L'ARTE DELLA SOPRAVVIVENZAChi naviga dovrebbe sempre
tener presente la possibilità del naufragio e, soprattutto, chi vagabonda
per mari lontani dovrebbe imparare a cavarsela da solo, in tutti i casi di
emergenza, sia in mezzo al mare che su un'isola o una zona deserta; ma
anche chi percorre rotte vicine, può trovarsi in situazioni drammatiche
nelle quali la sopravvivenza dipende dalla capacità di saper fare, presto
e bene, quel che si deve.
I marinai raccontano, con grande rispetto, di quelli che sono stati
capaci di sopravvivere e di tornare a casa, da soli, dopo un naufragio nel
quale avevano perso tutto, fuorché il coltello a serramanico.
A parte la evidente convenienza del prepararsi alle emergenze,
sviluppare le nostre capacità di sopravvivenza può essere di per sè uno
dei tanti modi per godersi la vita in barca.
Imparare ad accendere il fuoco senza fiammiferi, o distillare l'acqua
di mare con il calore del sole, è divertente e può essere piacevolmente
utile, persino in molte circostanze "tranquille".
Ma, per quanto si possa essere ben preparati, in navigazione si dipende
sempre da mille variabili, affidate inevitabilmente al caso e alla
fortuna. Ed il fascino del girare il mondo in barca a vela deriva anche
dal sentire quel brivido sottile, quando ci si allontana dalla terraferma
e ci si rende conto che, in qualche modo, si sta giocando il tutto per
tutto.
PREVEDERE L'IMPREVEDIBILESi dice che l'arte
marinaresca richieda la capacità di prevedere l'imprevedibile. In effetti
l'esistenza stessa richiede questa capacità, ma nella vita "terrestre",
spesso monotona, ce ne dimentichiamo volentieri; il mare invece ce lo
rammenta in continuazione, con molta efficacia. Tuttavia, la sensazione di
avere il pieno controllo della situazione è una delle più fallaci e più
pericolose, in barca.
L'esperto marinaio si distingue dal principiante incompetente, anche
dal fatto che ricontrolla tutto, di tanto in tanto, tranquillamente, ma
con molta attenzione. Chi naviga spesso sa perfettamente che non può
fidarsi troppo delle informazioni che provengono da una sola fonte. Per
cui darà un'occhiata al motore ed alla sentina, anche quando gli strumenti
non segnalano niente di irregolare; controllerà la posizione indicata
dall'elettronica, confrontandola con la posizione stimata (che ricava dal
contamiglia e dalla bussola) e girerà per il ponte, accertando che tutto
sia in ordine (in particolare le coppiglie ed i perni del sartiame) e
qualche volta salirà in testa d'albero a verificare che anche lì tutto sia
a posto.
CINTA E BRETELLEIn mare è bene "tenersi su i
pantaloni con cinta e bretelle". Infatti i guasti imprevisti a bordo sono
molto frequenti, specialmente su barche vecchie e malandate o su quelle di
cattiva qualità, e soprattutto durante il brutto tempo, che mette cose e
persone a dura prova.
Sulle navi tutto deve essere almeno doppio, ma, su quelle più moderne e
meglio attrezzate, si vedono spesso anche quattro radar.
Su una piccola barca a vela ciò non è possibile, ma certo si dovrebbero
avere più pompe di sentina, diverse ancore con molta cima e catena, alcune
bussole (anche da rilevamento) e si dovrebbe poter contare su diversi
sistemi di navigazione (elettronica e non) e sulla possibilità di usare il
motore fuoribordo del dinghy, od il generatore di corrente, come motore
ausiliario di emergenza.
Ricordate che le pompe di sentina più efficaci sono quelle meccaniche
collegate al motore e quelle a mano; quelle elettriche, invece, sono molto
comode ma poco affidabili. Infatti l'impianto elettrico è il primo a
mollare, se la barca si riempie d'acqua.
LE VIE D'ACQUAA bordo possono crearsi falle
perché i materiali con i quali è costruito lo scafo cedono (per usura,
ossidazione od errori di progettazione), oppure perché la barca ha urtato
contro qualche cosa di solido (scogli, altri natanti, relitti, iceberg, o
grossi cetacei).
Lo sfondamento dello scafo causato dalla forza delle onde non è
impossibile, ma è davvero molto raro per le imbarcazioni costruite con un
minimo di buon senso . Però nelle burrasche
supreme, nei cicloni tropicali e nei tifoni, in effetti, una barca a vela
può essere distrutta anche dall'acqua. Questo avviene, in genere, quando
la barca, sollevata da un grosso frangente, viene trascinata a forte
velocità per qualche decina di metri, per essere poi rigettata nel cavo
dell'onda, traversata rispetto alla direzione del movimento. L'impatto
della vulnerabile fiancata con l'acqua - praticamente ferma rispetto al
rapido spostamento del frangente - può essere così violento da sfondare
anche scafi abbastanza robusti.
Ecco perché si usano ancore galleggianti o sistemi analoghi per frenare
la barca ed impedirle, quindi, di partire in queste folli corse.
Infatti, gli urti contro le onde che si rompono, subiti da una barca
trattenuta da un'ancora galleggiante, sono molto meno distruttivi e si
scaricano sulla prua la parte più resistente dello scafo.
Comunque, se uno skipper programma coscienziosamente i suoi spostamenti
non naviga durante le stagioni dei cicloni e sceglie i periodi
meteorologicamente migliori ed ha, quindi, pochissime probabilità di
incappare in una burrasca suprema, così poche quante ne ha di incontrare
un terremoto od un maremoto.
A meno che non ci sia qualcuno che ce l'ha con lui ed è capace di
fargli arrivare le sue maledizioni...
RELITTI GALLEGGIANTISoprattutto di notte è
impossibile scorgere una balena addormentata oppure un container pieno, o
un relitto che galleggia a pelo d'acqua.
Le uniche prevenzioni possibili in questi casi sono la robustezza dello
scafo e la sua inaffondabilità.
Le barche di acciaio (chiamato più comunemente ferro) hanno dimostrato
più volte di saper superare collisioni anche terribili e le
imbarcazioni inaffondabili, come i pluriscafi, offrono ricovero e
provviste all'equipaggio, anche se molto danneggiate o capovolte
COLLISIONI CON LE NAVIGli urti con altre
imbarcazioni, invece, possono essere evitati da una accorta tecnica di
navigazione.
In altri articoli ho avuto occasione di spiegare meglio come mi sono
convinto che sulle barche piccole gli strumenti più utili, pratici ed
economici per evitare le collisioni con le navi in alto mare siano i
riflettori ed i rilevatori di radar. Il radar, infatti, che è senz'altro
lo strumento più efficace, ha il difetto di essere costoso e di consumare
molta elettricità.
Vi ricordo che due riflettori piccoli sono più facili da sistemare di
uno grande e spesso riflettono un'eco più forte.
Il rilevatore di radar nelle vicinanze (radar detector o radar watch)
con l'uso dell'allarme dà una grande libertà e tranquillità a chi sta
facendo il turno di guardia, ed è indispensabile per i navigatori
solitari.
Questo meraviglioso strumento, oltre a suonare l'allarme nel caso si
stia avvicinando una nave o un'altra imbarcazione con il radar in
funzione, ne indica anche la distanza e la direzione e tutto questo con un
costo d'acquisto di due o trecentomila lire ed un consumo elettrico
irrisorio (pochi milliwatts).
LE VEDETTE SULLE NAVICon buona visibilità, niente
vale più di una buona vedetta umana che scruta l'orizzonte, per tutti i
suoi 360 gradi, ogni dieci, quindici minuti al massimo.
Per questo lavoro sono molto comodi i timer che suonano dopo pochi
minuti e che consentono, quindi, di rilassarsi e di occuparsi di altro,
negli intervalli tra uno sguardo e l'altro.
Comunque molto lontano dalla terra, a bordo di una piccola
imbarcazione, è sempre bene tener presente che, con tutta probabilità,
l'altra imbarcazione non ci ha visto e regolarsi di conseguenza.
Al largo le guardie di vedetta, sulle navi, sono molto poco affidabili,
anche perché sono composte da più persone, per cui ognuno pensa che tanto
ci sono gli altri che vegliano...
Naturalmente c'è anche il radar, con il suo allarme, che lavora
infaticabile, ma, in alto mare, è "settato" nel suo raggio d'azione più
ampio e nella sua sensibilità minima, anche per evitare che faccia
scattare l'allarme per qualche eco parassita; quindi è praticamente
impossibile che il radar rilevi il segnale prodotto da una piccola barca,
a meno che non sia dotata di un ottimo riflettore radar.
GLI SCARICHI A MARELe falle più frequenti non
causate da urti o collisioni si producono negli scarichi e nelle prese a
mare del pozzetto, della toilette, del motore, ecc. Si tratta generalmente
di piccole perdite e possono essere riparate abbastanza facilmente.
Quindi, se vi accorgete che state imbarcando acqua, cominciate sempre
con il controllare gli scarichi a mare.
COME TAPPARE LE FALLEHo visto tanti sistemi,
anche fantasiosi. Esistono ad esempio delle sorte di "ombrelli" che si
infilano, dall'interno della barca, nella falla, e che poi vengono aperti
per tappare l'apertura nello scafo .
Non ho mai usato tecniche del genere e quindi non so se funzionano
davvero, ma non ci farei troppo affidamento.
CONI IN LEGNOInvece ho già avuto modo di dire che
i coni in legno tenero, di varie misure, sono molto utili. Li ho usati
spesso, quando lavoravo alle toilette o ad altro, anche per tappare
rapidamente degli scarichi a mare, senza dover mettere in secco la barca.
IL BANALE STUCCO DEL VETRAIOLo stucco da vetraio,
plastico, impermeabile e resistente all'acqua, è un antico metodo per
tappare provvisoriamente, dall'esterno, delle vie d'acqua, soprattutto
crepe o fessure. Costa poco e si trova in tutti i paesi del mondo;
abbiatene sempre, quindi, qualche chilo a bordo.
Comunque, tenete presente che, praticamente, qualsiasi polvere,
mescolata con qualsiasi grasso, fornisce uno stucco utilizzabile per
riparazioni di emergenza.
Come ho già raccontato altre volte, il mio amico George (un inglese che
aveva vissuto per molto tempo in Australia) aveva imparato che la mistura
migliore è costituita da polvere di cemento e grasso di pecora.
Il cemento, una volta raggiunto dall'acqua, indurisce, aderendo
abbastanza tenacemente allo scafo, specialmente se lo stucco è stato
infilato dentro la fessura o la falla.
In Mar Rosso, ho visto George tappare dall'esterno con questo materiale
parecchi squarci larghi anche un paio di centimetri, che si erano aperti
nella sua barca di acciaio rimasta due settimane incagliata nel reef. La
povera imbarcazione era stata sollevata ritmicamente dal moto incessante
delle onde che la facevano poi ricadere pesantemente su quegli scogli
"puntuti" che colpivano lo scafo con la forza di un maglio...
Il "Quo Vadis" di George ha poi navigato felicemente e senza imbarcare
una goccia d'acqua, per parecchi mesi, fino a Cipro, grazie a queste
solide toppe provvisorie.
LA BUFFA COMBINAZIONEQuindi il cemento a presa
rapida, impastato con il grasso o da solo, può risolvere molte situazioni
difficili ed è utile anche per molte altre cose; è bene averne parecchi
chili a bordo di una barca destinata a lunghe navigazioni in mari lontani.
LA MIRACOLOSA RESINA EPOSSIDICAEsiste una resina
epossidica che fa presa anche sott'acqua, in pochi minuti; costa molto
cara, ma è veramente utile, soprattutto per le infiltrazioni intorno
all'asse dell'elica o del timone, ed in molti casi di emergenza.
Può essere usata, per esempio, per incollare dall'esterno un pezzo di
tela impermeabile su un'ampia crepatura o spaccatura dello scafo.
IL SILICONE NON È SOLO PER DIVEC'è anche un
silicone capace di attaccarsi su superfici bagnate; non è forte ed
efficace come la resina epossidica, ma può essere utile in molti casi e
costa di meno.
LA PREZIOSA SCORTA DI TELA E STRACCITela, fogli
di plastica, cuscini, stracci, tavolette, possono essere incastrati anche
dall'interno nelle falle per arrestare o almeno rallentare l'afflusso
dell'acqua. Naturalmente - se è possibile - è sempre meglio sistemarli
dall'esterno, perché così la pressione dell'acqua contribuisce a tenerli
aderenti e possono essere sigillati con grassi, stucchi, cemento, resine o
siliconi.
SBANDARE LA BARCA Prima di incominciare a lavorare su di una falla, si deve
innanzitutto provare a farla uscire dall'acqua, sbandando la barca. La si
può mettere alla cappa oppure si possono appendere grossi pesi al boma,
sporto in fuori.
L'AFFONDAMENTO PUÒ ACCADERENonostante tutte le
possibili precauzioni, la preparazione coscienziosa e quant'altro,
qualsiasi marinaio può ritrovarsi, un giorno, su di una zattera di
salvataggio...
MANUALE DI SOPRAVVIVENZAIl miglior manuale di
sopravvivenza in mare, che sia mai stato scritto, è, a mio avviso,
"Naufrago Volontario" di Alain Bombard. Non solo perché contiene molte
informazioni e notizie utili, ma soprattutto perché mette bene in evidenza
e dimostra in maniera inconfutabile che su di una zattera si può
sopravvivere, a tempo indeterminato, traendo dal mare stesso i mezzi di
sussistenza.
CIBO E ACQUA DOLCE DAL MAREQuesto fatto era
generalmente misconosciuto, prima che Alain scrivesse il suo libro, anche
tra gli uomini di mare, pur se era ampiamente dimostrato dai tanti
naufraghi sopravvissuti per mesi su mezzi di salvataggio o relitti. Per
renderlo di pubblico dominio, quest'uomo coraggioso ha compiuto la
strepitosa impresa di attraversare l'Atlantico su un canotto pneumatico,
senza usare i viveri e l'acqua che aveva, sigillati, a bordo.
LA PAURA UCCIDE PIÙ DEL MAREL'altro prezioso
contributo che Bombard ha donato alla causa della salvaguardia delle vite
in mare, è stato il farci prendere coscienza che i naufraghi muoiono molto
di più per lo choc e lo scoraggiamento, che non per effettive cause
concrete, quali l'affogamento o la fame e la sete.
Ecco quindi un altro ottimo motivo per cercare di essere sempre, anche
psicologicamente, preparati all'idea del naufragio per non soccombere allo
spavento che evidentemente uccide molto più del mare.
E SE NAUFRAGASSI?Tutti i marinai possono
ritrovarsi, all'improvviso, a dover interpretare la parte del naufrago.
Essere preparati a questa eventualità può costituire una differenza di
vitale importanza.
In una precedente puntata ho già incominciato a descrivere le cause più
frequenti dei naufragi e qualche accorgimento per evitarli e per
affrontarli. Questa volta richiamerò l'attenzione dei lettori sulla
prudente gestione dei periodi di riposo a bordo.
RIPOSARSI SPESSOLa stanchezza dell'equipaggio può
essere la causa determinante di gravi incidenti e molti principianti non
se ne rendono conto; infatti arrivano, spesso e volentieri, ai limiti
delle loro risorse. I marinai esperti, invece, amministrano sempre con
molta cautela le proprie energie, riposando o dormendo tutte le volte che
possono, ben sapendo che il brutto tempo o l'emergenza arrivano quando
meno te l'aspetti e se ti colgono sfinito, saranno molto più pericolosi.
VIA LATTEA DI SPAGHETTIHo già raccontato della
lussuosa barca italiana, naufragata alle Canarie costellando il mare di
una lunga scia di spaghetti alla deriva.
Sembra che l'eccitazione del navigare per la prima volta in oceano,
abbia fatto scordare all'equipaggio la necessità di dormire
sufficientemente; così hanno festeggiato tutti insieme allegramente,
soprattutto di notte, durante una splendida traversata da Gibilterra.
Arrivati in prossimità delle Canarie, non c'era più nessuno capace di
tenere gli occhi aperti, e quindi sono crollati tutti addormentati,
lasciando la barca affidata esclusivamente al pilota automatico. Dopo
qualche ora sono stati bruscamente risvegliati dall'urto contro i neri
scogli lavici di Lanzarote, acuminati e minacciosi come gli artigli di un
drago.
Per fortuna nessuno si è fatto veramente male; ma la barca è andata
totalmente distrutta ed ha avuto lentamente un'"emorragia" di spaghetti
che ha macchiato per miglia e miglia il blu intenso del mare, per qualche
giorno dopo l'incidente.
GLI SCIACALLITra l'altro, questa vistosa traccia
ha costituito una chiara indicazione e un irresistibile invito per molti
"sciacalli" dei naufragi, che sono subito accorsi a "ripulire" la povera
imbarcazione, prima che l'azione delle onde e l'asperità degli scogli la
smembrassero completamente dissolvendola, poi, nell'immensità dell'oceano.
COLPA DELLO SKIPPERNaturalmente la responsabilità
è sempre dello skipper che deve saper distribuire saggiamente i turni di
guardia, rischiando anche di rendersi impopolare, riposandosi più spesso
degli altri. Ma se la situazione meteorologica si deteriora o se c'è
bisogno di un intervento di emergenza, sarà lo skipper a dovervi far
fronte e, se è stanco, sono guai per tutti.
IL MAL DI MARESoprattutto quando arriva il brutto
tempo nessuno andrebbe mai a dormire. Stare dentro, con la barca che salta
sulle onde come un cavallo impazzito, non è affatto piacevole,
specialmente per chi soffre il mal di mare; ma bisogna riuscirci, facendo
ricorso se necessario, tempestivamente e senza vergognarsene, ai farmaci
(vi ricordo lo Stugeron, oltre ai cerotti da applicare dietro le orecchie,
a base di scopolamina e la Xamamina e simili, a base di antistaminici).
I FARMACIDa quando sono tornato in Italia, mi
sono ritrovato spesso a fare lo skipper con equipaggi appena conosciuti. È
davvero sconcertante constatare come quasi tutti pretendano di non
soffrire il mal di mare (anche se io confesso sempre che a volte ne
soffro) e quasi tutti si rifiutano di prendere qualche cosa per
prevenirlo; per ridursi poi a vomitare l'anima dopo qualche ora di
navigazione dura, creando mille problemi per sé e per gli altri. Capisco
che è seccante dover prendere farmaci, con i loro sgradevoli effetti
collaterali; ma rischiare di avere il mal di mare è senz'altro peggio.
IL MANUALE DI BOMBARDHo già detto negli articoli
precedenti che, secondo me, il miglior manuale di sopravvivenza in mare, è
"Naufrago Volontario" di Alain Bombard, un giovane medico francese che
decise, negli anni cinquanta, di dedicarsi alla salvaguardia delle vite in
mare, dopo aver assistito alla "ingiustificata" morte di quarantatré
pescatori in un naufragio contro la diga di Carnot a Boulogne-sur-Mer.
Alain ha quindi prima di tutto accertato e ampiamente dimostrato che su
una zattera si può sopravvivere a lungo, traendo esclusivamente dal mare i
mezzi di sussistenza; e poi si è conquistato il grande merito di aver
efficacemente diffuso questa consapevolezza sia con la sua coraggiosa
traversata dell'Atlantico, su di un canotto pneumatico, che con il suo
libro. Prima di lui, infatti, anche molti marinai ritenevano impossibile
reggere più di qualche giorno in mare, senza viveri ed acqua, pur se era
evidente il contrario, visto che tanti naufraghi avevano resistito per
mesi su mezzi di salvataggio.
L'ATLANTICO IN CANOTTOPer richiamare quindi
l'attenzione del maggior numero di persone possibile, quest'uomo
coraggioso ha compiuto un'impresa straordinaria; ha attraversato
l'Atlantico da solo, su un canotto pneumatico, senza usare il cibo e
l'acqua che aveva, sigillati, a bordo. L'eco della sua spedizione
solitaria è stata molto ampia e oggi, anche sulle scialuppe di salvataggio
delle navi, sono normalmente adottati molti strumenti e accorgimenti,
semplici ed efficaci, da lui sperimentati e consigliati, primo fra tutti
la piccola pressa per estrarre liquido dai pesci, di cui parlerò più
avanti.
Chissà quante persone sono sopravvissute seguendo le indicazioni di
questo medico generoso, che conclude il suo libro affermando che si
sarebbe sentito ricompensato per i suoi sforzi, anche se un solo marinaio
si fosse salvato grazie al suo impegno e al suo lavoro.
IL PERICOLO DELLO CHOCL'altro prezioso contributo
che Bombard ha dato alla salvaguardia delle vite in mare è stato il farci
sapere, mostrando prove indiscutibili e narrandoci le sue esperienze
dirette, che i naufraghi muoiono molto di più per lo choc e lo
scoraggiamento che non per effettive cause concrete, quali l'affogamento o
la fame e la sete.
I pescatori morti sotto gli occhi del giovane Alain, a Boulogne-
sur-Mer, erano rimasti in acqua solo per pochi minuti. I mezzi di
salvataggio del porto erano a poche decine di metri dal luogo
dell'incidente, e la pattuglia di guardia è intervenuta immediatamente ed
è riuscita a recuperare tutti i naufraghi con grande rapidità.
TERRIBILE SPETTACOLO"Non dimenticherò mai quello
spettacolo - ci racconta Bombard - quarantatré uomini ammucchiati gli uni
sugli altri, in atteggiamenti di burattini slogati, a piedi nudi e tutti
provvisti della cintura di salvataggio. Nonostante i nostri sforzi,
nessuno di loro poté essere rianimato. Bilancio di un attimo di
distrazione: quarantatré morti, settantotto orfani...".
LA PAURA ASSASSINAEvidentemente erano stati
stroncati tutti dal terrore per essersi ritrovati, all'improvviso,
nell'acqua buia.
Ecco quindi un altro buon motivo per cercare di essere sempre, anche
psicologicamente, "preparati" all'idea del naufragio, per non soccombere
allo spavento che, evidentemente, uccide più del mare.
ACCORGIMENTI PRATICIStabilito, quindi, che anche
l'atteggiamento psicologico è di fondamentale importanza per la
sopravvivenza e merita particolare attenzione, cominciamo a esaminare ora
gli aspetti più pratici iniziando dai meno conosciuti.
Sempre da Alain Bombard abbiamo appreso che bere un poco di acqua di
mare, sin dai primi giorni dopo il naufragio, può aiutare molto a evitare
la disidratazione.
BERE L'ACQUA DEL MAREPer molti marinai questo è
uno dei più terribili e antichi tabù. In effetti se un naufrago
semidisidratato, dopo aver passato qualche giorno in una zattera, sotto un
sole cocente e senza aver mai bevuto nulla, manda giù anche un solo sorso
di acqua salata, morirà rapidamente per nefrite e questo spiega la ragione
del tabù, tramandato da tante generazioni di marinai. Ma Alain ci ha
dimostrato, sperimentandolo lui stesso, che bere fino a tre o quattro
bicchieri di acqua di mare al giorno, non solo non è pericoloso ma è un
ottimo e importante ausilio alla sopravvivenza dei naufraghi. Bisogna però
incominciare a berla da subito e non attendere che i reni e l'organismo
siano sovraccarichi e debilitati e non siano, quindi, più in grado di
eliminare il sale in eccesso. Comunque si deve riuscire a bere al più
presto anche altri liquidi non salati, ricavandoli dall'acqua piovana, dai
pesci e dalla distillazione dell'acqua di mare, come vedremo tra poco.
Infatti se si beve solo acqua di mare per più di cinque giorni
consecutivi, il rischio di morte per nefrite diviene nuovamente molto
alto.
È UNA PURGAIn ogni modo, per la mia esperienza
diretta e per l'esperienza di diversi altri che ho conosciuto, vi avviso
che l'acqua di mare può avere un forte effetto lassativo e, quindi,
potrebbe non essere consigliabile per tutti. Ma in genere, se si insiste a
berla per qualche giorno, viene alla fine ben accettata dall'organismo.
Forse sarebbe quindi saggio, per i marinai, abituarsi a berne un pò ogni
giorno. Molti lo fanno e la trovano anche una benefica e salutare
abitudine.
SUCCO DI PESCEI pesci contengono liquidi non
salati e quindi se "spremuti" danno un "succo" potabile che può soddisfare
efficacemente il fabbisogno idrico di un naufrago.
Anche questa è un'altra preziosa "rivelazione" del nostro Bombard che
ci ha insegnato che una piccola pressa (o, al limite, anche un semplice
schiacciapatate) è un efficace strumento per estrarre il liquido dai pesci
(vedi figure e foto). Sempre lui ci avvisa però che i pesci cartilaginosi
(pescecani e razze) contengono dei proteidi pericolosi (ureidi e basi
puriniche) e quindi non devono essere usati per ricavarne liquidi da bere.
L'ACQUA PIOVANASpesso in mare, specialmente ai
tropici, piove forte e quindi la raccolta dell'acqua piovana, anche con un
semplice telo impermeabile, è in genere un'ottima e facile fonte di acqua
potabile. Un telo sufficientemente grande per potersi riparare dal sole e
dalla pioggia è inoltre un aiuto molto importante per la sopravvivenza dei
naufraghi e, infatti, tutte le zattere autogonfianti sono dotate di una
copertura che ha anche delle grondaiette per raccogliere la pioggia.
DISTILLARE L'ACQUA DI MAREEsistono distillatori
di plastica, gonfiabili, che sfruttano il calore del sole e possono essere
facilmente ripiegati e stivati insieme ai bidoni di acqua, viveri e
attrezzature di emergenza. Comunque è sempre possibile costruirne uno
(vedi disegno) purché si disponga di un telo di plastica trasparente, che
deve però essere resistente ai raggi ultravioletti (si trovano dai
fornitori di prodotti agricoli, perché si usano per costruire le serre).
ASPETTARE GLI AIUTI?Le zattere autogonfiabili
sono fatte per restare in balia del vento e della corrente in attesa dei
soccorsi e non sono, quindi, per nulla adatte alla navigazione; hanno
infatti la forma più o meno quadrata, il fondo floscio e delle tasche
sotto il fondo che si riempiono di acqua per stabilizzare il natante.
In effetti, con lo sviluppo dell'elettronica, oggi si possono
acquistare con cifre relativamente modeste radio piccole e impermeabili,
che trasmettono automaticamente segnali di richiesta di soccorso che
possono raggiungere, oltre che le stazioni a terra, anche aerei, navi e
satelliti artificiali; quindi, di solito, si può contare su un aiuto
rapido ed efficace; ma chi gira per il mondo si può trovare in zone poco
frequentate, dove i sistemi di rilevamento e soprattutto l'organizzazione
dei salvataggi sono ancora inesistenti.
NAUFRAGHI NAVIGATORIUn naufrago che sa come
continuare a navigare, anche su una zattera o su un canotto, ha comunque
molte più probabilità di salvarsi, raggiungendo con i suoi mezzi la terra.
Anche le zattere autogonfianti possono essere "costrette" a navigare,
facendole trainare da aquiloni; ma certamente è molto meglio un dinghy,
anche pneumatico, di forma e fondo più adatti e con i remi che possono
essere usati come derive e timoni (vedi figura). Un foglio di compensato
lungo più di un metro e largo una cinquantina di centimetri costituirà
comunque una deriva molto più efficace e consentirà, se ben utilizzato, di
rimontare il vento.
AQUILONI VELEGli aquiloni sono stati usati come vele anche per
stabilire dei record mondiali di velocità (vedi la foto che mostra il
catamarano "Jacob's Ladder", che ha superato i 25 nodi, trainato da
aquiloni tipo Flexifoil che possono essere acquistati nei negozi
specializzati che ormai si trovano in molte città del mondo).
Per un naufrago, su una zattera o un canotto, l'uso degli aquiloni
presenta molti vantaggi rispetto agli altri sistemi per navigare che
sfruttano il vento. Ripiegati, sono di minimo ingombro e possono essere
facilmente stivati insieme alle attrezzature di emergenza, si recuperano
rapidamente se il tempo peggiora e, poiché non richiedono l'albero per
funzionare, una volta "ammainati" non oppongono nessuna resistenza al
vento, che potrebbe destabilizzare e capovolgere il mezzo di salvataggio.
Possono essere "pilotati" per orientare la loro trazione in un settore di
circa 120 gradi (vedi figura). Questo significa che possono condurre
qualsiasi zattera in un relativamente ampio ventaglio di direzioni (e
questo nessuna vela può farlo) e naturalmente consentono, a
un'imbarcazione dotata di deriva, di rimontare il vento.
COME FARLI VOLARECerto occorre un minimo di
pratica per imparare a usarli correttamente; ma in alto mare è, in genere,
molto più facile far decollare e pilotare gli aquiloni perché , in assenza
di dislivelli, il vento è molto più regolare e meno turbolento; e poi è
così bello e divertente costruire e far volare degli aquiloni in barca.
Io ne avevo sempre diversi a bordo, sia per poterli utilizzare come
vele di emergenza che per il piacere di vederli ondeggiare fra le nuvole.
A volte li pilotavo in entusiasmanti acrobazie e altre volte, più
semplicemente, facevo loro seguire docilmente la mia barchetta, perché
arricchissero lo spettacolo offertomi dal mare e dal cielo con la bellezza
dei loro colori e con le loro danze fra le nuvole.
UN DRAGO BUONONe avevo costruito anche uno con
una coda lunghissima e del tipo instabile, che quindi oscillava in ampi
ondeggiamenti che imprimevano lo stesso movimento alla lunga coda.
Quando lo facevo volare, risalendo il vento in tranquille boline,
questo gigantesco serpentone, ondulante e dai colori smaglianti, seguiva
dappresso la mia barca, quasi fosse stato un buon drago addomesticato.
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