di don Paul Renner
Il numero in edicola di un settimanale altoatesino in lingua
tedesca mostra il Padreterno impegnato davanti ad un computer e San Pietro sullo
sfondo che gli presenta Padre Pio con le parole “Eccone un altro con le
mani bucate”. Al che Dio risponde con fare stizzito: “metti anche
lui nel settore dei cattolici!” Tale vignetta di dubbio gusto è
una scontata riprova del fatto che Padre Pio riceve l’aureola di santo,
ma non riesce a scrollarsi di dosso un’aura di antipatia, che è
almeno pari alla simpatia di cui gode tra ampi strati di semplici credenti.
Occorre a questo proposito annotare che si impone una distinzione tra quello
che fu Padre Pio e quello che è il “fenomeno Padre Pio”.
Se si visita oggi San Giovanni Rotondo oppure si seguono le attività
di alcuni gruppi di devoti che a lui si richiamano, si rischia appunto di provare
una forte avversione per manifestazioni che passano dall’esaltazione al
miracolismo, dal culto della personalità allo spiritualismo disincarnato
dal mondo.
Sicuramente Padre Pio si è girato nella tomba – pardon: in Paradiso
- , al sentire i resoconti di miracoli che gli venivano attribuiti nel corso
di una recente trasmissione televisiva: visione senza pupille, falangi della
mano ricresciute e così via. Il religioso di Pietrelcina non ha mai voluto
essere un taumaturgo, una sorta di precursore del Sai Baba. Di sé diceva
“voglio essere ricordato come un frate che prega” e in vita ha sempre
cercato di tutelare la discrezione e il raccoglimento, di regolare se non di
scoraggiare certe forme di culto della personalità. Attorniato dapprima
dalla consueta dose di invidia con cui certi confratelli ricompensano chi si
distingue per alcune doti, venne poi visto come “fenomeno” e dunque
come strumento di attrazione, godendo di sentimenti ambivalenti da parte della
sua comunità religiosa. Quella stessa che lo ricorda oggi con opere ciclopiche,
mentre lui aveva richiesto solo la costruzione dell’ospedale modello “Casa
sollievo della sofferenza”. Molti affermano che Padre Pio non lo si può
del tutto capire, ed hanno ragione; non si risparmiano però nel cercare
di carpire i vantaggi che possono derivare dallo sfruttamento di un filone di
successo. Anche il Vaticano e i vescovi italiani che lo guardavano con un senso
di superiorità, oggi lo recuperano e valorizzano, nel contesto di un
rinnovato interesse e stima per la religiosità popolare, che mostra un’invidiabile
capacità di tenuta, a fronte del numero calante dei fedeli.
Tanti sono dunque i fenomeni antipatici che circondano questo personaggio e
che lo rendono inviso soprattutto ad intellettuali ed a persone che cercano
di vivere una fede adeguata ai tempi. Eppure, al di là di quello che
ne hanno fatto i contemporanei e i posteri, Padre Pio era proprio antipatico
di natura. O meglio: non ha mai cercato di rendersi simpatico, ma piuttosto
di restare autentico e di proporre il Vangelo, la spiritualità e la morale
cristiana “sine glossa” (cioè senza adattamenti) come voleva
il serafico padre San Francesco, cui il suo ordine dei Cappuccini si richiama.
E questo è indubbiamente un elemento che caratterizza il profeta, uomo
chiamato a testimoniare la presenza e la volontà di Dio in un mondo spesso
dimentico di Dio e perciò alla deriva. Don Giuseppe De Luca scriveva
in occasione della beatificazione del Nostro che costui era “rozzo e ignorante,
scorbutico e limitato, ma era un uomo di Dio”. Un uomo divorato per la
passione di quella Verità che solo Dio è, di quella Verità
che ama profondamente l’uomo e non può tollerare di vederlo dibattersi
nell’incoerenza umiliante e nel peccato che lo sfigura. Ecco allora anche
il coraggio di Padre Pio, di cui ancora troppo poco si parla. Non un coraggio
ribelle contro l’istituzione, ma contro la religiosità tiepida,
l’ipocrisia e la menzogna, come recita un suo discorso che spesso risuona
– registrato – nei corridoi del piccolo convento di S.Maria delle
Grazie: “Dio ha in abominio la menzogna e la falsità!”.
Padre Pio era dunque un veggente: non in quanto prevedeva il futuro, ma nel
senso che vedeva lucidamente le miserie dell’uomo e al tempo stesso vedeva
faccia a faccia Dio, cui le affidava e da cui chiedeva la forza per accompagnare
tante persone. Questa sua duplice visione, della concretezza delle contraddizioni
umane e dello splendore terribile di Dio, lo ha sempre squassato e provato,
senza tuttavia renderlo rassegnato o domito.
La reliquia più importante di Padre Pio, la sua eredità, non sono
allora le scaglie di sangue coagulato delle stimmate o i guanti con cui si copriva
le mani piagate, che in ogni casa di S. Giovanni tendono a mostrarvi, ma le
sue parole di fuoco, la sua incapacità di scendere a compromessi e –
al tempo stesso – un amore umile, totale ed ubbidiente per la Chiesa di
Cristo. Non si può cioè essere devoti di San Padre Pio se non
essendo cooperatori a pieno titolo nella vita della comunità ecclesiale.
Si offenderebbe lo stesso Santo se se ne isolasse la devozione, rendendola un
masso erratico rispetto a tutto l’insieme della vita, dell’impegno
e della preghiera della Chiesa di cui lui si sentiva “figlio devoto e
umilissimo”. E questo è in sostanza il suo messaggio: meno santini
su di me e più santi grazie a me!
don Paul Renner
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