"LA TREGUA"

CASA EDITRICE: EINAUDI

ANNO DI STAMPA: 1963

RECENSIONE:

Il libro è un racconto autobiografico, che assume un significato storico. Il romanzo narra le vicessitudini a cui Primo Levi andò in contro nel periodo di dieci mesi ( da gennaio a ottobre 1945 ) dalla liberazione dal campo di concentramento di Aushwitz fino al ritorno a Torino. Dall' infermeria del Lager di Buma ci si sposta al campo grande di Auschwitz, dove Levi rimane fino alla fine della guerra ( 8 maggio ); da lì i profughi italiani dovrebbero tornare imbarcandosi a Odessa, ma per motivi vari ( burocrazia russa, mancanza di binari ) i profughi vengono trasportati prima verso  est ( a Zmerinka, dove rimangono una decina di giorni ), poi a nord, fino al campo di Steryje Doroghi, vicino Minsk, dove passano l ' estate. A settembre riprendono il viaggio di ritorno, e questa volta, seppure fra disagi ed avventure varie, tornano in Italia in un mese circa. Nelle pagine che narrano tutte queste tappe ci sono i racconti degli episodi che ci aiutano a capire la vita nei vari campi profughi e l' arte dell' arrangiarsi. Primo Levi inoltre ci propone una carrellata di personaggi per lui indimenticabili, incontrati via via, di cui sembra voler fissare, attraverso il romanzo, il ricordo per l' eternità. Bastano ad esempio ricordare i suoi compagni più stretti che lo affiancarono sulla via del ritorno: il ragionier Rovi, capocampo degli italiani, che possedeva una virtù che è la più necessaria per la conquisa del potere, e cioè l' amore per il potere medesimo, peraltro non era un tiranno e neppure un cattivo amministratore. Cesare, il romano, piccolo furfante e commerciante nato, escogita sempre un modo per rimediare qualcosa ( cibo o soldi ). Vincenzo, pastore calabrese di sedici anni, timido, chiuso e contemplativo epilettico. Il carabiniere, abruzzese, gentile e servizievole, viene preso di mira dai compagni di viaggio per gli scherzi. Comunque il romanzo non è sol un racconto autobiografico, è una testimonianza storica piuttosto singolare, perchè riguarda il " dopo lager ", quindi insolito. Fa riflettere sui guai dei deportati, che non finirono con la liberazione dai campi, ma continuarono tutta la vita. Nelle righe conclusive sta racchiuso il significato del romanzo:

" Di seicentocinquanta, quanti eravamo partiti, ritornavamo in tre. E quanto avevamo perduto, in quei venti mesi? Che cosa avremo ritrovato a casa? Ci sentivamo vecchi di secoli, oppressi da un anno di ricordi feroci, svuotati e inermi. I mesi or ora trascorsi, pur duri, di vagabondaggio ai margini della civiltà, ci apparivano adesso come una tregua, una parentesi di illimitata disponibilità, un dono provvidenziale ma irripetibile del destino".

Questo libro è da considerarsi come uno dei più importanti documenti di testimonianza storica, che appartengono alla narrativa italiana, scritto da un uomo che ha realmente sofferto, ciò che è scritto in esso, sulla propria pelle. Si consiglia la lettura a chiunque, a partire dai ragazzi che ne vogliono sapere di più sul periodo della seconda guerra mondiale, fuori dai libri di testo, anche perchè scritto in maniera semplice e comprensibile a tutti.