Thomas Hobbes

“Il Leviatano”

L'assolutismo oltre lo stato di natura

Molti studiosi hanno considerato Hobbes come un fotografo del suo tempo: egli è stato, infatti, testimone di un periodo estremamente drammatico; vive gli anni dell’assolutismo, della guerra civile, delle lotte di religione. Hobbes è il massimo teorico dell’assolutismo, cioè della forma storica da cui si sviluppò tra il 500 e il 600 lo Stato moderno, prendendo forma dalla crisi della società medievale. Questo tipo di società era frammentaria verso il basso e universale e indipendente verso l’alto. Da qui si sviluppa lo stato moderno, come l’unificazione verso il basso e la emancipazione verso l’alto.

In questo modo Hobbes, in netta antitesi con il pensiero politico medievale avvia lo svolgimento della sua filosofia politica moderna.

(La filosofia politica di Hobbes rimane estranea alla tradizione politico-culturale della borghesia inglese, che fu ben altrimenti rappresentata da Locke).

Tutta la sua elaborazione teorica è tesa a fornire e a legittimare la costituzione dello stato.

Lo stato è per Hobbes, una creazione dell’uomo, è come un uomo artificiale, una macchina delle macchine, che gli uomini istituiscono per convivere pacificamente, all’interno della quale vi è la sovranità, anima artificiale, che dà vita e moto all’intero corpo.

E’ proprio il concetto di sovranità “legibus soluta” al centro della teoria politica di Hobbes come condizione essenziale del buon ordinamento del governo degli uomini.

Hobbes parte dall’ipotesi dello stato di natura, cioè da una condizione dove vi sono leggi valide ma non efficaci, nel senso che non vengono rispettate perché non garantite da istituzioni.

Il motivo primordiale e più profondo, per cui gli uomini vivono in società anziché isolatamente, risiede nel fatto che, insieme, essi riescono a soddisfare meglio i propri bisogni . Il vivere insieme comporta però per ogni uomo la rinuncia  a buona parte delle proprie libertà naturali, in caso contrario si genererebbe uno stato di guerra di tutti contro tutti. Quindi per mantenere i vantaggi del vivere insieme gli uomini si sono dovuti dare delle regole che sono sociali, civili e morali al tempo stesso. L’osservanza di queste regole ha richiesto il controllo di un’autorità superiore (sovrano) e quindi la nascita dello stato.

L’uomo per natura non trae piacere dalla compagnia reciproca, ma al contrario molta molestia, se non c’è un potere capace di tenerli tutti in soggezione. Nello stato di natura troviamo tre cause principali di contesa: la competizione, che porta gli uomini ad aggredirsi per acquistare possesso, la diffidenza per la sicurezza e infine la gloria che uccide gli uomini per la reputazione.

Da qui è chiaro come, secondo Hobbes, lo stato di natura è uno stato di guerra di tutti contro tutti e, a causa di ciò, non è pensabile la nascita di nessuna industria, non c’è agricoltura, navigazione, abitazioni confortevoli , non c’è conoscenza della superficie terrestre, né arte, né lettere, ma vi è solo la continua paura della morte, di una morte violenta.

In questo stato di natura non trovano luogo le nozioni di diritto e di torto, di giustizia e ingiustizia, “forza e frode sono, in guerra, le due virtù cardinali”. L’uomo da questa infelice condizione, in cui è posto nella sola natura, può essere liberato nello stato civile.

Lo stato è risposta alla paura, paura dell’aggressione, paura della morte violenta. Ed è proprio l’aggressione per la morte e il desiderio per la vita ad inclinare gli uomini alla pace, mentre la ragione suggerisce degli adeguati articoli di pace, su cui gli uomini possono essere indotti ad accordarsi. Questa necessità porta gli uomini alla rinuncia e al trasferimento di un loro diritto in cambio di un diritto trasferito: la conservazione della vita. Ciò porta alla considerazione che vi sono alcuni diritti che non possono essere trasferiti come il diritto di resistere a chi aggredisce con la forza per uccidere, così lo stesso è per le catene, la prigionia e tutte quelle situazioni che mettono in evidenza uno stato di non sicurezza, al contrario di quanto l’uomo ha stipulato. Il mutuo trasferimento di diritti si chiama contratto.

Tutto ciò finora teorizzato da Hobbes ha lo scopo di dimostrare come in uno stato civile, in cui esiste un potere stabilito per costringere coloro che altrimenti violerebbero la fede, la paura della morte non è più ragionevole. Soprattutto in uno stato in cui l’accusa è seguita da una punizione a differenza dello stato di natura in cui ogni uomo è giudice e non si dà luogo ad accuse.

Dalla legge di natura che ci obbliga a trasferire ad altri i diritti che soli contrastano alla pace c’è n’è un’altra che stabilisce che gli uomini adempiano ai loro patti, perché senza di essa i patti sono inutili; in questa legge risiede la giustizia.

Continuando in questa analisi di leggi naturali che portano l’uomo a costituirsi in società ve ne è un'altra che si esprime in questi termini: un uomo, che ha ricevuto un beneficio da un altro per sola grazia, si sforzi di fare sì che questi non abbia alcun motivo ragionevole di pentirsi della sua benevolenza. Inoltre sempre, naturalmente si vuole: che ognuno si sforzi ad adattarsi agli altri uomini; che dietro garanzia per il futuro si perdonino le offese passate di coloro che chiedono grazia; che nessuno dimostri con parole, fatti o gesti, odio o disprezzo per un altro, perché se Dio ha fatto gli uomini tutti uguali, tale uguaglianza dev’essere riconosciuta; che nel concludere il contratto nessuno si riservi dei diritti che non vorrebbe che gli altri riservassero per sé; che chi giudica sia imparziale; che a tutti gli uomini che svolgono trattative di pace sia garantita l’incolumità; che coloro che si trovano in controversia si sottomettano al giudizio di un arbitrio.

Queste sono le leggi di natura che dettano la pace come mezzo di conservazione di moltitudini di uomini, che hanno rilievo nella dottrina della società civile; esse sono state ridotte ad un compendio semplice, e cioè: non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te. Le leggi naturali obbligano dall’interno, sono immutabili ed eterne; la scienza delle leggi naturali è la vera e sola filosofia morale.

Gli uomini si trovano nella condizione di sola natura finchè l’appetito individuale resta la sola misura del bene e del male.

Una moltitudine di uomini diviene una sola persona, quando questi uomini sono rappresentati da una sola persona ma in modo tale che avvenga con il consenso di ciascun singolo individuo di quella moltitudine.Questo è quello che succede quando, ognuno individualmente concede al sovrano la propria autorità e fa proprie tutte le azioni da lui compiute.

Tutto ciò si spiega anche perché nemmeno l’unirsi di un piccolo gruppo di individui può dare la sicurezza presente nella società civile, perché quando si tratta di piccoli numeri, aumentando di poco il numero di una delle due parti, si determina una superiorità di forze sufficienti a portare alla vittoria e quindi si è più propensi all’aggressione.

Hobbes comincia con l’affermare che esistono solo corpi materiali, che l’uomo è un corpo naturale dotato della capacità di produrre corpi artificiali, che tutte le conoscenze derivano dalle sensazioni e che tutte le azioni sono dirette a conseguire il piacere e ad evitare il dolore.

Fra i corpi artificiali va annoverato lo stato.

Nello stato di natura, caratterizzato dalla incontrollata manifestazione degli istinti vitali dei singoli, vige la guerra di tutti contro tutti, e ogni uomo è lupo per l’altro uomo. Ma poiché l’uomo è portato dalla ragione a temere come male supremo la propria distruzione, la stipulazione di un patto sociale è un atto necessario: nasce così lo stato, che assomma in sé tutti i poteri.

L’uomo per uscire dalla miserabile condizione di guerra, necessaria conseguenza delle passioni naturali degli uomini, si sottomette alla volontà del sovrano, il quale li mette in soggezione, e li vincola, con la paura delle punizioni, all’adempimento dei loro patti e all’osservanza delle leggi di natura (fare agli altri quello che vorremmo fosse fatto a noi): cioè ordina le loro azioni al vantaggio comune.

Secondo Hobbes l’unico modo in cui gli uomini possono erigere un potere comune che sia in grado di garantire sicurezza tale che essi possano ostentarsi e vivere bene, è quello di conferire tutto il loro potere e la loro forza ad un uomo o ad una assemblea di uomini. In ciò risiede l’essenza dello stato e dei cui atti si sono, gli uomini, fatti individualmente autori, mediante patti reciproci.

Chi detiene tale potere è definito un sovrano, tutti gli altri sono sudditi. Questo potere sovrano può essere acquisito in due modi o mediante la forza naturale, come quando un uomo costringe se stesso e i propri figli a sottomettersi al suo governo; oppure, con la guerra, un uomo piega alla propria volontà i suoi nemici, lasciandoli in vita a condizione che si sottomettano.

Il secondo modo previsto da Hobbes per acquisire il potere sovrano è quello per cui gli uomini si accordano fra di loro per sottomettersi volontariamente a un uomo o a un’assemblea di uomini, confidando in tal modo di essere protetti contro tutti gli altri. Questo è il cosiddetto stato per istituzione, l’altro stato per acquisizione.

Lo stato è istituito quando degli uomini in moltitudine si accordano e concludono il patto, l’uno con l’altro, che chiunque sarà l’uomo o l’assemblea di uomini che avrà dalla maggioranza il diritto di rappresentare la persona di tutti, ciascuno di loro autorizzerà tutte le azioni e i giudizi di quell’uomo o assemblea esattamente come se fossero i suoi, al fine di vivere in pace ed essere protetto nei confronti degli altri. Da ciò ne derivano una serie di diritti dei sovrani, e in primo luogo:

poiché gli uomini concludono un patto si deve intendere che essi non sono obbligati da un patto precedente; non può aver luogo alcuna infrazione da parte del sovrano (il sovrano non fa parte del patto); chi ha dissentito dalla maggioranza dei votanti deve acconsentire con gli altri altrimenti agisce contro il suo patto; è sottinteso che il sovrano essendo il portavoce comune di tutti i sudditi, non possa commettere una qualsiasi ingiustizia nei loro confronti, né deve essere da essi accusato, perché non farebbe altro che accusare sé stesso, (chi ha il potere sovrano può commettere iniquità, ma non ingiustizia o torto); per le stesse ragioni un sovrano non può essere condannato a morte; spetta al sovrano giudicare quali opinioni e dottrine siano avverse alla pace, e quali favorevoli ad essa, o di costruire tutti i giudici di esse; è annesso al sovrano il potere di fare le leggi, grazie ad esse è nata la proprietà, prima sconosciuta, infatti ognuno poteva godere dei frutti degli altri; ora con le leggi tutti vengono protetti nei loro possedimenti, ognuno può godersi dei frutti della propria terra e industria; il sovrano possiede il diritto di giurisdizione, decide su tutte le controversie che possono sorgere tra legge civile e naturale, ma le sentenze incompiute non garantiscono nessun suddito dal torto di un altro; il sovrano decide la guerra e la pace.

Tutti questi diritti sono incomunicabili e indivisibili.

Così gli uomini, per conseguire la pace e la loro conservazione, hanno costruito quest’essere artificiale detto stato e con esso una serie di catene artificiali, dette leggi civili, che incatenano solo ciò che il sovrano prescrive, mentre tutto ciò che egli omette rappresenta una sorta di libertà del suddito,che in quella particolare azione si trova libero d’agire. Questo è tutto ciò che rappresenta la libertà dell’individuo nello stato per istituzione teorizzato da Hobbes, cioè ogni suddito è libero in tutte le cose di cui non si può trasferire il diritto. D’altronde un uomo è libero di disobbedire nel caso in cui gli venga obbligato di uccidersi, o di fare resistenza a colui che lo aggredisce, o privarsi di una medicina e altro senza cui non può vivere; né tantomeno può essere obbligato ad accusare sé stesso e quindi non è obbligato a rispondere nel caso in cui viene accusato di un omicidio in un processo.

Perciò finchè il nostro rifiuto di obbedire compromette il fine per cui è stata istituita la sovranità noi siamo liberi di disobbedire.

Se un monarca rinuncia alla sovranità, i sudditi tornano all’assoluta libertà di natura, così se un monarca viene sconfitto in guerra, i sudditi saranno liberi dalle sue leggi ma assoggettati alle leggi del vincitore. Il sovrano inoltre, ha la possibilità di delegare un ministro in alcune delle sue azioni, nell’amministrazione degli affari pubblici.

I sudditi in quanto membri di uno stato sono tenuti ad osservare le leggi civili di quello stato, e quindi tutti sono tenuti alla loro conoscenza, per distinguere il torto dal giusto, cosa che non accadeva nello stato di natura. Secondo Hobbes: l’unico legislatore è lo stato e quindi il sovrano; esso non è assoggettato alle leggi civili; egli solo può abrogarle, perché una legge è abrogata solo da un’altra legge che ne proibisce l’esecuzione; la legge di natura è parte della legge civile, esse  non sono specie diverse di legge, ma parti diverse di essa; per tutto ciò si può concludere dicendo che, in tutte le cose non contrarie alla legge morale, tutti i sudditi sono tenuti ad obbedire, come legge divina, a ciò che è dichiarato come tale dalle leggi dello stato.           

 Per l’enormità dei poteri spettanti allo stato, Hobbes designa ad esso il nome biblico di "Leviatano" (mostro mitologico di cui si parla nella Bibbia, dalla forma di un rettile mostruoso nemico dell’ordine, e fautore del caos).

 

 

Nadia Caputo - 1999