da intendersi variabile, in quanto ogni cantatore regola tale accordatura secondo i pezzi che deve eseguire e secondo le sue possibilità vocali. Purtuttavia, il cambio di accordatura si riferisce solo all'altezza dei suoni, mentre il rap­porto tra le varie corde rimane rigorosamente legato al modello esposto.

Talora inoltre, la terza corda (il "sol") è eliminata, e allora tut­ta l'accordatura si restringe nell'ambito di una quinta.

Infine è da dire che tale chitarra ha spesso anche doppie corde, il che ne aumenta la sonorità.

La chitarra battente, una volta diffusissima in Campania, è oggi quasi scomparsa nella tradizione, rimanendo presente solo in po­che zone del Cilento.

 

 

 

Per un maggiore approfondimento leggete

“ CANTI E TRADIZIONI POPOLARI “ di Roberto De Simone

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