di H. C. Andersen
In una bellissima città
della Russia viveva un tempo un ricco mercante che aveva tre figlioli: Fedor,
Vassilij e Ivan. I primi due erano abili e svelti negli affari, ma il minore
non rivelava alcuna inclinazione per questo genere di attività, perciò il
padre aveva ben poca stima di lui, e i fratelli ancor meno. Un giorno il
vecchio mercante chiamò i due figli maggiori e disse:
- E' tempo che mi diate un aiuto e dimostriate che cosa sapete fare. Ho
allestito per voi due navi cariche di mercanzie preziose: tappeti, pellicce.
Essenza odorose, legni pregiati. Fate vela per qualche porto lontano e
commerciate: vedrò, al vostro ritorno, che di voi due avrà saputo far
fruttare meglio la sua ricchezza. Vi do un anno di tempo.
I due fratelli furono contentissimi e si prepararono a partire; ma il terzo,
poiché non gli era stato affidato alcun incarico, incominciò a lamentarsi:
- Padre mio, perché mai non avete fatto allestire una nave anche per me?
- Perché tu non hai il bernoccolo degli affari. Sciuperesti la roba e
torneresti a mani vuote.
- Forse no! Lasciatemi provare, come i miei fratelli.
Ivan tanto pregò e supplicò che finalmente il padre si decise ad affidargli
una nave; ma non volendo metter in gioco mercanzie rare, convinto di non
rivederle più, fece caricare la nave di pali, assi e tavole di legno di
infimo valore. Così che Ivan poté partire, e il vento gli fu tanto
favorevole che in tre giorni raggiunse i suoi fratelli. Veleggiarono per un
po' l'uno dietro l'altro, ma a un tratto li colse una burrasca che sconvolse
il mare e scatenò un vento furioso: le tre navi si dispersero, e quando
ritornò il sereno, Ivan si accorse di essere rimasto solo. Senza sgomentarsi,
il giovane continuò il suo viaggio, e dopo qualche tempo approdò a un'isola
sconosciuta. "Chissà che non possa fare buoni affari, qui?" pensò;
e scese a terra accompagnato dai marinai. Ma l'isola sembrava deserta e non si
vedeva in giro né una capanna né un uomo. La spiaggia, tutta la terra e
anche un'alta montagna erano ricoperte di una polvere bianca e scintillante.
"Forse sbaglio, ma questo è sale" pensò Ivan. Ne raccolse un
pizzico e l'assaggiò. Era sale davvero, e il giovane, assai contento pensando
ai guadagni che avrebbe potuto ricavarne, ordinò:
- Gettate in acqua assi e pali e fate, invece, un carico di sale.
Così fu fatto; il bastimento riprese il mare e veleggiò per molto tempo fino
a quando giunse al porto di una grande e ricca città. Sceso a terra, Ivan
seppe che proprio in quel luogo viveva lo zar. Allora, dopo aver riempito un
sacchetto di sale, si fece indicare il palazzo reale e chiese di essere
ricevuto.
- Che cosa vuoi straniero? - gli chiese lo zar - Vedo che arrivi da lontano:
hai qualcosa da mostrarmi?
- Maestà, io vendo sale - rispose Ivan - vorrei vendere a voi e a tutti gli
abitanti della città.
- Sale? Non so cosa sia. Mostrami questa tua strana merce.
Subito il giovane aprì il sacchetto, ma il sovrano scoppiò a ridere:
- Questa è soltanto sabbia molto bianca! Mi dispiace per te, straniero, ma da
noi questa roba non si vende: si regala! Vattene in pace e torna soltanto
quando potrai mostrarmi qualcosa di meglio.
Ivan uscì dal palazzo molto deluso, e pensò "Aveva ragione mio padre:
ho fatto soltanto un cattivo affare! Tuttavia voglio entrare nelle cucine
reali per vedere che specie di sale mettono nelle vivande". Si presentò
al capocuoco e chiese di potersi sedere accanto al fuoco per riscaldarsi e
riposare.
- Entra, fratello, e riposati quanto vuoi - rispose il capocuoco, e Ivan,
dalla sua panca, poté osservare il personale di cucina che preparava le
pietanze dello zar.
Chi manipolava la pasta, chi rimestava, chi puliva i pesci, che faceva
rosolare l'arrosto: cuochi e cuoche aggiungevano nelle vivande erbe aromatiche
e spezie di ogni genere: ma di sale neanche l'ombra. Quando il pranzo fu
pronto, tutti uscirono per imbandire la mensa, e Ivan, rimasto solo, aperse il
suo sacchetto e gettò rapidamente un pizzico di sale nelle pentole e nei
tegami. Poi sgattaiolò fuori e tornò alla sua nave. Quel giorno, a tavola,
lo zar ebbe una serie di sorprese: la minestra era squisita, il pesce aveva un
sapore delicato e persino il dolce era più buono del solito. Allora chiamò i
cuochi.
- E' la prima volta che assaggio cibi così gustosi! Come li avete cucinati?
- Come il solito, maestà - risposero i cuochi - Non riusciamo a capire
neppure noi perché oggi il pranzo sia uscito così bene.
- Però - esclamò ad un tratto il capocuoco - in cucina c'era uno straniero,
che, adesso, è tornato alla sua nave. Forse egli ne sa qualcosa.
- Venga subito alla mia presenza - comandò lo zar; e non appena Ivan si
presentò, gli chiese con voce irata: - Che cosa hai aggiunto nelle mie
vivande?
Ivan si gettò in ginocchio: - Perdonatemi, maestà: ho nei cibi un pizzico di
sale. Dalle nostre parti si usa così.
- E' meraviglioso! - esclamò lo zar - Comprerò io, tutto il tuo sale. Quanto
chiedi?
- Poco: per ogni misura di sale, voglio una misura d'oro e una misura
d'argento.
- E' un prezzo conveniente. Fa scaricare la nave mentre io preparerò il
compenso.
Così fu fatto. Per scaricare il sale occorsero tre giorni, e altrettanti per
caricare l'oro e l'argento. La stiva fu tanto piena che non ne sarebbe entrato
un grammo di più. Il giovane Ivan era già pronto a spiegare le vele, quando
al porto giunse la figlia dello zar accompagnata dalle damigelle.
- Straniero, non ho mai visitato una nave - disse la fanciulla - posso veder
questa?
Ivan fu ben contento di fare da guida alla bella principessa, ma mentre la
conduceva sul ponte, il cielo si oscurò e sul mare scoppiò una violenta
burrasca. Trascinata dal vento, la nave ruppe gli ormeggi e fu spinta a tale
distanza che quando ritornò il sereno, la terra non si vedeva più. La
principessa si mise a piangere, e Ivan cercò di consolarla:
- E' il destino che vuole così: ti farò conoscere il mio paese, e se vorrai
ci sposeremo.
Ivan era un bel giovane: la principessa sorrise. Il viaggio continuò
allegramente, e dopo molti giorni furono avvistate altre due navi. Erano i
fratelli di Ivan che facevano ritorno in patria. Ivan li salutò con gioia, e
ingenuo e semplice com'era, presentò loro la bella principessa mostrò le sue
ricchezze, convinto che i fratelli ne avrebbero gioito con lui. Ma i fratelli
invece divennero verdi per l'invidia e il dispetto e guardarono il giovane con
occhi cattivi: poi presero a confabulare tra loro. Quella notte, mentre Ivan
dormiva, Vassilij e Fedor lo afferrarono e lo gettarono in mare. Poi
comandarono minacciosamente la principessa di non fiatare e ripresero il
viaggio verso casa. Intanto Ivan, toccato il fondo marino, era svenuto. Quando
riaperse gli occhi si trovò seduto sopra uno scoglio, vicino a un gigante che
toccava il fondo del mare con i piedi, e usciva dall'acqua fino ai gomiti.
- Ti ho salvato io - spiegò il giovane che aveva i baffi lunghi due metri - e
se vuoi sapere anche il resto, ti dirò che la tua principessa sposerà Fedor,
mentre Vassilij si prenderà le tue ricchezze.
- ti prego - implorò Ivan - fammi ritornare a casa! Aiutami!
- Avrei voluto tenerti con me - borbottò il gigante - ma non sarebbe stato
giusto. Perciò ti accompagnerò a casa, ma, prima di lasciarti andare vorrei
che tu rispondessi a questa domanda: qual è la cosa più preziosa che ci sia
in terra e in mare?
- Il sale - rispose Ivan.
Allora il gigante si mise il giovane sulle spalle, e lo trasportò fino alla
soglia di casa: poi scomparve. Ivan fece per entrare quando udì suo padre che
diceva:
- Siete stati molto bravi, figli miei! Ma dove sarà finito Ivan?
- Nella taverna di qualche porto - risero i fratelli.
In quel momento Ivan spalancò la porta. La principessa lo vide e gli corse
incontro, buttandogli le braccia al collo. Il padre guardò i figli maggiori e
chiese tutto sorpreso:
- Che cosa significa questo?
Ma i figli non diedero spiegazioni: balzarono fuori dall'uscio e corsero fino
alle navi, spiegarono le vele e si allontanarono al più presto. Ivan e la
bella principessa si sposarono e vissero felici per moltissimi anni.