Parrocchia dei SS. MM. Nazaro e Celso
TEMA
PASTORALE PER I PROSSIMI ANNI
Famiglia diventa ciò che sei
IL TEMA Famiglia
diventa ciò che sei: le ragioni di una scelta
Con questo titolo tratto dalla Esortazione apostolica di Giovanni Paolo
II Familiaris consortio (1981) vogliamo, come parrocchia, indicare il
cammino pastorale del prossimo anno 2002-2003 (ma non solo… probabilmente).
Non si tratta di una scelta arbitraria che propone una pastorale
selettiva ridotta a quest’unico tema trascurando altre attenzioni.
Al contrario, si tratta di una scelta strategica: ci polarizziamo su
questo tema per muovere il quadro complessivo della pastorale ordinaria.
Attorno a questo tema, come satelliti di un pianeta, dovranno girare tutte le
altre attenzioni pastorali.
Con questa scelta, dopo due anni nei quali abbiamo messo al centro i
giovani, intendiamo concentrarci sul mondo degli adulti. Si sente, in
particolare, l’esigenza di uno stile pastorale che deve assumere meglio il
ritmo che si accompagna con loro, con gli impegni della vita professionale, di
lavoro, di famiglia, con l’ariosità dello sguardo non solo sulle dinamiche
intraecclesiali, ma anche civili, sociali, missionarie e caritative.
Su questo sfondo occorre rivisitare i momenti della pastorale ordinaria.
Si tratta di riprendere alcuni momenti della pastorale degli e per gli adulti,
senza fermarsi a rispondere al bisogno (per es. la richiesta dei sacramenti: il
matrimonio per i fidanzati; il battesimo, la comunione, la cresima per i figli
per le coppie giovani … e meno giovani), ma sforzandosi di trasformare il
bisogno in un cammino che ricomincia:
-
la cura dell’introduzione al matrimonio;
-
dei primi passi della vita di famiglia;
-
la stagione della generazione e dell’accompagnamento ai
primi momenti della vita cristiana dei figli;
-
l’iniziazione cristiana dei bambini ed il coinvolgimento dei
genitori;
-
il bisogno di qualche forma di superamento del regime di
appartamento della coppia e d’incontro nei gruppi famiglia di ascolto;
-
la vicinanza nei momenti di sofferenza e del bisogno;
-
la prossimità competente e comprensiva alle situazioni
familiari di crisi;
-
l’impegno per l’educazione a forme strutturate di ascolto
dei nuovi bisogni sociali e di servizio volontario.
Non si potrà fare tutto e subito, ma emerge che occorrono interventi
d’insieme, scelte comuni, specializzazioni, gioco di squadra, passione e
corresponsabilità dei laici.
La nostra risposta pastorale a questi bisogni umani e religiosi dovrebbe
essere capace di non fermarsi alla superficie della richiesta, bensì
d’interpretarla e svolgerla nel profondo verso itinerari obiettivi di vita
cristiana.
LA FAMIGLIA In
questo quadro acquista tutto il suo valore l’attenzione pastorale alla vita di
famiglia. La preparazione al matrimonio e ai primi passi della famiglia è una
delle scelte determinanti (la diocesi nel mese di giugno 2002 ha organizzato
una giornata di studio dal titolo: Come accompagnare coloro che ricominciano
a credere? Al suo interno vengono toccati temi come: l’attenzione al
percorso dei genitori dei bambini 0-6 anni dopo il battesimo; la pastorale dei
fidanzati e delle giovani coppie; il cammino catecumenale per coloro che
ricominciano a credere). A proposito di questo tema (che trova la comunità
cristiana impreparata e distante dalla vita delle famiglie, soprattutto nei
primi anni di matrimonio) è importante sondare alcuni passaggi fondamentali:
-
la preparazione remota all’interno degli itinerari di
catechesi giovanile e dei giovani adulti;
-
il corso di preparazione al matrimonio e la proposta di itinerari
per formare coppie di sostegno sensibili;
-
la ripresa postmatrimoniale di momenti per le coppie che
hanno fatto un itinerario;
-
l’accostamento delle coppie nei primi momenti della
generazione e del percorso educativo
Nel passato le attenzioni pastorali sono andate ai soggetti singoli,
difficilmente però essi erano colti nella loro situazione vitale più
importante: quella della famiglia. L’impegno nei confronti dei bambini, dei
ragazzi, dei giovani; l’interesse alla terza età ecc. rivolgeva prevalentemente
l’attenzione ai singoli. Anche il richiamo all’impegno della famiglia
sottolineava di più la funzione del compito educativo che la sua
valorizzazione come esperienza singolare di comunione.
Ora ci viene chiesto di mettere al centro la famiglia come figura di
valore, considerata prima per quello che è, piuttosto che per i suoi compiti.
La famiglia, cioè, va valorizzata come esperienza singolare di comunione: la
sua originalità risale al fatto che essa rende possibile una nativa condizione
di comunione, che è evangelizzante per il fatto stesso di essere vissuta in
modo “cristiano”.
La famiglia è luogo di evangelizzazione perché pone le condizioni di
fondo (antropologiche) per la risposta piena al vangelo che si attua nella
comunità credente. Da un lato i genitori insegnano ai figli ad aprirsi alla
vita, ad assumerla come un dono, a denominare questa vocazione con il nome più
grande e più alto (Dio Padre), che i genitori trasmettono con i doni stessi che
consegnano ai figli. Dall’altra parte il compito della comunità cristiana porta
a compimento questa vocazione iscritta originariamente nella famiglia: fa
diventare la risposta alla vita, il decidersi per la propria vocazione, un
fatto assunto personalmente a servizio degli altri, di nuove famiglie, della
chiesa, della società, come sequela del Signore Gesù.
Si comprende, così, il valore della famiglia per la chiesa e della
comunità cristiana per la famiglia:
-
la chiesa è il luogo che indica l’orizzonte universale della
vocazione che ciascuno incomincia a vivere nella propria casa. La famiglia è
luogo di apertura al vangelo, la comunità è l’esperienza dell’evangelo accolto
in una fraternità credente. Perciò la chiesa non può essere che una comunità di
famiglie, ma insieme la famiglia realizza veramente se stesa nel dialogo con la
comunità cristiana;
-
ma appare chiaro che la famiglia è il terreno di coltura per
aprire al senso della “grazia” che dà volto cristiano alla vita.
CHE COSA FARE? Si tratta
di considerare la propria azione come commissione pastorale cercando di
cogliere la grande ricchezza che è contenuta nel ripensamento creativo di
quello che si sta già facendo ponendo al centro il tema della famiglia.
Soprattutto occorre tener presente che le occasioni della vita umana che
accadono all’interno della famiglia vanno vissute non in modo “occasionale”, ma
come autentici luoghi di maturazione cristiana. Senza questo rinnovamento
profondo del tessuto della pastorale ordinaria (quello che si sta facendo),
anche le nuove attenzioni appariranno estemporanee.
Come commissione pastorale occorrerà porsi domande come queste:
-
come possiamo impostare il nostro servizio alla luce di
queste indicazioni in modo che emerga che nel nostro lavoro c’è la
preoccupazione per il tema della famiglia?
-
Quali iniziative privilegiare per affrontare con agilità e
scioltezza questo tema?
-
Quali sfide si profilano all’orizzonte della famiglia? Quale
contributo possiamo dare per sensibilizzare i parrocchiani su questo tema?
-
Qual è il contributo che la nostra commissione può dare per
far riflettere la comunità cristiana su questa tema a partire dallo specifico
della nostra commissione: incontri, dibattiti, tavole rotonde, altro?
IN CHE MODO? Nella
realizzazione della programmazione di ciascuna commissione occorre tener
presenti le indicazioni della Chiesa. In particolare il Papa nella lettera
apostolica Novo Millennio Ineunte (2001) fa la seguente affermazione:
“Un'attenzione speciale, poi, deve essere assicurata alla pastorale della
famiglia, tanto più necessaria in un momento storico come il presente, che
sta registrando una crisi diffusa e radicale di questa fondamentale
istituzione”. Sono parole da tenere in considerazione, anche se il nostro
intento non si limita alla pastorale familiare, ma alla pastorale in quanto
tale affrontata partendo dalla polarizzazione sul tema della famiglia che
diventa una sorta di prisma attraverso il quale guardare tutte le altre
iniziative pastorali.
NOVO MILLEN. INEUN. Ma, sempre
nella sua lettera apostolica il Papa dice quanto segue: “In realtà, porre la programmazione
pastorale nel segno della santità è una scelta gravida di conseguenze.
Significa esprimere la convinzione che, se il Battesimo è un vero ingresso
nella santità di Dio attraverso l'inserimento in Cristo e l'inabitazione del
suo Spirito, sarebbe un controsenso accontentarsi di una vita mediocre, vissuta
all'insegna di un'etica minimalistica e di una religiosità superficiale.
Chiedere a un catecumeno: «Vuoi ricevere il Battesimo?» significa al tempo
stesso chiedergli: «Vuoi diventare santo?». Significa porre sulla sua strada il
radicalismo del discorso della Montagna: «Siate perfetti come è perfetto il
Padre vostro celeste» (Mt 5,48). Come il Concilio stesso ha spiegato,
questo ideale di perfezione non va equivocato come se implicasse una sorta di
vita straordinaria, praticabile solo da alcuni «geni» della santità. Le vie
della santità sono molteplici, e adatte alla vocazione di ciascuno… È ora di
riproporre a tutti con convinzione questa «misura alta» della vita cristiana
ordinaria: tutta la vita della comunità ecclesiale e delle famiglie
cristiane deve portare in questa direzione”.
Il Papa ci
richiama qui alla santità e alla “misura alta” della vita cristiana ordinaria.
Nella nostra programmazione non possiamo non tenere in considerazione questo appello.
Non dobbiamo cioè temere di fare proposte qualificate, innovative,
lungimiranti, fondate su una sensibilità nuova, capaci di coinvolgere coloro
che sono lontani e che stanno sulla soglia incuriositi da quello che si
propone. In questo senso si può pensare a proposte, offerte positive e
differenziate. Occorre mettere a disposizione occasioni diversificate,
esperienze vive e discrete, itinerari che non chiedono subito impegni, che si
concedono con grande libertà e gratuità, offerte di servizio disinteressato e
senza esplicito sigillo ecclesiale. La domanda sui lontani che potrebbero
venire interroga la Chiesa e soprattutto la conduzione pratica della nostra
comunità… e forse può farle trovare un nuovo slancio.
COMUNICARE IL Anche
i Vescovi italiani nel documento programmatico della Chiesa italiana
VANGELO IN UN… Comunicare
il Vangelo in un mondo che cambia (2001) -
valido per i prossimi dieci anni, esortano ad avere una particolare
attenzione alla famiglia. Al n. 51 si dice: “Ci pare opportuno chiedere per gli
anni a venire un’attenzione particolare
ai giovani e alla famiglia. Questo è l’impegno che affidiamo e
raccomandiamo alla comunità cristiana”. Il n. 52 è tutto dedicato a questo
argomento: “Per quanto riguarda la famiglia,
va ricordato che essa è il luogo privilegiato dell’esperienza dell’amore,
nonché dell’esperienza e della trasmissione della fede. La famiglia cristiana è
inoltre il luogo dell’obbedienza e sottomissione reciproca e della
manifestazione dell’alleanza tra Cristo e la Chiesa. La famiglia è l’ambiente educativo e di trasmissione della
fede per eccellenza: spetta dunque anzitutto alle famiglie comunicare i
primi elementi della fede ai propri figli, sin da bambini. Sono esse le prime «scuole di preghiera», gli ambienti in
cui insegnare quanto sia importante stare con Gesù ascoltando i Vangeli che ci
parlano di lui. I coniugi cristiani sono i primi responsabili di quella
«introduzione» all’esperienza del cristianesimo di cui poi chi è beneficiario
porterà in sé il seme per tutta la vita. Proprio per il ruolo delicato e
decisivo della famiglia nella società, la Chiesa, nonostante l’evidente crisi
culturale dell’istituzione familiare, desidera assumere l’accompagnamento delle famiglie come priorità di importanza pari, in
questi tempi, a quella della pastorale giovanile. Invitiamo tutti gli operatori
pastorali a promuovere riflessioni serie sui perché delle frequenti crisi
matrimoniali, pensando con creatività a rinnovare l’annuncio cristiano sul
matrimonio, per dare forza, ragioni e coraggio alle coppie in difficoltà. Per
questo contiamo molto sulla solidarietà
tra le famiglie, ma anche sulla creazione di nuove forme ministeriali tese ad ascoltare, accompagnare e
sostenere una realtà dalla quale molto dipende il futuro della Chiesa e della
stessa società. Le nostre parrocchie dovrebbero essere sempre più luoghi di
ascolto e di sostegno delle famiglie in difficoltà, avendo ben chiaro che la
medicina dell’amore fraterno e della misericordia è l’unica in cui la Chiesa
creda fermamente. A questo fine, una delle scelte da compiere è quella di
riuscire a stabilire, da parte delle comunità cristiane, attraverso i
presbiteri, i religiosi e gli operatori pastorali, rapporti personali con ogni
famiglia – sia che frequenti la Chiesa sia che non la incontri mai – in un
tessuto relazionale nuovo, veramente capillare. In questo come in altri ambiti
della pastorale è particolarmente importante il contributo che le donne potranno portare affinché la
Chiesa assuma un volto diverso, più sensibile e più umano. Non si dà pienezza
di umanità senza che uomo e donna si esprimano liberamente e pienamente,
secondo i rispettivi doni”.
Anche a riguardo di questo
documento, sempre nella programmazione pastorale delle singole commissioni,
occorrerà tener presente le indicazioni che si trovano in appendice al
documento (pp. 56-58), il cui testo è stato distribuito in fotocopia.
IL NUOVO PIANO
PAST. Occorrerà tener conto anche delle
indicazioni del nuovo piano pastorale della Diocesi che il nuovo Vescovo
della Diocesi ci farà pervenire. Resta comunque il fatto che il Sinodo
(febbraio 1995) riconosce l’importanza della famiglia nell’azione pastorale
della parrocchia. Al n. 397 § 3 si dice: “E’ necessario e urgente un mutamento
di mentalità pastorale, onde riconoscere che ’quasi tutti gli obiettivi
dell’azione ecclesiale o sono collocati entro la comunità familiare o almeno la
chiamano in causa più o meno direttamente. Sotto questo profilo, la famiglia è
di sua natura il luogo unificante oggettivo di tutta la pastorale e deve
diventarlo sempre di più’, per cui ‘la
Chiesa riconosce nella famiglia non solo un ambito o un settore particolare di
intervento, ma una dimensione irrinunciabile di tutto il suo agire’”. E al § 4
si aggiunge: “Ogni parrocchia, perciò, nel formulare il suo progetto pastorale,
riservi una particolare attenzione alle situazioni e ai problemi della coppia e
della famiglia, valorizzando particolarmente l’unità familiare come primaria
risorsa pastorale”.
LA SACRA FAMIGLIA Tutto questo dovrebbe essere senz’altro
facilitato dal fatto che la parrocchia è affidata ai religiosi della
Congregazione della Sacra Famiglia, che, già a partire dal nome della loro
istituzione e dal loro specifico carisma, hanno come connaturale una certa
sensibilità e attenzione al tema della famiglia. Nel Progetto comune apostolico di Congregazione redatto
dall’ultimo Capitolo Generale (2001) si legge: “Attraverso la comunità
religiosa Sacra Famiglia sono destinatari primi della nostra evangelizzazione
nel mondo i bambini senza avvenire; quindi la famiglia nel suo costituirsi e
nella propria espressione come chiesa domestica; poi le giovani generazioni
che sono chiamate a rinnovare la società a cui appartengono; infine tutti
coloro che a vario titolo soffrono la mancanza di avvenire, di serenità, di
fiducia, perché prigionieri dell’ingiustizia, della povertà, della solitudine e
dell’abbandono” (Evangelizzare educando in un mondo che cambia, n.13).
Milano, 20
maggio 2002. p.
Giuseppe