Rossoblu di oggi  

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ODE A CARLO NERVO

Era il dodici settembre 1994, una calda domenica di fine estate e il Bologna si apprestava a cominciare il secondo campionato consecutivo di C1, con una squadra completamente nuova. Io ero riuscito a portare allo stadio una ragazza a cui stavo facendo una corte spietata. Si giocava Bologna-Carpi, inedito derby emiliano. All’inizio la mia attenzione era unicamente concentrata sull’osservare con lascivia le lunghe cosce evidenziate da una minigonna inguinale che aveva la mia amica, o i suoi seni piccoli e appena nascosti da una maglietta aderente. Insomma, per dirla tutta, in quel caldo pomeriggio di settembre di Bologna-Carpi non poteva fregarmene di meno. Il Bologna vinse 3-1, e ogni gol rossoblù fu per me l’occasione per esprimere in maniera eccessiva e spropositata la mia gioia inondando di abbracci tentacolari la mia accompagnatrice. Tuttavia oltre a quelle cosce lunghe e tornite, e quei due seni piccoli ma sodi e graziosi, qualcos’altro riuscì, quel pomeriggio, a catturare la mia attenzione. Era un giocatore del Bologna, con la maglia numero 7 addosso; era piuttosto bruttino, sgraziato, ma saltava l’uomo che era un piacere, aveva una gran progressione, e fece due dei tre gol della vittoria rossoblù. Si chiamava Carlo Nervo, ed era appena stato comprato ad una svendita fallimentare dal Mantova.

Per dirla tutta, quel giorno nacquero in me due grandi passioni: una erotica per quella mia amica, ed una sportiva per Carlo Nervo.

La prima passione si esaurì in breve, dopo una notte di sesso selvaggio, quando quella ragazza decise di rimanere col fidanzato; ma l’altra passione continuò, e continua ancora oggi. Carlo Nervo e il Bologna diedero vita ad un bellissimo connubio, in un crescendo rossiniano fatto di successi, di discese sulla fascia, di assist e di gol.

Il Bologna vinse quel campionato di C1 dominandolo in lungo e in largo, e Carlo Nervo fu uno dei migliori; l’anno successivo il Bologna vinse il campionato di B, e Carlo Nervo fu uno dei migliori. Il Bologna chiuse in ottima posizione il primo campionato di A, stupendo tutta Italia e Carlo Nervo fu uno dei migliori. Il bello fu che Nervo, pur restando ai vertici del rendimento, è sempre stato un anti-personaggio, rifuggendo i sipari, le interviste, le polemiche. Solo una volta salì alla ribalta della cronaca extra-calcistica, e il modo in cui lo fece fu in sintonia con il personaggio. Un sabato chiamò i giornalisti e confidò loro la sua disperazione perché la sua ragazza, Elisabetta, lo aveva lasciato, e lui non riusciva a vivere senza di lei. Non mi vergogno ad ammetterlo: feci il ‘tifo’ per Carlo anche in quell’occasione, come un’adolescente con i suoi cantanti od attori preferiti, e non potei nascondere la mia gioia quando seppi che Elisabetta non solo si era rimessa con Carlo, ma che si erano anche sposati (e mi auguro che siano già arrivati un po’ di Carletti col nasone e con la stessa capacità di saltare l’uomo…). Carlo Nervo continuò la sua striscia positiva, e raggiunse il suo vertice in una tiepida serata di autunno a Lisbona. Il Bologna era all’esordio in coppa Uefa sul difficile campo dello Sporting. Io stavo guardando la partita in televisione, mentre parlavo al telefono con Lucia, la mia ragazza, che aveva appena cominciato una lunga trasferta di lavoro negli Stati Uniti. Stavamo andando avanti da un po’ con paroline dolci, bacini, sospiri, quando mi interruppi. “Che cosa c’è?”, chiese Lucia. “Non ci crederai mai, amore: Carlo Nervo ha appena fatto un gol in coppa Uefa a Lisbona!” Mi ci vollero altre tre o quattro intercontinentali negli Stati Uniti, con la conseguente accensione di un mutuo, per farmi perdonare, ma il mio stupore, la mia gioia, il mio orgoglio per quel gol di Nervo furono davvero autentici: come se quel gol lo avessi fatto io. Carlo Nervo, acquistato ad una svendita fallimentare, che segnava in uno degli stadi ‘storici’ di Europa: se me lo avessero detto in quel caldo pomeriggio di settembre, durante Bologna-Carpi, non ci avrei di certo creduto.

Per Carlo già si parlava di nazionale, quando il destino decise di complicare le cose. Pochi giorni dopo la trasferta di Lisbona si ruppe i legamenti, ne ebbe per qualche mese e rientrò solo verso la fine del campionato. Ma si vide subito che le cose erano cambiate: forse la paura, forse la perdita della condizione, Carlo non era più quello che era diventato prima dell’infortunio. L’anno successivo le cose non andarono meglio: travolto dalla cattiva condizione di tutta la squadra, Carlo Nervo continuò la sua parabola discendente. Anche il pubblico, di cui era sempre stato uno dei beniamini, cominciò a non seguirlo più, e addirittura, in certi casi, a fischiarlo. Eppure, con la partenza di Renzo Ulivieri, Nervo era rimasto l’unico superstite di quella memorabile squadra che aveva vinto il campionato di C1, e in un’epoca in cui il calcio è diventato sinonimo di show-businness, Carlo si apprestava a cominciare il suo settimo campionato consecutivo in maglia rossoblù. All’inizio di questo campionato, voci inquietanti parlavano di un quasi sicuro addio di Nervo, con lui stesso che si dichiarava stanco della sua permanenza qui. Io cominciavo già ad essere preoccupato, io che avevo difeso Nervo, in contrasto anche con alcuni redattori del Narab, anche nei momenti più duri e bui, io che ancora non mi ero ripreso dalla partenza di Renzo Ulivieri, io che avevo mischiato le mie, alle lacrime versate da Michele Paramatti il giorno del suo saluto al Bologna, come potevo io affrontare un campionato senza il mio idolo Carlo Nervo?

Per fortuna, però, anche la parabola discendente era destinata a fermarsi. Il campionato è cominciato, il Bologna sta andando al di là di ogni più rosea aspettativa, e all’interno del Bologna, Carlo Nervo sta ricominciando a segnare, a fare le sue inarrestabili discese sulla fascia, i suoi cross, sta ricominciando a saltare l’uomo e soprattutto a ritrovare e ad accendere l’entusiasmo. Lui, l’anti-personaggio, colui che, pur avendone i diritti, non vuole la fascia da capitano, lui che per qualche attimo seppe distrarmi sei anni prima, in un caldo pomeriggio di settembre, dall’osservare lascivamente cosce tornite e seni piccoli e sodi, lui è di nuovo tra noi, pronto a darci ancora quelle soddisfazioni e quelle gioie che ci ha dato per anni a piene mani.

Ciao, Carlo Nervo, umile e modesta bandiera della nostra squadra, non sarai il capitano sul campo, ma la fascia più importante, quella dell’affetto, dell’ammirazione, della stima e del coraggio te la diamo noi. Nel nostro cuore sei e sempre sarai il nostro capitano.

 

Piero