Le molteplici forme dell'acqua                     Meteorologia

L’acqua è in grado di sottrarsi alla vista quando le sue molecole si diffondono nell’aria dando luogo al vapore acqueo, ma molteplici sono le forme visibili che essa può assumere: nebbia, nuvole, rugiada, pioggia, ghiaccio, neve, nevischio e grandine.

Naturalmente per poter condensare, l’aria contenente vapore acqueo, deve subire un appropriato raffreddamento raggiungendo il punto di rugiada. Quanto più l’aria è ricca di vapore acqueo, tanto meno intenso è il raffreddamento perché il vapore stesso si condensi.

Ma vediamo nel dettaglio le varie forme che l’acqua può assumere.

La rugiada

La rugiada si forma quando gli oggetti posti al suolo o in prossimità di esso divengono più freddi dell’aria circostante.

L’erba, le foglie, le automobili, gli esterni delle case perdono il proprio calore nel corso della notte molto più rapidamente dell’aria che li avvolge. Se quest’ultima contiene un tasso elevato d’umidità può subire un raffreddamento per contatto con tali oggetti sino a raggiungere il punto di rugiada, di modo che il vapore acqueo presente nell’aria finisce per condensarsi sugli oggetti stessi. E’ lo stesso meccanismo che fa appannare gli occhiali quando si entra in un ambiente caldo dopo essere stati all’aperto in una giornata particolarmente fredda: si ha la condensazione del vapore acqueo contenuto nell’aria calda che si raffredda a contatto con le lenti fredde.

Una notte limpida favorisce la formazione della rugiada perché, in queste condizioni, la Terra disperde più rapidamente nell’atmosfera il calore accumulato durante il giorno, mentre la presenza di nubi agisce da cortina che impedisce alla Terra di perdere calore nel corso della notte. Anche l’assenza di vento favorisce la formazione di rugiada, perché il vento agita l’atmosfera così che nessuna parte di essa subisce un raffreddamento sufficiente da permettere la condensazione del vapore acqueo sulle superfici fredde.

La brina

La brina si forma nello stesso modo della rugiada, ma la temperatura degli oggetti con i quali viene a contatto il vapore è inferiore al punto di congelamento dell’acqua, ossia al di sotto dello zero, così che si formano direttamente i cristalli di ghiaccio (brinamento). Non è, perciò, esatto dire che la brina è rugiada congelata. Nei boschi con temperatura molto rigida su formano manicotti di ghiaccio sui ramoscelli dando alla chioma dell'albero un aspetto di totale cristallizzazione molto suggestiva (galaverna).

La nebbia

La nebbia non è altro che una nuvola formatasi all’altezza del suolo a seguito della condensazione del vapore acqueo.

E’ costituita, come le nubi, da minuscole goccioline d’acqua di diametro microscopico che per le loro dimensioni assai ridotte restano in sospensione.
Le nebbie radenti sono prodotte dal raffreddamento rapido dell’aria in prossimità della superficie del terreno, al sopraggiungere della sera, cioè quando il sole tramonta (irraggiamento). La loro formazione avviene con lo stesso meccanismo che porta alla formazione della rugiada, se si eccettua il fatto che venti leggeri facilitano, più della calma assoluta, il rimescolamento dell’aria fredda vicino al terreno con quella degli strati immediatamente superiori. Le nebbie basse sono frequenti nelle valli, dove si assiste all’accumulo d’aria fredda e pesante nel corso della notte e nelle prime ore del mattino. Quando il sole comincia a scaldare l’aria, la nebbia sparisce perché l’aria calda è in grado di trattenere un maggiore tasso d’umidità, così che le goccioline di nebbia possono disperdersi agevolmente evaporando.
Spesso con temperatura rigida si nota il riempimento di vapore acqueo della incisione della gravina che, la mattina, si presenta completamente occlusa da questa massa bianca. Con il passare del tempo e al successivo riscaldamento del sole, questa massa bianca di vapore acqueo si mette in movimento, si espande verso l'alto in maniera chiaramente visibile fino a dissolversi completamente  nel giro di due o tre ore di insolazione.

Le nebbie d’avvezione si formano, invece, quando l’aria calda e umida proveniente da una data regione, si sposta sopra una superficie fredda.

Il protrarsi delle nebbie sulla Pianura Padana (e dello smog al di sopra delle aree urbane) è favorito dalla frequenza con cui si verifica l’inversione termica: questa condizione prevede uno strato d’aria al contatto del suolo sovrastato da aria relativamente calda (in condizioni normali , invece, la temperatura dell’aria diminuisce con l’altezza).

Poiché l’aria fredda è più pesante di quella calda tende a rimanere a bassa quota per lunghi periodi: l’assenza di rimescolamento d’aria impedisce il dissolvimento delle nebbie e la dispersione delle sostanze inquinanti.

Lo smog è nebbia mista a fumo e altri agenti inquinanti. Il nome deriva dalla contrazione dei termini inglesi smoke (fumo) e fog (nebbia).

Le nuvole

Cosi come la nebbia è dovuta al raffreddamento di masse d’aria al livello del suolo, le nubi derivano dal raffreddamento di masse d’aria umida a causa del loro innalzamento ad alta quota, dove la temperatura va man mano diminuendo e provoca la condensazione del vapore quando si raggiunge la saturazione.

In realtà si è potuto constatare che la semplice saturazione, nell’atmosfera, non è sufficiente ad innescare il meccanismo delle formazioni delle gocce. Se nell’atmosfera non ci fosse il pulviscolo atmosferico non ci sarebbero condensazione e precipitazioni.

Il pulviscolo atmosferico è costituito da granelli di sale rilasciati dalle onde marine sotto l’incalzare dei venti, da rocce disintegrate, dalle eruzioni vulcaniche, dai meteoroidi, da tutti quei componenti solidi rilasciati dai fuochi e dai fumi industriali.

Queste piccole particelle costituiscono il nucleo per la condensazione del vapore acqueo.

Le minuscole goccioline delle nubi, come quelle che formano la nebbia, si generano intorno a queste piccolissime particelle igroscopiche, ossia in grado di assorbire umidità, che fungono da nuclei di condensazione.

Il diametro delle goccioline che compongono le nubi varia da pochi micrometri fino a circa 1/10 di millimetro: queste dimensioni consentono loro di galleggiare nell’aria, cioè di rimanere sospese.

C’è, però, un luogo comune da sfatare, è la leggerezza delle nubi: potendo contenere grandi quantitativi d’acqua allo strato liquido, sono tutt’altro che leggere ed arrivano a pesare anche migliaia di tonnellate!

La classificazione delle nubi si basa su due diversi aspetti: la forma e l’altezza.

In base alla forma si possono distinguere tre tipiche categorie di nubi: i cirri, i cumuli e gli strati. Cirro significa <<ricciolo>>, rappresenta il tipo più delicato di tutte le nubi.

I cirri sono formazioni bianche, esili, sfilacciate, piumose e sottili che non occludono eccessivamente il Sole e raggiungono le quote più alte, formandosi in media sui 10 km di altitudine. Sono formati per lo più da minutissimi cristalli di ghiaccio.

I cumuli sono grosse nuvole dense, di aspetto globoso, che danno luogo a grandi "ammassi".

Hanno basi piatte, mentre i margini superiori sono bianchi e simili ai cavalloni del mare o a cavolfiore; generano ampie ombre sulla Terra e si formano in corrispondenza delle correnti d’aria ascensionali. Sono le tipiche nubi delle giornate di bel tempo.

Gli strati sono nubi molto estese ed appiattite che tendono a coprire tutto il cielo, rendendo grigio e oscurando il Sole. Sono costituite da goccioline d’acqua d’estate e da cristallini di ghiaccio in inverno.

Si può dire che la nebbia è una nuvola di tipo a strato che si forma in corrispondenza del suolo. Accanto a queste categorie principali ve ne sono diverse altre con caratteristiche intermedie: cirrostrati, cirrocumuli, ecc…

La parola, <<nembo>> associata ad una nube, sta ad indicare il fenomeno della precipitazione. Cosi i nembostrati sono generalmente accompagnati da pioggia o neve; i cumulonembi sono quei cumuli tondeggianti indicati come nubi temporalesche, perché sono spesso associate a temporali con lampi e tuoni.

Sulla base della quota, queste forme fondamentali: cirri, cumuli e strati vengono suddivisi in nubi alte, che si trovano sicuramente al di sopra di 6000 m, nubi medie comprese tra i 2000 m e i 6000 m, e nubi basse, al di sotto di 2000 m. Esistono, inoltre, nubi a forte sviluppo verticale, come i cumuli e soprattutto i cumulonembi che da basse quote si spingono fino a i 6000 m.

Le nubi alte sono costituite da particelle di ghiaccio e comprendono cirri, cirrostrati (sottili veli biancastri, talvolta con struttura fibrosa che quando sono interposti fra un osservatore e la Luna o il Sole, causano il fenomeno degli aloni)e cirrocumuli (nubi in banchi sottili, trasparenti e biancastri, con strutture granulose e disposti in gruppi o in file).

Le nubi medie sono costituite da acqua liquida e comprendono altostrati (spessi strati di colore grigio o bluastro, attraverso i quali il Sole e la Luna possono essere visti solo confusamente) e gli altocumuli (hanno l’aspetto di masse tondeggianti, biancastre o grigie, talvolta simili a batuffoli di cotone; quando sono particolarmente fitte danno luogo al cosiddetto "cielo a pecorelle").

Le nubi basse sono costituite da acqua liquida, comprendono gli stratocumuli (grosse masse arrotondate, di colore grigio e di aspetto soffice, che spesso coprono tutto il cielo, lasciando solo pochi squarci di azzurro), i nembostrati (spessi, scuri e privi di forma ben definita, come già detto tipiche nubi da precipitazione, che danno quasi sempre origine a piogge o neve), gli strati ( distese grigie di spessore variabile che possono dar luogo a pioggia sottile o a nevischio.

Le nubi a sviluppo verticale si è detto che comprendono cumuli e cumulostrati.

I cumuli, a forma di cupola o torre, appaiono per lo più nella seconda parte della giornata, quando il riscaldamento del Sole produce forti correnti ascensionali.

I cumulonembi sono scuri, dall’aspetto pesante e si ergono come montagne, spesso sormontate da un falso cirro a forma di incudine, costituito da cristalli di ghiaccio. Si tratta di nubi temporalesche che portano intensi ed improvvisi acquazzoni.

La pioggia

Le minuscole goccioline che formano le nubi, non riescono, dunque, a cadere, perché vengono sostenute dai moti delle particelle d’aria; oppure, se cadono, lo fanno con tale lentezza che evaporano completamente prima di giungere al suolo. Le loro dimensioni medie, di soli pochi micron, le rendono praticamente invisibili a occhio nudo. Ma allora come si formano le gocce di pioggia?

Per raggiungere il suolo le gocce d’acqua devono aumentare le loro dimensioni di milioni di volte, in modo da vincere la resistenza dell’aria e non dissolversi durante la caduta. Il processo mediante il quale le goccioline d’acqua si ingrossano e danno luogo alle precipitazioni non è stato ancora completamente chiarito, anche se i meteorologi ritengono che ci siano due diversi meccanismi di genesi.

Il primo meccanismo è quello dei cristalli di ghiaccio, riguarda le nubi "fredde": si verifica inizialmente il brinamento (con passaggio dallo stato di vapore allo stato solido) di minuscoli cristallini di ghiaccio attorno a nuclei di condensazione definiti "germi di ghiaccio"; questi cristallini, di caratteristica forma esagonale, si accrescono sempre più a spese del vapore presente nelle nuvole e delle goccioline circostanti, che progressivamente evaporano. Raggiunta una dimensione sufficiente essi tendono a cadere; unendosi gli uni con gli altri, e in parte fondendo, i cristallini vanno a formare i fiocchi di neve. Se, poi, la temperatura del suolo è superiore a 3 - 4 °C, prima di giungervi, i cristallini o i fiocchi di neve fondono, raggiungendo il suolo sotto forma di gocce d’acqua (pioggia).

Il secondo meccanismo è quello della coalescenza; riguarda le nubi "calde", dove non esiste acqua allo stato solido, e sembra legato alla turbolenza dell’aria che provoca lo scontro di numerose goccioline (coalescenza). Accrescendosi in questo modo, le goccioline raggiungono le dimensioni minime per precipitare e giungere al suolo integre (20 micrometri). Maggiori sono la turbolenza dell’aria e lo sviluppo verticale della nube, più grandi diventano le gocce che giungono al suolo, perché nel loro tragitto si scontrano e si fondono con molte altre goccioline.

La neve

Frequentemente la parte inferiore di una nube è costituita di goccioline d’acqua e quella superiore di fiocchi di neve.

Quest’ultima si trova al di sotto dello 0 ed il vapore acqueo si condensa direttamente in cristalli di ghiaccio. A mano a mano che altro vapore acqueo continua a depositarsi su di essi i cristalli diventano sempre più grandi fino a precipitare sotto forma di fiocchi di neve. E’ chiaro, quindi, che la neve non è pioggia congelata!

Quando la neve cade i suoi meravigliosi cristalli esagonali possono scendere separatamente o riunirsi per coalescenza in grandi batuffoli lanosi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La pioggia mista a neve

Se le gocce di pioggia, che si sono formate in uno strato d’aria relativamente calde, attraversano un altro strato la cui temperatura coincide con quella di congelamento dell’acqua, la pioggia gela mentre cade e le gocce congelano in piccole pallottole di ghiaccio. Si assiste, allora, a una precipitazione mista di pioggia e neve.

Il gelicidio

Quando la pioggia cade su alberi, strade e altri oggetti la cui temperatura è inferiore a quella di congelamento, essa gela, dando origine ad uno strato di ghiaccio che a volte diviene talmente pesante da spezzare i rami degli alberi.

La grandine

L’origine della grandine è legata a nubi di accentuato sviluppo verticale, tipico di temporali, nelle quali agiscono forti correnti ascensionali.

Una gocciolina di pioggia, sollevata a quota più alta, congela, trasformandosi in pallina di ghiaccio: poiché questo fenomeno può ripetersi più volte, ogni volta il chicco di grandine, bagnato nel moto discendente si ricopre di un nuovo velo di ghiaccio quando risale di quota, finché le dimensioni raggiunte non gli permettono di cadere.