Natalino Ridolfini

 

BREVI CENNI DELLA STORIA

POLITICA ECONOMICA RELIGIOSA

DEL COLLE DI BONARIA

                                                       (Cagliari)

 

Con particolare riguardo ad un compendio degli studi e delle ricerche, sin qui eseguiti,  riguardanti la monetazione e le zecche di emissione della Sardegna e specificamente le coniazioni delle zecche di Bonaria e Castello, in quel di Cagliari, dal 1324 al 1813.

 english traslation by Luigi Napoli Ph.D.
 
 
INDICE

 

PREMESSA

 

STORIA DEL COLLE DI BONARIA

E DELL’ORIGINE DELLO STATO ITALIANO

*   Struttura geologica e primi insediamenti umani nell’isola

*   Civiltà nuragica

*   Origine della città di Cagliari

*   Il colle di Bonaria       

*   Nascita del Regno di Sardegna e Corsica

*   Sbarco nell’isola del corpo di spedizione Aragonese

*   Firma della pace e nuova forma giuridica del Regno

*   Origini dello Stato Italiano

*   Stemma dei quattro mori

*   Instaurazione del sistema monetario sardo

*   Diritto di abitare a Castello

*   Nascita del Regno di Spagna e modifica del titolo del Regno di Sardegna

*   Assegnazione del Regno ai Savoia                                   

*   Inno nazionale sardo

 

LA MONETAZIONE IN SARDEGNA DAL IV SECOLO A.C. AL 1813

*   Origini degli scambi commerciali

       Località dove erano situate le Zecche della Sardegna:

*   Cagliari

*   Bonaria

*   Iglesias

*   Sassari

*   Alghero

*   Bosa

*   Origini della circolazione monetaria

La monetazione durante:

*   L’età Cartaginese – Punica (300 – 216 a.C.)

*   L’età Romana (238 a.C. – 176 d.C.)

*   L’età Vandalica (456 – 534)

*   L’età Bizantina (551 – fine secolo X)

*   L’età Giudicale

*   L’età Pisana (1016 – 1323)

*   L’età Aragonese (1291 – 1516)

*   Diritto di battere moneta e prime emissioni

*   Zecca di Bonaria

*   Zecca di Castello

*   L’età Spagnola (1516 – 1718)

*   Le monete auree

*   I maltagliati

*   L’età Sabauda (1720 – 1812)

*   Conferma della lira sarda

*   Doppia monetazione sarda – piemontese

*   Cessazione della zecca di Cagliari

*   I nomi con i quali i Cagliaritani chiamarono le nuove monete del Regno d’Italia

*   Potere d’acquisto della lira sarda agli inizi del XIX secolo

*   Ubicazione della zecca di Castello

       Elenco delle monete coniate dalle zecche di Bonaria e Castello:

*   Età Aragonese (1297 – 1516)

*   Età Spagnola (1516 – 1718)

*   Età Sabauda (1720 – 1842)

       Monete attribuite alla zecca di Cagliari:

*   Età Bizantina (551 – fine secolo X)

*   Monete di probabile attribuzione alla Sardegna

 

BREVE STORIA DEL SANTUARIO DI N.S. DI BONARIA

*   Il colle ove sorgono il Santuario e la Basilica di Bonaria

*   Edificazione del Santuario

*   Leggenda della statua della Madonna

 


 

INTRODUZIONE

 

 

 

Perché tanta attenzione e soprattutto perché la “Storia” si interessa del Colle di Bonaria dove oggi si trovano il Santuario e la Basilica di N.S. di Bonaria Patrona della Sardegna e protettrice dei marinai, il cimitero monumentale e l’omonimo ed elegante quartiere della città di Cagliari? Ma perché su questo colle si sono svolti nei secoli scorsi avvenimenti di tale importanza politica, economica e religiosa che hanno determinato il destino dell’Isola e anche del nostro Paese, tanto da indurre Francesco Alziator ad affermare che “in nessun punto della città come sul colle di Bonaria si è fatta la storia”.

 

Gli eventi di cui sopra si possono riassumere in tre capitoli:

*       Percorso storico del colle di Bonaria e origine dello stato Italiano;

*       la monetazione e le zecche di emissione della Sardegna e, in modo particolare, le coniazioni delle zecche di Cagliari (Bonaria e Castello) dal 1324 al 1813;

*       breve storia del Santuario e della Basilica di Bonaria.

 

         A tutto ciò sono anche personalmente interessato perchè sono un “bonarino” in quanto a Bonaria ci sono nato, nel 1924, di fronte all’attuale fiera campionaria della Sardegna, in una casa a un piano e precisamente all’angolo tra il viale Armando Diaz - già allora alberato con pini d’alto fusto - e la via Aosta, e dove ho trascorso l’infanzia e buona parte della mia esistenza.

Di seguito vengono descritti, succintamente, gli avvenimenti storici oggetto di questa monografia.

 

 

PERCORSO STORICO

 

DEL COLLE DI BONARIA

 

E ORIGINI DELLO STATO ITALIANO

 

         La Sardegna è una delle terre più antiche d’Europa e la seconda isola del Mediterraneo (oltre 24.000 Kmq). Essa forma con la Corsica un sistema a sè non avendo comunanza di origine né con le Alpi né con gli Appennini.

        

         La sua struttura geologica fra le più complesse e il suo paesaggio così vario e mutevole hanno indotto lo scrittore Marcello Serra a definire la Sardegna “un continente in proporzioni ridotte”.

 

         L’isola è abitata da antichissime genti come dimostrano recenti studi e ricerche che hanno consentito il ritrovamento di fossili di umanoidi (oreopithecus) che Jean Marie Cordy della facoltà di geomorfologia dell’Università di Liegi, in collaborazione con ricercatori della Università di Sassari, non ha dubbi di fare risalire quei fossili a otto milioni di anni fa; il che sarebbe da annoverarsi fra le più antiche testimonianze esistenti al mondo.

 

         Con un salto di milioni di anni si arriva alla anch’essa remota civiltà nuragica (dal 2000 a.C. al 500 a.C. circa) sulla quale la scienza ufficiale non è ancora riuscita a fare piena luce. La espressione più evidente di questo periodo sono i gustosissimi e vivi bronzetti, ed i resti di oltre 10.000 nuraghi; imponenti edifici megalitici tronco-conici sparsi in tutta l’isola.

 

         Dopo queste premesse di carattere generale soffermiamoci ad una zona specifica dell’isola e precisamente al sud, ove si sono svolti gli avvenimenti storici che interessano questa monografia, cioè del colle di Bonaria in quel di Cagliari.

 

         Incerta è l’origine di Cagliari, perché anteriore ai tempi storici è l’antica Karales fenicia; ma si hanno elementi per credere che i Fenici, impossessatisi della Sardegna al tempo della fondazione di Cartagine, si siano limitati ad accrescere la città già preesistente. Della storia di Cagliari si hanno notizie frammentarie sino all’epoca dei Cartaginesi, ai quali nel 238 a. C. i Romani la tolsero e così divenne la romana Calaris.

 

         Il colle di Bonaria è uno dei (sette?) colli che fanno parte integrante della città di Cagliari, ed è anche il nome di un suo elegante quartiere. In questo colle si sono svolti nei secoli scorsi avvenimenti talmente importanti che hanno contribuito a determinare il destino dell’isola e del Paese. Come questo sia avvenuto lo racconta la storia.

 

         Tralasciamo le epoche più remote come l’era fenicio-punica-romana e medioevale e soffermiamoci sul XIII secolo. Il 4 (o il 6?) aprile 1297 papa Bonifacio VIII tolse ai Pisani per darlo in feudo a Giacomo II d’Aragona (1291 - 1327) il Regnum Sardiniae et Corsicae, creato motu proprio dallo stesso papa.

 

         Dopo una lunga preparazione il 13 giugno 1323 l’infante Alfonso d’Aragona sbarca nel golfo di Palma, sulla costa sulcitana con un imponente corpo di spedizione di navi, uomini e cavalli per prendere possesso del nuovo regno. La conquista dell’isola sembrava facile ma non fu così. Una serie di piccole guerre locali interesserà tutta la regione sino alla fine del secolo. In pratica il trecento fu attraversato dagli eventi di una guerra endemica; “una guerra dei cento anni in scala ridotta”, ha detto uno storico catalano.

 

         L’infante Alfonso dopo lo sbarco cinse d’assedio prima Villa di Chiesa (Iglesias), che riuscì a resistere sino al 7 febbraio dell’anno successivo. Presa la città gli invasori investirono il Campidano e quindi assediarono Cagliari; più propriamente il Castello. Di fronte ad esso, sul colle di Bonaria, gli aragonesi fecero erigere una rocca, cinta di mura, in pratica una nuova città che ebbe in sei mesi una popolazione di seimila uomini.

 

         A tale proposito, Francesco Alziator, considerato uno dei più importanti cultori contemporanei di etnografia per i contributi apportati nel campo delle tradizioni popolari sarde e catalane, scrive, in uno dei suoi “pezzi” su Cagliari, riferito a quel periodo:

 

“La collina di Bonaria fu a lungo oggetto di ricerca, a cominciare da quell’impareggiabile Alberto La Marmora e soprattutto dai geologi secondo i quali si trattava di una zona estremamente interessante perchè comprendeva una breccia ossifera del quaternario continentale.

Ormai, dell’altura di Monreale ben poco resta, perfino il nome è sparito, sopravvive solo sui libri e su qualche vecchia carta topografica. Quella collina infatti era l’osservatorio di Alfonso d’Aragona durante l’assedio di Cagliari. Alfonso, a quei tempi, veramente non era re, ma solo infante. I sardi però, videro le cose con la lente d’ingrandimento e chiamarono monte una collina e re un principe e così venne fuori “Monreale”, e “Grutta de su Rei” fu detta la grande cavità, ora in parte murata, davanti alla Basilica, dove, secondo la leggenda, nel 1324, si sarebbe sistemato Alfonso nei primi tempi dello sbarco.

Certo in nessun punto della città come sul colle di Bonaria si è fatta la storia.”

 

         Il 19 giugno 1324, un anno dopo lo sbarco nell’isola, un martedì, sotto una tenda d’assedio sul colle di Bonaria, fu firmata la pace fra il Comune di Pisa e la Corona d’Aragona in guerra per la conquista dei territori oltremarini pisani nell’isola i quali non rappresentavano tutta la Sardegna ma solo una parte di essa, e cioè: il Campidano, la Gallura e il Logudoro.

 

         I cronisti delle due parti: Zurita per gli Aragonesi, Villani e Tronci per i Pisani, ci hanno narrato con ricchezza di particolari, in pagine famose, gli avvenimenti di quel tormentato 1324. Di quei giorni tutto è scomparso e nessuna traccia è rimasta neppure delle mura che cingevano la cittadella dell’Infante Alfonso.

 

         Con la firma del trattato di pace i vincitori cambiarono la condizione giuridica dell’ex entità sardo-pisana da subordinata in assoluta, al fine di aggregare questi nuovi territori con specifica fisionomia istituzionale alla Corona d’Aragona rappresentata dalle leggi monarchiche. Quindi, nel 1324 fu creato uno Stato ex novo: il Regno di Sardegna e Corsica. Tutto questo è affermato da una Carta Reale Diplomatica dell’Archivio della Corona d’Aragona di Barcellona, pubblicata nel 1952 da Antonio Arribas Palau nel suo volume “La conquista de Cerdeña por Jaime II de Aragòn”.

 

SE NE DEDUCE CHE L’ATTUALE STATO ITALIANO EBBE ORIGINE IN SARDEGNA, SUL COLLE DI BONARIA IN QUEL DI CAGLIARI, IL 19 GIUGNO 1324, UN MARTEDI’, SOTTO UNA TENDA D’ASSEDIO.

 

         Fin dall’inizio il Regno ebbe come emblema concesso dalla Corona d’Aragona, lo scudo con quattro teste di moro inquartate in croce rossa in campo bianco o argento, che compare per la prima volta in uno stemmario belga del 1370/86 con i mori senza bende. I quattro mori sono un antico simbolo aragonese che celebrava la vittoria di Alcoraz nel 1096 contro i saraceni. Successivamente i mori furono rappresentati con le bende sulla fronte o con la corona sul capo - come nelle insegne originarie del Regno d’Aragona - e, talvolta, con le bende sugli occhi e tutto ciò, si pensa, per cattiva impressione grafica nel periodo della stampa mobile. E, così, lo stemma rimase a rappresentare il Regno in tutte le bandiere, stendardi e labari statali, caricato dopo il 1720 dell’aquila Sabauda, fino all’assunzione, il 23 marzo 1848, del tricolore verde - bianco - rosso e lo stemma di Casa Savoia nel Risorgimento.

 

         Per completare gli strumenti formali di statualità del nuovo Regno, Giacomo II d’Aragona instaura un sistema monetario sardo basato sulla lira sarda, dando anche il diritto di battere moneta con proprie zecche isolane.

 

         Malgrado il trattato di pace firmato nel 1324 la situazione politica nell’isola precipitò nuovamente e ripresero le ostilità che si conclusero definitivamente il 9 giugno del 1326. Dopo che il Castello fu tolto ai Pisani esso fu ripopolato dagli aragonesi che abbandonarono la rocca di Bonaria.

 

         Il diritto di abitare nel Castello fu concesso solo ai Catalani, agli Aragonesi, ai Valenzani e ai Maiorchini. I Sardi, come gli stranieri, dovevano lasciare prima che si facesse notte il Castello, sotto pena di essere buttati giù dalle mura. La consuetudine, che mirava ad una tutela del Castello, rimase in uso sino ai tempi di Carlo V (1516 - 1556).

 

         In seguito all’unione personale tra Ferdinando II d’Aragona e Isabella di Castiglia (detti i re Cattolici) nacque la Corona di Spagna. Il 15 gennaio 1479, cioè quando fu messo in pratica l’accordo chiamato Concordia di Segovia, l’originario Regno di Sardegna e Corsica, che da più di un secolo faceva parte della Corona d’Aragona, fu scempiato nel titolo e chiamato solo Regno di Sardegna. (La Corsica scompare perché l’isola non fu mai conquistata dagli Aragonesi).

 

         Dalla fine del quattrocento fino a tutto il seicento, l’isola divenne un regno periferico di un impero mondiale i cui interessi gravitavano non più nel Mediterraneo ma in Atlantico. Chiusa in se stessa, fu sfiorata appena dai principali eventi della storia europea e assunse il carattere di isola dimenticata e misteriosa.  Nel 1720 si conclude il periodo di dominio dell’isola da parte Aragonese e Spagnola, durato per circa quattrocento anni, dal 1323 al 1720.

 

         Nel 1713, col trattato di Utrecht fu sancita la separazione tra Spagna e Impero. La Sardegna fu assegnata all’Austria la quale, in virtù del trattato di Londra del 2 agosto 1718 e del successivo trattato dell’Aia del 1720, consegnò l’isola, il 4 agosto 1720, al nuovo re Vittorio Amedeo II di Savoia.

 

         Il nuovo regno diventò da imperfetto a perfetto attribuendogli la summa potestas, cioè la facoltà di stipulare trattati internazionali. Il regno si italianizzò. Si procedette ad una vasta azione riformatrice nei limiti del trattato di Londra il quale imponeva al sovrano di conservare e rispettare le istituzioni e la struttura politico - amministrativa precedenti.

 

         E’ forse il caso di ricordare che il regno ebbe pure, in epoca tarda, un inno nazionale: S’hinnu Sardu Nationale, che fu eseguito per la prima volta nel Teatro Civico di Cagliari il 20 febbraio 1844.

 

         Il testo dell’inno recita:

 

Conservet Deus su Re

Salvet su Regnu Sardu

Et gloria a’ s’istendardu

Concedat de’su Re.

 

Fu eseguito l’ultima volta ufficialmente nel 1937 dal coro della Cappella Sistina, diretto da Lorenzo Perosi, per espresso desiderio di Vittorio Emanuele III. In periodo contemporaneo, che prolunga all’oggi la statualità sarda, è stato suonato dalla banda dei Carabinieri al Quirinale il 29 maggio 1991 in omaggio all’origine sassarese del presidente Francesco Cossiga. Infine, è stato eseguito al momento delle sue dimissioni da Capo dello Stato il 28 aprile 1992.

 

         Per concludere, gli avvenimenti descritti più sopra consentono d’affermare che l’attuale Stato Italiano è nato in Sardegna e precisamente il 19 giugno 1324, sotto una tenda d’assedio sul Colle di Bonaria, nei pressi di Cagliari. Inizialmente fu chiamato  “Regno di Sardegna e Corsica”   fino al 1475, cioè quando con le nozze di Ferdinando II e Isabella e la conseguente nascita della Corona di Spagna il titolo originario diventò  “Regno di Sardegna”; nel 1861 “Regno d’Italia”  fino al 1946, poi  “Repubblica Italiana”  fino ad oggi.[1]

 



LA MONETAZIONE IN SARDEGNA

 

DAL IV SECOLO a.C. AL 1813

 

         Vi sono tanti modi per tracciare il profilo storico, economico e sociale di una regione. Uno, abbastanza efficace, è quello di basarsi sulle sue monetazioni: è la moneta infatti non solo un mezzo di scambio o documento economico, ma anche un simbolo dello Stato emittente.

 

         All’originario scambio delle merci che era il modo abituale delle trattazioni commerciali fece seguito la monetazione vera e propria la quale via via, nel corso dei secoli, segna le vicende storiche, economiche e sociali, ma anche religiose e culturali dei diversi tempi in cui vengono coniate e utilizzate.

 

         Quello delle monete è un aspetto della nostra Isola non troppo conosciuto, al di fuori della cerchia ristretta degli studiosi e dei collezionisti. Tracciare una sintesi delle monetazioni succedutesi nella Sardegna nel corso dei secoli è cosa ardua; altrettanto problematica è l’attribuzione di queste a zecche sarde.

 

         La Sardegna non ha mai avuto una monetazione autonoma e le emissioni battute nell’isola sono sempre state coniate sotto l’influenza o sotto il dominio di Stati stranieri.

 

         L’origine della sua monetazione è cronologicamente posteriore di circa due secoli a quelle delle colonie greche della Sicilia e della Magna Grecia. La prima coniazione di monete nell’isola risale al 300 a.C. ed è legata alla dominazione punica. Essa si protrarrà sino al 216 a C. e gli studi sin qui eseguiti non hanno ancora consentito di stabilire e localizzare le città dell’isola ove fossero situate le zecche di emissione.

 

         Di quelle di cui si ha certezza e che riguardano periodi successivi, si descrive qui di seguito un breve profilo storico.

 

Zecca di Cagliari                 E’ stata la prima e la più importante dell’isola. Gli storici hanno ormai accettato la sua esistenza a partire dal 217 a.C., attribuendogli l’emissione delle monete sardo-romane sino al 27 a. C. anno in cui vide la luce la moneta sardo-romana per eccellenza nota col nome di Sardus Pater. 

                   Gli sono attribuite anche le emissioni risalenti all’epoca Bizantina, dal 668 al 720.

                   Dopo alcuni secoli la zecca di Cagliari riprese l’attività sotto il dominio Aragonese, nel 1339, cui fece seguito quello Spagnolo sino al 1720, anno di passaggio dell’isola ai Savoia. L’attività della zecca cessò definitivamente nel 1813.

 

Zecca di Bonaria        Si può dire che è stata la prima zecca di Cagliari dell’epoca Aragonese giacché nacque ed esercitò fra il 1323 e il 1326, durante l’assedio di Castello da parte degli Aragonesi. Vi furono coniati nel 1324 i due tipi di Alfonsino emessi in onore dell’infante Alfonso d’Aragona.

 

Zecca di Iglesias                 Quella di Villa di Chiesa (Iglesias) è la prima zecca medioevale della Sardegna, nata in seguito a particolari eventi storici e agevolata, durante la sua attività, dalla immediata vicinanza alle miniere d’argento.

                   Instaurata nel breve periodo dell’età Pisana in cui Guelfo e Lotto (figli del Conte Ugolino) erano padroni della città, nel 1289, continuò la sua attività durante la successiva dominazione aragonese, fino a circa il 1370.

 

Zecca di Sassari                Fra il 1410 ed il 1417 Guglielmo di Narbona ha il dominio della città col titolo di Giudice d’Arborea e fece coniare due monetine: la patacchina e il minuto.

                   Nel 1421 Sassari viene annessa alla Corona d’Aragona e Alfonso V° (1416-1458) autorizza l’apertura di una zecca ove si conia l’unica moneta di questo periodo, il minuto.

 

Zecca di Alghero                 La città di Alghero, roccaforte degli aragonesi in Sardegna sin dal tempo di Pietro IV d’Aragona (1336-1387), ha coniato, durante i regni di Alfonso V il Magnanimo (1416-1458) e dell’imperatore Carlo V (1516-1556), monete minute di rame.

                   Data la caratteristica delle monete non si può parlare di una zecca reale vera e propria, bensì di una zecca a carattere locale.

 

Zecca di Bosa   Questa zecca, che rappresenta una novità è autorizzata da Giovanni II° d’Aragona (1458-1479) a coniare un minuto il quale ha corso legale soltanto nella città e nel territorio di Bosa.

 


         Qui di seguito viene riportato un compendio storico-documentativo della monetazione in Sardegna scaturito dalla lettura dei “testi” elencati alla fine di questa monografia.

 

ORIGINI DELLA MONETAZIONE NELL’ISOLA

 

          Le attuali conoscenze fanno pensare che fino al IV° secolo a.C. la circolazione monetaria nell’Isola fosse pressoché nulla. Non è però escluso che ancora prima delle frequentazioni dei Fenici si fosse giunti ad intendere il metallo più pregiato del tempo, e cioè il bronzo, come qualcosa che aveva un preciso valore intrinseco e che quindi, in base a prestabiliti rapporti di peso e lavoro, poteva anche essere usato come strumento di “pagamento” nell’acquisto di determinate merci. Sotto questo profilo possono avere valore di “moneta” i grossi pezzi di bronzo dalla forma approssimativa di un rettangolo leggermente schiacciato ai lati che, sulla base della loro forma, si pensa dovessero avere un valore equivalente a quello di una pelle conciata di bue. (Un esemplare di questo lingotto trovasi presso il Museo Archeologico di Ozieri - pesa 27,300 chili e risale al 1200 a.C.). La presenza di questi lingotti dimostra perciò che anche in Sardegna veniva usato, negli scambi commerciali, questo tipo di moneta primordiale.


 

ETA’ CARTAGINESE         

 

          Una vera e propria circolazione monetaria nell’isola comincia col diffondersi, a partire dal V secolo a.C., delle coniazioni puniche e siculo - puniche, con una netta prevalenza di monete di bronzo. I ritrovamenti in terra sarda di monete del tipo sopra descritte sono tanto numerosi e cospicui che hanno fatto sorgere il dubbio che esse siano state coniate anche in Sardegna; non si hanno però dati scientifici per poterlo affermare con certezza. La prima coniazione di monete nell’isola avviene intorno al 300 a.C. Essa fu copiosa e si protrasse sino al 216 a.C. quando vedono la luce gli ultimi due tipi monetali che ricalcano moduli figurativi già esistenti nell’area greco-punica. Appartiene a questa serie lo splendido e raro statere d’oro, primo e unico esempio di numerale aureo di tutta la monetazione sardo-punica.

 

 

ETA’ ROMANA

 

         Fanno seguito - dal 238 a C. - le emissioni sardo-romane le quali interessano un periodo di poco più di due secoli.

         Sono circa 25 le monete sinora considerate di conio sardo. Esistono tuttora delle incertezze da parte degli studiosi riguardo il problema della individuazione delle emissioni del periodo romano da attribuire alla Sardegna.

         La moneta sardo-romana per eccellenza è certamente quella nota con il nome di Sardus Pater. Essa risale al periodo 38-27 a.C. ed è stata coniata in interminabili varietà di pesi (da 1,45 grammi a 2, 3, 4, 5 e così via sino ad alcuni esemplari che sfiorano i 10 grammi) moduli e stili.

         L’attribuzione alla Sardegna di alcune serie monetali romane coniate alla fine del III° secolo a.C., durante la Repubblica, è basata soprattutto sul fatto che alcuni bronzi sono riconiati su monete sardo-puniche. La prima di queste serie è quella recante la lettera “C”, che molti studiosi leggono come l’iniziale di Caralis, dove doveva essere in attività una zecca.

 

 

ETA’ VANDALICA

 

         La circolazione monetaria durante la dominazione vandalica (circa 456 - 534 d.C.) non è stata finora oggetto di particolare attenzione da parte degli studiosi, sia per la scarsa documentazione, sia soprattutto perchè i ritrovamenti di monete sono così sporadici da non consentire ancora di stabilire se in quel periodo funzionasse nell’isola una zecca. Le poche monete riferibili a quegli anni rinvenute nell’isola sono in maggior parte di tipo barbarico; cioè monete di bronzo molto piccole (nummi) dal conio rozzo e approssimativo.

 

 

ETA’ BIZANTINA

 

          Nel lungo periodo che va dal 534 al 668 le monete circolanti nell’isola sono emesse da zecche bizantine non sarde. Sotto Costantino IV (668-685) entra in funzione una zecca sarda: è molto probabile che si trovasse a Cagliari, che era il centro politico, culturale ed economico più importante della Sardegna e quindi la città più idonea ad ospitare una officina monetaria imperiale. Con Leone III (717-720) cessa nell’isola la coniazione di monete a nome degli imperatori bizantini e hanno inizio le incursioni arabe lungo le coste ed il conseguente progressivo esodo da parte dei bizantini. Trascorreranno più di tre secoli prima che in Sardegna le monete tornino a circolare con una certa regolarità, sostituendosi al baratto, diventato di uso comune in un così lungo periodo di isolamento e di abbandono. A parte sono elencate le monete coniate dai Bizantini in Sardegna e attribuite alla zecca di Cagliari.

 


ETA’ GIUDICALE

 

         Negli ultimi due secoli del primo Millennio la Sardegna si trova isolata rispetto al potere centrale di Bisanzio e sempre più esposta alle incursioni degli Arabi. Nascono così i Giudicati, presenza assolutamente originale nella storia della Sardegna, difficilmente considerabili come veri Stati nell’accezione istituzionale moderna. Non risultano ritrovamenti di monete risalenti all’epoca giudicale. Non si può però non ricordare che nei sette anni (1410-1417) in cui ha il dominio di Sassari Guglielmo di Narbona col titolo di Giudice d’Arborea, furono coniate a Sassari due monetine: la patacchina e il minuto, di metallo povero e di dimensioni molto piccole.

 

 

ETA’ PISANA   

 

         Seguì, dopo molte vicissitudini, la dominazione Pisana (1016 - 1323) e nacque la zecca di Villa di Chiesa (l’attuale Iglesias) dove vennero coniate le uniche due monete medioevali sarde.

 


ETA’ ARAGONESE   

 

         Quando gli aragonesi si impossessarono dell’isola, prese forma istituzionale il Regno di Sardegna e Corsica al quale vengono concessi, da parte di Giacomo II d’Aragona (1291-1327), benefici e privilegi fra i quali lo ius cudendi, cioè il diritto di battere moneta propria. Di tale diritto si avvale Alfonso d’Aragona, figlio di Giacomo II, subito dopo avere sconfitto i Pisani. Ha così inizio nel 1324 la monetazione sardo-aragonese con l’emissione di due esemplari chiamati alfonsino minuto e alfonsino d’argento; essi vengono chiamati alfonsini in onore appunto dell’infante Alfonso. L’alfonsino minuto ha il valore di un denaro che a sua volta genera una propria lira - in questo caso la lira sarda - ed è la base di quasi tutti i sistemi monetari dell’Europa occidentale e rappresenta il valore-base del nuovo sistema monetario messo a punto dal re aragonese per la Sardegna. Tale sistema, con alcune varianti, si protrarrà per 400 anni sino all’età Sabauda.

 

 

Zecca di Bonaria        Circa l’ubicazione delle zecche che provvedettero a detta emissione, un recente studio del numismatico barcellonese M. Crusafont i Sabater, suffragato da una precisa documentazione, ha dimostrato che l’alfonsino d’argento veniva coniato a Villa di Chiesa (Iglesias), mentre l’alfonsino minuto, di cui esistono due tipi, veniva coniato a Bonaire (l’attuale Bonaria), sul colle che oggi fa parte integrante della città di Cagliari.

 

QUINDI IL COLLE DI BONARIA

E’ IL LUOGO OVE NACQUE

LA PRIMA ZECCA DI CAGLIARI

DELL’ETA’ ARAGONESE - SPAGNOLA.

 

         Di questi due tipi di alfonsini minuti la zecca di Bonaria arrivò a coniarne in un solo anno più di 1.500.000 esemplari! E’ bene ricordare che allora, fra il 1323 e il 1326, durante l’assedio di Castello, gli Aragonesi costruirono sul colle di Bonaria una città fortificata, una rocca cinta di mura, che ebbe una popolazione di seimila uomini. Dopo la resa dei Pisani, avvenuta il 9 giugno 1326, gli aragonesi entrarono definitivamente in Castello dove si stabilirono, abbandonando la rocca di Bonaria che rimase spopolata. E’ quindi ragionevole ritenere che con l’occasione vi fu trasferita anche la zecca; infatti da allora si parlò soltanto della zecca di Castello e non più di Bonaria.

 

Zecca di Castello       Il diritto di zecca venne concesso alla città di Cagliari da Giacomo II d’Aragona con Diploma Regio del 25 (o del 27) agosto 1327, quando, cioè, era in piena attività la zecca di Iglesias e quindi non era particolarmente sentita la necessità di aprirne una nuova; cosicchè la città di Cagliari solo nominalmente potè annoverare questo privilegio.

 

         Dell’attività di questa zecca si parla per la prima volta nel 1338, quando Pietro IV il Cerimonioso (1336-1387) con una sua Prammatica del 6 gennaio 1338 ordina che “nel Castello di Cagliari venga battuta moneta aurea chiamata Alfonsino d’oro”.

 

         La battitura di questa moneta venne iniziata poco dopo, indi sospesa e poi ripresa nel luglio del 1339. Si può comunque dire che l’alfonsino d’oro è stato effettivamente coniato durante il periodo intercorso fra il 6 gennaio ed il luglio 1339. Purtroppo non si conosce, sinora, alcun esemplare di questa moneta aurea.

        

         Nel 1387, regnando Giovanni I° (1387-1396), la zecca riprese l’attività con l’emissione di un alfonsino minuto leggermente svalutato rispetto a quelli circolanti in quell’epoca.

 

         Dopo di che la zecca di Cagliari resta inattiva per altri cinquant’anni circa, e cioè sino all’avvento di Alfonso V detto il Magnanimo (1416-1458) il quale con decreto 27 gennaio 1442 autorizza ad emettere reali d’argento. Da notare che per la prima volta una moneta sardo-aragonese viene chiamata reale (PEZZA in dialetto).

 

         Sotto Ferdinando II il cattolico (1479 - 1516) vede la luce una nuova moneta chiamata cagliarese, emessa dalla zecca di Cagliari diventata nel frattempo la più importante dell’isola, confermandosi “zecca reale” o “zecca del Regno di Sardegna”.

 

         Questa moneta avrà fortuna: tutte le monete minute che si batteranno d’ora in poi sia nella zecca di Cagliari che in quella di Torino avranno questo nome, che troveremo ancora in una moneta di Vittorio Emanuele I di Savoia, nel 1813!

 

         Con Ferdinando II si chiude il periodo catalano (1297-1516) e le coniazioni sardo-aragonesi lasciano il posto a quelle dell’età spagnola (1516-1718) scaturita dalle nozze fra Ferdinando II d’Aragona (il Cattolico) e Isabella di Castiglia.

 

 

ETA’ SPAGNOLA     

 

         L’età più propriamente spagnola della  storia sarda si estende per quasi duecentocinquant’anni: dall’ascesa al trono di Ferdinando e Isabella (1479) alla fine della guerra di successione spagnola (1713-1720).

         Già a partire dal 1520 l’imperatore Carlo V (1516-1556) fece coniare tutta una serie monetale a suo nome, che sostituiva di fatto le vecchie monete dei precedenti re aragonesi.

 

         La zecca principale di Carlo V è quella di Cagliari dove viene coniata la prima moneta aurea della serie sardo-aragonese-spagnola a noi pervenuta: lo scudo d’oro. Esso è equiparato ad altri scudi circolanti in Italia, Spagna e Francia.

 

         Verso la fine del regno di Filippo II (1556-1598), nell’ultimo decennio del XVI secolo, durante la grave crisi economica che investe gran parte dell’Europa, fanno la loro apparizione i maltagliati. Si  chiamano così le monete ricavate coniando una nuova impronta su una vecchia moneta col risultato di esemplari talvolta illeggibili. Per le monete sarde di questo tipo vengono generalmente usati vecchi e brutti esemplari già maltagliati provenienti dalla Spagna e dalle colonie spagnole d’America. In quegli anni l’usanza di coniare i maltagliati non riguarda soltanto la Sardegna ma in generale tutte le terre dell’impero spagnolo, dalla Spagna a Milano, dalle Fiandre a Napoli e alle colonie d’America.

 

 

         A tutto questo si aggiunge la falsificazione da parte dei privati di monete di piccolo taglio che, iniziata in proporzioni modeste sotto Filippo II si diffonde sempre più sino a ridurre l’erario pubblico a mal partito. I falsari producono a pieno ritmo e alcuni di essi, per non cadere nelle mani della giustizia, se ne vanno a lavorare nella vicina Corsica; di là portano poi in Sardegna le monete false e le immettono in circolazione.

 

         Dopo circa ottant’anni, nel 1668, sotto il re Carlo II (1665-1700), viene attuata l’attesa riforma che consiste nell’emettere nuove monete di buona lega e bello stile, e nel ritiro di tutta la moneta falsa circolante. L’operazione ha successo e dal 1671 cessa in Sardegna la coniazione dei maltagliati, cosa che invece si protrae ancora per decenni in altre parti d’Europa.

 

         Nel 1701 nella zecca di Cagliari si conia, a nome di Filippo V (1700-1719) uno scudo d’oro, cosa che ormai non accadeva da quasi due secoli, e cioè dai tempi di Carlo V imperatore. Questa moneta viene coniata per diversi anni in numero ragguardevole ed ebbe una certa diffusione anche fuori dalla Sardegna.

 

         Infine anche Carlo III (1708-1718) - che diverrà imperatore d’Austria col titolo di Carlo VI - inserisce fra le emissioni che portano il suo nome uno scudo d’oro che sarà coniato  per cinque anni (dal 1710 al 1714).

 

         Con Carlo III di Spagna si chiude la lunga serie monetale dei sovrani spagnoli  che  aveva  avuto inizio nel 1516 con Carlo V.

 

 

ETA’ SABAUDA

 

         Fa seguito l’età Sabauda (1720-1842). I Savoia lasciano immutato il sistema monetario sardo basato sulla lira sarda instaurato quattro secoli prima da Giacomo II d’Aragona. Infatti le prime monete coniate (non in Sardegna) da Vittorio Amedeo II (1724) sono i tre cagliaresi e il cagliarese di rame, cui fanno seguito (1727) due monete d’argento da un reale e da mezzo reale: le quattro monete non sono altro che i vecchi nominali del periodo spagnolo.

 

         Nel Regno di Sardegna si ha quindi una doppia monetazione, quella sarda e quella piemontese, che obbliga, tra territori di uno stesso Stato (isola e terraferma), ad un cambio della moneta in base ad un preciso tariffario, quasi si trattasse di due Stati differenti.

 

         Con Vittorio Amedeo III di Savoia (1773-1796) dopo un’interruzione di molti decenni riprese l’attività della zecca di Cagliari. Essa ebbe inizio il 6 febbraio 1793 con l’emissione di 1 reale, cui fecero seguito altri esemplari regnando Carlo Emanuele IV (1796-1802) e Vittorio Emanuele I° (1802-1821).

 

         Infine sempre con Vittorio Emanuele I° venne battuta a Cagliari nel 1813 una moneta da 3 cagliaresi che non si coniava dal 1741, cioè da oltre settant’anni, pur essendo, la stessa, la moneta spicciola di più largo uso in Sardegna. Di questa moneta sono stati coniati 50.000 esemplari e resta l’unica di tutta la serie monetale sarda medioevale e moderna a non presentare alcuna legenda, né al diritto né al rovescio.

 

         Con l’emissione della moneta da 3 cagliaresi si chiude definitivamente l’attività della zecca di Cagliari, così come si chiude la storia della monetazione più propriamente “sarda”.

        

         Durante il regno di Carlo Alberto (1831-1849) circolavano ancora le vecchie monete tagliate sul sistema monetario sardo. Esse ebbero corso legale fino al 1864, anno in cui vennero sostituite con le monete decimali del nuovo Regno d’Italia.

 

         E’ interessante conoscere con quali nomi il popolo e soprattutto gli abitanti di Cagliari e del Campidano, continuerà a chiamare, fino alla metà di questo secolo, i tagli più usati delle nuove monete:

 

5 lire

iscudu

1 lira

francu

½ lira o 50 centesimi

pezza

25 centesimi

mesu pezza

10 centesimi

su soddu

5 centesimi

tres arrealis

1 centesimo

arreali

 

         Il Piras nel suo libro Le monete della Sardegna fa conoscere il potere d’acquisto della moneta in circolazione agli inizi del secolo scorso. Si ritiene interessante trascrivere integralmente quanto egli dice a pagine 255 di detto libro:

            “Nel 1812 la zecca di Cagliari batte i nuovi reali a nome di Vittorio Emanuele I°. Quattro di queste monete, vale a dire una lira sarda, costituivano allora la paga giornaliera di un operaio qualificato. Un manovale comune guadagnava la metà. A una donna di servizio, oltre il vitto e l’alloggio, si davano 20 reali (5 lire sarde) al mese. La stessa paga riceveva un garzone di bottega. Con un reale si comprava un chilo di buona carne di manzo (era forse questa, tra gli alimentari, la voce più a buon mercato) o un chilo scarso di pasta, o mezzo chilo di formaggio sardo (il parmigiano costava sei volte tanto!) o dieci uova, o un litro d’olio, o due litri abbondanti di vino. Il pane era caro, costava quanto la carne. Per un paio di scarpe comuni da uomo occorrevano 16 reali, quindi otto giorni di lavoro di un manovale, o quattro di un muratore; il doppio occorreva per un cappello a falde di tipo corrente. La sola confezione di un abito da uomo costava 24 reali; 10 quella di un abito semplice da donna; ma un abito di lusso, compresi i tessuti, poteva costare fino a 1.500 reali. In un ristorante della Marina, a Cagliari, si faceva un buon pranzo con 5 reali.” [2]

 

         Circa l’ubicazione della zecca di Cagliari non si hanno notizie precise, ma in un documento del 1626 si accenna ad una “casetta dove anticamente si batteva moneta” situata alle spalle della fontana di San Pancrazio e del monastero della Concezione. Sembra però che nell’ultimo periodo della loro dominazione gli spagnoli abbiano trasferito la zecca in un locale presso la Torre dell’Elefante.

 

         Fanno seguito i prospetti contenenti l’elenco delle monete coniate presso le zecche di Cagliari (Bonaria e Castello), nonché l’elenco di quelle monete di probabile attribuzione alla Sardegna.

 


         Qui di seguito si elencano le monete coniate dalle zecche di Bonaria e Castello (Cagliari), durante gli oltre 400 anni (dal 1297 al 1718) di dominazione Aragonese e Spagnola e i 120 anni (dal 1720 al 1842) dell’epoca Sabauda.

 

ETA’ ARAGONESE (1297-1516)

 

1

Giacomo II° d’Aragona

1291-1327

alfonsino minuto[3]

mistura

 

2

Giovanni I° d’Aragona

1387-1396

alfonsino minuto

mistura

 

3

Martino I° d’Aragona

1396-1410

picciolo

mistura

 

4

Alfonso V° d’Aragona

1416-1458

alfonsino d’argento

(o reale)

argento

5

 

 

mezzo alfonsino d’argento

 (o mezzo reale)

argento

6

 

 

denaro reale

mistura

7

 

 

alfonsino minuto

mistura

8

 

 

picciolo

mistura

 

9

Giovanni II° d’Aragona

1458-1479

reale minuto

mistura

 

10

Ferdinando II° d’Aragona

1479-1516

reale

argento

11

 

 

reale (con effige del re)

argento

12

 

 

mezzo reale

argento

13

 

 

reale minuto

mistura

14

 

 

cagliarese

mistura

15

 

 

due cagliaresi

mistura

 

 

ETA’ SPAGNOLA (1516-1718)

 

16

Carlo V° imperatore

1516-1556

scudo d’oro

oro

17

 

 

3 reali

argento

18

 

 

2 reali

argento

19

 

 

reale

argento

20

 

 

cagliarese

mistura

 

21

Filippo II° di Spagna

1556-1598

10 reali

argento

22

 

 

5 reali

argento

23

 

 

3 reali

argento

24

 

 

2,5 reali

argento

25

 

 

2 reali

argento

26

 

 

reale

argento

27

 

 

3 cagliaresi

mistura

28

 

 

cagliarese

mistura

 

29

Filippo III° di Spagna

1598-1621

5 reali

argento

30

 

 

6 cagliaresi (soldo)

mistura

31

 

 

3 cagliaresi

mistura

32

 

 

cagliarese

mistura

 

33

Filippo IV di Spagna

1621-1665

10 reali

argento

34

 

 

5 reali

argento

35

 

 

2,5 reali

argento

36

 

 

reale

argento

37

 

 

soldo

mistura

38

 

 

3 cagliaresi

mistura

39

 

 

2 cagliaresi

mistura

40

 

 

cagliarese

mistura

 

41

Carlo II° di Spagna

1665-1700

10 reali (maltagliato)

argento

42

 

 

5 reali

argento

43

 

 

2,5 reali

argento

44

 

 

reale

argento

45

 

 

½ reale

argento

46

 

 

3 cagliaresi

rame

47

 

 

cagliarese

rame


48

Filippo V° di Spagna

1700-1719

scudo d’oro

oro

49

 

 

2,5 reali

argento

 

50

Carlo III°, poi VI imperatore

1708-1718

scudo d’oro

oro

51

 

 

2,5 reali

argento

52

 

 

3 cagliaresi

rame

53

 

 

cagliarese

rame

 


 

ETA’ SABAUDA (1720-1842)

 

54

Vittorio Amedeo III° di Savoia

1773-1796

reale (pezza)

mistura

 

55

Carlo Emanuele IV° di Savoia

1796-1802

reale

mistura

 

56

Vittorio Emanuele I° di Savoia

1802-1821

reale

mistura

57

 

 

3 cagliaresi

rame

 

Nota

Nell’elenco di cui sopra non è stata inserita la 58^ moneta – alfonsino d’oro – coniata nel Castello di Cagliari nel 1339, per volere di Pietro IV d’Aragona (1336-1387), perché, sinora, non ci è pervenuto alcun esemplare di questa moneta.

 

ETA’ BIZANTINA (551- fine sec. X)

 

MONETE CONIATE IN SARDEGNA

E ATTRIBUITE ALLA ZECCA DI CAGLIARI

 

1

Costantino IV°

668-685

solido

oro

2

 

 

tremisse

oro

3

 

 

follis

rame

 

4

Giustiniano II°

(primo regno)

685-695

solido

oro

5

 

 

follis

rame

6

 

 

mezzo follis

rame

 

7

Leonzio III°

695-698

tremisse

oro

8

 

 

mezzo follis

rame

 

9

Tiberio III°

698-705

solido

oro

10

 

 

tremisse

oro

11

 

 

mezzo follis

rame

 

12

Giustiniano II°

(II° regno)

705-711

solido

oro

13

 

 

tremisse

oro

 

14

Artemio Anastasio II°

713-715

solido

oro

15

 

 

tremisse

oro

16

 

 

mezzo follis

rame

 

 

17

Teodosio III°

716

solido

oro

18

 

 

tremisse

oro

 

19

Leone III°

717-720

solido

oro

20

 

 

tremisse

oro

 

         L’esistenza di altri tremissi di provenienza sarda, coniati regolarmente su imitazione delle ultime monete di Leone III°, pare dimostrare che, ancora per qualche tempo dopo il 720, ci sia stata in Sardegna una certa attività monetaria.

 

 

MONETE DI PROBABILE

 

ATTRIBUZIONE ALLA SARDEGNA

 

1.     

Zecca incerta della Magna Grecia (VI-V sec. a.C.)

didracma

argento

2.     

Zecca incerta della Magna Grecia (VI-V sec. a.C.)

diobolo

argento

3.     

Zecca incerta della Magna Grecia (VI-V sec. a.C.)

triemitartemorion

argento

4.     

Zecca di Taormina

(III° sec. a.C.)

bronzo

bronzo

5.     

Zecca punica incerta

(241-238 a. C.)

grande o medio bronzo

bronzo

6.     

Zecca punica incerta

(241-238 a. C.)

piccolo bronzo

bronzo

7.     

Zecca punica incerta

(241-238 a. C.)

piccolo bronzo

bronzo

 

 


 

BREVE STORIA

 

DEL SANTUARIO DI N. S. DI BONARIA

 

 

         Come si sa, la zona sulla quale sorgono il Santuario e la Basilica di Bonaria e le sue adiacenze furono abitati fin dai tempi molto antichi. Già era stata necropoli pagana e, probabilmente, come tutte le alture, luogo di culto punico e forse anche protosardo. Bonaria è uno dei più antichi rioni della città; più antico del Castello.

 

         Bonaria è un nome che ha fatto molta strada fino ad approdare in Argentina e diventare quello della capitale. Infatti l’attuale Buenos Aires deriva dall’essere stata la città dedicata dal fondatore (1535) don Pedro de Mendoza, alla Madonna di “Buon’aria”. Nè lo hanno scordato i Catalani. In pieno “Casco antiguo” di Barcellona vi è tuttora la “Calle de Bonaire”.

 

         Il Santuario, che appartiene ai Frati Mercedari, fu edificato tra il 1323 ed il 1326 dai Catalano-Aragonesi, sotto il Regno di Giacomo II° d’Aragona, sul colle cinto di mura che costituiva, in quel tempo, il quartiere generale dell’esercito guidato dall’infante Alfonso d’Aragona, durante l’assedio al Castello di Cagliari, allora sotto la dominazione pisana. Il Santuario ed il convento rappresentano il più antico esempio di architettura religiosa gotico-catalana nell’isola. Dell’antico complesso è ancora oggi visibile la parte absidale con la torre campanaria.

 

         Di epoca più recente è invece la Basilica, la cui prima costruzione risale al XVIII secolo e che fu completata soltanto nel 1956.

 

         All’interno del Santuario è conservata la statua lignea della Madonna di Bonaria alla quale è legata un’antica leggenda. Nel 1370, durante la navigazione dalla Spagna verso l’Italia, l’equipaggio di una nave fu costretto, a causa di una tempesta, a gettare in mare tutto il suo carico, compresa una cassa contenente la statua della Madonna. Proprio in quel momento la tempesta di placò e l’equipaggio fu salvo. La cassa approdata sulla riva del mare ai piedi del colle - dove oggi una colonnina ricorda il punto del miracoloso approdo - fu trovata dai frati Mercedari e portata al Santuario. Si racconta che la statua sistemata provvisoriamente in luoghi diversi all’interno della chiesa, veniva ritrovata sistematicamente, con grande meraviglia e stupore da parte dei padri mercedari, nell’altare maggiore ove ancora oggi è situata.

 

         Dopo l’approdo della Vergine, non vi fu sovrano di Spagna o di Savoia che non salisse il colle del miracolo a rendere omaggio a Maria. D’altronde, Bonaria  è stata sempre testimone del passaggio di grandi personaggi: in quelle acque, dall’8 all’11 luglio del 1270, sostarono San Luigi re di Francia, il re di Navarra, i conti di Potiers, di Fiandra, di Bretagna ed il fior fiore della nobiltà francese che si dirigevano, crociati, in Terra Santa.

 

         La Madonna di Bonaria è stata eletta protettrice dei naviganti e dei marinai, nonchè Patrona della Sardegna ed è molto venerata dai sardi tanto che il Santuario è meta di numerosi pellegrinaggi da parte dei fedeli. La prima domenica di luglio si celebra con larga partecipazione di folla, una festa con riti religiosi durante la quale il Simulacro viene portato in processione a mare.

 

         Annesso al Santuario esiste un interessantissimo museo che conserva antichi arredi sacri e tantissimi ex-voto offerti dai fedeli alla Madonna. Esso, nel suo genere, si pone senz’altro tra i più importanti di tutta Italia. Il museo degli ex-voto di Bonaria è situato in uno dei dodici cisternoni che costituivano in passato il rifornimento d’acqua della grossa popolazione conventuale.

 

         Di esso Francesco Alziator scrive: ”Per la verità, quelle pareti di grotta che isolano dal mondo circostante, annegando le cose nel silenzio, contribuiscono a dare al luogo una tonalità un po’ sepolcrale che crea una singolare atmosfera carica di quel potenziale emotivo che è in ogni disperata invocazione all’Eterno”.

 

         Sin dall’alba della vita, l’uomo ha cercato di forzare la volontà degli dei promettendo ad essi doni se avessero concesso grazie. Questo processo, che è alla base degli ex-voto, sopravvive anche nelle religioni monoteistiche e nella stessa Genesi. I famosi bronzetti nuragici altro non sono che ex-voto ed in certe elaboratissime fogge di pane che si prepara in Sardegna per le feste c’è l’evidente discendenza di antichi ex-voto.

 

         Questi di Bonaria sono in larga parte ex-voto di scampati al naufragio o alla schiavitù in terra d’Africa; non mancano offerte di sovrani e di gente dal nome illustre come le corone d’oro offerte, nel febbraio 1818, da Vittorio Emanuele I° e da Maria Teresa. Paramenti, ostensori, calici e reliquiari preziosi, dono di principi e prelati. C’è anche una luccicante grossa ancora d’argento offerta dalla regina Margherita di Savoia in occasione della spedizione polare di Luigi degli Abruzzi.

 

         Come raccolta navale, il Museo di Bonaria è di importanza davvero eccezionale per la rarità di taluni pezzi. Le miniature navali costituiscono una delle più importanti antologie di storia della navigazione. Meritano menzione una galea d’avorio del secolo XIV e un’altra in argento di data incerta.

 

         Il Museo presenta infine una inattesa curiosità: alcuni cadaveri mummificati appartenenti, a quanto si sa, a Martino Alagon, sua moglie Isabella di Requiseng e ai loro familiari. Esiste infatti un atto del 23 ottobre 1604 con il quale, per milleottocento lire sarde, Isabella di Requiseng acquista il diritto di sepoltura per la sua famiglia nel Santuario di Bonaria.

 

         Merita una visita anche il Cimitero monumentale dove hanno pace vicino ai Cagliaritani, i dimenticati morti della necropoli dei tardi tempi di Roma e dei primi cristiani nonchè i morti di Alfonso d’Aragona che perirono durante l’assedio di Castello. Quelle antiche tombe che stanno (o che stavano) sul lato orientale della scala dinanzi alla Basilica, nessuno le protegge né tanto meno se ne cura la municipalità cagliaritana che ha riservato loro la più assoluta indifferenza.[4]

 

 

Natalino Ridolfini

Via Pessina, 36

09125 Cagliari

e-mail natalinorid@tiscalinet.it

 

 

 



[1] - F. Casula, Conversazioni sulla storia, ed. L’Unione Sarda, 20/XI/1997;

- E. Piras, Le monete della Sardegna, ed. Fondazione del Banco di Sardegna, 1996;

- F. Floris, Breve storia della sardegna, ed. Tascabili Economici Newton, aprile 1997;

- AA.VV., Enciclopedia Motta;

[2] - E. Piras, Le monete della Sardegna dal IV secolo a.C. al 1842, Ed. Fondazione Banco di Sardegna, 1996;

- A. Boscolo, Profilo storico della città di Cagliari, Ed. Della Torre, luglio 1981;

- F. Floris, Breve storia della Sardegna, Ed. Tascabili Economici Newton, aprile 1997;

- M. Sollai, Monete coniate in Sardegna (1289-1813), Ed. Gallizzi, Sassari, 1977;

- D. J. Arce, La Spagna in Sardegna, ed. T.E.A., Cagliari 1982;

- E. Birocchi, Zecche e monete della Sardegna nei periodi di dominazione aragonese – spagnola, ed 3T, Cagliari.

[3] di questa moneta ne esistono due tipi e furono coniati dalla zecca di Bonaria

[4] - Sardegna on line, Vivi Cagliari, Magazine;

- F. Alziator, L’elefante sulla torre – itinerario cagliaritano, Ed. 3T, Cagliari, 1982

- D.J. Arce, La Spagna in Sardegna, ed T.E.A, Cagliari 1982.