MODERATO LUCIO, SOLDERA MONICA

L’INSERIMENTO SCOLASTICO DELL’ALUNNO AFFETTO DA SINDROME DELLA X FRAGILE

Negli ultimi anni la concezione e i supporti psico-educativi per promuovere l’integrazione scolastico sono stati fortunatamente modificati, anche se molto rimane da fare, soprattutto nel campo delle metodologie per l'insegnamento e la rieducazione di soggetti in condizione di handicap. Tale modo di concepire l'handicap in generale ha permesso la promozione dell'inserimento scolastico di bambini con sindrome della X Fragile nelle classi normali. Non voglio qui addentrarmi nella discussione di quella problematica complessa costituita da questa integrazione. Voglio piuttosto sottolineare i vantaggi, le potenzialita' e i limiti dell'inserimento scolastico inteso come base di formazione per un seguente inserimento sociale reale e duraturo. Non ci si deve mai stancare di ripetere che la precocita' di intervento del programma rieducativo garantisce il raggiungimento di uno sviluppo psicologico quanto piu' possibile vicino a quello normale. Da cio' puo' derivare e svilupparsi innanzitutto una certa autosufficienza sia fisica sia psicologica dell'handicappato; l'inserimento scolastico precoce, inoltre e' fondamentale per innescare e raggiungere una buona integrazione sociale sia del bambino affetto da X fragile con i propri coetanei, sia della sua famiglia con i genitori dei compagni i quali possono essere potenti agenti di cambiamento o, al contrario, di resistenza. E' opportuno, tuttavia, riaffermare che l'inserimento scolastico, indipendentemente dalle modalita' con cui viene attuato, presenta dei limiti intrinseci: e' un inserimento a termine, limitato al periodo della eta' scolare, per quanto dilatato questo possa essere.Il conseguimento di certe abilita', del resto, puo' accendere speranze nei genitori e nei bambini, speranze che poi non trovano un adeguato soddisfacimento e riscontro nella realta' e nella vita di ogni giorno e cio' costituisce un notevole spreco di risorse umane ed economiche. E' molto umiliante,inoltre, sia per l'handicappato sia per la sua famiglia trovarsi nuovamente in quella situazione di isolamento, emarginazione ed inattivita'che credeva di avere superato. Di fatto, la mancanza di un inserimento lavorativo dopo la conclusione del ciclo scolastico, offre come unica prospettiva o la segregazione in qualche istituto o il rimanere confinati in casa. Il problema, allora, e' quello di prevedere e costruire un complesso di prassi di intervento e di tecnologie che possono agevolare l'integrazione lavorativa e sociale fornendo, quindi, occasioni di apprendimento e di recupero anche in situazioni tradizionalmente non considerate rieducative. Questo significa assumere un criterio di riabilitazione e di recupero valido per tutta la vita dell'individuo, in qualunque posto e situazione questo si trovi a vivere e operare. E’ opportuno e necessario, quindi, lavorare per progettare l’inserimento nel modo del lavoro anche quando questo sembra molto lontano nel tempo.

Come si diceva prima il programma deve essere il punto focale del processo di integrazione. Questo deve avere caratteristiche curriculari nel senso che deve essere costruito attraverso la definizione di abilità/obiettivo da insegnare in modo gerarchicamente organizzato dal più semplice al più complesso. In altre parole il programma deve contenere al proprio interno "cosa fare"(gli obiettivi rieducativi) e "come farlo"(le metodologie rieducative). Gli obiettivi del programma devono essere stabiliti attraverso un’accurata valutazione o assessment delle abilità presenti nel soggetto (che fungono da prerequisiti) e delle abilità assenti (che diventano gli obiettivi rieducativi.) Di conseguenza la diagnosi deve essere basata sulla rilevazione di abilita' "criteriali", rilevazione che puo' successivamente consentire, come già detto, sia l'elaborazione di un programma realmente individualizzato, sia la creazione e l'organizzazione di servizi rispondenti alle esigenze dell'utenza. Per realizzare tale programma di recupero e di integrazione, quindi, e' necessario analizzare nel dettaglio le abilita' possedute e quelle non possedute dal soggetto handicappato. Sono proprio queste, infatti, che definiscono il grado e il tipo di handicap e pertanto solo questa diagnosi funzionale puo' consentire quella vera programmazione, a cui si accennava poc'anzi, sia in modo longitudinale, cioe' basata sui bisogni individuali, sia in modo trasversale, cioe' capace di coinvolgere le diverse agenzie educative eventualmente partecipi al programma.

Una vera ed efficace programmazione deve essere curriculare in modo tale che i vari obiettivi siano scalari e ognuno di questi funga da prerequisito per l'apprendimento di una abilita' piu' complessa che a sua volta operi da prerequisito per l'abilita' successiva e cosi' via.

Quando si attua un intervento rieducativo che si basa sull'apprendimento, infatti, le notizie di tipo medico-biologico e genetico possono essere utili ma non esaustive in quanto il riferimento a soli fattori organici non ci informa a sufficienza circa le reali capacita' presenti nel soggetto e circa le sue possibilita' rialibitative future. Si tratta, quindi, di passare da una nosografia di tipo medico ad una nosografia di tipo comportamentale. La nosografia medica tende a considerare gli handicaps mentali allo stesso livello delle altre malattie organiche; e' vero che un danno organico nella maggior parte dei casi e' alla base dei deficit psichici, ma dalla lettura della diagnosi medica risulta molto difficile definire con assoluta certezza e precisione se ad un danno organico corrisponda uno solo o piu' deficit psichici. Questi, inoltre, possono non essere effetti diretti di quel danno ma conseguenze di una "cattiva" gestione educativa e rialibitativa.

In altre parole e' necessario eseguire una programmazione educativa ad ampio respiro ed a lungo termine che definisca gli obiettivi rieducativi e delimiti ruoli e competenze delle diverse componenti educative.

Questo perche' una corretta prassi rialibitativa supera i limiti dell'intervento assistenziale in quanto fornisce reali strumenti di integrazione sociale e culturale al soggetto handicappato anche con patologie di notevole entita'.

Tutto cio' supera la non economicita' degli interventi puramente assistenziali perche' un soggetto handicappato reso piu' autonomo richiede, nel tempo, meno interventi ed e' piu' integrato ed accolto sia in famiglia che negli ambienti extra famigliari.

E' opportuno, inoltre, che tale progetto sia continuativo nel tempo, evitando il rischio di interruzioni dovute a scollamenti nel passaggio tra una agenzia educativa e un'altra o a cambi di personale socio-educativo o ad altri fattori intervenienti durante il trattamento.

Si puo', dunque, concludere che gli interventi a favore di soggetti con sindrome della Xfragile devono essere coordinati, uniformi e continuativi nel tempo. Elemento fondamentale e', quindi, il programma che non deve essere formulato solamente sulla base di una diagnosi medica.

E' necessario sottolineare il fatto che tutti gli interventi precedentemente analizzati focalizzano l'attenzione sulla globalita' della persona: e' in questa prospettiva che vanno ad integrarsi le competenze delle varie figure specialistiche, che compongono l'equipe, nella continua ricerca della collaborazione con gli altri operatori (insegnanti, educatori, operatori sociali, volontari etc.) e con la famiglia.

Per concludere bisogna ricordare che i genitori del soggetto affetto da X fragile non solo sono i primi e più importanti terapeuti/riabilitatori del figlio, ma anche sono gli agenti che attivano le risorse pubbliche o private, colmano le lacune presenti negli interventi, sollecitano gli operatori nella ricercare soluzioni e nell’attivare servizi, fanno da mediatori tra le diverse componenti educative che intervengono sul figlio. Non mi sembra compito di poco conto e neppure trascurabile. Ma proprio per questo è nato l’associazionismo, per far sentire i genitori meno soli nel loro cammino, per far diventare più "bravi" i genitori meno "bravi", per aiutarli a decidere quando è il momento di usare la diplomazia o la fermezza per rivendire i propri giusti e legittimi diritti, per aiutarli, insomma, nel loro difficile ma non impossibile cammino esistenziale.