GENNAIO
2000 |
hermes |
pagina 5 |
GRECIA NASCOSTA
Una
Grecia tutta da scoprire
di Tiziana Pierleoni
Non è la Grecia conosciuta
che vi voglio proporre, non è Delfi o il Parnaso, l’Olimpo o il Partenone. E’
la Grecia nascosta, quella che nessuno (o quasi) conosce. Quella che incontri
attraversando strade isolate, fuori dalle rotte turistiche. Quella che scopri
per caso, attraversando montagne e campagne, percorrendo centinaia di
chilometri senza incontrare nessuno. Gli unici abitanti sono solo le capre che
pascolano indisturbate in libertà e che puoi incontrare anche sulle strade.
Questa è forse la Grecia più
interessante!
Era ormai sera e dopo aver percorso
diverse centinaia di chilometri, la necessità di fermarsi e riposare in un
campeggio si faceva impellente. Decidiamo di fermarci nei pressi di Korinthos.
Ma proprio in un piazzale accanto all’ingresso del campeggio vediamo uno scavo
archeologico in corso. La curiosità è tanta, quindi una volta sistemato il
camper, prima che faccia buio, andiamo a curiosare.
Con notevole difficoltà cerco di farmi
capire da due signori che parlano greco e inglese, chiedendo di che scavo si
trattasse. Rispondono che la mattina seguente avrei trovato l'archeologa
responsabile e che "guarda caso" parlava l'italiano. Molti greci
vengono a studiare in Italia e ne ho avuto la conferma il giorno dopo. Infatti,
l'archeologa parlava un ottimo italiano avendo conseguito la laurea
all'Università di Bari. Parlando le spiego che sono un'appassionata
d'archeologia, che faccio parte di un gruppo di volontari nella zona di
Cerveteri (Etruscan Peoples!) e che volevo informazioni sullo scavo che stavano
eseguendo.
L'archeologa mi spiega che la scoperta di
quest’insediamento risalente al V°-VI° secolo A.C. è stata del tutto casuale. I
proprietari del terreno avevano inziato i lavori per mettere in posa dei tubi
per l’acqua. Da qui la scoperta; una casa con molteplici stanze, fra cui una,
probabilmente adibita a dispensa, dove era presente un grande pithos collocato al centro della stessa
ed ancora in ottime condizioni. Moltissimi i frammenti rinvenuti di vasi in
ceramica, pasta vitrea dai colori giallo, ocra e blu, tegole e tubi ad incastro
usati come condotto per l'acqua. Lo scavo è ancora in corso e chissà quanti
altri oggetti verranno ancora alla luce. Purtroppo dobbiamo ripartire perché il
nostro viaggio deve continuare. Salutiamo tutti e con un po' di dispiacere ci
congediamo.
La nostra rotta è verso Nord.
Percorriamo l'autostrada che da Korinthos passa
per Athina, procede verso Larissa, per terminare a Thessaloniki. 950 Km.
d'autostrada (chiamiamola così!) in perenne costruzione. I cantieri si
susseguono su tutto il tragitto ed è ormai usuale incontrare frequentemente
interruzioni di carreggiata perché durante i lavori vengono alla luce nuovi
reperti archeologici. Si riconoscono all'istante: ben organizzate, squadre
d'archeologi installano grossi tendoni od ombrelloni bianchi per lavorare senza
problemi sotto il sole cocente d'agosto.
Niente passa inosservato, niente è lasciato
allo stato d'abbandono: ove possibile tutto è riportato alla luce, restaurato e
visibile dal turista di passaggio.
Giunti a Thessaloniki ci dirigiamo verso la penisola della Chalkidiki dove ci fermiamo per qualche settimana. Al ritorno decidiamo di percorrere una strada mai percorsa a Nord della Grecia. Attraversando una zona di montagna fra Veria, Kozani e Joannina incontriamo un'altro grande scavo archeologico. Purtroppo non c'è nessuno ma decidiamo di fermarci comunque. Lo scavo è molto vasto ed a prima vista la struttura delinea una costruzione con tantissime stanze. Da una prima ricognizione scopriamo che in alcune stanze sono accatastate centinaia di tegole e mattoni. Chissà forse qui le producevano, forse si trattava di una fornace. Ed infatti proseguendo il nostro giro troviamo una zona dove sono presenti due forni, uno piccolo ed uno grande, a forma di tronco di cono, con un'apertura di lato, che permetteva l'ingresso della legna o del carbone da ardere, una colonnina al centro che sorreggeva la parte superiore, che era dotata di fori per la fuoriuscita del calore.
Su questa superficie erano poggiati i mattoni e le tegole per essere cotti. I forni erano realizzati completamente in pietra.
Ma la cosa che più mi ha stupita è il metodo di
scavo che è stato utilizzato in questo sito: elaborato da Sir Mortimer Wheeler e Kathleen Kenyon
negli anni tra il 1930 e il 1950, prevede una forma particolare di scavo per "saggi" di piccole e medie
dimensioni.Con questo sistema vengono scavati saggi di forma quadrata, posti
regolarmente l'uno accanto all'altro a formare un reticolo (o scacchiera) e
separati da settori di terreno. Il vantaggio di questo scavo, a suo tempo
introdotto, dava la possibilità di condurre una rigorosa analisi stratigrafica la cui lettura avveniva sui settori lasciati
come testimonianza della stratigrafia scavata.
Infatti sulle pareti verticali erano stati
individuati e catalogati i vari strati rinvenuti durante lo scavo.
Questo metodo non è però esente da limiti: i
settori possono nascondere al loro interno importanti informazioni stratigrafiche
non visibili ed inoltre impediscono una visione d'insieme delle superfici che
via via si vanno portando alla luce.
Il metodo che invece viene usato più
comunemente è definito "per grandi
aree". Non prevede alcun diaframma all'interno dell'area di scavo e la
stessa è determinata dalla stratificazione.
Quindi si tende a scavare tutta l'area
o il monumento contemporaneamente e nella sua integrità. Questo può avvenire
per siti di dimensioni modeste, mentre per altri casi si ricorre ad una campionatura
delle aree da scavare. La strategia delle grandi aree consente di individuare,
documentare e scavare nella loro integrità, od in porzioni significative, tutti
gli elementi che costituiscono la stratificazione. Ed infatti, proseguendo il
nostro viaggio verso Iogumenitsa, ci imbattiamo in due cantieri, all'interno
del centro abitato, dove è stato utilizzato il secondo metodo di scavo. La
curiosità è tanta ed è impossibile non fermarsi. Anche qui un gruppo di operai
è al lavoro; uno di loro pare conoscermi: "Sei italiana? Vieni, vieni
pure!". In Grecia è uso dire "Una faccia, una razza": anche se
non ti conoscono è così evidente che basta che ti guardino. Mi avvicino,
saluto, chiedo informazioni sullo scavo ed anche in questo caso l'archeologa
parla italiano anche se non ha studiato in Italia. Il
sito è situato in un lotto dove
avrebbero dovuto costruire un palazzo, ma quando è cominciato lo scavo è stato
rinvenuto il vecchio villaggio dei pescatori d'Igoumenitsa risalente al periodo
post romano del 200 d.C. E' ancora presto per delineare bene la struttura
dell'area, anche perché tutta la zona è allagata da acqua dolce che sgorga da
una falda sotterranea inspiegabile per quella zona. Lavorano in condizioni
disagiate visto il sole cocente, i 34°C e gli stivaloni di gomma che devono
indossare. Li saluto perché purtroppo il nostro viaggio è terminato. Questa
sera ci attende la nave che ci riporterà in Italia. Ma nel nostro cuore
rimarranno i ricordi dell'aria di familiarità che si respira continuamente ad
ogni persona conosciuta e delle forti emozioni che ti trasmette nelle immagini
ad ogni angolo e ad ogni veduta.
A presto GRECIA!