ELETTROSMOG, NO GRAZIE - Cosa occorre conoscere, come ci si può difendere
Opuscolo di informazione a cura del ForumAmbientalista (giugno 2000)



INTRODUZIONE

  1. IL PRINCIPIO DI CAUTELA
    Il principio di cautela afferma "occorre usare con prudenza e cautela quelle tecnologie che non risultano completamente e sicuramente innocue, superando il criterio corrente secondo il quale va ammesso l'utilizzo di processi e prodotti finché non sia dimostrata la loro nocività."

    Infatti, agire solo su prova certa, cioè su verifica del danno subito, vuol dire, di fatto, consentire una sperimentazione su cavie umane.

    Non è vero, inoltre, che non esistano prove della correlazione tra esposizione a campi elettromagnetici e insorgenza di patologie, di cui alcune molto gravi, come la leucemia infantile. Gli istituti scientifici del Ministero della Sanità, l’Istituto Superiore di Sanità e l’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro, affermano, infatti come l’indagine scientifica e la ricerca epidemiologica, sebbene non conclusive, mostrino un’evidenza di aumento di determinate patologie in relazione al livello di esposizione. Essi così concludono: "gli studi epidemiologici suggeriscono un’associazione fra esposizione a campi magnetici a 50 Hz (gli elettrodotti) e la leucemia infantile."

    Anche per le cosiddette radiofrequenze (ripetitori per telefonia cellulare, impianti di trasmissione radiotelevisivi, radar), pur essendo tecnologie nuove e, quindi, la ricerca scientifica più recente, viene affermata la necessità di adottare il principio di cautela. Scrive, infatti, l’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro: "indicazioni provenienti dall’epidemiologia e dalla sperimentazione, tra cui quella di grande rilievo dovuta al recente studio australiano, spingono ad assumere valori di guida più cautelativi rispetto ai valori limite vigenti per gli effetti acuti. Conforta in questa direzione il fatto che, per l’esposizione alle radiofrequenze, è tecnologicamente ed economicamente possibile raggiungere una riduzione degli attuali tetti massimi di esposizione, soprattutto nelle aree residenziali e destinate all’infanzia o alle strutture sanitarie."

    Secondo noi, quindi, una legislazione moderna di tutela ambientale e della salute, di prevenzione del rischio, rovescia il dovere della prova. Secondo noi, quindi, la legislazione deve essere rivolta ad impedire o limitare l’esposizione delle persone finché non sia dimostrata l’innocuità degli elettrodotti o delle antenne.

  2. I DATI DEL PROBLEMA
    Le principali fonti di inquinamento risultano essere le tecnologie usate per il trasporto e la distribuzione dell’energia elettrica (elettrodotti), per le radio telecomunicazioni (emittenti radio – TV, ripetitori per telefonia cellulare, radar), per le applicazioni in campo industriale e nei servizi, nonché, infine, per le apparecchiature elettrodomestiche.

    E’ chiaro come lo sviluppo tecnologico abbia fatto crescere notevolmente il livello dell’inquinamento elettromagnetico e che, a tale eccezionale aumento di livelli di inquinamento non abbia fatto riscontro un corrispondente diffondersi di normative di protezione della salute.

    Gli effetti nocivi degli elettrodotti sono da tempo presi in esame anche dalla legislazione italiana con il DPCM del 23.4.1992 ma solo per gli effetti acuti. Il limite di esposizione esistente, infatti, è di 100 micro tesla, mentre l’Istituto Superiore di Sanità e l’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro, propongono un limite di cautela, per la protezione dai possibili effetti a lungo termine dell’esposizione, di 0,2 micro tesla, 500 volte inferiore al limite attuale.


    Rifondazione Comunista si batte affinché venga approvata subito una norma di legge che introduca per gli elettrodotti il limite di esposizione al campo magnetico di 0,2 micro tesla e che si attui un piano di risanamento per tutte le tratte che fanno superare quel limite rispetto ad abitazioni, scuole, ospedali, luoghi di lavoro, ovunque la popolazione risiede per oltre 4 ore al giorno.

    La preoccupazione è molto aumentata anche per quanto riguarda i possibili rischi per l’esposizione prolungata a campi elettromagnetici prodotti dalle cosiddette radio frequenze (ripetitori per telefonia ecc.).

    Rispetto a queste tecnologie, si è introdotto recentemente, nel novembre del 1998, un decreto interministeriale che ha fissato limiti di protezione anche per i possibili effetti a lungo termine e obiettivi di qualità per minimizzare l’esposizione.

    Questo decreto è ancora insufficiente e inadeguato in quanto non comprende tutte le sorgenti fisse che producono campi elettromagnetici in alta frequenza (esclude, per esempio, i radar militari), fissa un limite di cautela ancora troppo elevato (6 volt metro, mentre l’ISPESL proponeva un valore di 3 volt metro), non fissa con precisione gli obiettivi di qualità da raggiungere per minimizzzare l’esposizione della popolazione. Per questi motivi, Rifondazione Comunista chiede una modifica di questo decreto affinché venga migliorato. Ciò nonostante, questo decreto è molto importante perché per la prima volta introduce il principio di cautela nella nostra legge e da precisi compiti e responsabilità ai Comuni e alle Regioni. Noi riteniamo che questo decreto non venga applicato correttamente e che sia fondamentale conoscerlo per farlo rispettare in tutte le sue parti, in particolare quelle che introducono il concetto di minimizzazione dell’esposizione.

IL DECRETO INTERMINISTERIALE
N. 381 DEL 1998

A CHI E A COSA SI APPLICA

  1. Il decreto interministeriale n. 381 del 1998 ("Regolamento recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenze compatibili con la salute umana") ha introdotto norme di tutela per la salute della popolazione dai campi elettromagnetici prodotti da radiofrequenze (ripetitori per telefonia cellulare, impianti di trasmissione radio -–tv, impianti di comunicazioni satellitari, impianti fissi per radioamatori).
    Il decreto, però, non interviene su tutte le radiofequenze: rimangono fuori alcune tipologie di impianti: radar, varchi elettromagnetici.
    Il PRC chiede che, anche questi impianti vengano ricompresi nelle norme di regolamentazione.
  2. Sono esclusi dal campo di applicazione del decreto i lavoratori esposti per motivi professionali (quelli che operano nel settore della costruzione, esercizio e manutenzione degli impianti).
    Va sottolineato come tutti gli altri lavoratori, non professionalmente esposti, sono inclusi nel campo di applicazione della legge (per loro valgono i limiti di esposizione, i valori di cautela e gli obiettivi di qualità stabiliti dal decreto).

LIMITI DI ESPOSIZIONE, VALORI DI CAUTELA, OBIETTIVI DI QUALITA’

  1. Il decreto stabilisce, innanzitutto, limiti di esposizione. Si tratta di limiti sanitari, ovvero limiti da non superare in qualsiasi forma di esposizione. Il valore che fissa il decreto (e che riguarda tutta la popolazione, compresi i lavoratori non professionalmente) è stabilito in 20 V/m;
  2. Le misure di cautela introducono un concetto nuovo: nel decreto vengono stabiliti interventi più cautelativi per tutelare da possibili effetti a lungo termine ovunque la popolazione risiede per oltre 4 ore al giorno (case, scuole, ospedali, luoghi di lavoro, ecc.).
    Il comma 2 dell’articolo 4 del decreto fissa tale limite in 6 V/m.
    Tale misura di cautela è un vero e proprio limite prescrittivo, ovvero non deve essere superato. Il valore di 6 V/m, inoltre, è un limite di immissione, ovvero deve tenere conto di tutti gli impianti che insistono nella medesima zona.

    Questo limite di 6 V/m è ancora troppo alto. L’ISPESL, che è un Istituto scientifico del Ministero della Sanità, per esempio, aveva proposto un limite di 3 V/m. Rifondazione Comunista chiede che il limite di cautela di 6 volt metro sia ulteriormente ridotto secondo quanto suggerisce la più recente e avveduta ricerca epidemiologica sui rischi derivanti dall’esposizione ai campi elettromagnetici generati da questi impianti.

  3. Obiettivi di qualità
    Tale concetto è fondamentale. Esso può essere definito come l’insieme delle misure assunte al fine di "minimizzare" l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici. Questo principio è fissato al comma 1 dell’articolo 4 del decreto dove si afferma che "la progettazione e la realizzazione degli impianti deve avvenire in modo da produrre i valori di campo elettromagnetico più bassi possibile". Tale definizione, come riconosciuto dallo stesso Ministero dell’Ambiente, "può comportare l’introduzione di misure che portano a ridurre l’esposizione della popolazione anche se sono rispettati i limiti di esposizione e le misure di cautela.

    Applicando il principio di "minimizzazione" è possibile per le amministrazioni locali assumere atti amministrativi che regolano l’installazione degli impianti, in particolare quelli per telefonia cellulare (stazioni radio base) in modo più cautelativo di quanto previsto dal decreto.

I COMPITI DELLE REGIONI

  1. Il decreto prevede (comma 3 dell’articolo 4) che le Regioni disciplinano l’installazione di impianti di radiocomunicazione al fine di garantire il rispetto dei limiti previsti dal decreto, il raggiungimento di eventuali obiettivi di qualità, le attività di controllo e vigilanza. Inoltre (articolo 5, comma 1), le Regioni definiscono le modalità e tempi di risanamento laddove sono violati i limiti (compresi gli obiettivi di qualità).
  2. Le procedure di autorizzazione sono molto importanti. E’ possibile, infatti stabilire:
  • Norme di autorizzazione urbanistica secondo la procedura della concessione edilizia;
  • Competenze di controllo e vigilanza anche alle strutture sanitarie (ASL – ISPESL);
  • Responsabilità per i comuni di approvare regolamenti che prevedano l’individuazione, all’interno degli strumenti urbanistici, dei siti idonei alle installazioni secondo il principio della minimizzazione dell’esposizione;
  • Creare un catasto degli impianti (mappa degli impianti già installati e programmazione delle nuove autorizzazioni);
  • Dare tempi certi (per es. 1 anno) per il risanamento che è a carico dei gestori.

    Il decreto non prevede sanzioni per chi non rispetta le disposizioni (limiti e risanamenti). Ciò è un fatto grave che Rifondazione Comunista chiede di modificare introducendo sia sanzioni economiche che amministrative (il divieto di nuove autorizzazioni) che, infine, in caso di violazione dei limiti massimi di emissione previsti, penali.

LE DELIBERE DEGLI ENTI LOCALI

Occorre una gestione non burocratica del decreto n. 381 del 1998. Il punto fondamentale è il seguente: chi decide le installazioni : le ditte o la Pubblica Amministrazione?

Va sconfitta la linea che dice: le installazioni si fanno dovunque e l’Amministrazione si limita a controllare che non siano superati i limiti di esposizione e le misure di cautela previste dal decreto.

Applicando il principio di "minimizzazione" che è contenuto nel decreto, è possibile affermare che è l’Amministrazione pubblica che indica i siti idonei oppure condiziona l’autorizzazione al rispetto di ulteriori vincoli (distanze, misure tecnologiche, criteri di autorizzazione, ecc.).

Su questa base, sono state approvate numerose e importanti delibere da parte degli enti locali. A Roma, per esempio, è stato già deciso come gli impianti di radiotrasmissione (trasmettitori radio – tv, stazioni radio base per telefonia cellulare) debbano stare a una distanza di almeno 50 metri da luoghi definiti sensibili (scuole, asili, case di cura). Una nuova delibera che introduce ulteriori vincoli (quale per esempio il pare obbligatorio anche degli inquilini, nel caso di stazione radio base da installare sui palazzi) è attualmente in fase di approvazione.

A Venezia, il Consiglio comunale, con mozione del 21 novembre 1999, ha indicato un obiettivo di qualità per le radiofrequenze di 0,5 V/m. Ciò significa che "al momento della installazione deve essere verificato se lo stesso servizio per i quali gli impianti sono previsti, può essere realizzato attraverso l’impiego di impianti o dispositivi che realizzano condizioni di minore esposizione". La conseguenza che, in una delibera di gennaio 2000, il Comune di Venezia ha assunto, è la seguente: "sia rispettato il principio di giustificazione e sia accertato, anche la collaborazione dell’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del lavoro, che l’impianto erigendo costituisca la soluzione che realizza la situazione di minore esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici."

Va garantito, inoltre, il diritto all’informazione della popolazione. Ciò significa che la cittadinanza che abita vicino agli impianti deve essere informata sui livelli di campo elettromagnetico prodotti rispetto alle abitazioni e agli altri luoghi dove si risiede per almeno 4 ore al giorno. Inoltre, devono essere rese pubbliche le richieste di installazioni avanzate dalle imprese in modo tale che sia possibile discutere preventivamente degli eventuali siti alternativi che è possibile proporre.

COSA VERIFICARE E COME DIFENDERSI

  1. La prima cosa da fare è verificare che vi siano tutte le autorizzazioni necessarie.
    Dopo, l’approvazione del decreto n. 381 del 1998, nessun impianto di radiotrasmissione (ripetitore per telefonia cellulare, impianto di trasmissione radio – tv o altro) può essere installato senza che vi sia una autorizzazione edilizia e un nulla osta sanitario che attesti il rispetto dei limiti previsti dal decreto 381, nonché delle eventuali ulteriori norme (gli obiettivi di qualità) decise in sede regionale o comunale.
    Attenzione ! Il ripetitore per telefonia cellulare sul tetto di un immobile è possibile solo se tutti i condomini sono d’accordo. Questo è stato stabilito da diverse sentenze. Valga per tutte quella del 9 marzo 1999 del Tribunale civile di Monza nella causa intentata da due condomini che chiedevano fosse dichiarata nulla la delibera, approvata a maggioranza, con cui, in data 30.3.98, era stata decisa a maggioranza la locazione alla "Ericsson" del tetto dell’edificio per l’installazione di una stazione radio base con un contratto rinnovabile di 9 anni. Il giudice, infatti, ha dichiarato illegittima la delibera impugnata.
    Una installazione ancorata al suolo (per esempio un traliccio su cui sono montati ripetitori per telefonia cellulare) determina una trasformazione del territorio e, quindi, necessita della procedura urbanistica della concessione edilizia. Questo è quanto ha stabilito il Consiglio di Stato – Sezione V, con decisione del 6 aprile 1998, n. 415 in cui si legge: " Ai sensi dell’articolo 1 della legge 26 gennaio 1977, n. 10, è soggetta al rilascio della concessione edilizia ogni attività che comporti la trasformazione del territorio attraverso l’esecuzione di opere comunque attinenti agli aspetti urbanistici ed edilizi ove il mutamento e l’alterazione abbiano un qualche rilievo ambientale ed estetico o anche solo funzionale, per cui necessita di concessione edilizia la realizzazione di un’antenna saldamente ancorata al suolo e visibile dai luoghi circostanti."
  2. Chiedete, appena è a vostra conoscenza che si vuole installare un ripetitore sul vostro palazzo o nelle immediate vicinanze, l’applicazione di quanto previsto dalle linee guida applicative del decreto 381 del 1998, pubblicate dal Ministero dell’Ambiente.
  • Queste dicono: "La valutazione preventiva, anche ai fini della mitigazione dell’impatto paesaggistico, dovrebbe fondarsi su alcune azioni preliminari da parte dell’autorità competente:
  • l’effettuazione di rilevamenti tecnici, comprese le misurazioni simulate o il confronto con situazioni preesistenti;
  • la valutazione, d’intesa con le Autorità Sanitarie (Dipartimenti di Prevenzione – ASL) e i loro organi di consulenza tecnica (ISPESL) in relazione all’esistenza di ricettori particolarmente sensibili;
  • l’individuazione di soluzioni alternative di localizzazione.
  • Al fine della valutazione dovrebbero essere richiesti al gestore i dati sulle caratteristiche tecniche dell’impianto. Possono inoltre essere considerate previsioni o richieste di altre installazioni nell’ambito della medesima area urbana o del medesimo territorio al fine di una valutazione integrata degli impatti complessivi.

    Tale informazione può consentire anche l’istituzione di un catasto regionale delle sorgenti.

    E’ particolarmente importante il riferimento a controindicazioni per ricettori particolarmente sensibili. Occorre verificare se nel palazzo, o in quelli limitrofi, vi siano portatori di stimolatori cardiaci (pace maker) ovvero persone con patologie non compatibili con la vicinanza ad installazioni che producono campi elettromagnetici (occorre predisporre una adeguata documentazione sanitaria da sottoporre alle autorità competenti).

    Attenzione ! Ricordate che chiedere che venga effettuata la misurazione dei campi elettromagnetici in casa è un nostro diritto, qualora si sospetti un superamento dei limiti previsti o l’insorgenza di qualche disturbo.

    Per gli impianti radio base della telefonia cellulare, la tecnologia offre alcune alternative rispetto ai ripetitori da piazzare sui terrazzi, come avviene oggi. Per esempio :

    1. le microstazioni o microcelle: piccole stazioni radio base a bassissima potenza e con emissioni di onde elettromagnetiche unidirezionali, che possono coprire tutto il territorio cittadino senza alcun disagio per gli utenti e determinando una minimizzazione dell’esposizione della popolazione a non più di 0,5 V/m (invece che 6, come prevede il decreto);
    2. posizionare tralicci molto alti e lontano dal centro abitato;
    3. accorpare più antenne (di vari gestori della telefonia) su pochi tralicci fuori la città;
    4. posizionare su ogni ripetitore, adeguando quelle già installate, uno strumento tecnico, una sorta di "scatola nera", che abbia la funzione di lettore delle variazioni dei campi elettromagnetici emessi e che sia in grado di disattivare la stessa antenna, qualora il valore soglia venga superato;
    5. "roaming" (rotazione) degli impianti di emissione per limitare le nuove installazioni, disponendo che più gestori possano servirsi dei medesimi impianti.
    e-mail del 9 giugno 2000

    INTRODUZIONE

    1. IL PRINCIPIO DI CAUTELA
    2. I DATI DEL PROBLEMA

    IL DECRETO INTERMINISTERIALE N.381 DEL 1999

    COSA VERIFICARE E COME DIFENDERSI

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