Gioco ed apprendimento

I Latini riassumevano le loro idee in fatto di didattica con la celebre frase "ludendo docere".

Secondo i più grandi educatori di tutte le epoche il GIOCO ha un ruolo determinante nell'apprendimento e, quindi, nella formazione dell'individuo: si apprende meglio se l'apprendimento è associato a sensazioni piacevoli.

Il gioco rappresenta un modo diverso di apprendere, basato su premesse che "sconvolgono" in qualche maniera l'usuale modello di scuola ed, in particolare, il ruolo dell'insegnante. 

Infatti, nel gioco lo studente è attore e non spettatore, apprende in situazioni meno rischiose e perciò meno frustranti; apprende per prove ed errori ed è quindi in grado di verificare, dal proprio successo o insuccesso, la relazione tra ciò che fa ed il risultato che ottiene. Quando si gioca, l'insegnante perde quel ruolo di giudice che a volte induce negli allievi tensioni e paure, mentre recupera la possibilità di conoscerli meglio, senza far ricorso a prove formali.

Il gioco di cui si parla non è quello dei video-games che "sì, stimola i riflessi, ma non porta a riflettere" (Emma Castelnuovo), ma quello finalizzato al conseguimento di obiettivi ben definiti all'interno di un progetto didattico.

Ma, si può giocare con la Matematica?

Certo, perchè forse è la più "giocosa" delle discipline. E' noiosa e deprimente se viene considerata come un insieme di formule e teoremi (quasi un ricettario) da imparare e applicare.

La "Matematica dilettevole e curiosa", cioè i problemi bizzarri, i paradossi, i puzzle logici hanno avuto molta importanza nella storia e nella cultura matematica. 

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Si pensi alle "Propositiones ad acuendos juvenes" di Alcuino, ai quadrati magici degli Indiani e degli Arabi prima e poi degli Europei verso la fine del Medio Evo, (Albert Durer ne dipinse uno nella celebre rappresentazione della Melanconia), al "Liber abaci" (1202) di Leonardo Fibonacci, al "Prathica de aritmetica" del Ghaligai (1552), al "De viribus quantitatis" di Luca Pacioli, ai lavori di L. Carroll (autore di "Alice nel paese delle meraviglie"), di Rouse Ball, di Italo Ghersi (1913), Peano, Cipolla, ai più recenti libri di Gardner, Smullyan e Kordemsky.

La matematica "seria" ha sempre tratto spunti dalla matematica "giocosa" che spesso nasconde significativi concetti matematici: dal gioco dei dadi e dai giochi d'azzardo trae origine il calcolo delle probabilità, dal problema dei ponti di Koenisberg discende la topologia e la teoria dei grafi ...

Nei paesi anglosassoni, questo tipo di approccio alla Matematica, da tempo costituisce un diletto intellettuale ed un mezzo educativo. Sono anche famosi i club matematici ungheresi per studenti, le olimpiadi internazionali della Matematica e le esperienze canadesi "Fun with Mathematics" per la scuola elementare.

Il gioco matematico, preparato con cura dall'insegnante, avvia "gli allievi ad attività di matematizzazione, al gusto ed alla metodologia propri della ricerca, (...) dà loro l'opportunità di sviluppare una nuova e più interessante immagine della disciplina recuperando così, sia gli allievi demotivati, sia quelli che , delusi dalle pignolerie e stanchi dei procedimenti di routine, hanno perso l'interesse per la Matematica"    (N. Malara, C. Pellegrino).

Naturalmente, il gioco non è la panacea di tutte le difficoltà legate all'insegnamento della Matematica, anche perchè non tutte le teorie e i concetti possono essere presentati attraverso i giochi. 

Ma se, confortati dalle esperienze positive di tanti insegnanti, siamo convinti che la Matematica che si conosce meglio è quella che si reinventa, perché non cominciamo a giocare ?

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