´Omar Hayyām

Omar Khayyam
RUBA`IYYĀT

PERSIA - XI-XII Secolo

 

 


´Omar Hayyām (ca. 1048-1131) presenta un difficilissimo problema d'interpretazione. Era un razionalista che annegava nel vino la sua disillusione cosmica, oppure un sottilissimo mistico? La questione è lungi dall'essere risolta. Le fonti arabo-persiane descrivono Hayyām soprattutto come scienziato: profondo in matematica, astronomia, filosofia e teologia, geloso del suo sapere, dal carattere difficile e scontroso. Fu astronomo alla corte dei Selgiuchidi, presso i quali si adoperò per una riforma calendariale. Una leggenda lo vuole iniziato a circoli esoterici, condiscepolo di Hasān-e Sabbāh, il famoso "Veglio della Montagna" capo della famigerata setta degli Assassini. Vere o false che siano, tali immagini mostrano la doppia anima di ´Omar Hayyām, che se da un lato sembra preferite lo spicciolo divertimento alle gioie celesti, dall'altra appare perfettamente a suo agio tra i simboli della poesia sufica. Amo credere che in Hayyām convivessero entrambe le anime, quella del materialista e quella del mistico, e che anzi, sia proprio la convergenza di queste due opposte chiavi di lettura a creare la simultaneità di significati che rende le sue quartine dei gioielli di scintillante perfezione. Sia come sia, da quasi un millennio, le Ruba`iyyāt non cessano di sedurre l'umanità con la loro dolcezza, la loro gioia, la loro tristezza esistenziale e la loro inestinguibile sete di Assoluto.

 


RUBA`IYYĀT

Coloro che furono oceani di perfezione e di scienza
e per virtù rilucenti divennero Lampade al mondo,
non fecero un passo fuori di questa notte oscura:
narrarono fiabe, e poi ricadder nel sonno.
* * *
Quando l'ebbro Usignolo trovò la via del Giardino
e ridente trovò il bocciolo di Rosa e la coppa del Vino,
venne, e in misterioso bisbiglio mi disse all'orecchio:
Considera bene: la vita trascorsa mai più, mai più non ritorna.
* * *
O Hayyām, se sei ebbro di vino, sta' lieto,
se te la spassi con belle dal volto di luna, sta' lieto.
Poi ch'ogni cosa del mondo nel nulla finisce,
pensa che tu sei nulla, e già che sei, sta' lieto.
* * *
Questi che ora son vecchi, e questi giovani ancora,
ognuno ansioso s'affanna correndo alla Mèta;
ma a questo antichissimo mondo, alfine, nessuno rimane.
Andarono. Andremo. Altri verranno. Ed andranno.
* * *
Ahimé, m'è sfuggita di mano l'essenza di Vita:
innumerevoli cuori piansero sangue per mano di Morte,
e nessuno mai ritornò da quel mondo lontano, che gli domandi
dei viaggiatori del mondo che n'è, che n'è stato?
* * *
In che modo strano passa questa Carovana della Vita:
cògli quell'attimo almeno che passa in letizia.
Coppiere! A che t'addolori del dolor del domani degli altri?
Porta, presto, la coppa, ché sta per cadere la Notte.
* * *
Mai l'intelletto mio si distaccò dalla scienza,
pochi segreti ci sono sono che ancor non mi son disvelati,
e notte e giorno ho pensato per lunghi settantadue anni,
e l'unica cosa che seppi è che mai nulla ho saputo.
* * *
Era una goccia d'acqua e si confuse col mare.
Era un granello di polvere e si mescolò con la terra.
Che cosa più fu mai il tuo passaggio nel mondo?
Un moscerino comparve e poi sparve di nuovo.
* * *
Questa gran volta del cielo sotto la quale stupiti viviamo
è come una lanterna, magica d'illusione:
il Lume dentro n'è il Sole, la lanterna è il Mondo;
e noi come forme fuggenti, sbigottiti, passiamo.
* * *
O cuore, fa' conto di avere tutte le cose del mondo,
fa' conto che tutto ti sia giardino delizioso di verde,
e tu su quell'erba verde fa conto di esser rugiada
gocciata colà nella notte, e al sorger dell'alba svanita.
* * *
Io nulla so, non so se Chi m'ha creato
m'ha fatto per Cielo o m'ha destinato all'Inferno.
Ma una coppa e una bella fanciulla e un liuto sul lembo del prato
per me son monete sonanti: a te la cambiale del Cielo!
* * *
E quel palazzo antico splendente rivale del cielo,
alla cui soglia i Re prostravano china la fronte,
sui suoi bastioni in rovina la tortora ora si vede
posarsi e triste chiamare: Cucù, cucù? Dov'è, dov'è?
* * *
Quando avrà detto addio al corpo l'anima tua... e la mia,
due mattoni porranno sulla tomba tua... e sulla mia.
E poi, per fare mattoni pei sepolcri degli altri,
si getterà nel forno la terra tua... e la mia.
* * *
Fosse dipeso da me, non sarei venuto nel Mondo,
e se da me dipendesse l'andarmene, non me ne andrei.
E meglio di tutto stato sarebbe se in questo diroccato Convento
non fossi venuto, né andato, né stato, giammai.
* * *
Noi siamo burattini e il Cielo n'è il burattinaio,
per vero questo lo dico e non per allegoria.
Sulla scena dell'Essere giochiamo un piccolo gioco,
e ad uno ad uno ricadiam poi nella cassa della Nulla.
* * *
Il Sole ha lanciato sui tetti il laccio dell'Alba
e rosso sigillo ha gettato il Sovrano del Giorno nella coppa del Cielo.
Bevi Vino, ché araldo d'Amore sul far dell'Aurora
un gioioso annuncio ha lanciato nel Tempo: "Bevete!"
* * *
Questi pochi giorni di vita che toccano a noi, son passati,
passati com'acqua in torrente, passati qual vento sul piano;
ed io mai mi rammento di due giorni soli il dolore:
il giorno ancor non venuto, il giorno che lungi è passato.
* * *
Bevi Vino, ché vita eterna è questa vita mortale,
e questo è tutto quel ch'hai della tua giovinezza;
ed ora che c'è vino, e fiori ci sono, e amici lieti d'ebbrezza,
sii lieto un istante ora, ché questa, questa è la Vita.
* * *
Sappi che un tempo verrà che dall'Anima lungi tu andrai,
e oltre il velame segreto del Nulla per sempre tu andrai.
Bevi, bevi, ché nulla sai donde tu sei venuto,
sta' lieto ché nulla sai dove un giorno tu andrai.
* * *
Di quel Vino che per la vita nostra è Altra Vita
riempimi un calice, anche se il capo ti duole,
e mettimi il calice in mano, ché il mondo è tutto una fiaba;
e porgilo in fretta, poiché la vita passa a ogni istante.
* * *
Puri venimmo dal Nulla e ce ne andammo impuri.
Lieti entrammo nel Mondo e ne partimmo tristi.
Ci accese un Fuoco nel cuore l'Acqua degli occhi:
la vita al Vento gettammo e poi ci accolse la Terra.

 


NOTE
È ben risaputa tra chi mi conosce la smodata passione che ho sempre nutrito per ´Omar Hayyām. I libriccino delle sue quartine mi ha accompagnato per anni, dovunque andassi, infilato nella tasca dei jeans. È la stessa copia spiegazzata e tutta segnata a matita che sfoglio ancora oggi con immutata commozione, anche se posseggo altre edizioni delle Ruba`iyyāt. Non potevo trascurare in questa rassegna di poeti il soave ´Omar, e riportandolo non potevo usare altra traduzione che non fosse quella, a me particolarmente cara, di Alessandro Bausani. Vi ho apportato pochissimi ritocchi e tutti col massimo rispetto. Io sono astemio, sapete, e l'unico vino che amo il Vino di Hayyām.
 
 


AGGANCI:

  • Omar Khayyâm: Una strada verso l'unità dell'essere e del sentire, la rara e importantissima pagina dell'amico Dario Chioli, per chi volesse approfondire la vita e l'opera di ´Omar, al di là la sua produzione poetica. [Qui]

 


LETTURE CONSIGLIATE
  • Omar Khayyâm [a cura di Alessandro Bausani]: Quartine (Ruba`iyyât). Einaudi, 1956.
  • Omar Khayyàm [a cura di Francesco Gabrieli]: Quartine (Rubaiyyàt). Newton, 1973.
 

SPRAZZI DI POESIA

 © 2002 Dario Giansanti

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