Antonio Canova. (1757/1822)

Vita e opere:

Scultore italiano nasce a Posagno (Treviso) nel 1757; la sua formazione avviene nelle botteghe di taglia pietra e plasticatori della sua terra natale, del nonno paterno Pasino e di Giuseppe Bernardi, che il Canova undicenne seguì a Venezia come apprendista. A Venezia, frequentò la scuola del nudo all'Accademia e studiò i calchi di opere antiche raccolti dal nobile Daniele Farsetti nel suo palazzo alla Riva del Carbon, ma soprattutto respirò l'atmosfera del mondo veneziano settecentesco, nel quale aspetti di gusto classico sono nel Canaletto, nel Tiepolo e in Gian Antonio Selva, artista più congeniale al Canova. Nella bottega del Bernardi il Canova quindicenne scolpì due canestri di frutta e subito dopo le statue di Orfeo ed Euridice, in cui l'attento studio del vero si sposa alla essenzialità del modellato. Nel 1779 lo scultore, che dal 1774, morto il Bernardi, aveva studio proprio nei chiostri di Santo Stefano, ottenne un vivo successo alla fiera della "Senza" col gruppo di Dedalo e Icaro, prima opera di grande impegno nel classico equilibrio della composizione, ma tutta veneta nella chiara ascendenza a Giacomo Piazzetta. Nell'autunno dello stesso anno il Canova si recò a Roma, una sorta di porto franco per lo scambio di idee artistiche. Dopo un breve ritorno nel veneto si stabilì definitivamente nella capitale nel 1781. A Roma, dove imperavano le dottrine di Gavin Hamilton, il linguaggio figurativo aveva il proprio modello ideale nelle sculture greche del periodo aureo; così Canova rinunciò agli allori che già aveva conquistato, per dedicarsi alla creazione di un nuovo stile, rivoluzionario nella sua severità e intransigente nella sua idealistica purezza. L'imitazione dell'antico già appare nel modello del Teseo col Minotauro del 1781, per il quale lo stesso ambasciatore Zulian aveva donato un blocco di marmo al giovane scultore; in un primo momento Canova aveva pensato di rappresentare le due figure in combattimento ma, dietro suggerimento di Hamilton, decise di rappresentare il momento di calma dopo la vittoria. Si è tentato di vedere nel gruppo un simbolo della sua stessa conversine stilistica: la spoglia del suo consunto naturalismo veneziano rappresentata mediante la pelle, accuratamente resa, e le viscere del mostro, e il campione dell'idealismo nel giovane eroe solidamente robusto e un poco assente.

Ma il mondo romano era anche fervido di incontri, ricco di opere a stampa e disegni, che il Canova poté conoscere e studiare, e che resero possibile il monumento a Clemente XIV, commesso allo scultore nel 1782 e compiuto nel 1787 (Roma chiesa dei Santi Apostoli); per quanto tenuto a rispettare alcune delle convenzioni invalse per i monumenti papali in San Pietro, Canova rifiutò i panneggi tumultuosi, i marmi policromi e la ricca ornamentazione, gli accorgimenti illusionistici e le composizioni intricatamente simmetriche. Fu come se consapevolmente si fosse proposto di purificare e correggere il monumento papale barocco richiamandosi alle severe critiche di Winckelmann, crea così una "nobile semplicità e calma grandiosità". All'amicizia di Giovanni Volpato il Canova dovette l'importante incarico, che lo impose all'attenzione generale. A quel monumento seguì, realizzato tra il 1788 e il 1792, nella basilica vaticana, il monumento a Clemente XIII. Tra le due tombe papali, e negli anni immediatamente successivi, nacquero l'Adone incoronato da Venere, l'Amore e Psiche, scultura neoclassica, prassitelica, (come in tutte le grandi opere d'arte si unificano perfettamente forma e idea) che invano si è ricercato di riportare a moduli settecenteschi, la Ebe, il modello dell'Ercole e Lica, la Maddalena penitente, la Morte di Adone, il monumento a Maria Cristina d'Austria. Invitato da Napoleone a Parigi nel 1802, modellò il busto del Primo console, cui seguirono la statua idealizzata dell'imperatore, gettata in bronzo a Milano, la Paolina Borghese o Venere Vincitrice, la regale Madame Mère. Negli anni tra il 1806 e il 1815 scolpì anche la Venere Italica, le Danzatrici, il Palamede e la Tersicore, il busto di Juliette Recamier, le Grazie. Assai importante fu la sua missione a Parigi, nel 1815, per la restituzione delle opere d'arte asportate da Napoleone. Il suo ritorno a Roma con i capolavori restituiti (166 pezzi già alla santa sede) fu trionfale. Il pontefice lo creò marchese di Ischia, con la pensione annua di 3000 scudi, che destinò a beneficio degli artisti. Nel 1815 fu a Londra dove ammirò, appena portati in Inghilterra, i marmi del Partenone. Principe perpertuo dell'accademia di San Luca, morì a Venezia nel 1822. Fu sepolto a possagno nel tempio da lui costruito. La conoscenza della vastissima opera di Canova si completa con i dipinti, con i disegni e con i bozzetti. I più importanti: l'Autoritratto, il Ritratto di Svajer e il ritratto di Luigia Giuli. Imponente la sua opera di disegnatore. Il suo segno è improvviso, irrequieto carico di intenzioni pittoriche. Lo stesso impeto creativo si trova nei bozzetti di creta alti poco più di un palmo, conservati dall'artista con geloso pudore; un esempio sono i bozzetti per l'Amore e Psiche, nei quali si trova ad affrontare il problema della rappresentazione di due figure che si abbracciano semisdraiate, è una prima formulazione a priori da cui dipenderà la logica della soluzione finale. Modellati col pollice, o a colpi di stecca, sono così astratti e generici da poter essere presi in considerazione per diverse opere; fissano comunque in pochi tratti tutta la potenza dell'invenzione di Canova.

 

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