CICLO DI PILATO |
LETTERE
TRA PILATO ED ERODE Pilato,
governatore di Gerusalemme, al tetrarca Erode, salute! [1]
Non fu una buona azione quella che, per tua istigazione, feci allorché
gli Ebrei mi condussero Gesù, detto Cristo. Dopo essere stato crocifisso,
nel terzo giorno risuscitò dai morti, come mi è stato annunziato anche
dal centurione. Io stesso decisi di mandare una spedizione in Galilea: fu
visto nel suo proprio corpo e nella sua identica fattezza. [2] Con la
stessa voce e con gli stessi insegnamenti si manifestò a più di
cinquecento uomini timorati di Dio. E costoro diffondono questa
testimonianza senza alcuna paura; annunziano anzi con sempre maggiore
coraggio la risurrezione e un regno eterno, a tal punto che sembra che i
cieli e la terra si rallegrino per i suoi santi insegnamenti. [3]
Mia moglie Procla, dando credito a sogni che le erano apparsi, mentre io
per tua istigazione lo stavo mandando alla crocifissione, mi lasciò con
dieci soldati e con il fedele centurione Longino per contemplare le sue
sembianze come se si trattasse di un grande spettacolo. E l'hanno visto
seduto in un campo coltivato, circondato da una grande folla, mentre
insegnava le grandezze del Padre, tanto che tutti rimasero fuori di sé
dalla meraviglia (per il fatto che) colui che aveva sofferto ed era stato
crocifisso, era risorto dai morti. [4]
Mentre essi lo stavano osservando con molta attenzione, si diresse verso
di loro e disse: "Siete ancora increduli verso di me, Procla e
Longino? Non sei forse stato tu che hai fatto la guardia durante la mia
passione e al mio sepolcro? E tu, donna, non hai forse mandato un
messaggio a tuo marito a mio riguardo?... il testamento di Dio disposto
dal Padre. [5]
Per opera della mia morte che voi conoscete io, risorto dopo aver molto
patito, vivificherò tutta la carne che si era perduta. Or dunque sappiate
che non perirà ogni carne che crede in Dio Padre e in me. Io ho, infatti,
sciolto i dolori della morte e ho trafitto il drago dalle molte teste.
Nella mia prossima venuta ognuno risusciterà con lo stesso corpo ed anima
che ha adesso e benedirà il Padre mio, il Padre di colui che fu
crocifisso sotto Ponzio Pilato". [6]
All'udire tali cose, tanto mia moglie Procla, quanto il fedele centurione
Longino che aveva fatto la guardia durante la passione di Gesù, nonché i
soldati che li avevano accompagnati, elevando grida e pieni di tristezza,
vennero ad annunziarmi queste cose. Io, a mia volta, le annunziai ai miei
grandi commissari e ai miei compagni di milizia; ed essi, pieni di
tristezza, elevarono grida analizzando quotidianamente il male che era
stato compiuto verso di lui, mentre io mi univo al dolore di mia moglie
dormendo digiuno sulla nuda terra. [7]...e
giunto il Signore innalzò da terra sia me che mia moglie. Osservatolo
bene, vidi che il suo corpo aveva ancora le cicatrici. Egli posò le sue
mani sopra i miei omeri dicendo: "Ti benediranno tutte le generazioni
e i popoli perché, durante la tua epoca, il Figlio dell'uomo morì e
risuscitò, salirà nei cieli e sederà nelle sublimità celesti. E tutte
le stirpi della terra sapranno che io, nell'ultimo giorno, verrò a
giudicare i vivi e i morti". Erode,
tetrarca dei Galilei, a Ponzio Pilato, governatore degli Ebrei, salute! [1]
E' con non poca tristezza che scrivo queste cose, come dicono le Scritture
sacre, e penso che anche tu ti affliggerai al sentirle. Mia
figlia Erodiade, ch'io amavo ardentemente, è morta giocando vicino
all'acqua avendo questa valicato gli argini del fiume; effettivamente
l'acqua la coprì fino al collo e sua madre l'afferrò subito per il capo
affinché non fosse portata via dalla corrente, ma il capo della fanciulla
fu troncato sicché a mia moglie non restò altro che il capo e tutto il
resto del corpo fu preso dall'acqua. Mia moglie siede e piange tenendo tra
le ginocchia il capo di sua figlia mentre tutta la casa è piena di
tristezza. [2]
Io poi sono andato incontro a molti mali dopo che ho udito che tu hai
vilipeso questo Gesù, ed altro non desidero che andare a vederlo,
adorarlo e ascoltare qualcosa dalle sue labbra ho compiuto in verità
molto male contro di lui e contro Giovanni Battista e non ricevo che
quanto mi merito. Mio padre, a causa di Gesù, ricoprì la terra con il
sangue di bambini altrui; ed io a mia volta ho decollato Giovanni il
battezzatore. [3]
I giudizi di Dio sono giusti poiché ognuno riceve la ricompensa in
conformità dei suoi desideri. E siccome a te è dato vedere di nuovo
l'uomo Gesù, sforzati in mio favore e intercedi per me: secondo i profeti
e secondo Gesù, il regno è stato dato a voi gentili. [4]
Mio figlio Lesbonax si trova in grandissimo bisogno, in fin di vita,
gravato ormai da molti giorni da una grave malattia Ed anch'io sono
malato, afflitto dall'idropisia al punto che escono i vermi dalla mia
bocca. Mia moglie ha perso un occhio a forza di piangere per i mali che si
sono abbattuti sulla mia famiglia. [5]
Giusti sono i giudizi di Dio avendo noi disprezzato lo sguardo dell'occhio
giusto. Per i sacerdoti non c'è pace, dice il Signore. Li coglierà la
morte e con essi il senato dei figli di Israele avendo essi steso
iniquamente la mano contro il giusto Gesù. Ciò si realizzerà alla
consumazione dei secoli, sicché i gentili prendano l'eredità del regno
di Dio, mentre i figli della luce saranno gettati fuori: noi non avendo
voluto custodire n‚ le cose del Signore n‚ quelle del Figlio suo. [6]
Cingi dunque i tuoi lombi, esercita giorno e notte la tua autorità
giudiziaria e resta unito a tua moglie nel ricordo di Gesù: vostro,
infatti, sarà il regno. Noi abbiamo fatto patire il Giusto. E se v'è
qualcosa che ci unisce, o Pilato, avendo noi la stessa età, dà una
accurata sepoltura alla mia famiglia: preferiamo essere sepolti da te
piuttosto che dai sacerdoti sui quali tra breve, secondo le Scritture di
Gesù, verrà il giudizio. Addio! [7]
Ti ho mandato gli orecchini di mia moglie ed anche il mio anello. Se
qualcosa mi devi, me lo restituirai nell'ultimo giorno. Ecco che i vermi
già escono dalla mia bocca e sto ricevendo la condanna di questo mondo.
Ma temo assai più l'altra sentenza per la quale il Dio vivo mi applicherà
criteri di giustizia doppiamente severi. Ce
ne andiamo fugacemente scomparendo da questa vita dopo appena pochi anni
dalla nascita: e qui troviamo il giudizio eterno e la retribuzione delle
nostre azioni. LETTERE
TRA PILATO E TIBERIO Ponzio
Pilato a Tiberio Cesare imperatore, salute! [1]
Gesù Cristo, del quale ti scrissi recentemente, è stato ormai ucciso
contro la mia volontà. Mai s'era visto un uomo così pio e austero, n‚
più si vedrà. Ebbe del meraviglioso la tensione del suo popolo e il
consenso di tutti gli scribi, prìncipi e anziani sicché Ä nonostante le
controverse testimonianze dei loro profeti delle Sibille diremmo noi Ä
questo ambasciatore della verità fu crocifisso. Mentre egli pendeva dalla
croce apparvero segni soprannaturali che, a parere dei filosofi,
minacciavano la rovina del mondo. [2]
Restano i suoi discepoli che con le opere e con la vita temperante non
smentiscono il loro maestro, anzi Ä nel suo nome Ä sono generosissimi. Se
io non avessi temuto una sedizione del popolo, già incandescente, forse
quell'uomo sarebbe ancora vivo tra noi. Si può, forse, attribuire a una
mia mancanza di fedeltà alla tua dignità e all'avere io seguito il mio
capriccio invece di resistere con tutte le mie forze a che non fosse
sparso questo sangue giusto immune da ogni accusa e vittima della malizia
umana; ma, come dicono le Scritture, doveva essere venduto e soffrire la
passione per la loro stessa rovina. Sta
sano. Il giorno 28 marzo. Lettera
di Tiberio a Pilato [1]
Contestazioni di Cesare Augusto mandate a Ponzio Pilato governatore della
provincia orientale. Egli scrisse la sentenza di suo pugno e la mandò per
mezzo del messaggero Raab al quale aveva dato duemila soldati. [2]
Avendo tu osato condannare a morte Gesù Nazareno in un modo violento e
totalmente ingiusto ed ancor prima della sentenza condannatoria avendolo
tu consegnato nelle mani degli insaziabili e furiosi Ebrei; non avendo tu
avuto compassione di questo giusto, gli desti anzi una canna e l'hai
sottoposto ad una orribile sentenza e al tormento della flagellazione e,
senza alcuna colpa da parte sua, l'hai consegnato al supplizio della
crocifissione, non senza aver ricevuto dei regali per la sua morte; avendo
tu manifestato sì della compassione, con le parole, ma con il cuore l'hai
affiancato ad un Ebreo senza legge: per tutto questo dunque, tu stesso
sarai condotto in mia presenza carico di catene per presentare le tue
scuse e rendere ragione della vita che tu senza motivo alcuno hai
consegnato alla morte. Che
crudeltà e che vergogna! [3]
Appena ho udito queste cose ne soffrì molto l'anima mia e le mie viscere
andarono a pezzi. Venne, infatti, da me una donna che si dice sua
discepola Ä è Maria Maddalena dalla quale, a suo dire, mandò via sette
demoni Ä e attestò che egli fece moltissime guarigioni: fece vedere i
ciechi, camminare gli storpi, udire i sordi, purificare i lebbrosi e, come
essa attesta, guarì soltanto con la parola. [4]
Come hai acconsentito che costui fosse crocifisso senza motivo alcuno? Se,
infatti, non potevi accertarlo come Dio, dovevi almeno comprenderlo come
medico. Ma
la stessa astuta relazione che tu mi hai mandato esige, per te, un
castigo: tu affermi che era superiore a tutti gli dèi che noi veneriamo.
E come dunque hai potuto consegnarlo alla morte? Come
tu, ingiustamente, hai condannato costui e l'hai consegnato alla morte,
così io, e giustamente, ti abbandonerò alla morte. E non soltanto te, ma
anche tutti i tuoi consiglieri e complici, dai quali hai ricevuto regali
di morte. [5]
Consegnò poi questa lettera ai messaggeri, e con essa anche la sentenza
con cui Augusto ordinava, per scritto, di passare a fil di spada tutto il
popolo ebraico e condurre Pilato a Roma come prigioniero e con lui gli
Ebrei notabili che in quel tempo comandavano: Archelao, figlio
dell'odiosissimo Erode, il suo complice Filippo, il pontefice Caifa e con
lui Anna, suo suocero, e tutti gli altri notabili ebrei. [6]
Raab partì con i soldati e fece quanto gli era stato ordinato: passò a
fil di spada tutti gli Ebrei maschi ed espose alla violazione dei gentili
le impure loro mogli, donde germogliò una discendenza abominevole essendo
una generazione di satana. [7]
Il messaggero prese poi Pilato, Archelao e Filippo, Anna e Caifa e tutti i
notabili ebrei, e li condusse prigionieri a Roma. Ed
avvenne che passando per una certa isola chiamata Creta, Caifa perdette la
vita in modo miserabile e violento. Ma quando fu preso per essere sepolto,
la terra non volle riceverlo nel suo seno, e lo scacciò fuori. Visto
questo, la folla dei presenti prese in mano delle pietre e le gettò sul
cadavere dandogli sepoltura in questo modo. Gli altri giunsero a Roma. [8]
Nell'antichità c'era la consuetudine che un reo di morte fosse liberato
dalla condanna qualora avesse visto la faccia del re. Perciò, affinché
non sfuggisse alla condanna a morte, Cesare vietò che Pilato fosse
condotto in sua presenza. Secondo gli ordini dell'imperatore, lo posero
invece in una caverna e lo lasciarono là. [9]
Anna fu avvolto in una pelle fresca di bue e posto a seccare al sole:
restringendosi, essa opprimeva le sue viscere che gli salirono in bocca e
così perse violentemente la sua miserabile vita Gli altri ebrei furono
uccisi passati a fil di spada. Ma Archelao; l'odiosissimo figlio di Erode,
e il suo complice Filippo furono condannati a essere impalati. [10]
Un giorno il re, andato a caccia, stava inseguendo una gazzella; ma,
allorché questa giunse davanti alla porta della caverna, si fermò.
Pilato era sul punto di perire per mano del Cesare intento a mirare la sua
preda; Pilato si spinse a vedere quanto stava succedendo e la gazzella andò
a mettersi proprio davanti a lui. Cesare lanciò subito una freccia per
colpire l'animale, ma essa attraversò l'ingresso della caverna ed ammazzò
Pilato. [11]
Tutti voi che credete che Cristo è il vero Dio e salvatore nostro date a
lui gloria e magnificenza. Egli, infatti, è degno di gloria, onore e
venerazione con il suo principio, il Padre, con lo Spirito, a lui
consostanziale, ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen. ANAFORA
DI PILATO GOVERNATORE SUL
NOSTRO PADRONE GESU' CRISTO MANDATA
A CESARE AUGUSTO IN ROMA * (Recensione
greca "A") [1]
In quei giorni nostro Signore Gesù Cristo essendo stato crocifisso sotto
Ponzio Pilato governatore della Palestina e Fenicia, fu scritto a
Gerusalemme il racconto delle cose passate da Gesù ad opera degli Ebrei,
e Pilato lo mandò al Cesare, a Roma, insieme alla relazione dei suoi
atti. Scrisse così. [2]
All'eccellentissimo e venerabilissimo, divino e terribile Cesare Augusto,
Pilato governatore dell'Oriente. E'
accaduto un fatto che mi causò timore e terrore grande, o
eccellentissimo. Nell'eparchia, infatti, che io amministro in una città
di nome Gerusalemme, tutto il popolo degli Ebrei mi ha consegnato un uomo
chiamato Gesù adducendo contro di lui molteplici accuse che mi è stato
impossibile sciogliere per via di ragionamento. Gesù
era stato preso in odio dagli Ebrei perché aveva detto loro che il sabato
non è un giorno di riposo assoluto. In questo giorno egli operò numerose
guarigioni rendendo la vista ai ciechi, passo spedito agli storpi, la vita
ai morti, la guarigione ai lebbrosi; guarì i paralitici e coloro che non
avevano la forza di muoversi o di stare in piedi, coloro che avevano
perduto la voce o qualche altra facoltà dando loro il potere di camminare
e di correre, eliminando con una sola parola tutte le loro infermità. [3]
Fece ancora qualcosa di più sorprendente che sfugge al potere delle
nostre divinità: ha risuscitato una persona morta da quattro giorni,
chiamandola con una sola parola. Questo morto aveva il sangue guasto, il
suo corpo putrefatto e in preda ai vermi era un focolaio d'infezione come
quello di un cane; allorché Gesù lo vide giacere nella sua tomba, gli
ordinò di correre ed egli, libero da tutto quanto è caratteristico dei
morti, abbandonò la sua tomba emanando il più soave profumo, simile ad
uno sposo che esce dalla camera nuziale. [4]
Stranieri, notoriamente posseduti dal diavolo, se ne stavano nel deserto,
divoravano la loro propria carne e vivevano come bestie e come rettili, ma
al suono della sua voce vennero ad abitare nelle città, impararono a
ragionare e si dimostrarono capaci di saggezza e di vivere come tutti i
nemici degli spiriti immondi dei quali essi subivano il funesto potere e
che da Gesù furono precipitati in fondo al mare. [5]
In un'altra occasione un uomo aveva la mano secca, anzi, non solo una
mano, ma la metà del suo corpo era come impietrita; non aveva più la
forma di un uomo, il suo corpo era slegato: Gesù lo guarì con una sola
parola rendendolo sano e salvo. [6]
Da tempo una donna perdeva sangue e, a causa di tale perdita, il suo corpo
si andava decomponendo e le sue vene si svuotavano. Non aveva più
sembianza umana, ma assomigliava a una persona morta; ogni momento le
mancava la voce e tutti i medici non erano riusciti a guarirla: non le
restava più alcuna speranza di vivere. Ora avvenne che mentre Gesù
transitava, con la sua sola ombra le ridiede la forza; da dietro, lei toccò
un lembo della sua veste e nello stesso istante le sue viscere riebbero
vigore, tanto che non sentendo più alcun dolore si mise a correre
agilmente verso casa sua, nella città di Cafarnao, con un viaggio di sei
giorni. [7]
Queste cose che esprimo secondo la mia conoscenza, Gesù le fece di sabato
e operò pure dei prodigi ancora più grandi. Ho
persino notato che operava miracoli strepitosi contro gli dèi oggetto del
nostro culto. [8]
Erode, Archelao, Filippo, Anna e Caifa, d'accordo con tutto il popolo, mi
hanno condotto proprio quest'uomo chiedendomi, con grandi grida, che fosse
condannato. Ordinai dunque che, dopo essere stato flagellato, fosse
crocifisso, sebbene non avessi riscontrato in lui alcuno degli elementi di
accusa e di rimprovero addotti contro di lui. [9]
Quando fu crocifisso, si oscurò tutta la terra, il sole si fermò nel
mezzo del suo cammino, le stelle apparvero con un chiarore pallido e la
luna gettava una luce rossastra. Fu sconvolto l'ordine della natura, il
sacrario del tempio venerato dagli stessi Ebrei, in questa catastrofe
generale, fu reso invisibile, la terra si aprì e fu percorsa dal fremito
prolungato dei tuoni. [10]
In questo spaventoso momento, a testimonianza degli stessi Ebrei, furono
visti morti risorgere: si dice che tra di essi c'erano pure Abramo,
Isacco, Giacobbe e i dodici patriarchi, Mosè e Giobbe, morti, secondo gli
stessi testimoni, da duemilacinquecento anni. La
maggioranza di coloro che io stesso ho visto, rivestiti di corpo, gemevano
sull'iniquità e la perdizione degli Ebrei, deplorando la perdita degli
Ebrei e della loro legge. Il
terrore causato dal terremoto durò dall'ora sesta, della vigilia del
sabato, fino all'ora nona; all'una di sera del giorno di sabato, si udì
nel cielo un grande rumore ed il cielo apparve sette volte più splendente
del solito. [11]
E all'ora terza della notte, un sole splendente come non mai avvolse tutta
la terra con il suo splendore e furono visti apparire in cielo un
incalcolabile numero di uomini avvolti di gloria e di luce, come i lampi
che brillano improvvisamente durante le tempeste, e la loro voce si
diffuse come quella di un immenso tuono. Gesù
crocifisso si alzò e disse: "Uscite dalla tomba, voi che siete sotto
l'impero della morte". La terra si aprì come un abisso senza fondo,
e le fondamenta della terra sembravano confondersi con coloro che
gridavano nei cieli e camminavano ricoperti di un abito corporeo in mezzo
ai morti risuscitati. Gesù ancora chiamò tutti i morti e disse loro:
"Dite ai miei discepoli che il Signore vi precede in Galilea: là lo
rivedrete". [12]
Lungo tutta questa notte, splendette sempre la luce e un gran numero di
Ebrei perirono inghiottiti negli abissi della terra e, al mattino, fu
impossibile rintracciare la maggior parte degli Ebrei che si erano
accaniti contro Gesù. Alcune
persone videro comparire dei risuscitati che nessuno di noi aveva mai
visto: forse, allorché in questa Gerusalemme perirono durante quella
catastrofe tutte le sinagoghe degli Ebrei, qualcuno era sopravvissuto. Tormentato,
dunque, dalla paura e in preda a un terrore tremendo, ho presentato alla
tua potenza queste cose scritte in quegli stessi momenti. Ho notato i
trattamenti inflitti dagli Ebrei ed ho inviato questo racconto alla tua
divinità, o mio sovrano. ANAFORA
DI PONZIO PILATO GOVERNATORE
DELLA GIUDEA MANDATA
A TIBERIO CESARE IN ROMA * (Recensione
greca "B") [1]
All'eccellentissimo e venerabilissimo, divino e terribile Augusto, Ponzio
Pilato governatore della provincia orientale. Eccellentissimo
sovrano, spinto dalla paura e dal timore, ho posto ai tuoi piedi il
resoconto di una delazione da me udita sulla gravità di avvenimenti
accaduti e sul modo in cui ebbero fine. [2]
Allorché io avevo il governo, o principe, in ossequio a un ordine della
tua grazia, e mi trovavo in una città orientale di nome Gerusalemme,
nella quale si trova il tempio del popolo ebraico, tutta la moltitudine
degli Ebrei, radunata, mi condusse un uomo di nome Gesù contro il quale
elevavano numerose e gravi accuse. Ma non riuscivano a confonderlo con
alcun ragionamento. Il
motivo del loro odio contro di lui veniva dal fatto che aveva detto che il
sabato non obbligava necessariamente al riposo. Con azioni benefiche,
quest'uomo operò tante guarigioni. Rese la vista a dei ciechi, guarì
lebbrosi, risuscitò morti, restituì la salute a paralitici e il vigore a
persone indebolite, prive di voce e con le ossa spostate, dando loro il
potere di camminare e di correre, soltanto con un ordine della sua bocca. Fece
pure un'altra azione prodigiosa, ignota anche alle nostre divinità:
risuscitò dai morti un certo Lazzaro, defunto da quattro giorni,
invitando Ä soltanto con una parola Ä questo cadavere, roso da tanti
vermi, a svegliarsi. Gesù invitò a correre questo cadavere infetto che
giaceva nella sua tomba: come un fidanzato che esce dalla camera nuziale,
egli lasciò la tomba emanando il più soave profumo. [3]
Certe persone, evidentemente possedute dal diavolo, se ne stavano nei
deserti, divoravano la loro propria carne e conducevano una vita da
rettili e da bestie selvatiche; e Gesù le persuase ad abitare in città,
nelle loro case, rendendole ragionevoli, prudenti e sagge; e gli spiriti
immondi che le tormentavano e possedevano, li cacciò in una mandria di
porci e li annegò nel mare. Un
uomo che aveva la mano secca e non poteva servirsi di metà del suo corpo
fu reso sano e salvo con una sola parola. [4]
Una donna perdeva sangue da molto tempo. A motivo di tale perdita,
spuntavano le sue ossa e brillavano come vetro, tanto che tutti i medici
la dichiaravano disperata e l'avevano abbandonata, non restandole più
alcuna possibilità di salute. Un giorno, mentre Gesù passava, lei allungò
dietro di lui la sua mano e toccò l'estremità dei suoi abiti: nello
stesso istante ritornò il vigore nel suo corpo. Si sentì sana e salva,
come se non avesse avuto alcun male, e si mise a correre verso casa sua,
nella città di Panea. [5]
Questi sono i fatti ch'io conosco e che gli Ebrei dissero che Gesù aveva
compiuti nel giorno di sabato. Ma io so che egli fece dei prodigi ancora
più grandi contro gli dèi che noi adoriamo. [6]
E' proprio costui che mi fu consegnato da Erode, Archelao, Filippo, Anna e
Caifa, e da tutto il popolo affinché lo condannassi. E siccome molti me
lo chiedevano con grandi grida, ordinai che fosse crocifisso. [7]
Ma quando egli fu sulla croce, le tenebre avvolsero tutta la terra, il
sole si nascose completamente e, in pieno giorno, il sole si oscurò ed
apparvero le stelle ma con una luce fievole; come vostra maestà certo non
ignora, furono accese delle fiaccole in tutto l'universo dall'ora sesta
fino alla sera. La luna, quasi fosse insanguinata, fu coperta per tutta la
notte, pur restando nettamente visibile. Le stelle e Orione gemevano sugli
Ebrei a causa dell'iniquità da essi compiuta. [8]
Il giorno dopo il sabato, verso le ore tre della notte, apparve il sole
splendente come non mai e tutto il cielo ne fu illuminato. Uomini vestiti
di abiti luminosi e circondati da una inenarrabile gloria apparvero in
cielo con un grande numero di angeli, come lampi guizzanti durante una
tempesta, ed innalzavano la loro voce, dicendo: "Gloria a Dio nel più
alto dei cieli, e pace sulla terra agli uomini di buona volontà! Uscite
dalle tombe, voi che siete sotto il potere delle ombre di morte". Al
suono della loro voce si agitarono montagne e colline, si fusero le rocce,
e si aprirono i grandi abissi della terra tanto che si vedevano le porte
dell'inferno. [9]
In questo spaventoso momento, si videro i morti alzarsi. Ne furono
testimoni oculari gli stessi Ebrei, i quali dissero: "Abbiamo visto,
rivestiti di un corpo luminoso, Abramo, Isacco, Giacobbe, i dodici
patriarchi ed anche Noè morti da duemilacinquecento anni. Tutta questa
folla circolava in massa e ad alta voce inneggiava a Dio, dicendo:
"Il Signore nostro Dio, risorto dai morti, ha ridato vita a tutti i
defunti, ha vinto e spogliato l'inferno"". [10]
Durante tutta questa notte, o potentissimo sovrano, questa luce non ha mai
cessato e, proprio in questa notte, un grande numero di Ebrei perirono
annegati o inghiottiti dagli abissi, e più non si trovarono i loro
cadaveri. Io penso che siano stati trattati così tutti coloro che avevano
parlato contro Gesù. In
Gerusalemme rimase una sola sinagoga, giacché tutte quelle che s'erano
elevate contro Gesù furono distrutte. [11]
Per questo, tormentato dalla paura e pieno di spavento, ho fatto
immediatamente scrivere e trasmettere alla tua potenza il racconto dei
trattamenti inflitti a Gesù da tutti gli Ebrei. PARADOSI
DI PILATO * [1]
Quando giunsero a Roma, queste lettere furono lette dal Cesare davanti a
molte persone e la meraviglia fu generale allorché si constatò come
l'iniquità di Pilato avesse causato le tenebre e il terremoto, motivo di
spavento ovunque. Cesare, irritato, mandò soldati dappertutto con
l'ordine di condurre Pilato in catene. [2]
Interrogatorio di Pilato. Quando Cesare ebbe la notizia che Pilato era
stato condotto a Roma, andò nel tempio degli dèi, poi si recò in mezzo
a tutto il senato con tutte le sue guardie e tutto l'apparato della sua
potenza, e ordinò che gli fosse condotto davanti Pilato. Si
dice che Cesare gli abbia parlato così: "Perché, miserabile ed
empio, hai osato trattare in tal modo l'uomo che tu sapevi autore di così
grandi prodigi? Il tuo audace crimine è causa della rovina
dell'universo". [3]
Pilato rispose: "Principe sovrano! Io sono innocente di tutto quanto
è capitato. I colpevoli e i criminali sono gli Ebrei". Cesare
gli domandò: "Chi sono costoro?". Pilato rispose "Erode,
Archelao, Filippo, Anna e Caifa e tutto il popolo ebraico". "E
perché Ä domandò Cesare Ä hai tu seguito il loro consiglio;"
"Quel popolo Ä disse Pilato Ä è sedizioso, ribelle e indocile alla
tua volontà". Ma
Cesare replicò: "Dopo che te l'affidarono, tu dovevi metterlo al
sicuro e mandarlo da me, invece di permettere che quelli crocifiggessero
quest'uomo così degno, operatore di così grandi miracoli, come tu stesso
affermi nel tuo rapporto. Simili prodigi, infatti, indicano evidentemente
che Gesù Cristo era il re degli Ebrei". [4]
Mentre Cesare diceva queste parole e pronunciava il nome di Cristo, tutte
le immagini degli dèi caddero e si ridussero in polvere, proprio là dove
Cesare sedeva con il senato. Ma
il popolo che attorniava l'imperatore, all'udire le sue parole e al vedere
la caduta degli dèi, tremava e si ritirò tutto spaventato, e ognuno andò
a casa propria impaurito per quanto era accaduto. Cesare
diede ordine di custodire Pilato per poter venire a conoscere la verità
su Gesù. [5]
All'indomani, Cesare andò in Campidoglio con tutto il senato e prese a
interrogare Pilato, rivolgendogli la parola in questi termini: "Dì
la verità, empio e miserabile! L'infame condotta che hai tenuto stendendo
la mano contro Gesù e l'evidenza dei tuoi crimini sono state dimostrate
dalla caduta e distruzione degli dèi. Spiegaci, dunque: chi è quest'uomo
crocifisso il cui nome ha mandato in polvere tutti gli dèi?". Pilato
rispose: "I suoi precetti sono tutti veri. Dalle sue azioni io stesso
ero persuaso che egli fosse superiore a tutte le divinità da noi
adorate". Cesare
allora gli domandò: "Perché, dunque, hai tu osato agire così verso
quest'uomo che conoscevi? Non è forse perché tu eri spinto da idee
ostili alla sua sovranità?". Pilato rispose: "Fu l'iniquità e
la violenza degli Ebrei criminali e atei che mi hanno fatto agire così". [6]
Lettera contro gli Ebrei. Cesare, allora, preso dalla collera, con tutto
il senato e i suoi consiglieri, decise di emanare contro gli Ebrei un
decreto concepito così. A
Liciano, principe del settore orientale, salute! Sono venuto a conoscenza
dell'audacia che in questi giorni hanno dimostrato gli Ebrei che abitano
in Gerusalemme e nelle città vicine. L'iniquità della loro condotta
giunse al punto da costringere Pilato a fare crocifiggere un dio chiamato
Gesù; e quando commisero questo crimine tutto l'universo fu avvolto nelle
tenebre e avviato alla rovina. Ordina dunque subito che soldati marcino
contro di essi e, in virtù del presente ordine, siano ridotti al
servaggio. Obbedisci! Perseguitali e, dopo averli dispersi presso tutti i
popoli, riducili alla soggezione, scaccia questo popolo da tutta la Giudea
e resti abbandonato giacché non ha compreso di essere pieno di
scelleratezza. [7]
Non appena questo decreto giunse in Oriente, sotto la paura che esso gli
incuteva, Liciano obbedì e fece disperdere tutto il popolo ebraico.
Quelli che erano sparsi nella Giudea li fece andare in servitù nella
diaspora tra i popoli. E così Cesare fu soddisfatto allorché seppe ciò
che Liciano aveva fatto in Oriente contro gli Ebrei. [8]
Preghiera e morte di Pilato e Procla. L'imperatore riprese a interrogare
nuovamente Pilato e poi ordinò ad un arconte, di nome Albio, di
troncargli la testa, dicendo: "Avendo egli elevato le mani contro un
uomo giusto, detto Cristo, cadrà senza speranza di salvezza". [9]
Ma, allontanatosi, Pilato, con calma, si ribellò contro questa
argomentazione, e disse: "Signore, non mi confondere con questi
miserabili Ebrei in una comune distruzione. Giacché se io ho elevato le
mani contro di te, l'ho fatto forzato da quella folla di Ebrei che mi
tormentavano: ma tu sai ch'io ho agito così per ignoranza. Non
condannarmi dunque per questa mancanza, ma perdonami e così pure perdona
la tua serva Procla che si trovava con me in quel paese donde mi viene la
morte e che tu hai destinato ad essere crocifissa: non condannarla a causa
della mia mancanza. Uniscici invece e pesaci insieme nella bilancia della
tua giustizia". [10]
Allorché Pilato terminò la sua preghiera, dal cielo discese una voce
dicendo: "Tutti i popoli e tutte le generazioni proclameranno la tua
felicità, in quanto nel tuo periodo hanno avuto compimento tutte le
profezie che mi riguardavano. E tu, mio testimone, comparirai nella mia
seconda venuta allorché giudicherò le dodici tribù d'Israele e coloro
che non confessano il mio nome". L'arconte
troncò la testa di Pilato, e un angelo del Signore la prese. Sua moglie,
Procla, alla vista dell'angelo giunto a prendere la testa di Pilato, ebbe
un trasporto di gioia ed emise l'ultimo respiro e così fu sepolta con suo
marito Pilato per volere e benevolenza del Signore nostro Gesù Cristo, al
quale è la gloria del Padre e dello Spirito santo ora e per sempre nei
secoli dei secoli. Amen. MORTE
DI: PILATO CHE CONDANNO' GESU' (La
figura della Veronica) [1]
Malattia di Tiberio e missione di Volusiano. Quando l'imperatore dei
Romani Tiberio Cesare era malato, avendo saputo che a Gerusalemme c'era un
certo medico di nome Gesù che guariva tutte le malattie con la sola
parola, ignorando che gli Ebrei e Pilato lo avevano ucciso, mandò un suo
domestico di nome Volusiano, ordinandogli: "Va' più presto che puoi
al di là del mare e dirai al mio servitore e amico Pilato di mandarmi
questo medico affinché mi restituisca la mia antica salute". Udito
l'ordine dell'imperatore, Volusiano partì subito e andò da Pilato, come
gli era stato ordinato. Giunto da Pilato, gli comunicò la commissione
avuta da Tiberio, dicendo: "Tiberio Cesare imperatore dei Romani, tuo
signore, udito che in questa città c'è un medico che guarisce le
malattie con la sola parola, ti prega caldamente di mandarglielo affinché
lo guarisca dalla sua malattia". All'udire queste cose, Pilato fu
assai atterrito, sapendo che lo aveva fatto uccidere per invidia. [2] A
quel messo Pilato rispose: "Quest'uomo era un malfattore e una
persona che attirava a sé tutto il popolo. Così, dopo un consiglio di
saggi della città, lo feci crocifiggere". La
Veronica a Roma. Quando il messo se ne ritornava alla sua abitazione, si
incontrò con una donna di nome Veronica che era stata confidente di Gesù,
e le disse: "O donna, in questa città c'era un medico che guariva i
malati con la sola parola; perché l'hanno ucciso gli Ebrei?". Quella
prese a piangere, dicendo: "Ahimè, signore, è il mio Dio e mio
Signore, che Pilato consegnò, condannò e ordinò che fosse
crocifisso". Allora
egli disse con estremo dolore: "Mi dolgo profondamente perché non
posso portare a termine ciò per cui sono stato mandato dal mio
signore". [3] E Veronica a lui: "Quando il mio Signore girava
predicando, io con molto dispiacere ero privata della sua presenza; volli
perciò dipingermi un'immagine affinché, privata della sua presenza,
avessi un sollievo almeno con la rappresentazione della sua immagine.
Mentre stavo portando un panno da dipingere al pittore, mi venne incontro
il mio Signore e mi domandò dove andavo. Avendogli manifestato il motivo
del mio viaggio, egli mi richiese il panno e me lo restituì insignito
della sua venerabile faccia. Orbene, se il tuo signore osserverà
devotamente questa immagine, subito riacquisterà il beneficio della sanità".
Egli domandò: "Questa immagine si può acquistare con oro o
argento?". E lei: "No, ma con pio affetto devozionale. Verrò
dunque con te, portando l'immagine da vedere a Cesare; poi me ne ritornerò".
[4] Volusiano venne dunque a Roma con Veronica e disse all'imperatore
Tiberio: "Il Gesù che tu da tempo desideravi, fu da Pilato e dagli
Ebrei consegnato a una ingiusta morte e, per invidia, lo affissero al
patibolo della croce. Ma venne con me una certa matrona portando la sua
immagine: se tu la guarderai devotamente, subito riacquisterai il
beneficio della tua salute". Cesare fece dunque preparare la strada
con panni di seta e ordinò che gli fosse presentata l'immagine; non
appena la guardò, ottenne la primitiva salute. [5]
Pilato a Roma con la tunica di Gesù. Ponzio Pilato fu allora arrestato e
condotto a Roma, per ordine di Cesare. Quando udì che Pilato era giunto a
Roma, Cesare si infuriò contro di lui e ordinò che gli fosse presentato. Pilato
aveva portato con sé la tunica incorruttibile di Gesù, e la indossava
quando fu condotto davanti all'imperatore. Non appena lo vide,
l'imperatore depose tutto il suo furore; subito si alzò e in sua presenza
non osò pronunciare alcuna parola dura: colui che mentre egli era assente
appariva così feroce e terribile, ora che era lì presente apparve quasi
mansueto. Ma
appena lo congedò, subito si accese in modo terribile contro di lui
gridando di essere un miserabile perché non gli aveva minimamente
manifestato il furore del suo petto. E subito lo fece richiamare giurando
e protestando che era un figlio di morte e che non era degno di vivere
sulla terra. Ma appena lo vide, subito lo salutò e depose tutta la
ferocia dell'anima sua. [6]
Pilato svestito della tunica di Gesù. Si stupivano tutti; anche egli
stupiva di accendersi così contro Pilato quando era assente, e di non
potergli dire nulla di duro allorché era presente. Finalmente,
per ispirazione divina o, forse, con il consiglio di qualche cristiano,
ordinò che fosse svestito della tunica, e riacquistò così contro di lui
la primitiva ferocia d'animo. Siccome l'imperatore grandemente si
meravigliava di questo, gli fu detto che quella era la tunica del Signore
Gesù. Allora l'imperatore ordinò che (Pilato) fosse chiuso in prigione
fino a quando il consiglio dei saggi deliberasse su ciò che bisognava
fargli. [7]
Suicidio di Pilato. Dopo pochi giorni, fu emessa, contro Pilato, la
sentenza che lo condannava ad una morte estremamente ignominiosa. Udito ciò,
Pilato si uccise con il proprio coltellino: con questa morte pose fine
alla sua vita. Cesare, venuto a conoscenza della morte di Pilato, disse:
"E' morto proprio di morte estremamente ignominiosa colui al quale
non perdonò la propria mano". Fu dunque legato ad un enorme peso e
immerso nel fiume Tevere. Spiriti maligni e immondi, godendo del suo corpo
maligno e immondo, si movevano tutti nelle acque e suscitavano
nell'atmosfera fulmini e tempeste, tuoni e grandine terribile, sicché
tutti erano presi da un'orribile paura. [8]
I Romani perciò l'estrassero dal fiume Tevere e, in segno di spregio, lo
trasportarono a Vienne e lo immersero nel fiume Rodano. Vienne, infatti,
è detta così quasi come via della gehenna, perché allora era un luogo
maledetto. Ma anche lì affluirono spiriti cattivi, facendo le stesse
cose. E quegli uomini, non potendo sopportare una tale infestazione di
demoni, allontanarono da loro quello strumento di maledizione e gli
diedero sepoltura nel territorio di Losanna. Ma anche gli abitanti di
questa regione, sentendosi oppressi dalle stesse infestazioni,
l'allontanarono da loro calandolo in un pozzo sito in mezzo a montagne,
ove, a quanto riferiscono alcune persone, esalano tuttora delle
macchinazioni diaboliche. GUARIGIONE
DI TIBERIO * (La
figura della Veronica) [1]
Missione di Volusiano. Ed avvenne che mentre erano consoli Tiberio e
Vitellio, Tiberio Cesare dirigeva l'impero e fu necessario inviare una
persona prudente nella regione di Gerusalemme affinché potesse incontrare
Gesù Cristo. Di lui, infatti (Tiberio), aveva udito molte cose mirabili:
che risuscitava i morti e guariva gli infermi con una parola, sia
direttamente che per mezzo dei suoi discepoli. Pensava in cuor suo:
"Se è un dio può stare sopra di noi; se è un uomo, ci può amare e
per mezzo suo potremo dirigere la cosa pubblica. Ma siccome sono spinto
dall'infermità del mio corpo, si scelga una persona prudente che lo
conduca qui da noi con preghiera e onore grande". Scelse,
dunque, un uomo illustre, Volusiano, sacerdote del tempio, persona privata
che gli era stato compagno nella cosa pubblica, e l'indirizzò e inviò
nella regione di Gerusalemme affinché tanto con la sua preghiera quanto
con quella di Cesare Augusto lo conducesse a lui con venerazione e onore.
Era, infatti, dilaniato da un così grande dolore che le sue parti più
segrete e le piaghe del suo corpo stillavano putredine. [2]
Tiberio Cesare cercava di dare vigore alle sue languide viscere per mezzo
di medicine e pomate, ma non sentiva proprio alcun effetto della cura. Non
sperimentando, ormai da tempo, alcun sollievo n‚ incremento alla salute,
ordinò che gli fosse condotto Volusiano, uomo illustre, al quale, quando
fu in sua presenza, disse: "Davanti agli dèi, alle dèe e all'autore
degli dèi, ti stabilisco mio legato affinché restituisca la salute alla
cosa pubblica. Sono lancinato da un profondo dolore e le mie viscere,
lacerate, si squagliano. Quando avrai compiuto questo, io realizzerò ciò
che tu desideri. Affrettati, dunque, e parti. Ho saputo che c'è un uomo
giudeo di nome Gesù del quale dicono che risusciti i morti, dia la vista
ai ciechi, faccia molte altre innumerevoli cose in virtù della sua
divinità e compia ogni cosa in forza del suo comando, dando gloria alla
gente giudaica; si dice inoltre che dia la salute con la sola
parola". [3]
Allora Volusiano inchinò il capo, adorò Cesare e poi disse: "Devota
è l'intenzione di Cesare, mio pio signore!". Cesare
gli disse: "Ecco, hai qui presente l'uomo che mi ha riferito tutte
queste cose e che egli si dice dio. Perciò, come ho detto sopra, se è un
dio ci aiuti, se è un uomo può stare sopra di noi e sulla nostra cosa
pubblica. Ti avverto quindi di recarti da lui al più presto, senza
indugio". Volusiano
allora, secondo l'ordinamento delle antiche leggi, fece il testamento alla
sua famiglia, poi salì su di una nave e iniziò il viaggio che gli era
stato ordinato. Cesare
era tormentato dalla malattia fino alla morte. Dopo
un anno e tre mesi, tenuto conto degli intervalli del mare, giunse a
Gerusalemme. [4]
Volusiano e Pilato. Dopo che entrò in città, tutti i maggiorenti ebrei
furono turbati dal suo arrivo, e andarono da Pilato preside della Giudea
per annunziargli che dalle regioni settentrionali dei Romani era giunto un
uomo nobile e onorato. Pilato andò allora premurosamente da lui. Entrato
da Volusiano, Pilato gli domandò preoccupato: "Perché finora il tuo
servo non ha avuto il piacere di avere notizia del vostro viaggio? Avremmo
mandato ad incontrarvi!". Volusiano rispose: "Dal piissimo
nostro Cesare, noi non siamo stati diretti a un esame della provincia,
n‚ per la sommossa di qualche città e neppure per la sollecitudine
della cosa pubblica. Il nostro interesse è invece la ricerca della salute
del nostro pio signore Tiberio Cesare giacché la sua salute è minata
nelle parti più segrete, tanto che non gli giovarono n‚ medicine n‚
incantesimi di medici. E' questa sollecitudine che ci spinge ed è per
questo che da lui abbiamo avuto l'ordine di venire qui sebbene per
impedimenti del mare il nostro viaggio abbia subìto un notevole ritardo.
Desideriamo vedere un uomo di nome Gesù del quale abbiamo udito che cura
le malattie senza la necessità di medicine o di erbe, come è attestato
da una relazione qui presente, secondo la quale guarisce tutte le
contaminazioni delle malattie, offre la salute e risuscita persino i
morti". All'udire queste cose, Pilato ne fu rattristato e pianse. [5]
In merito a queste cose, un uomo giudeo di nome Tomaso, la cui relazione
era stata presentata davanti al Cesare, disse: "Il mio Dio è
confessato figlio di Dio anche dai demoni. Qui ci sono i suoi discepoli
dai quali puoi conoscere la verità a suo riguardo". Un
soldato disse allora al preside Pilato: "Egli desidera vedere quella
prudentissima persona che la tua magnificenza non ebbe timore di
crocifiggere". Alle parole del suo soldato, Pilato rimase confuso. Volusiano
disse allora a Pilato: "Tu, Pilato perché hai permesso che fosse
mandato a morte, senza il parere del piissimo signore Cesare Augusto, Gesù
che il popolo dichiara giusto?". Pilato rispose: "Non ho potuto
passare sopra alle parole degli Ebrei secondo le quali egli si diceva
re". [6]
Il soldato soggiunse a Pilato: "Vostra grandezza non si perturbi! Noi
stessi l'abbiamo visto veramente risorgere nel terzo giorno. Con noi
c'erano molti altri che lo videro camminare vivo e alacre; tra essi, anche
Giuseppe che l'aveva sepolto". Volusiano
ordinò subito che con grande onore e rispetto gli fosse condotto
Giuseppe. Quando giunse, Volusiano gli disse: "Da quanto abbiamo
appreso in questa città, tra la tua gente, tu solo sei una persona
prudente. Parlaci sinceramente di Gesù che tra il vostro popolo s'è
dimostrato uomo giusto, del quale i demoni confessavano la divinità: è
veramente risorto dai morti? Noi, infatti, accettiamo soltanto la tua
testimonianza". Giuseppe
rispose: "Sono certo che il Signore mio Gesù Cristo è risorto dai
morti. Lo vidi io stesso e parlai con lui, proprio io che l'avevo sepolto
nel mio sepolcro nuovo scolpito nella pietra. Lo vidi vivo in Galilea sul
monte Malec mentre sedeva e ammaestrava i suoi discepoli". Volusiano
allora ordinò che fosse ricercato in tutta la regione di Gerusalemme per
sapere le cose direttamente da lui. Ma dopo lunga ricerca non trovarono
lui, ma solo undici uomini, e con essi Giuseppe, i quali dissero:
"Noi l'abbiamo visto salire in cielo". I nomi di costoro, sono:
Didimo, Lucio, Isaac il maestro, Aadda, Finee il maestro, Ezia, Azaria,
Levi il maestro, e Matteo. [7]
Dopo di ciò, Volusiano, in nome del principe, ordinò che Pilato fosse
posto sotto buona custodia. Dopo che Pilato fu rinchiuso sotto stretta
custodia, per bocca di uomini e di donne furono narrate a Volusiano molte
cose mirabili compiute da Gesù. All'udire
tali cose davanti a tutta la gente, Volusiano disse: "Se era Dio ci
poteva aiutare, se uomo poteva governare la cosa pubblica". Volusiano
ordinò poi che tutta la parentela di Pilato fosse messa in carcere;
stabilì che egli gli fosse portato innanzi e, davanti ai soldati, con le
lacrime agli occhi, disse: "Nemico della verità e della cosa
pubblica, perché ad Augusto non hai dato notizia di Gesù, acclamato da
tutto il popolo?". Pilato rispose: "Io non mi sono contaminato
con il suo sangue, bensì sono gli Ebrei che cercarono in tutti i modi di
ucciderlo". Ma
Volusiano replicò: "Come puoi tu asserire di essere innocente a suo
riguardo, tu che non solo non l'hai liberato dalla rivolta degli empi, ma
lo hai consegnato loro?". [8]
Uno dei discepoli di Gesù, di nome Simone, andò da Volusiano e, davanti
a tutto il popolo, disse: "Tu, Pilato, mentre facevi fustigare Gesù,
dicevi: "E' in mio potere liberarti ed è in mio potere
ucciderti", come puoi dunque ora asserirti innocente?". Pilato
rispose: "Ebbi paura delle insidie degli Ebrei, perciò lo consegnai
loro, e a mostrare la mia innocenza mi lavai le mani davanti a tutti,
dicendo: "Io sono innocente del sangue di questo giusto! Ve la
vedrete voi!". A queste parole gli anziani degli Ebrei mi risposero:
"Il suo sangue sia su di noi e sui nostri figli"". Ciò
udito, Volusiano prese a piangere e disse, tra le lacrime, a Pilato:
"Empio! In base alla tua buona disposizione, tu dovevi
liberarlo". [9]
Volusiano e la Veronica. Volusiano fu preso poi da un grande desiderio di
poter conoscere una qualche sua immagine. Fu così che un certo Marco andò
a svelargli il segreto di una donna. Disse questi a Volusiano: "Tre
anni addietro, guarì una donna da perdite di sangue; ed essa, per amore
di colui che l'aveva guarita, mentre Gesù era ancora quaggiù nel suo
corpo e ne aveva conoscenza, se ne dipinse l'immagine". Volusiano
disse al giovane: "Dammi il nome della donna"; rispose: "Si
chiama Veronica e abita a Tiro". Volusiano allora diede ordine che la
donna gli fosse condotta. E quando la ebbe davanti, Volusiano le disse:
"Mi hanno parlato della tua bontà e della tua prudenza. Ora
esaudisci la mia richiesta, manifestandomi l'immagine di quel grand'uomo
tuo Dio, che ti ha dato la salute del corpo". Alla domanda la donna
rispose di non avere ciò di cui si parlava. [10]
Volusiano allora, ritenendosi quasi deriso, prese a interrogarla
attentamente. E la donna, sebbene malvolentieri e con dispiacere, essendo
devota al suo Dio, rivelò il segreto della immagine dell'autore della sua
salute. Egli
allora inviò con lei un grande numero di soldati e trovarono l'immagine
nascosta in camera sua a capo (del letto), là dove lei appoggiava sempre
la testa. Lei
stessa la portò a Volusiano, il quale non appena vide l'immagine di Gesù
Cristo tremò, l'adorò e disse: "Vi assicuro che avrà una ben amara
ricompensa colui che tradì e crocifisse Gesù, che guariva i malati e
risuscitava i morti!". Volusiano
e la Veronica a Roma. Dopo di questo fece radunare una squadra di navi e
si imbarcò con un esercito di soldati, con Pilato, con la donna di nome
Veronica, detta pure Basilla, e l'immagine di Gesù Cristo, diretti alla
città di Roma ove giunsero tutti insieme dopo nove mesi. [11]
A Tiberio Cesare fu annunziato l'arrivo di Volusiano. Questi, allora, andò
da Tiberio Cesare, si curvò davanti a lui in adorazione, gli narrò le
cose accadute e come il ritardo era dovuto a una tempesta marina. Tiberio
gli domandò: "Perché mai non è stato ucciso Pilato?".
Volusiano rispose: "Ebbi timore di offendere la vostra clemenza. L'ho
comunque condotto qui ai vostri piedi". Tiberio
Cesare, pieno d'ira, non permise neppure che Pilato vedesse la sua faccia,
e ordinò: "Non gli si dia nulla di cotto dal fuoco e
nell'acqua!". Comandò poi che fosse mandato in esilio in Toscana,
nella città di Ameria ove, appunto, fu imprigionato. [12]
Volusiano disse a Tiberio Cesare: "Gesù guarì una donna, e questa,
per amor suo, si fece dipingere l'immagine di lui: l'ho portata qui
insieme alla donna. Infatti anche la donna volle abbandonare tutti i suoi
averi e seguire l'immagine del suo Dio, dicendo: "Non voglio
abbandonare la mia vita, la speranza di salvezza e la forza dell'anima
mia, bensì ovunque andrà pellegrina la mia speranza, là peregrinerò
anch'io poiché essa è la ricchezza della mia anima"". [13]
Guarigione di Tiberio. Udito ciò, Tiberio Augusto diede ordine che gli
fosse presentata la donna e l'immagine di Gesù Cristo. Alla vista della
donna e dell'immagine che lei aveva, Tiberio Cesare le disse: "Tu hai
avuto l'onore di toccare il lembo del vestito di Gesù!", e così
dicendo guardò l'immagine di Gesù Cristo, fremette, cadde a terra tra le
lacrime e adorò l'immagine di Gesù Cristo. E subito guarì dalla sua
malattia e dalla ferita purulenta che aveva internamente. Sperimentata
la forza della sua divinità con la guarigione del suo corpo alla vista
dell'immagine, subito diede ordine che la donna Veronica fosse ricolma di
ricchezze, di onore e di averi dal pubblico erario, e che l'immagine fosse
circondata di oro e di pietre preziose. [14]
A Volusiano Tiberio domandò: "Che cosa prescrive?". Volusiano
rispose: "Per quanto ho potuto sapere, null'altro all'infuori del
battesimo con acqua e della fede in lui come figlio di Dio". Tiberio
Cesare soggiunse: "Povero me, che non ebbi l'onore di vederlo
quand'era quaggiù!". Dopo
nove mesi Tiberio Cesare credette in Gesù Cristo e fu guarito dalla
piaga. Andò poi in senato con la sua pompa imperiale affinché
acconsentissero che Gesù fosse considerato e adorato come vero Dio e la
sua statua fosse inaugurata solennemente in città, al di sopra delle
immagini degli imperatori. Ma il senato non acconsentì che Gesù fosse
accolto. Tiberio
Cesare salì allora sulle furie e fece trucidare, con molte pene,
parecchie nobilissime persone del senato, perché non avevano acconsentito
a Cristo; e colui che fino allora era stato moderato verso tutti, si accanì
crudelmente contro la nobiltà romana. Dopo
non molti giorni, il Tevere inondò il tempio di Iside uccidendone i
sacerdoti, ed egli morì nel suo letto. Lasciò come successori Claudio e
Gaio: costui morì dopo breve tempo, lasciando il solo Claudio. [15]
Nerone e Simon Mago. Dopo Claudio, l'impero di Roma passò a Nerone Cesare
e dopo alcuni anni giunsero nella città di Roma i discepoli di Gesù
Cristo. Giunse anche un samaritano di nome Simone, molto erudito nell'arte
magica, nel quale dimoravano molti demoni; si diceva dio e figlio di dio,
affermava di avere sofferto presso gli Ebrei, di essere stato morto e
sepolto e di essere risorto il terzo giorno. Ma
quando a Nerone Cesare si parlò di Gesù Cristo figlio del Dio vivo e di
tutte le cose che erano avvenute presso gli Ebrei, gli si parlò pure di
Pilato. Egli allora inviò subito i suoi soldati nella città di Ameria
con l'ordine di condurgli Pilato. Quando
fu in sua presenza, (Pilato) gli raccontò tutte le cose compiute da
Cristo Nazareno e gli presentò i suoi discepoli Pietro e Paolo. Costoro
negavano che Simone fosse il Cristo e dissero a Nerone Cesare: "Se
vuoi sapere, buon imperatore, quanto è accaduto nella Giudea, prendi le
lettere inviate da Ponzio Pilato a Claudio, e allora potrai sapere ogni
cosa". [16]
Lettera di Pilato a Claudio. Nerone mandò nella biblioteca del
Campidoglio dove era custodita la lettera; prese e lesse La serie delle
cose era questa: "Ponzio Pilato a Claudio, salute, Queste cose
avvennero or ora, e io stesso le provai. La tua grandezza sappia che gli
Ebrei, per invidia, hanno punito se stessi e i loro posteri con una
condanna crudele. Ai loro padri era stato promesso che il loro Dio avrebbe
mandato a essi il suo santo, che giustamente sarebbe stato detto re, e che
costui sarebbe stato inviato sulla terra per mezzo di una vergine. Mentre
dunque mi trovavo nella Giudea come preside degli Ebrei, i demoni lo
chiamavano figlio di Dio, egli dava la vista ai ciechi, mondava i
lebbrosi, guariva i paralitici, scacciava i demoni dagli uomini,
risuscitava i morti, sanava gli ammalati con la parola, comandava ai venti
e ai flutti, andava a piedi sulle onde del mare, compiva molte altre cose
meravigliose davanti al popolo si diceva Dio e figlio di Dio e il popolo
ebraico riconosceva che era figlio di Dio; ma contro di lui si posero i prìncipi
dei sacerdoti degli Ebrei, lo catturarono, dissero di lui ogni falsità e
me lo consegnarono asserendo: "Agisce contro la nostra legge".
Io credetti loro: lo feci flagellare e poi lo consegnai al loro arbitrio.
Essi lo crocifissero, e, dopo averlo sepolto, misero dei soldati a fargli
la guardia per vedere se sarebbe risorto dai morti; e nel terzo giorno,
mentre i soldati gli facevano la guardia, egli risorse. E
la loro malvagità giunse al punto che diedero ai soldati del denaro
affinché dicessero soltanto: "Di notte, mentre dormivamo, vennero i
suoi discepoli e rapirono il suo corpo", incitandoli così a celare
la verità adducendo un'occasione falsa. I soldati però, preso il denaro,
non poterono trattenersi dal manifestare la verità e testimoniarono che
egli era risorto dai morti e che essi avevano ricevuto del denaro dagli
Ebrei. Vi
feci presente queste cose affinché nessuno vi mentisca, affinché non
crediate che le cose siano accadute diversamente e non diate il vostro
assenso alle menzogne degli Ebrei". [17]
Nerone, Pietro, Simon Mago e Pilato. Terminata la lettura di questa
lettera davanti al Cesare, Nerone Cesare domandò subito: "Pietro,
dimmi se veramente egli ha compiuto tutte queste cose". Pietro
rispose: "Buon imperatore, quanto hai udito, tutto è stato compiuto
da Gesù Cristo, Signore nostro, figlio di Dio. Questo Simon Mago è pieno
di menzogne e avvolto di artifici diabolici, al punto da asserire di
essere dio, mentre è uno sporco uomo, e osò dire di essere figlio di
dio, colui che è Dio e uomo per mezzo del quale noi tutti siamo
vittoriosi, colui che assunse quella divina irreprensibile maestà che per
mezzo dell'uomo si è degnata venire in aiuto degli uomini. Mentre in
questo Simone si riconoscono veramente due sostanze, non quella di Dio e
quella dell'uomo, bensì del diavolo e dell'uomo. Lo stesso seduttore,
infatti, si sforza di porre ostacolo agli uomini per mezzo di un
uomo". Udite
queste cose, Nerone domandò a Pilato se erano vere le cose che aveva
sentito da Pietro. Pilato rispose: "Quanto le vostre orecchie hanno
udito da Pietro, è tutto vero!". [18]
Pilato, a motivo della circoncisione del suo corpo avuta dagli Ebrei, fu
poi rimandato da Nerone in esilio nella città di Ameria ove per la
tristezza si trafisse con la spada ed esalò l'anima. [19]
Tutte queste cose sono state scritte (per manifestare) come Pilato sia
stato condannato da Tiberio il quale invece credette nel Signore nostro
Gesù Cristo, fu battezzato, fu salvato e tolto, in pace, da questa luce. [20]
Nerone invece, empio e pagano uccisore dei martiri, perì percosso dal
diavolo, come prima Simone era stato incorporato dal diavolo. Il
Signore offrì la salvezza a quanti credono in lui. Noi lo crediamo figlio
di Dio che con il Padre e lo Spirito santo vive e regna per tutti i secoli
dei secoli. Amen. VENDETTA
DEL SALVATORE [1]
Piaga di Tito e intervento di Natan. Nei giorni dell'imperatore Tiberio
Cesare al tempo del tetrarca Erode, sotto Ponzio Pilato, Gesù Cristo fu
tradito dagli Ebrei e dichiarato innocente da Tiberio. In
quei giorni, Tito era sovrano, sotto Tiberio, nella regione
dell'Equitania, in una città della Libia detta Burgidalla. Tito aveva
infatti una ferita sulla parte destra del naso, originata da un cancro, e
la faccia dilaniata fino all'occhio. [2]
Venne dalla Giudea un uomo di nome Natan, figlio di Naum: era un ismaelita
che andava da paese a paese, da mare a mare, per tutti i confini della
terra. Natan era inviato dagli Ebrei all'imperatore Tiberio quale
portatore del loro patto con la città di Roma. Anche Tiberio era malato,
pieno di ulcere e di febbri: aveva nove specie di lebbra. [3]
Natan aveva intenzione di andare a Roma, ma soffiò un vento
settentrionale che ostacolò la sua imbarcazione e la condusse al porto di
una città della Libia. Tito, vedendo venire la nave, si accorse che era
della Giudea: tutti rimasero meravigliati e dissero di non avere mai visto
alcuna imbarcazione giungere in simili condizioni. [4]
Tito ordinò che gli fosse condotto il nocchiero e gli domandò chi fosse.
Egli rispose: "Io sono Natan, figlio di Naum, della stirpe degli
ismaeliti, abito nella Giudea e sono suddito di Ponzio Pilato. Sono stato
inviato all'imperatore romano Tiberio per portargli il patto con la
Giudea. Ma in mare soffiò un forte vento e mi condusse in una terra che
non conosco". [5]
Tito gli disse: "Se per caso potessi trovare qualcosa, una pomata o
un'erba, che fosse efficace a guarire la ferita che, come vedi, ho sul
volto e mi rendesse sano facendomi riacquistare la primitiva salute, io ti
colmerei di favori". [6]
Natan gli rispose: "N‚ conosco n‚ mai ebbi l'avventura di
conoscere le cose che tu, o signore, mi domandi. Tuttavia se tempo fa tu
fossi stato in Gerusalemme, quivi avresti trovato un distinto profeta di
nome Emmanuele: egli infatti salverà il popolo dai suoi peccati. Il primo
suo miracolo lo fece a Cana di Galilea mutando l'acqua in vino; con la sua
parola mondò poi lebbrosi, illuminò gli occhi di un cieco nato, guarì
paralitici, mise in fuga demoni, risuscitò tre morti, liberò una donna
sorpresa in adulterio e condannata dagli Ebrei alla lapidazione, e guarì
un'altra donna di nome Veronica, che da dodici anni soffriva di un flusso
di sangue, la quale, accostatasi da dietro, aveva toccato un lembo del suo
vestito; inoltre con cinque pani e cinque pesci saziò cinquemila uomini,
senza contare i bambini e le donne e restarono dodici sporte di avanzi:
tutte queste cose e molte altre egli compì prima della sua passione. Dopo
la sua risurrezione lo abbiamo visto con lo stesso corpo che aveva
prima". [7]
Tito gli domandò: "Come ha potuto risorgere dai morti se era
morto?". Natan gli rispose: "Senza alcun dubbio era morto; era
stato appeso in croce, deposto dalla croce, per tre giorni giacque nel
sepolcro. Poi risuscitò dai morti, discese all'inferno e liberò i
patriarchi, i profeti e tutto il genere umano. Apparve poi ai suoi
discepoli, mangiò con loro, e poi lo videro salire in cielo. Quanto vi
sto dicendo è la pura verità. L'ho visto io con i miei occhi e tutta la
casa di Israele". [8]
Alle sue parole Tito esclamò: "Guai a te, imperatore Tiberio, pieno
di ulcere e ricoperto di lebbra, poiché nel tuo regno fu commesso un
simile delitto! Nella Giudea, terra della nascita di nostro Signore Gesù
Cristo, hai posto leggi in base alle quali fu arrestato e ucciso il re e
governatore dei popoli e non fu fatto venire fino a noi per guarire te
dalla lebbra e per purificare me dalla mia infermità. Perciò se li
avessi al mio cospetto, con le mie mani ucciderei i corpi di quegli Ebrei
e li appenderei a un rozzo legno perché hanno condannato il mio Signore e
i miei occhi non furono degni di vedere la sua faccia". [9]
Battesimo di Tito. Quando ebbe finito di dire queste cose, subito scomparì
la ferita dal volto di Tito e il suo corpo e il suo volto furono
restituiti alla primitiva sanità. E in quell'ora guarirono tutti i malati
di quel luogo. A gran voce, Tito e tutti gli altri esclamarono: "Mio
re e mio Dio, giacché mi hai risanato pur non avendoti mai visto,
ordinami di salpare con un'imbarcazione sulle acque fino alla tua terra
natale, per fare vendetta dei tuoi nemici. Aiutami, Signore, affinché io
li possa distruggere e vendicare la tua morte. Consegnali tu, Signore,
nelle mie mani". [10]
Ciò detto ordinò di essere battezzato. Chiamò a sé Natan, e gli disse:
"Come hai visto che venivano battezzati quelli che credono in Cristo?
Vieni da me e battezzami nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito
santo, amen. Giacché anch'io credo fermamente nel Signore Gesù Cristo
con tutto il mio cuore e con tutta l'anima mia, giacché nel mondo intero
non v'è alcun altro che mi abbia creato e che mi abbia guarito dalle
ferite". Tito
e Vespasiano assediano Gerusalemme. Quando ebbe finito di dire questo,
mandò dei messi a Vespasiano, affinché venisse al più presto con uomini
fortissimi e preparati alla guerra. [11]
Allora Vespasiano prese con sé cinquemila uomini armati e corse là ove
era Tito: "Per qual motivo mi hai fatto venire qui?". Gli
rispose: "Sappi che venne nel mondo Gesù, nacque in Giudea, in una
località detta Betlemme, fu tradito dagli Ebrei, flagellato, crocifisso
sul monte Calvario, e risuscitò dai morti il terzo giorno; lo videro i
suoi discepoli con lo stesso corpo nel quale era nato e si manifestò ai
suoi discepoli che credettero in lui. Noi vogliamo diventare suoi
discepoli. Ora andiamo e togliamo dalla terra i suoi nemici, affinché
sappiano che sulla faccia della terra non v'è alcuno simile al Signore,
Dio nostro". [12]
Presa la deliberazione, uscirono dalla città della Libia, detta
Burgidalla, salirono sulla imbarcazione, salparono per Gerusalemme,
circondarono il regno degli Ebrei e iniziarono a mandarli in rovina. I
re degli Ebrei, udite le loro gesta e la devastazione della terra, furono
colpiti da timore e profondamente turbati. Allora
Archelao, turbato nei suoi pensieri, disse al figlio: "Prendi il mio
regno, figlio, e giudicalo; consigliati con gli altri re che sono nella
terra di Giuda, affinché possiate scampare dai nostri nemici". Ciò
detto, sguainò la sua spada e si curvò su di essa: la sua acutissima
spada si piegò, penetrò nel suo petto ed egli morì. [13]
Suo figlio poi si alleò con gli altri re che erano sotto di lui; fecero
consiglio e deliberarono di ritirarsi in Gerusalemme con i loro nobili,
che facevano parte del consiglio, ed ivi restarono per sette anni. [14]
Tito e Vespasiano deliberarono di circondare la loro città e così
fecero. Dopo
sette anni si aggravò molto la fame e per la mancanza di pane
cominciarono a mangiare terra. [15]
Allora i soldati appartenenti ai quattro re tennero consiglio tra loro,
dicendo: "Noi stiamo per morire; che cosa farà di noi Dio? A che
giova la nostra vita, ormai che sono venuti i Romani a prendere la nostra
terra e la nostra nazione? E' meglio per noi che ci suicidiamo piuttosto
che i Romani dicano di averci uccisi e di essere stati vittoriosi su di
noi". Sfoderarono le loro spade, si colpirono e morirono circa
dodicimila uomini dei loro. [16]
Si fece allora sentire una grande puzza in tutta la città, a causa dei
cadaveri di quei morti. I re si intimorirono grandemente fino alla morte,
ma non potevano n‚ sopportare quel fetore, n‚ seppellirli, n‚
gettarli fuori della città. Dissero
dunque tra loro: "Che facciamo? Noi abbiamo messo a morte Cristo ed
ora siamo messi a morte noi. Abbassiamo la nostra testa e consegniamo ai
Romani le chiavi della città, giacche ormai Dio ci ha messo a
morte". Salirono
subito sulle mura della città e gridarono tutti a gran voce, dicendo:
"Tito e Vespasiano, prendete le chiavi della città che vi sono state
date dal Messia, detto Cristo!". [17]
Allora si consegnarono nelle mani di Tito e di Vespasiano e dissero:
"Giudicateci! Noi infatti dobbiamo morire avendo giudicato Cristo e
lo abbiamo tradito senza alcun motivo". Tito
e Vespasiano li presero e parte li lapidarono, parte li sospesero in croce
coi piedi in alto e la testa in basso e li colpirono con lance; alcuni li
misero in vendita; altri li divisero tra loro facendone quattro parti,
come essi avevano fatto degli abiti del Signore e dissero: "Hanno
venduto Cristo per trenta denari d'argento, e noi vendiamo trenta di loro
per un solo denaro". E
fecero così. Fatto questo, conquistarono tutta la terra della Giudea e
Gerusalemme. [18]
Missione di Volusiano e la Veronica. Allora fecero una ricerca della
faccia cioè del volto di Cristo, sul come avrebbero potuto trovarlo. E
trovarono una donna di nome Veronica che l'aveva. Presero allora Pilato e
lo misero in carcere sotto la custodia di quattro plotoni di quattro
soldati posti davanti all'ingresso del carcere. [19]
Poi inviarono messi a Tiberio imperatore della città di Roma, affinché
mandasse Volusiano da loro. E
gli disse: "Prendi quanto è necessario per il mare, discendi nella
Giudea e cerca uno dei discepoli di colui che era detto Cristo e Signore,
affinché venga da me e, in nome del suo Dio, mi guarisca dalla lebbra e
dalle malattie che quotidianamente mi affliggono molto e dalle piaghe:
sono infatti prostrato assai malamente. Contro i re degli Ebrei, soggetti
al mio impero, metti in opera le tue forze e terribili tormenti, giacché
uccisero Gesù Cristo nostro Signore, e condannali a morte. Se poi
troverai una persona che mi possa liberare da questa mia malattia, io
crederò in Gesù Cristo, Figlio di Dio, e mi farò battezzare nel suo
nome". Volusiano
gli domandò: "Signor imperatore, se troverò la persona che ci possa
aiutare e liberare, quale ricompensa le posso promettere?". Tiberio
gli rispose: "Senza alcun dubbio sarà in mano sua la metà del
regno". [20]
Allora Volusiano partì: salì su di una imbarcazione, alzò le vele e
prese a navigare. Navigò per un anno e sette giorni dopo i quali giunse a
Gerusalemme. Subito
ordinò che alcuni Ebrei comparissero in sua presenza, e iniziò
diligentemente a ricercare quali erano state le gesta di Cristo. [21]
Allora convennero anche Giuseppe dalla città di Arimatea e Nicodemo.
Disse Nicodemo: "Io l'ho visto, e so che è proprio lui il salvatore
del mondo". Giuseppe
disse: "Io l'ho deposto dalla croce e l'ho messo in un sepolcro
nuovo, scavato nella roccia. Perciò, la sera della vigilia, gli Ebrei mi
rinchiusero: il sabato, mentre ero in preghiera, la casa fu sospesa ai
quattro angoli, vidi il Signore Gesù Cristo folgorante di luce, e dal
timore caddi a terra. E mi disse: "Guardami! Io sono il Gesù del
quale tu hai sepolto il corpo in un sepolcro". Io gli dissi:
"Fammi vedere il sepolcro nel quale ti ho messo". Tenendomi per
la mano destra, Gesù mi condusse nel luogo nel quale l'avevo
sepolto". [22]
Venne poi una donna di nome Veronica, e gli disse: "Tra la folla, io
toccai un lembo del suo vestito, perché da dodici anni soffrivo di un
flusso di sangue, e subito mi guarì". [23]
Allora Volusiano disse a Pilato: "Tu Pilato, empio e crudele, perché
hai ucciso il figlio di Dio?". Ma Pilato rispose: "La sua gente
e il pontefice Anna e Caifa lo consegnarono a me". Volusiano disse:
"Empio e crudele, sei degno di morte e di un crudele castigo". E
lo rimise in prigione. [24]
La Veronica a Roma. Dopo, Volusiano fece ricerca della faccia o volto del
Signore. E tutti i presenti gli dissero: "Il volto del Signore l'ha
una donna in casa sua". Subito ordinò che fosse condotta davanti
alla sua potenza, e poi le domandò: "Hai tu a casa il volto del
Signore?". Ma essa negò. Allora
Volusiano diede ordine che fosse sottoposta a tortura fino a quando avesse
manifestato il volto del Signore. Presa alle strette, disse: "L'ho
io, mio signore, in un panno di lino puro, e l'adoro ogni giorno".
Volusiano disse: "Fammelo vedere!". Lei
allora gli fece vedere il volto del Signore. Appena lo vide, Volusiano si
prostrò a terra, poi, con cuore aperto e fede retta, lo prese, lo avvolse
in un panno d'oro, lo pose in uno scrigno e lo sigillò con il suo anello.
Indi giurò con giuramento dicendo: "Viva il Signore Dio! Per la
salute del Cesare, sulla terra più nessun uomo lo vedrà, fino a quando
io vedrò la faccia del mio signore, Tiberio". [25]
Mentre diceva questo, i nobili più distinti della Giudea presero Pilato
per condurlo al porto marittimo. Volusiano afferrò il volto del Signore,
con tutti i discepoli di lui e con tutti i tributi, e nella stessa
giornata salirono sulla nave. [26]
Allora la donna Veronica, per amore di Cristo, abbandonò tutto quanto
possedeva e seguì Volusiano. E Volusiano le disse: "Che vuoi o che
cerchi, donna?". Ma essa rispose: "Io cerco il volto di nostro
Signore Gesù Cristo, che mi illuminò, non per merito mio, ma per la sua
santa pietà... Restituiscimi il volto del mio Signore Gesù Cristo. Muoio
da questo pietoso anelito. Se non me lo restituirai, io non lo perderò
mai di vista fino a quando scorgerò dove lo metterai: infatti, io
miserrima, lo servirò per tutti i giorni della mia vita. Poiché credo
che egli, mio redentore, vive in eterno". [27]
Allora Volusiano diede ordine che Veronica partisse con loro sulla nave.
Spiegate le vele, partirono nel nome del Signore, navigando per il mare. Ma
Tito e Vespasiano assoggettarono la Giudea per vendicare tutte le nazioni
della loro terra. Al
termine di un anno, Volusiano giunse alla città romana diresse
l'imbarcazione nel fiume detto del Tevere o Tevere, e entrò nella città
di Roma. Mandò un suo messo al suo signore lateranese, Tiberio
imperatore, annunziando il felice arrivo. [28]
Relazione di Volusiano all'imperatore. Udito il messo di Volusiano,
l'imperatore Tiberio gioì grandemente e ordinò che andasse al suo
cospetto. Giunto che fu, gli disse: "Come sei venuto, Volusiano, che
hai visto nella regione della Giudea a proposito di Cristo e dei suoi
discepoli? Segnalami, te ne prego, colui che è in procinto di curarmi
dalla mia malattia, affinché subito possa essere purificato da questa
lebbra che ho sul mio corpo, e darò poi tutto il mio regno nel tuo potere
e in quello di lui". [29]
Volusiano disse: "Signore mio imperatore, in Giudea trovai i tuoi
servi Tito e Vespasiano timorati di Dio e purificati da tutte le loro
ulcere e sofferenze. Trovai che Tito aveva appeso tutti i re e i
dominatori della Giudea. Anna e Caifa sono stati lapidati; Archelao si è
trafitto da solo con la spada; Pilato poi lo mandai legato a Damasco
ponendolo sotto custodia sicura. Ma seppi anche di Gesù: gli Ebrei si
scagliarono orribilmente contro di lui con spade, bastoni e armi.
Crocifissero colui che ci doveva liberare illuminandoci e venendo da noi:
lo appesero a una croce. Giuseppe da Arimatea, e con lui Nicodemo, andò
portando una mistura di mirra e aloe, quasi cento libbre, per ungere il
corpo di Gesù: lo deposero dalla croce e lo misero in un sepolcro nuovo.
Sicuramente risorse dai morti nel terzo giorno, apparve ai suoi discepoli
con lo stesso corpo nel quale era nato. E
dopo quaranta giorni lo videro salire in cielo. Prima e dopo la sua
passione, Gesù fece molti altri miracoli. Prima cambiò l'acqua in vino,
poi risuscitò dei morti, mondò lebbrosi, illuminò ciechi, guarì
paralitici, mise in fuga demoni, fece udire sordi, parlare muti, risuscitò
dal sepolcro Lazzaro morto da quattro giorni; una donna, Veronica, che da
dodici anni soffriva di un flusso di sangue, toccò un lembo del suo
vestito e fu risanata. [30]
Allora al Signore che è nei cieli piacque che il Figlio di Dio inviato in
questo mondo fosse, su questa terra, il primogenito tra i morti, e mandò
il suo angelo; comandò anche a Tito e Vespasiano, che io conobbi in
questo stesso luogo ove è il tuo trono. Al Dio Onnipotente piacque che
andassero nella Giudea e in Gerusalemme, prendessero i tuoi sudditi e li
sottomettessero a un giudizio simile a quello che i tuoi sudditi avevano
istituito quando arrestarono Gesù e lo legarono. [31]
Disse poi Vespasiano: "Che faremo di questi che restarono?".
Rispose Tito: "Essi appesero a un legno verde il Signore nostro e lo
trafissero con una lancia; a nostra volta appendiamoli a un legno secco e
trafiggiamo il loro corpo con una lancia". Così fecero. Vespasiano,
poi, disse: "Che cosa facciamo di costoro che sono rimasti?". E
Tito rispose: "Essi presero la tunica del Signore nostro Gesù Cristo
e ne fecero quattro parti; noi prendiamoli e dividiamoli in quattro parti:
una a te, una a me, la terza ai tuoi uomini, la quarta ai miei
servi". Così fecero. Vespasiano
disse: "Che cosa facciamo di costoro che sono rimasti?". Tito
rispose: "Gli Ebrei vendettero il nostro Signore per trenta denari;
noi vendiamo trenta di loro per un denaro". Così fecero. Poi presero
Pilato e lo consegnarono a me: io lo posi in carcere a Damasco,
affidandolo alla custodia di quattro plotoni di quattro soldati". [32]
Il volto del Signore. Indi, con grande diligenza, indagarono sul volto del
Signore; e trovarono che una donna di nome Veronica aveva il volto del
Signore. [33]
Allora l'imperatore Tiberio domandò a Volusiano: "Come lo
conservi?". Rispose: "Lo conservo in un aureo panno di lino puro
avvolto in un mantello". L'imperatore Tiberio ordinò: "Portalo
qui a me e aprilo davanti ai miei occhi, affinché io, prostrato a terra e
in ginocchio, lo possa adorare". Volusiano aprì allora il suo
mantello e il panno d'oro ove si trovava il volto del Signore.
L'imperatore lo vide, e subito, non appena adorò, con cuore puro,
l'immagine del Signore, fu purificato dalla lebbra e la sua carne divenne
come la carne di un giovinetto. E furono guariti, sanati e mondati tutti i
ciechi, i lebbrosi, gli zoppi e storpi, i sordi, i muti e quelli impediti
da altre infermità, che erano lì presenti. [34]
L'imperatore Tiberio chinò il capo, piegò le ginocchia e, pensando alle
parole: "Beato il ventre che ti ha portato e le mammelle che hai
succhiato", scoppiò in lacrime per il Signore, esclamando: "Dio
del cielo e della terra, non permettere che io pecchi, bensì fortifica la
mia anima e il mio corpo e ponimi nel tuo regno, giacché io confido
sempre nel tuo nome. Liberami da tutti i mali, come hai liberato i tre
fanciulli dalla fornace di fuoco ardente". [35]
L'imperatore Tiberio disse poi a Volusiano: "Hai visto, Volusiano,
qualcuno di quegli uomini che hanno conosciuto Cristo?". Volusiano
rispose: "Sì, ne ho visti". "Li hai interrogati Ä domandò
Ä sul modo in cui battezzano coloro che credono in Cristo?".
Volusiano rispose: "Qui, mio signore, abbiamo uno dei discepoli dello
stesso Cristo". Ordinò allora a Natan di venire. Quando
giunse Natan, lo battezzò nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito
santo, amen. Immediatamente l'imperatore Tiberio guarì da tutti i suoi
malanni, salì sul suo trono e disse: "Benedetto, Signore Dio
onnipotente e buono, che mi hai liberato dal laccio della morte e mi hai
mondato da tutte le mie iniquità. Io, infatti, ho peccato molto al tuo
cospetto, Signore, Dio mio, e non sono degno di vedere la tua
faccia". Allora l'imperatore Tiberio fu istruito interamente su tutti
gli articoli della fede. [36]
Lo stesso Dio onnipotente che è il Signore dei potenti ci protegga e
difenda nella sua fede, ci liberi da ogni pericolo e da ogni male, e,
terminata la vita temporale, si degni di condurci alla vita eterna. Egli
sia benedetto nei secoli dei secoli. Amen. |