Movimento culturale sviluppatosi
tra la metà del Settecento e i primi decenni dell'Ottocento, il Neoclassicismo
fu un complesso fenomeno che si può collegare ad atteggiamenti tipici
del pensiero illuminista, quali la ricerca di valori semplici ed essenziali
in tutti i campi di applicazione e la ricerca utopistica di una perfezione
non solo estetica, ma anche etica e civile, legata alla razionalità
degli antichi e al loro essere in contatto con le leggi della natura.
Il maggior teorico del movimento,
dal punto di vista artistico, fu J.J. Winckelmann che propugnò
un'arte fatta di equilibrio, elegante precisione e serenità. Le istanze
politico-sociali legate al neoclassicismo influenzarono l'architettura
e l'urbanistica, messe sempre più al servizio della collettività.
Il nuovo senso della vita collettiva
si espresse nella progettazione di edifici e di servizi pubblici (giardini,
borse, teatri, musei, biblioteche, scuole, ospedali, magazzini, ecc.),
nella predilezione per un decoro architettonico misurato e sobrio,
in qualche modo comune ai palazzi nobiliari e alle più modeste abitazioni
della borghesia, nel ritorno alla semplicità e sobrietà degli antichi,
in polemica con gli eccessi dell'architettura barocca e il gusto barocco
dell'originalità e della sorpresa.
Acquisirono importanza la razionalizzazione
e l'adeguamento del tessuto stradale alle nuove necessità del traffico
in continua espansione, la capacità di realizzare uno spontaneo equilibrio
tra esigenze funzionali e valori propriamente formali, stabilendo
così quel cordiale, umano rapporto tra la città e i suoi abitanti,
tra la città e la natura, che costituisce tuttora il fascino di tante
sistemazioni neoclassiche anche minori ed anonime.
Il vivo interesse per l'antichità
dimostrato dai pontefici del Settecento, in particolare da Clemente
XIII, Clemente XIV e Pio VI, creò le condizioni ideali perché Roma
divenisse punto d'incontro e luogo di convegno e di studio non solo
dei sostenitori delle nuove idee, ma anche dei maggiori artisti italiani
di tendenza neoclassica, come il Pianesi e il Canova.
Sul finire del XVIII secolo il
comasco Pietro Augustoni (1741 - 1815), architetto di Pio VI,
e il ticinese Pietro Maggi (1765 - 1830), architetto del Teatro
dell'Arancio, furono rappresentanti di linguaggi svincolati e autonomi,
ma pur sempre espressione del gusto architettonico del nuovo secolo,
appunto quello neoclassico. L'architetto Pietro Augustoni, da tempo
residente e operante nel Fermano e impegnato nella progettazione dell'impianto
urbanistico della città di Fermo, fu incaricato della redazione del
piano regolatore di Grottammare, allo scopo di favorire e regolamentare
l'espansione urbana del vecchio centro storico verso la parte pianeggiante
lungo la costa, permettendo così la sistemazione di un gran numero
di abitanti rimasti senza tetto a causa della frana verificatasi nel
paese alto di Grottammare. L'Augustoni, nella progettazione della
nuova espansione urbana, si ispirò ai principi di uguaglianza e simmetria
di stampo neoclassico, sia in campo architettonico che urbanistico,
diffusi nella provincia di Ascoli Piceno.
Il progetto urbano dell'Augustoni,
approvato da Pio VI nel 1779, si caratterizza per una serie di assi
longitudinali paralleli e perpendicolari alla costa che realizzano
un reticolo di strade ortogonali che delimitano isolati di case a
schiera rettangolari e a volte quadrati; il piano dava anche precise
indicazioni sul modo di costruire le abitazioni, sulla localizzazione
degli edifici pubblici, di quelli privati, nonché degli impianti produttivi
nella fascia a ridosso del mare. Il piano prevedeva che il baricentro
del nuovo agglomerato urbano coincidesse con la chiesa di S. Pio,
posta in posizione ovest sulla strada Lauretana; tale situazione si
è poi modificata, a seguito di una ulteriore e più recente espansione
edilizia, e il centro coincide oggi con piazza Pericle Fazzini.
Nella zona di Grottammare, inoltre,
i nuovi proventi provenienti dallo sfruttamento intensivo dei suoli
agricoli vennero reinvestiti in servizi sul territorio, in particolare
in opere pubbliche infrastrutturali ed urbanistiche. Per la gran parte
del XVIII secolo, tale fenomeno interessò soprattutto l'oligarchia
del patriziato e del clero: i maggiori investitori edilizi toccati
dal "mal del mattone" furono infatti gli enti ecclesiastici, impegnati
nell'adeguamento funzionale e nel rinnovo estetico, spesso con la
completa distruzione delle vestigia medievali (come ad esempio nella
chiesa di S. Giovanni Battista) e il patriziato, attivo nel
rinnovo e nell'adeguamento dell'immagine dei vecchi palazzi di residenza.
I rinnovi vennero operati prevalentemente all'interno, con saloni,
atri e luminosi scaloni monumentali di rappresentanza, con magnificenza
proporzionale all'importanza delle principali casate, intesa più sul
piano dei redditi che su quello del lignaggio (Palazzo Loy,
Bernardini, Scoccia, Palmaroli).
Faccia speculare dello stesso movente
di riqualificazione dell'immagine urbana fu, come per le chiese e
per gli interni dei palazzi privati, quella del fiorire dei teatri.
Gli interventi di rinnovo del linguaggio
architettonico furono comunque basati sull'utilizzo dell'economico
laterizio di produzione delle fornaci locali, incorniciato nei marcapiano
e negli stipiti di portali e finestre di sporadica pietra calcarea
piuttosto che di marmi. Questi ricchi materiali venivano sostituiti,
proprio quando non se
ne poteva fare a meno, dalla scagliola policroma ottimamente lavorata,
specie all'interno delle chiese. Ma già nei primi anni della Restaurazione
si tentarono con successo realizzazioni completamente in cotto, usato
anche nelle parti decorative, rese con stilizzazione semplificata
e purista. Si proseguì inoltre con l'edificazione di notevoli opere
di interesse funzionalmente urbanistico e più specificatamente di
ampio servizio pubblico, come ad esempio i municipi (come nel caso
del Teatro dell'Arancio).
Nell'800 si effettuò anche il recupero
dei palazzi antichi o danneggiati dalle frane nel vecchio incasato.
Il centro storico continuò ad essere popolato soprattutto dalle famiglie
nobili che vi possedevano splendidi palazzi.
La passeggiata, alla ricerca degli
eleganti elementi dell'architettura neoclassica di Grottammare, si
svolge sia attraverso le vie del centro storico, che nel nuovo
incasato. Partendo proprio dal centro storico, in via Camilla
Peretti si impone alla vista il settecentesco Palazzo Scoccia,
composto da laterizi prevalentemente di colore rossiccio, purtroppo
in cattivo stato di conservazione, con portale a tutto sesto sormontato
al centro da una apertura circolare.
Il Teatro dell'Arancio è
un altro pregevole esempio delle nuove funzionalità legate al neoclassicismo
e della ricerca di nuovi canoni estetici di semplicità ed eleganza
(cfr. Itinerario
- Passeggiando nella storia).
Tracce di neoclassicismo si possono
rilevare in via S. Giovanni n. 2, nella facciata di Palazzo Palmaroli,
composta da laterizi di colore rossiccio e giallo ocra e portale principale
realizzato in travertino.
Scendendo in Via Palmaroli, al
n. 19, sul lato sinistro, si affaccia Palazzo Loy, databile
tra il XVI e il XIX secolo, composto da mattoni di colore rossiccio
e giallo ocra, con portale a tutto sesto.
Scendendo in via S. Giovanni, sul
lato destro si osserva il maestoso Palazzo Paccaroni, con una
facciata composta da mattoni molto regolari di colore rossiccio, l'inserimento
di elementi modanati (fasce e cornici). Il basamento è caratterizzato
da fasce costituite da tre corsi di mattoni comuni intervallati da
un filare più basso di pianelle.
Il
percorso sulle tracce degli elementi architettonici neoclassici comprende
inoltre, scendendo verso la "marina", l'elegante Villa Azzolino,
dall'austera facciata, e Palazzo Laureati (cfr. Villini
Liberty - Le ville più antiche), edificio tardo settecentesco
che rappresenta una delle ville più significative nel territorio marchigiano,
con forme architettoniche tardo rinascimentali, che richiamano in
qualche modo Villa Giulia a Roma: nelle paraste, nei cantonali piviati,
nell'avancorpo che si allarga a terrazza aperta verso la marina, nell'ingresso
rientrante nel muro di cinta.
L'itinerario può dunque continuare
nell'incasato a valle. Ci si può quindi soffermare
davanti alla chiesa di S. Pio V, fulcro dell'impianto urbanistico
di ampliamento del paese progettato da Pietro Augustoni. Qui il Neoclassicismo
imita le forme della Roma cinquecentesca, rinascimentale e tardo medievale.
Iniziata nel 1780, ebbe una costruzione piuttosto lenta: la chiesa,
in particolar modo la facciata, fu modificata e completata dall'architetto
Vespignani, che si ispira al Vignola, architetto cinquecentesco. Il
campanile, che per molto tempo rimase incompleto, fu edificato alla
fine degli anni Quaranta e fu opera dell'architetto Emilio Ciucci.
La facciata si presenta piuttosto semplice. All'interno sono custodite
opere di vari artisti, tra cui: la Madonna con S. Domenico e S.
Caterina di Luigi Fontana, S. Pio V del Falconi, S.
Filippo Neri del Felici, una scultura in legno raffigurante S.
Giovanni nel battistero ed un seggio a tre posti di Vittorio Fazzini,
padre di Pericle, la Via Crucis in ceramica di Cleto Capponi,
l'ambone di Ubaldo Ferretti. Nella chiesa si conserva anche
un pregevole organo Callido perfettamente funzionante a seguito
di un adeguato restauro. Nella chiesa si tengono importanti concerti
d'arte sacra.
Sulla Statale Adriatica è presente
inoltre il Villino Ravenna (cfr. Villini Liberty - Le ville
più antiche), attribuito a Pio Panfili, ingegnere soprattutto
dedito all'insegnamento presso l'accademia Clementina. I caratteri
tardo settecenteschi dell'edificio rimandano però per l'anno di costruzione
ad un'epoca posteriore al Panfili (anni 30-40 dell'800). La facciata
è ispirata al concetto di architettura neoclassica.
Segue l'edificio dell'Hotel
Villa Helvetia (cfr. Villini Liberty - Le ville più
antiche), improntato ad un neoclassicismo piuttosto ideologico
a cui si è voluto attenere l'architetto, seppur in un'epoca ormai
fuori tempo per il Neoclassicismo propriamente detto.
Altro
edificio legato ai canoni neoclassici è Palazzo Citeroni, costruito
su disegno dell'ingegner Pilotti di Ascoli, già autore della villa
di Puccini sul lago Maggiore. Edificio di gusto quattrocentesco: archi
con copertura in bugnato, edicole trabeate, monofore, sono elementi
che richiamano l'arte medievale.