IL  SACRO  E    LA   RELIGIONE

 

Per sacro (in senso generale)   s'intende tutto ciò che possiede un valore assoluto. Esso è nella sua essenza, separato e nascosto, quindi non raggiungibile, almeno nei modi in cui si ha accesso alle altre realtà del mondo Profano.

 

Per religione, invece,  s'identifica un bisogno innato, (direi genetico) che l'uomo sin  dalle origini del mondo ha sentito nascere e vivere nel suo più profondo come un sentimento che lo ha sempre  legato ad un essere soprannaturale, che egli riconosce come fine e principio di tutte le cose.

.

Ampliando tale concetto la religione si può definire quel complesso delle credenze, delle norme etiche e degli atti di culto con cui gli uomini manifestano il loro sentimento di dipendenza dalla divinità.

Questo  sentimento di profondo rispetto, di devozione, di venerazione per ciò che si ritiene nobile ed elevato si potrebbe definire con  la parola "CULTO" (parola che deriva dal  latino cultus, colere = venerare).

 

 Il modo di esprimere la religione in forma "teistica",  comune al monoteismo e ai politeismi antichi, fu ritenuto talmente fondamentale per il concetto di religione, che si definì "divinità" qualsiasi essere extraumano concepito da altre culture (con eccezione per i "demoni" che, però, trovavano riscontro nella demonologia cristiana).

 

Ovunque si cercò una religione sistematica da denominare con desinenza in -ismo alla maniera del "politeismo" e del "monoteismo"; e fu attraverso questa strada che si arrivò a una varietà di formulazioni artificiose, ossia senza un reale riscontro nei fatti, cui si diedero i nomi di "animismo", "totemismo", "feticismo", ecc..

  Tutto quello che non si riusciva a ridurre agli schemi di un culto divino, di un'escatologia, o di un sistema in -"ismo", venne sottratto al concetto di religione ed etichettato col termine di magia. In tal modo si proiettava in culture extraeuropee l'opposizione interna alla cultura occidentale tra religione e magia.

Questo condizionamento nell'interpretazione dei fatti religiosi portò alle tesi evoluzioniste di uno sviluppo graduale dell'umanità da una fase magica a una fase religiosa, e, all'interno della fase religiosa, da una forma "animistica" alla forma "monoteistica", passando per vari gradi. Il superamento di tesi evoluzioniste non comportò l'eliminazione del condizionamento: si continuò a operare con i concetti di religione e di magia, nonché di "animismo", "totemismo", "feticismo", "manismo", ecc. Il condizionamento, di fatto, si elimina soltanto con la storicizzazione di tutti questi concetti, compreso quello di religione. Tale  concetto di religioso, una volta relativizzato, viene sottratto all'opinabile (alla filosofia), cessando  di essere un presupposto della natura umana e diventa uno strumento tecnico ai fini di una scienza storico-culturale (la storia delle religioni).

La religione si esprime in concezioni mitiche che formulano una sacralità non passibile d'intervento umano e in azioni rituali, e dunque in interventi umani che in qualche modo adattano la sacralità alla contingenza. La funzione delle concezioni mitiche può essere svolta dalla speculazione (di tipo teologico) che, come il mito, fonda una sacralità assoluta, ossia sottratta alla contingenza storica; nelle azioni rituali, invece, la coscienza dell'intervento umano è soltanto parziale: di fatto si ritiene che sia sempre un soggetto extraumano ad agire portando il "sacro" nel mondo della contingenza; l'intervento umano si limita alla sollecitazione del soggetto extraumano mediante l'esecuzione rituale.

A volte - e questo è il caso dei riti che vengono equivocamente definiti magici - l'irruzione del "sacro" viene sollecitata facendo ricorso, anziché a esseri personali, al "sacro" stesso concepito come una forza impersonale. In sostanza la funzione religiosa è di obiettivare la realtà ricorrendo a soggetti extraumani (ivi comprese le forze impersonali tipo mana) e in ciò può essere considerata una fuga dalla storia. Ma è una fuga parziale, in quanto sottrae alla storia, o alla responsabilità umana, la sola zona del sacro, mentre permette all'uomo di vivere nella storia, e anche responsabilmente verso il "sacro" (si considerino i meriti e i demeriti in vista di un'escatologia), per tutte quelle azioni che, correlativamente, sono designate come profane. La fuga assoluta si realizza negli episodi di misticismo, che comportano il rifiuto del mondo, o della zona profana, in vista di una sacralità assoluta.

La religione come oggetto di sapere interessa vari ambiti scientifici, che vanno da quello storico a quelli filosofico, teologico, psicologico e sociologico.

Così la denominazione convenzionale di scienza della religione copre in realtà un diversificato interesse per i fatti religiosi, che si muove integrando i metodi delle differenti scienze umane oppure con criteri e finalità proprie (nel qual caso esso si realizza in varie discipline autonome, come la sociologia della religione, o la psicologia della religione).

Più propriamente si deve distinguere la filosofia della religione come la disciplina che indaga sulla religione intesa astrattamente, cioè su quanto costituisce il fatto religioso nelle diverse formulazioni del comportamento umano, in relazione ad altri aspetti della vita dell'uomo.

È propria invece della storia delle religioni l'indagine storica e comparativa delle diverse religioni, per individuare strutture analoghe ed elementi caratteristici nel complesso delle tradizioni e pratiche religiose.. Operativamente si prescinde da ogni riferimento trascendentale o di "verità", che ciascuno può attribuire alla propria religione o a quella degli altri con un giudizio di valore che costituisce invece l'oggetto della ricerca teologica evoluzionistica.

evoluzionistica.

         Nel sec. XIX la ricerca si mosse su criteri filologici, archeologici e storiografici e in campo teorico si distanziò sempre più dall'età classica e da ogni dipendenza dalle teologie tradizionali; il romanticismo tedesco sottolineò nelle r. l'elemento spontaneo e irrazionale; con i fratelli Grimm ritornò l'idea vichiana della "formazione spontanea dei miti". Il positivismo di A. Comte definì la r. una fase del progresso umano, che nella sua linea evolutiva era passata dal feticismo al politeismo e finalmente era approdata al monoteismo. La ricerca si arricchì frattanto con la possibilità data agli studiosi di rivolgersi direttamente ai testi originali dell'antico Egitto, di Babilonia, dell'India e della Persia. Nella seconda metà del sec. XIX la scuola di F. Max Müller e i suoi seguaci accertò la presenza di un nucleo originario, chiamato "protoindeuropeo", che sarebbe stato alla base di tutte le religioni dei singoli popoli indeuropei e che avrebbe avuto come indirizzo prevalente la personificazione dei fenomeni; da ciò si estese la comparazione a tutti i popoli, prendendo in considerazione soprattutto quelli primitivi.

La "scuola antropologica", che mantenne alla sua base l'evoluzionismo, affermava essere unica la strada percorsa dai popoli verso il progresso: la religione dei primitivi è il gradino più basso e s'identificherebbe con l'animismo; a questo succede il politeismo, che riduce il troppo popolato mondo degli spiriti dell'animismo ad alcune figure divine meglio definite; al sommo della scala è il monoteismo, frutto di una maggiore evoluzione di tutta la cultura.

Si passò, poi, a ulteriori suddivisioni: preanimismo, polidemonismo, politeismo, ecc, affermando che l'idea di divinità personali (Essere Supremo) si trova anche presso i primitivi. Continuando tenacemente gli studi, specialmente etnologici, sui primitivi la teoria evolutiva perse sempre più terreno e sorse quella dei "cicli storico-culturali"; si dimostrò che i cosiddetti "primitivi" non erano al grado infimo della cultura e questo permise agli etnologi di qualificare la loro mentalità. Questi studi portarono a considerare la religione non più una "scienza primitiva", ma come "fenomeno spirituale autonomo".

Il " funzionalismo" si presenta invece contrario a inquadrare la religione in schemi troppo rigidi e la considererà piuttosto come un fattore inscindibile di una stessa cultura. In questa visione s'interpreta la religione in funzione delle altre forme di vita dei popoli, in special modo di quella sociale. Quasi tutti i maggiori teorici della sociologia si sono occupati del fenomeno religioso, privilegiando però in genere l'analisi delle sue forme istituzionali.

Alcuni antropologi hanno sottolineato l'origine sociale della religione, risalendo alle credenze presenti già nelle manifestazioni delle religioni primitive (approccio più affine al metodo etno-antropologico); altri indagando  le grandi religioni storiche e i nessi fra la loro evoluzione e quella delle forme e delle organizzazioni sociali dominanti (esemplare lo studio sul rapporto fra protestantesimo e capitalismo). Si pone perciò come elemento costitutivo di ogni religione la credenza nel sacro (che può persino prescindere dalla fede in una divinità o nell'immortalità delle anime), che produce pratiche e riti capaci di garantire la coesione sociale del gruppo.

Si accettò l'ottica storico-sociale del mutamento, delle persistenze e delle dinamiche politico-istituzionali che rendono ragione della incredibile complessità e articolazione del sistema religioso. Nell'ambito della storia delle religioni si distinguono oggi due grandi indirizzi, uno propriamente storico, che considera lo studio della religione di un popolo elemento essenziale per la comprensione della rispettiva cultura, e un altro fenomenologico, che è invece interessato alla ricerca del "religioso", indipendentemente dai condizionamenti culturali che realizzano concretamente il fenomeno. Entrambi gli indirizzi utilizzano come strumento di lavoro il metodo comparativo, applicato  alle strutture complesse che definiscono i fenomeni religiosi dal punto di vista tipologico (monoteismo, politeismo, ecc.), nelle differenti formulazioni degli esseri sovrumani (dei, eroi, antenati, ecc.), nelle diverse istituzioni (p. es. preghiera, sacrificio, sacerdozio, tempo e spazio sacro), nonché nelle varie categorie concettuali con le quali la disciplina deve operare magia, totem, mana, sacro e profano, mito e rito, oltretomba, ecc.). L'indirizzo storico si serve però della comparazione per individuare gli elementi caratteristici di ciascuna religione, cioè quelli riconducibili a una ragione storica; quello fenomenologico utilizza il medesimo strumento d'indagine per porre in luce gli elementi ricorrenti, atti a stabilire, nella diversità di comportamenti umani, analoghe strutture o archetipi.

Di  Alessandro   D’Angelo

 

TORNA INDIETRO