Nella
pompa magna del salone dell’Unione industriali alessandrini e alla
presenza elegante delle massime autorità locali, una domanda
non è stata resa possibile a Bernard de Laguiche, neo amministratore
delegato della ribattezzata Solvay Solexis (ex Ausimont-Montedison)
di Spinetta Marengo, riguardante naturalmente “ambiente e salute”:
l’imbarazzante fantasma che è aleggiato in tutti gli interventi
consentiti dal protocollo cerimoniale (gli ambientalisti non sono
stati invitati), dal prefetto alla sindaco, dall’industriale al
sindacalista.
Nell’agosto
dell’anno scorso, quando anticipò in prima nazionale la notizia
dell’acquisizione della chimica Montedison da parte della multinazionale
belga nonché del futuro e ridotto assetto dei quattro stabilimenti
italiani, Medicina democratica preparò un dossier di cento
pagine (gratuito per gli abbonati alla rivista) che non presentava
certo una carta d’identità alettante della Solvay. In estrema
sintesi (l’intervento fu pubblicato a puntate) la Solvay fu descritta
come tradizionalmente devastatrice dell’ambiente e della salute
(esempio: Rosignano di Livorno), sufficiente e arrogante verso popolazioni
e ambientalisti, addirittura con tendenze colonialiste, spregiudicata
e aggressiva non solo dal punto di vista ambientale, insomma un
pericolo per Alessandria.
In
più, concludeva Medicina democratica, <<a Spinetta
coabiteranno nello stesso perimetro tre padroni (Edison, Atofina
e Solvay), una lingua madre unica (il francese) ma tre lingue imprenditoriali
diverse, con grandi rischi di confusioni e sovrapposizioni, ovvero
di latitanze negli adempimenti ambientali>>. Ennesima previsione
azzeccata se si considerano i vari scoppi avvenuti nel corso dell’ultimo
anno. Conseguenza: cresce la paura verso il complesso chimico spinettese,
si parla apertamente anche nelle sedi istituzionali (consiglio comunale)
di chiusura degli impianti.
La paura e le conseguenze della paura non si vincono certo con sontuose
conferenze e visite turistiche, pasticcini, ombrelli e parole rassicuranti.
Nessuno ha più fiducia negli industriali e nelle istituzioni,
non vi è soggetto istituzionale politico o amministrativo
che appaia garante agli occhi della popolazione.
Ebbene,
la domanda che avremmo voluto rivolgere a Bernard de Laguiche sarebbe
stata la seguente: <<Tutto ciò premesso, piuttosto
della spada di Damocle della chiusura degli impianti, non ritiene
Lei conveniente anche per Solvay che sia realizzato l’Osservatorio
ambientale della Fraschetta, il vero Osservatorio, quello democratico
e partecipato, nel quale la gente si riconosca e creda, secondo
le dettagliate proposte da noi elaborate e rivendicate da associazioni
e comitati?>>
Questa
domanda rivolgiamo ora da queste colonne al presidente dell’Unione
industriali Ghisolfi e soprattutto a Lei, monsieur De Laguiche.
Noi siamo disponibili, con le altre associazioni e comitati, a incontrarci
con Lei, a spiegarle e discutere l’Osservatorio ambientale della
Fraschetta. Attendiamo un cortese riscontro.
Medicina
democratica
Movimento di lotta per la salute
Alessandria
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