...SEMPRE NEL 1938...

La visita di Hitler a Mussolini, a Roma,illuminata a giorno.
Il 3 Maggio, sono passati solo pochi giorni dall'invasione e annessione dell'Austria;  Hitler fa la sua visita ufficiale a Mussolini a Roma. La capitale lo accoglie con una parata memorabile. La città in una coreografia da Mille e una Notte viene illuminata a giorno, la folla é oceanica in tutte le manifestazioni che si fanno in suo onore, e Mussolini in ogni suo discorso esalta le tante affinità che lo legano a Hitler, soprattutto quelle che legano il nazismo al fascismo e la determinazione a marciare fino in fondo con lui e "come" lui.
Infatti diciotto giorni dopo l'invasione dell'Austria condotta personalmente da Hitler, Mussolini deve aver provato invidia per questo "nuovo condottiero" alla testa del suo esercito, e dalla Camera, poi dal Senato e perfino dal Consiglio di Stato, fa approvare un nuovo ordinamento che modifica lo Statuto Albertino.E' lui ora il Comandante Supremo delle Forze Armate, e non più il Re. Cosa che fa mandare su tutte le furie il "piccolo" Vittorio Emanuele III, che così diventa pure sulla scena politica piccolo, e di fatto anche il "terzo" incomodo alla grande parata del "primo" e del "secondo" attore. Insomma una nullità, e molti, ai ricevimenti e alle sfilate notano la sua insofferenza. Come si nota anche l'assenza plateale da Roma del Papa, partito tre giorni prima per Castelgandolfo per non dover subire il fastidioso incontro con chi sta portando avanti e sta trapiantando anche in Italia le leggi razziali antiebraiche, tanto che la Santa Sede prenderà contatti perfino con gli antifascisti comunisti.

Il 26 Settembre Hitler fa la sua seconda mossa. Manda un ultimatum alla Cecoslovacchia rivendicando l'annessione alla Germania di una parte del suo territorio, la zona Sudeta, minacciando in caso negativo una invasione militare del paese, come in Austria. Francia (che ha un patto con la Cecoslovacchia) e Gran Bretagna temporeggiano, si sfiorano i limiti della legalità alla luce del buon senso, ma tergiversano tutti, esitano e promuovono inutili incontri; un disimpegno non senza motivo, perchè dettato dalla prudenza; infatti intervenire significherebbe aprire un conflitto senza precedenti, visto che quasi tutte le nazioni europee ormai formano due blocchi in contrapposizione e la scintilla di uno solo incendierebbe l'intera Europa.A stemperare la tensione e a fare da paciere viene incaricato Mussolini per le sue buone relazioni con Hitler, che il 29 Settembre a Monaco in una conferenza dove sono presenti quasi tutte le nazioni interessate riesce a far stipulare delle intese ai due litiganti; la Cecoslovacchia alla fine cede una fetta di territorio alla Germania. La questione sembra finita.

Mussolini alla fine della conferenza si guadagna davanti ai capi di stato europei, il titolo di "uomo della pace". In Italia il suo rientro é fatto oggetto di grandi ovazioni, però dalla folla, perchè ben altro é il clima in altri ambienti dove si avverte che qualche crepa nel regime si sta verificando;  il primo ad avvertirla é proprio lui, Mussolini.

25 Ottobre - Che il consenso alla sua politica estera e quindi allo stesso fascismo stia calando in una grande fascia della borghesia italiana che appare ora molto preoccupata,  deve essere ben evidente, se  Mussolini si scaglia ora contro, senza tanti preamboli e morbidezze. In settembre si era scagliato contro la borghesia "colpevole di restare fredda e indifferente di fronte al grande rinnovamento morale e ai sacrifici imposti dal regime al paese", e confermò il pieno appoggio a Hitler, giustificando in qualche modo  il suo comportamento sull'Austria e sulla Cecoslovacchia.

E' forse questo il momento dove vediamo alle spalle di Mussolini, uno strisciante tradimento, un voltafaccia di quelli che contavano, vediamo tutta la situazione precipitare davanti a una realtà che dimostrava quanto effimeri, artificiali, e come suonavano falsi gli accenti eroici, la pompa magna, i toni di sfida, la propaganda, l'efficienza che, se aveva galvanizzato le folle non aveva per nulla trovato degli entusiasmi su chi aveva in mano il potere economico, che si vide fra l'altro, il 1° Giugno bloccare i prezzi per altri due anni, calare le importazioni dopo che le esportazioni erano a zero, e salvo quelli che solo nella guerra vedevano grandi affari, gli altri iniziano già a portare i capitali all'estero. E Mussolini questo lo aveva già fiutato.

Non c'era più produzione, e neppure qualcosa da contrattare. L'autarchia era una buffonata;  con l'autarchia si potevano fabbricare di certo aerei, navi, armi, munizioni e macchine per costruirle quando non si hanno materie prime, carbone, acciaio, minerali e scambio tecnologico con altri paesi, e soprattutto quando non si ha denaro.

Infatti chiudersi con gli altri Stati significava chiudere l'intera economia di mercato, chiudersi alla tecnologia francese, inglese, americana. Chiudersi alla cultura di ogni settore. Andare incontro insomma   all'isolamento. Restare fermi. E ferma l'Italia rimase fino al 1940, quando venne il giorno fatale, senza avere nei magazzini nulla, e poco più di 1300 calorie disponibili al giorno per i guerrieri che dovevano conquistare il mondo, dalle Piramidi agli Urali; nel sole infuocato del deserto - dove scoppiavano le gomme e non c'erano ricambi -, o al gelo delle steppe dove invece scoppiavano in mano ai poveri soldati i cannoni del 1918 e i fucili restavano attaccati alle mani scorticandole. Ci volevano i reparti corazzati, si mandarono i reparti con i muli dove i conducenti stavano peggio di questi con le scarpe con i chiodi invece che con il pelo, le mantelle di lanital invece che i cappotti di pelo, la bustina sul capo invece dei colbacchi. Non c'erano automezzi e si mandarono i muli, ma dove? In Africa nel deserto, e in Russia nelle tundre dove non cresceva nemmeno un filo d'erba per ovvie ragioni.

Non di meno tanta chiusura mentale c'era in quel mondo militare dove albergava l'inquietudine, il disfattismo, le gelosie che si riveleranno drammatiche, visto che all'interno c'erano elementi che remavano contro quell'organizzazione militare che Mussolini vorrebbe invece efficiente e coordinata.
Ma Mussolini non capiva nulla (e non era il solo) di guerra, di strategie e di mezzi militari, gli fu presentato un aereo da turismo come un caccia. Mentre quelli che potevano fare i bombardieri gli SM 82 (il migliore aereo che aveva l'Italia - un potente trimotore che volava a 4000 metri) furono impiegati per i trasporti e a volare a pelo d'acqua. L'Italia aveva inventato la radio e sugli aerei non c'era, volavano a vista, e cadevano come zanzare quando trovarono gli Spitfire inglesi non solo con la radio a bordo ma con le armi automatiche manovrate dal pilota che sparava in mezzo all'elica, quelli italiani invece avevano i mitraglieri nella coda, nel vano toilette e sparavano solo a vista.La radio ai nemici inoltre non serviva solo per i contatti tra aereo e aereo, ma erano in contatto con la base che avevano già i radar e comunica le infallibili coordinate per i micidiali appuntamenti.

L'aviazione? Doveva essere di supporto alla Marina dicevano i vecchi ammiragli. I carri armati? Dovevano essere di supporto alla fanteria affermavano i generali, che erano ancora quelli del Piave e del Carso del 1917, con gli stessi fucili e le stesse ghette ai piedi sia nel deserto a 50 sopra zero che in Russia a 50 sotto zero.

Ma Mussolini forse sapeva già tutto questo e sapeva anche quanto indifferenza c'era sia in Francia che in Inghilterra. In Spagna i due Paesi lasciarono fare. In Austria fecero addirittura finta di nulla. E in Cecoslovacchia dimostrarono tutta la loro debolezza contro Hitler. E  Hitler, Mussolini ora l'aveva al Brennero, e schierarsi contro di lui c'era solo una prospettiva quello di rimanere solo di fronte a un uomo che poteva svegliarsi un mattino e decidere di scendere dal Brennero e da Tarvisio, dove c'erano le sue 57 armate non molto lontano; fatti i cento chilometri poteva tranquillamente arrivare a Verona in poche ore e sull'Adriatico in un giorno.

Se questo accadeva, Francia e Inghilterra non avrebbero mosso un solo soldato. Di questo Mussolini ne era più che sicuro (e non si sbagliava affatto).

IL 3 Agosto Mussolini emana le leggi razziali sugli Ebrei. Studenti e insegnanti sono espulsi dalle scuole, uffici pubblici, servizio militare, cariche direttive; vietato rilascio o rinnovo licenze di commercio, di vendita e acquisto immobili, e in caso di processi di qualsiasi tipo non possono essere assistiti da un avvocato. All'anagrafe i nati sono tutti bollati con il distinguo, "di razza ariana" per affermare che gli altri sono ebrei . Proibiti  i matrimoni fra le due razze. Alcuni vengono esiliati, i beni sequestrati. Altri a Roma ghettizzati, fatti lavorare con piccone e pala come schiavi sugli argini del Tevere. E fra questi ci sono notabili, personaggi di cultura, professori che hanno dovuto smettere l'insegnamento nelle scuole e nelle università. Poi la persecuzione si fece drastica e dei 47.252 ebrei che vivevano in Italia, 8369 furono deportati in Germania. Ne tornarono indietro a fine guerra  980.

Il 10 Dicembre ENRICO FERMI (con la moglie ebrea) sta prendendo il Nobel in Svezia, ne approfitta e scappa in America. Quel che fa orrore é che un gruppo di scienziati italiani, patologi, psichiatri, antropologi, biologi e fior di intellettuali, firmarono un manifesto che confermava con autorevoli tesi accademiche, quella distanza razziale che esisteva fra i due mondi umani, l'ariano e l'ebreo. Manifesto che Starace fece pubblicare sui giornali e mettere sui muri in ogni angolo del Paese additando così gli ebrei scientificamente al generale disprezzo. Era un'altra vergogna dell'Italia civile che stava perdendo i senso della misura, stava diventando irrazionale per non dire folle.

Una follia Mussolini l'aveva già fatta in Spagna, mandando un contingente in aiuto ai franchisti, che lo stesso Franco non aveva per nulla richiesto. Stessa cosa fece Hitler che mandò delle squadriglie di aerei da caccia e dei bombardieri che si trasformarono in giustizieri senza scupoli. Aprirono un capitolo nuovo nella guerra "moderna" !

Gli italiani erano 50.000 uomini  con 763 aeroplani, 141 motori di aerei, 1672 tonnellate di bombe, 9.250.000 cartucce, 1930 cannoni, 10.135 mitragliatori, 240.747 fucili, 7.514.537 proiettili di cannone, 7663 automezzi e 91 unità navali. Dalla stampa di allora apprendiamo anche che furono fatte 5318 incursioni aeree. Il tutto costò all'Italia (che stava facendo l'autarchia) la bellezza di 14 miliardi e mezzo di lire che Mussolini fatturò a Franco, ma solo quando  non volle schierarsi con lui a fianco di Hitler nel 1940. La Spagna di Franco non pagò mai questo debito.

Dopo la cocente sconfitta a Guadajara, Mussolini e Hitler erano decisi di farla pagare, terrorizzando i governativi e gli italiani antifascisti che erano andati volontari, causando così una guerra di italiani contro italiani su un suolo straniero. Non trovarono di meglio i due dittatori che coordinare una alleanza per fare...il primo bombardamento della storia su una città e su una popolazione civile,
a Guernica il 27 aprile 1937. Fu rasa al suolo: dei 7000 abitanti 1650 morirono innocentemente. Il mondo inorridì, i tedeschi negarono, mentre gli italiani dissero che non vi avevano partecipato, che le case erano saltate in aria da sole perchè avevano dentro delle munizioni.

Falsi entrambi. Goring al processo di Norimberga nel 1946, confermò che era stato lui a fare il bombardamento, dicendo "che era stato un esperimento"  e cinicamente aggiunse "perfettamente riuscito". Anche gli italiani non erano affatto estranei: tre aerei italiani avevano partecipato al grande crimine ed erano tre bombardieri S. Marchetti 79, comandati dal Capitano Castellani, Tenente Porro, Tenente Fracasso.Poi leggendo un documento che Ciano mandò a Mussolini pochi giorni dopo, si  ha una conferma in una nota dove troviamo sia gli attriti e le insofferenze delle tre Armi, che la conferma all'eccidio. 

Mussolini si fa prendere la mano, ordina ai piloti il bombardamento di Barcellona e lo vuole sistematico fatto a tappeto. Proteste in tutto il mondo, dal Vaticano e persino lo stesso Franco e i tedeschi chiedono al Duce meno efferatezza. Ma Ciano non demorde "i nostri nove S.79 in un minuto e mezzo su Barcellona hanno polverizzato palazzi, ponti, seminato il panico che diveniva follia; 500 morti, 1500 feriti; era tutto così realisticamente terrorizzante. E' una buona lezione per il futuro".
E' insomma la prova generale della Seconda Guerra Mondiale.
Ciano fra poco però comincerà anche lui a rendersi conto di che "razza" sono gli alleati; inizia fra le quinte a costituire un fronte antitedesco, in seguito anche anti mussoliniano, lui che é il genero; fino a votare la sua destituzione, che gli costerà la fucilazione per tradimento.